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Se Iacopo deve accettare il ruolo che gli è stato assegnato nell’amministrazione dello stato toscano, questo lo pone al centro dello sviluppo di trattative matrimoniali al di fuori della Valdelsa. In questa cornice viene ad inserirsi la risposta di Iacopo alla lettera del padre di pochi giorni prima.

Carissimo sig. padre, Anghiari, 26 agosto 1817 La sua lettera del 21 corrente mi è giunta graditissima, mentre da qualche tempo ero mancante di notizie dalla famiglia. Noto che queste siano buone, e di vero cuore ne desidero la continuazione. Alla domanda che ella si degna farmi, se io sia contento del mio impiego, e di questo soggiorno, io posso rispondere con sincerità che son contento dell’uno, e contentissimo dell’altro. Il primo mi rende tanto da mantenermi con una certa economia, che non mi impedisce per altro di combinare il decoro. Il paese in un angolo della Toscana, è quieto e vi si gode una pace ed una tranquillità indicibile. Vi sono meno vizi e meno interessi che negli altri posti, e circa due mila anime sembrano appartenere ad una sola famiglia. L’aria sul principio mi dette da pensare, giacché ha un’attività grandissima, ed è sempre nel grado in cui è a Bardeggianello ai più fini tramontani dell’ottobre. Credo che non ci sia paese che il tifo abbia tormentato quanto questo. I morti che in un annata solevano esser circa a quaranta, nella cura principale di Anghiari, da gennaio a oggi, sono 108, e fra questi si contano delle persone interessantissime. Nella cura ove abito io ve ne sono stati due. Il povero medico che stava a dozzina meco, ne è morto. Ella ne vedrà in gazzetta l’elogio che io ho disteso. Li unici dispiaceri che io abbia provato qua, sono stati motivati dal tifo. Discorriamo d’altro. Procuri di aver riguardo, e che lo stesso faccia il rimanente della famiglia e camperemo centodue anni. Diverse combinazioni mi hanno impedito di portarmi con comodo al Borgo per meglio informarmi del noto partito, ma quello di Montecatini mi sembra buonissimo, prescindendo dalle pretenzioni di dote per le quali bisogna adattarsi. L’occasione del Borgo non mi sembra cospicua, le pretenzioni sono eguali a quelle di Montecatini, ed in parità di condizioni la vicinanza a Colle e a Pescia mi farebbe preferir Montecatini al Borgo298. Io ho necessità di portarmi in questa città, informerò lei e Beppe delle osservazioni che potrò fare in proposito. La lontananza, gli affari, il dispendio considerabile d’un lungo viaggio e varie altre circostanze, temo che non mi permetteranno il piacere di venir a far la villeggiatura. Ci rivedremo nel Carnevale. In occasione della villeggiatura potrebbe impegnare Beppe, Tommaso e Lorenzo a venire a Colle giacché ormai dei Carnevali brillanti ne hanno veduti. Da che sono in Anghiari, o sia da due mesi non vedo lettere della mamma. La prego a rammentargli il suo figliolino confinato. Le chiedo la sua benedizione, suo aff.ssimo figlio Iacopo299.

A distanza di quasi due mesi dal suo arrivo ad Anghiari, Iacopo sembra essersi adattato al suo soggiorno in Casentino, sebbene il tifo continui a mietere vittime anche prossime a lui. Nonostante tutto questo, Iacopo, che all’epoca ha 23 anni, si trova nel momento di prendere moglie, un passo che però può essere fatto tenendo in debita considerazione le esigenze della famiglia nel contesto di

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Dalla lettera non è chiaro se il “Borgo” fosse Borgo S. Sepolcro, o forse qualche altra località.

un mercato matrimoniale definito da norme giuridiche e consuetudini non facilmente eludibili. Dalla lettera appare che Iacopo è consapevole di tutto questo nella misura in cui rende partecipe la famiglia dei “partiti” che sembrano appetibili, secondo i parametri della consistenza della dote e della distanza del luogo di residenza della famiglia della sposa rispetto a Colle.

Alcuni mesi più tardi, Iacopo scrive a Giuseppe per aggiornarlo sull’evoluzione delle trattative.

