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Le lettere alla famiglia ritrovate nell’archivio di Colle Val d’Elsa riprendono a scorrere dai primi anni quaranta. Il 7 marzo 1843 Iacopo scrive a Tommaso da Firenze.

Carissimo Tommaso,

La tua lettera del 7 stante mi ha levato da molto pensiero, e mi è stata di molta consolazione, assicurandomi del miglioramento della tua salute. Speriamo quel che tu speri: che fra qualche giorno tu ritorni a star bene. Medicati poco, perché i medicamenti, e anche le acque più innocenti, alterano la digestione, ed il fegato è un essere capriccino, che non vuol essere annoiato. Credo bene che i tuoi amici desiderino di rivederti, e verranno a visitarti. Anche la buona compagnia guarisce i mali di bile. Il sollevarsi, ed il dormire, che fa entrare regolarmente l’aria nei polmoni, suole far bene. E’ una soddisfazione utile anche quella di conoscersi ben voluti, e di destare in altri il desiderio di noi. Che dicono a Colle del Brachini? Che dicono del canonico Lepri? Nuove di mondo non ve ne sono. Quando le avrò, te le comunicherò. Quello che vi è attualmente lo dice anche il Monitore. Ti mando un numero del giornale Il Genio. Ha fatto ridere l’articolo fra i due pisani. Si dice che i Baretti sono i Tedeschi, i Lombardini quelli di Lombardia, [...] Quando avrai letto e tenuto quanto ti piace detto giornale, custodiscimelo e serbamelo. Dammi presto le tue nuove. Saluta e credimi tuo affezionatissimo fratello Iacopo494.

La lettera di Iacopo è strutturata su tre livelli. Il primo è di carattere personale ed ha come oggetto la salute di Tommaso. Alla consolazione per la sua guarigione dal mal di fegato, lenito dall’aria buona e dagli amici, seguono le curiosità di Iacopo sulla vita sociale a Colle Val d’Elsa. Per ultimo le “notizie dal mondo”, ed in questo ambito è Iacopo ad avere accesso al mercato della carta stampata, ed è suo compito informare il fratello e la famiglia su ciò che accade fuori dalla città, ma in questi

493

Ivi, pp. 279-280.

giorni non paiono esserci notizie di rilievo, fatta eccezione per quelle riportate dal «Monitore Toscano» e da un’altra rivista molto probabilmente di carattere umoristico495.

Il carteggio s’interrompe di nuovo per alcuni mesi fino all’autunno del 1844, quando Iacopo scrive a Tommaso questa volta da Arezzo.

Carissimo Tommaso,

Siamo giunti ad Arezzo sani e salvi, dopo d’avere avuto un pessimo tempo a Firenze, ed anche peggiore per la strada d’Arezzo. Nonostante si sta bene di salute. Fammi il piacere di far noto al sig. cancelliere Giovacchini, nell’interesse del figlio, che gli esami per gli apprendisti nelle cancellerie avranno luogo nel gennaio prossimo. Procura anche a Beppe di dare questa notizia, che abbisogna per regola a Poldino Baillou. Salutami tutta la famiglia dammi le sue e le tue nuove, e credimi.

Arezzo, 27 ottobre 1844496.

Iacopo dal 1842 è ad Arezzo con la qualifica di cancelliere comunitativo497. Il trasferimento da San Sepolcro appare come una promozione che con buona probabilità contribuisce a dargli un ruolo più autorevole rispetto alla famiglia e alla comunità; ne è un piccolo indizio la cura di Iacopo nel trasmettere la notizia sull’esame imminente per apprendisti cancellieri ad un collega, e a “Beppe”, perché ne fosse informato il nipote Leopoldo. Un fatto del genere rappresenta una piccola novità rispetto al passato, quando era “Beppe” ad informare e guidare i fratelli più giovani nella carriera amministrativa.

Oltre alle lettere di Iacopo non mancano quelle inviate da Lorenzo. Anch’egli scrive a Tommaso da Firenze pochi giorni prima di Iacopo.

Carissimo Tommaso, Firenze, 23 ottobre 1844. Avrai inteso le nuove del nostro viaggio felicissimo fino alle porte della città, infelicissimo per il gran diluvio fino alla porta di casa. Noi tutti stiamo bene, ma abbiamo trovato Cecco Puccinelli, venuto da Portoferraio, a letto incomodato da vene varicose alle gambe. Ti saluta unitamente a Tonino, a tutti noi. Iacopo parte oggi per Arezzo, io domani per Pisa. Ti mando gli occhiali similissimi ai miei. Unisco un sacchetto di margheritine per la sig. Luisa Ceramelli a Bardeggianello. Saluta la Mamma e l’Arciprete. Scrivimi se hai venduto o barattata la cavalla che noi desideravamo molto. Addio, ti abbraccio il tuo aff.ssimo Lorenzo498.