Carissimo fratello, Anghiari, 3 marzo 1818 dalla tua del 28 scorso con grandissimo dispiacere sento i tuoi incomodi di salute. Voglio sperare che ti sarai ristabilito all’epoca nella quale riceverai la presente, ma intanto non mancare di procurarmi subito le tue nuove. La tua proposizione di unire i miei interessi a quelli della famiglia, la ritrovo giustissima e coerente ai miei desideri. Io non mi allontanerò mai da quello che tu crederai giusto. Devo dirti altresì con la stessa sincerità e confidenza che non mi soddisfa il progetto di servirmi per i motivi a te noti di quella somma di denaro che potrei ottenere all’epoca di una stipulazione. Questo potrebbe compromettere il mio decoro, onde vedo la assoluta necessità d’una sommarella almeno per pochi mesi. Noto qualche tua premura su questo particolare e te ne sono grato, ma non posso adattarmi a crederla sufficiente al mio scopo. Poniamo che la metà della trattativa sia una somma interessante, poniamo che il Babbo, soddisfatto delle trattative, aggiunga altro denaro, tu vedi che con qualche altro poco che tu ne procuri le cose si accomodano. Il pensiero di scomparire ancora in un momento solo fa in me un effetto tale da farmi deporre qualunque delle mie idee sebbene queste seguitino ad essere ben fondate, e continuamente favorite dalle più opportune circostanze. Se mai può dispiacerti che io per indolenza perda una sorte che mai più potrei ritrovare, ti prego nuovamente e con maggiore calore ad incaricarti, onde in qualunque modo sia a suo tempo disponibile del denaro per supplire agli oggetti a te noti. So che tu vedrai delle difficoltà nel favorire la mia richiesta, ma appunto queste difficoltà son quelle che mi fanno porre in te la mia confidenza. Per facilitare le tue premure io cercherò in qualche modo di acquistare tempo, e ti assicuro della mia più sincera gratitudine se questo può incoraggiarti. Se finalmente tu conosci che questo mio desiderio non possa essere soddisfatto, scrivimi liberamente. Io mi adatterò a recedere dai miei progetti, piuttosto che espormi a delle tristi figure. In qualunque modo tu la pensi, io dipendo dalla tua replica che ti prego a sollecitare. Abbiti riguardo, addio300.

La trattativa matrimoniale sembrerebbe ormai già intrapresa; non si sa al momento quale partito venisse preferito dai Ceramelli, ma appare con una certa chiarezza che l’argomento principale sia la dote, o una sua parte, da impiegare eventualmente in qualche forma d’investimento. Iacopo si trova dinanzi alle richieste economiche della sua famiglia, che, per quello che si può desumere, non sembrano trovare accoglienza da parte della famiglia della sposa. Ciò mette Iacopo in evidente difficoltà, ed è per questo che chiede a Giuseppe di trovare una mediazione con il padre. Altrimenti Iacopo sarebbe disposto, pur a malincuore, ad abbandonare la trattativa.

Sfortunatamente, non sono state trovate altre lettere sull’argomento, se non fino alla primavera del 1819, un anno dopo l’ultima missiva di Iacopo. E’ Lorenzo questa volta a scrivere a Giuseppe da Colle Val d’Elsa.

Carissimo Beppe, Colle, 27 marzo 1819

Ho ricevuto i cinque esemplari del tomo IV del Machiavelli, ti rimetto per Mario Bocci il zecchino che hai sborsato. Mi è molto dispiaciuto il sentire che sei di cattivo umore per la soverchieria che ti vorrebbero fare. Forse non vi sarà nulla di reale, e il tuo timore ti farà ingrandire la cosa. Comunque sia, se tu ti risolvi a tornare a casa sarai gradito, e forse non sarà l’unico vantaggio che noi si potrà avere in queste critiche circostanze della famiglia. Iacopo è tuttora indeciso e non si comprende come pensi. Io credo che quando avrà finito di vedere le piaghe del patrimonio, si determinerà a tornare per la stessa strada che è venuto. La scrittura dei libri era tanto arretrata che ho appena finito di metterla in pari. Stasera vedremo più chiaramente come stanno le cose e quali risorse vi sono per arrivare ad agosto. Assicurati che non mi scordi delle tue giuste richieste e di quelle di Tommaso. A Iacopo pure digli che farò il possibile per contentarlo. Lunedì scriverò qualcosa di più decisivo su questo proposito. Ho detto al fattore che pensi a mandarti l’assegnamento per Tommaso, ma egli pure è imbarazzato per trovare da far quattrini […] Mi par millanni di esser tornato per non sentir parlar più di miseria.

Se Iacopo torna a Anghiari, non vi è altro rimedio che tu prenda moglie, e con un migliaio di scudi alla mano tu metta in grado il nostro patrimonio di reggersi in piedi, pagando i debiti più urgenti e comprando molto bestiame, che in oggi è buona risorsa dei poderi. Si potrebbe allora star benino, e contentar tutti. Tu potresti indennizzarti con una buona dote dall’impiego lasciato, e il nostro patrimonio andrebbe a migliorar di condizione. Tu sei senza dubbio più adatto di Iacopo per regolare la nostra casa perché hai più sangue freddo e più predisposizione perché tu riesca più di ogni altro prendere il babbo per il suo verso. In una lunghissima sessione che si tenne ieri sera la mamma,il canonico ed io si concluse che senza questa tua risoluzione si starà sempre di male in peggio. Addio, stai bene e credimi, tuo aff.ssimo fratello Lorenzo301.

L’aver ricevuto il volume di Machiavelli offre a Lorenzo l’occasione per riproporre a Giuseppe l’invito a ritornare definitivamente in famiglia, sull’onda di una possibile “soverchieria” al fratello che lo aiuterebbe però a maturare definitivamente la scelta di abbandonare il proprio impiego, indennizzandosi però “con una buona dote […] e il patrimonio andrebbe a migliorar di condizione”. Gli effetti della carestia non fanno che rendere quanto mai evidente la difficoltà a gestire il patrimonio di famiglia senza una sua nuova direzione stabile. Raffaello compie 70 anni nel 1819, un’età decisamente avanzata: è necessario pensare seriamente alla sua successione. Per Lorenzo, Giuseppe è l’unica figura in famiglia in grado di trattare con il padre, come d’altronde gli scambi epistolari sin qui esaminati hanno dimostrato; allo stesso tempo lo ritiene in grado di riportare in

ordine i conti del patrimonio, spostando gli investimenti sul bestiame, la cui rendita appare più stabile nel tempo rispetto alla scarsa produttività dei raccolti. In un frangente del genere, Iacopo, secondo Lorenzo, “è tuttora indeciso e non si comprende come pensi. Io credo che quando avrà finito di vedere le piaghe del patrimonio, si determinerà a tornare per la stessa strada che è venuto”. Da ciò che Lorenzo scrive si legge chiaramente che Iacopo è ancora ad Anghiari, ma non è ancora chiaro in quale stato siano le sue trattative prematrimoniali. Al di là di tutto, Lorenzo non ritiene Iacopo idoneo al pari di Giuseppe come capofamiglia, “per regolare la nostra casa”.

Alla luce di queste osservazioni non si comprende perché Lorenzo non si candidi egli stesso a questo ruolo; è probabile che i fratelli gli abbiano fatto delle proposte al riguardo, ma non c’è al momento alcuna evidenza nelle fonti che induca in questa direzione. Al contrario, la corrispondenza famigliare attualmente a disposizione punta i riflettori nuovamente su Iacopo, il quale ai primi di luglio del 1819 così replica a Giuseppe.

Carissimo Fratello,

Ringrazia in mio nome il sig. Antonio Rinieri delle premure che si è prese in mio vantaggio e della disposizione che avrebbe di continuarle. Replico alla cara tua del 18 giugno passato. La tua persuasione e quelle del sig. Rinieri per farmi tornare a casa non trovano in me opposizione. Credevo che la sig.ra Morgalanti avesse piacere a stare sola meco, quietando la vita d’impiegato, come erano i primi patti; ma quando gli ho letto la tua lettera, e partecipato per la prima volta il progetto di tornare a Colle ne ha mostrato tutta la contentezza, ed il suo buon umore successivo me ne ha assicurato. Anche questa delle difficoltà è superata. Se veramente la famiglia crede utile e desidera il mio ritorno a casa, volentieri mi occuperò dei nostri interessi. Ma siccome non so se riuscirò bene, chiederò di allontanarmi dall’impiego solo per un anno o due, e non la dimissione, giacché se non riesco a fare il fattore, tornerò a rovinare delle comunità.