495 Non è stato possibile per ora rintracciare con esattezza cosa fosse il giornale il «genio», fatta eccezione per un

«giornale del genio», pubblicato a Firenze nei primi anni venti, trasformatosi in seguito con il nome di «giornale delle dame». Cfr. S. Franchini, M. Pacini, S. Soldani, Giornali di donne in Toscana: un catalogo, molte storie (1770-1945), Firenze, 2007, pp. 127-129.

496 Ivi, 265. 497

Ivi, 57.

Queste righe rendono più chiaro lo spettro delle relazioni famigliari che, oltre ad avere come protagonisti i fratelli Ceramelli, sono estese ai cugini Puccinelli: Tonino e Cecco, che adesso sembrano mantenere le loro relazioni con i Ceramelli principalmente attraverso Lorenzo e Iacopo, i quali, come si è già visto, avevano incluso i Puccinelli nella rete commerciale di Vieusseux. Lorenzonon dimentica di spedire un omaggio alla cognata che, a quanto pare, dimora almeno per questo periodo dell’anno nella villa di Bardeggianello. La lettera successiva di Iacopo pone in evidenza l’inserimento sempre maggiore dei fratelli Ceramelli nel clima politico di quegli anni.

Carissimo Tommaso, Arezzo, 4 febbraio 1845. Da giorni volevo e dovevo replicare a una graditissima tua lettera scritta il 6 gennaio, e pervenutami quivi da Pisa. Ma come fare se manca il tempo per respirare? Oggi è il settimo giorno di Carnevale. Tutti si divertono i mi lasciano un poco in pace, e ti scrivo. Tu non puoi immaginarti quanto sia attiva ed insistente questa popolazione, pazienza. Abbiamo gradito le nuove dalla Patria. Mi è stata simpatica l’operazione che avete fatta per sollevare i danneggiati dell’alluvione empolese. Ai fiorentini ci ha pensato tutto il resto della Toscana. Ed hanno avuto somme sufficienti che onorano tutto il Granducato. Ma chi potrà togliere a quei poveri la paura d’affogare tutte lo volte che vedranno un nuvolo nel Cielo? Noi altri Aretini abbiamo elargito ai danneggiati nei sobborghi della Capitale, perché così ha gradito il Governo, al quale (come parla la storia) siamo fedelissimi, obbedientissimi […] Sento che il noto predicatore Cappuccino ha fatto delle solite non associandosi a far fare buona figura alla Città. Caro Tommaso son frati. Credo che sia utile che si facciano conoscere a chi ancora non li conosce bene, e che il popolo sappia quanto deve contare in essi, all’occasione della disgrazia. E’ stato in questo momento da me Baccheri che mi ha portato i tuoi saluti, e che ho graditi moltissimo. Mi ha detto che era con la moglie del Camarri. Conoscerai in seguito quella donna regina delle bizze fino alla nausea. Credo che abbia fatto anche un figlio gesuita. Figurati che speculazione. Addio. Saluta la mamma e l’arciprete. Scrivimi spesso e non ti sorprenda se non rispondo immediatamente, tuo aff.ssimo fratello Iacopo499.

L’inondazione del Valdarno menzionata da Iacopo avvenne il 3 novembre 1844500. Essa, insieme al terremoto del 1846, rappresentò un’ulteriore occasione per affermare il ruolo politico dei municipi e delle associazioni locali nel manifestare la loro solidarietà verso le zone del Granducato alluvionate. Per entrambi gli eventi il ruolo del governo centrale apparve essere prevalentemente di raccordo, mentre una parte importante nell’azione di soccorso venne messa in atto dalle comunità locali consorziate fra loro. Nell’opinione degli attivisti come lo stesso Montanelli ciò era un incentivo all’unità, non solo all’interno della Toscana, ma anche a livello italiano come dimostrò la volontà manifestata da una rete di scuole pisane, che si adoperarono per la raccolta di fondi in aiuto della città di Roma, a causa di un’inondazione del Tevere avvenuta sempre nel 1846501. Le allusioni di Iacopo nei confronti dei Cappuccini e dei Gesuiti vanno lette nel contesto del crescente spirito

499 Ibidem. 500

A. Moroni, op. cit., p. 546.

anticlericale di quegli anni, principalmente nei confronti degli ordini religiosi che remano contro il movimento cattolico-liberale.

Anche Lorenzo scrive a Tommaso per complimentarsi per lo spirito di solidarietà dei colligiani in merito all’inondazione dell’Empolese.

Caro Tommaso, Pisa, 22 gennaio 1845

Se non ti detti conto di aver ricevuto la tua lettera Inondazione, non per questo mi ristetti dal leggerla due volte, e poi la rimisi subito al fratello Iacopo. Trovai che tu avevi fatto quanto per uno zelante gonfaloniere far si poteva e mi compiacqui di vedere che eri stato ben secondato. Ero sicuro che il voto del Montanelli ti sarebbe piaciuto. E’ più e da piacere, perché me lo ha fatto gratis. Un poco più in qua bisognerebbe fargli un regalino. Dimmi che cosa ne dice il nostro cognato, e cosa ne ha detto l’arciprete. Da quelle ragioni, meno che con dei cavilli brutti, non se ne sorte. Avrai ricevuto tardissimo due involti, o uno solo, per far fare dei lavoretti in codesta vitrea officina. Li raccomando alla tua assistenza e alla perizia dei fabbricanti. Si tratta di far piacere a due persone che a me ne fanno molti di piaceri. Io sto bene di salute, malgrado le grandissime temporali stravaganze. Tanti saluti alla mamma e a tutti gli altri. Scrivimi spesso benché io sarò un po’ retrò, non per volontà, ma per impotenza. Ti abbraccio di cuore il tuo aff.ssimo Lorenzo502.