Prima del mio ritorno a casa, se devo tornare, è necessario che io abbia dai fratelli un piano d’amministrazione, col quale regolarmi, a scanso di qualunque inconveniente. Occorre stabilire il maggior numero di dati certi tanto di entrata che di uscita, fissare le somme che a titolo di assegnamenti o mantenimenti saranno a carico del patrimonio famigliare onde delle richieste di denaro inaspettate non sconcertino l’amministratore. Si dichiarerà se le somme che potessero avanzare dovranno andare in estinzione di debiti o ripartirsi fra gli individui della famiglia. Occorrerà notare queste piccole riforme (se ve ne sono) che si desiderassero, e che potrebbero attirare qualche odiosità a chi le facesse di suo capriccio. Stabiliscasi l’annuo rendimento di conti, per il che ottobre mi parrebbe adattato potendosi combinare tutti i fratelli detto piano, cominciar dovrebbe e terminare con le proteste della soddisfazione comune e con le promesse di mantener sempre quella concordia che è tanto necessaria nella nostra situazione.

Tu come sei più vicino al patrimonio potresti occuparti di quanto sopra per il bene comune. E mi faresti sommo piacere a andare una mattina a desinare a Colle, ed a parlare in proposito col babbo, per scrivermi il resoconto della tua sessione. Se come mi prometti nella tua lettera sarai più puntuale a rispondermi, farai benone. Presto ti manderò il libro che ti promessi, e lo gradirai

in dono, ed in ricompensa di quanto l’hai aspettato. Se mi manderai qualche bel pezzo di musica la copierò e te la rimanderò. E’ una cosa essenzialissima stabilire l’epoca del mio ritorno. Non vorrei tornare nell’occasione che il granaio fosse vuotato: cattivo principio per un amministratore. Pensaci bene. Addio, Anghiari, 2 luglio 1819302.

La scelta sul nuovo capofamiglia sembra cadere alla fine su Iacopo. Accanto a lui appare il nome della sig.ra Morgalanti, che, dal contesto della lettera, appare come la futura sposa di Iacopo. Questo è una dei motivi principali che hanno condotto Iacopo a divenire il successore di Raffaello alla guida della casa: il raggiungimento dello stato coniugale. Lorenzo stesso nella sua lettera precedente a Giuseppe, lo invitava a prendere moglie ed a farsi carico del patrimonio di famiglia. Secondo la logica di antico regime, solo uno tra i fratelli Ceramelli può sposarsi, proseguire il lignaggio e tenere unito il patrimonio a nome e per conto anche dei fratelli. Questo appare il senso della lettera di Iacopo, il quale chiede a Giuseppe di provvedere a tutto quello che può servire a mantenere l’armonia all’interno della famiglia, in preparazione al suo ritorno a Colle; un ritorno per Iacopo non privo d’incognite, al punto che egli stesso decide di chiedere l’allontanamento dall’impiego per un periodo breve, “non la dimissione”. Le incertezze di Iacopo, descritte prima da Lorenzo, fanno sì che però Giuseppe continui ad avere concretamente il ruolo di guida e di protezione per i fratelli più giovani. A smorzare la tensione del momento, nella lettera fanno capolino piccoli regali di libri, e prestiti di brani musicali.

Alla metà di agosto Lorenzo e Giuseppe si preoccupano di organizzare il rientro di Iacopo in famiglia, insieme alla futura compagna. Così Lorenzo scrive al fratello:

Carissimo Giuseppe, Siena, 13 agosto 1819

Ho letti esaminati e ponderati tutti i fogli che mi hai trasmessi e che ti rimetto. Non ho da farvi altre osservazioni oltre quelle che ho apposto in vari luoghi come avrai luogo di riscontrare. Giacché da qualche ho potuto conoscere che il matrimonio seguirà ad ottobre, convien pensare di proposito di ammobiliare un quartiere per la sposa. Questa è cosa di somma necessità, ed io reclamo su questo articolo come interessato a mantenere il decoro della famiglia. Se Iacopo riceve un acconto di scudi 500, bisogna erogarne una parte per questo importante oggetto. Quando il Morgalanti verrà a Colle, se Iacopo crederà utile la mia presenza, mi mandi il cavallo e mi porterò lì. Prendendo Iacopo le redini del patrimonio, bisogna inculcarli di usare verso il babbo la più gran prudenza e rispetto. Di deferire in certa maniera alla pratica che egli possiede in certi articoli e di cercare di non inasprirlo e di non fargli passare inquieti questi ultimi giorni della sua vita […] Assicurando la pace in casa gli affari andranno sempre bene. Quando verrà luogo, fagli comprendere queste verità. Addio, credimi in fretta tuo aff.ssimo fratello Lorenzo303.

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Ibidem.

Lorenzo esprime con chiarezza l’intenzione di accogliere in casa la futura moglie di Iacopo nel migliore dei modi, utilizzando una parte della dote proprio allo scopo di “mantenere il decoro della famiglia”. Ciò conferma che il matrimonio di Iacopo per i Ceramelli non è un affare affettivo tra singoli, ma un evento che impegna tutta la famiglia, ponendo sullo stesso piano l’importanza delle relazioni tra i singoli e gli interessi sul patrimonio, perché “assicurando la pace in casa gli affari andranno sempre bene”. Questa affermazione per Lorenzo ha il valore di verità, che Iacopo deve fare sua, affinché tutto possa procedere nel giusto equilibrio.

Mentre Lorenzo è impegnato a organizzare il rientro di Iacopo in famiglia, Giuseppe scrive al padre, entrando nel merito della trattativa prematrimoniale, che fino ad ora non era apparsa negli scambi epistolari se non marginalmente.

Carissimo sig. Padre, Firenze, 25 agosto 1819 Le accludo una lettera di Iacopo, da esso trasmessami a quest’oggetto, relativa all’affare matrimonio, di cui io le ho parlato altre volte intenzionalmente. Dietro il di lui proposito, e dietro le notizie da me attinte da degli Anghiaresi che conoscono bene la famiglia Morgalanti, sono di parere che Iacopo volendo fare un tal passo, non possa farlo che come ora propone, non essendo facile il rifiutare un’occasione simile per l’interesse, trattandosi di un erede di un patrimonio di circa scudi 40000, oltre i vantaggi della sposa e dei figli che erediteranno detto patrimonio. Faremo il possibile perché sieno stipulati dei patti tali da far godere anche lo stesso a noi, e questi li faremo esaminare bene da qualche buon legale per evitare qualunque rammarico. Un impiegato in provincia (giacché giudizievolmente Iacopo non intende di lasciare l’impiego) avvenga che ha bisogno di una persona di buona compagnia, e lo compatisco se è stato il primo di noi altri a sentire la vocazione del matrimonio. D’altronde, questo affare non farà da ostacolo al collocamento delle sorelle, anzi potrà facilitarlo trovandovi il mezzo di pagare almeno una porzione delle doti, e neanche servirà di ostacolo a qualche altro fratello che volesse prender moglie ed accudire al’amministrazione dei beni di Colle in di lei aiuto, nel tempo che Iacopo assisterà al patrimonio di Anghiari. Ma qualora non succeda, come può essere, alla morte del padre della sposa, potrà Iacopo lasciare l’impiego, e passare una parte dell’anno a Colle in qualità di sostegno alla razza ceramelliana. Saluti tutti di casa. Le chiedo la benedizione suo aff.ssimo figlio Giuseppe304.

I Morgalanti sono una famiglia di Anghiari, detentrice di un patrimonio dal valore pari a 40000 scudi, una cifra del tutto simile al patrimonio dei Ceramelli prima della divisione tra Raffaello e Francesco avvenuta nel 1783. Dalla lettera di Giuseppe si comprende che la scelta di Iacopo di sposare la loro figlia, oltre a lenire la sua solitudine in Casentino, gli consentirebbe di diventare di fatto l’unico erede del patrimonio. Se ciò, da un lato, può essere considerato un vincolo al suo definitivo ritorno a Colle, dall’altro può divenire una risorsa economica importante per il