Il tema dell’inondazione dà lo spunto a Lorenzo per sottolineare lo zelo di Tommaso nel suo ruolo di Gonfaloniere di Colle, una carica che Tommaso ricopre dal 1841, come riporta l’«Almanacco Toscano»503. Non si conoscono i dettagli della nomina di Tommaso, ma non è da escludere che sia il risultato delle pressioni esercitate dai fratelli sulla Camera di Sovrintendenza delle Comunità, grazie anche alle relazioni e alle amicizie intessute attorno al Gabinetto Vieusseux. Il resto della lettera è appunto dedicata al patrocinio gratuito dell'avvocato Montanelli in un contenzioso imprecisato in cui Ceramelli sono implicati. Per contraccambiare il favore, Lorenzo propone di acquistare un “regalino” all'amico, e anche ad altre due persone che, per i “molti piaceri”, si sono meritate la riconoscenza della famiglia, magari qualche oggetto artistico della locale fabbrica di cristalli che negli ultimi anni stava sostituendo le cartiere come principale attività manifatturiera della città504.

L’impegno dei Colligiani nella gara di solidarietà per l’alluvione del 1844 è la spia di un coinvolgimento più ampio della società locale nel fenomeno delle associazioni volontarie. Nel 1843 nasce a Colle Val d’Elsa una “Società d’Incoraggiamento d’Agricoltura e di Manifattura in

502

ACC, Fondo Ceramelli-Papiani, 265.

503

Cfr. ASS, Colle, 235.

504

Cfr. A. Sallese, Colle Val d’Elsa: territorio popolazione op. cit., p. 96; cfr. M. Pacini, Il volto borghese di Colle nell’Ottocento, in I centri della Valdelsa, op. cit., p. 294.

Valdelsa”, promossa da Luigi Serristori che era all’epoca governatore di Siena505. La notizia della fondazione della Società viene riportata dal «Giornale Agrario Toscano» lo stesso anno, mettendo in risalto come la Società valdelsana, in forma del tutto simile all’Accademia della Val Tiberina, ambisse alla diffusione dell’istruzione agraria e manifatturiera, all’introduzione di nuove industrie in loco, e alla premiazione “in medaglie e in denaro a quei possidenti agenti di beni, coltivatori, i quali avranno introdotto nell’azienda agraria un miglioramento riconosciuto meritevole”. La stessa attenzione veniva riservata agli imprenditori dell’industria506. Dalla lettura delle fonti presenti nel fondo archivistico del comune di Colle presso l’Archivio di Stato di Siena, la Società appare con il suo nome completo, “Società dei Curiosi della Natura e di Incoraggiamento di Arti e Mestieri”, che allude alla sua poliedrica attività, descritta con maggior dettaglio nel discorso del segretario Giuseppe Maria Galganetti, in occasione dell’adunanza del 22 febbraio 1846.

Signori,

Le vicende dei tempi segnalate dal rovinoso blocco continentale, vanto d'immensa ambizione dell'uomo fatale, che frenò a suo talento i destini d'Europa, prostrarono così a terra le condizioni economiche della nostra città, oltraggiandone le fonti di ricchezza, le industrie di ogni specie, che caduta in avvilimento, nient'altro faceva che piangere, e continuare a lamentarsi. Cadde però col colosso francese l'opprimente sistema proibitivo, e sotto il predominio di più umili ed umani principi la macchina sociale si ricostituì e si atteggiò per riprendere quel corso che dalla infelicità dei tempi, tale gli era interrotto. Poi allora che la nostra città respirò cure nuove di prosperità, e a grado a grado, si ricongiunse verso quello stato di floridezza dal quale era stata bruscamente sbalzata. Muove fino da quei tempi lo spirito di incivilimento e di cultura che attualmente ravviva il popolo colligiano, cui nulla è estraneo di quanto forma il declino o la letizia dei Buoni e dei Saggi del secolo decimonono. Infatti se noi ci volgiamo al tugurio del povero, vi troviamo provveduto a prosperità, e con i propinati mezzi di cultura morale ed intellettuale, mediante le radicali riforme delle pubbliche scuole maschili, e con i mezzi facilitati di agiatezza, con i continui lavori, e con la salutare istituzione della cassa dei risparmi: là al ceto medio si ponga attenzione, noi lo troviamo solerte, e spedito nel procurare utile impiego e dei suoi studi e dei suoi capitali, coadiuvato dalla premura e dagli aiutamenti di una società per l'incoraggiamento che non risparmia fatiche per comprendere quanto per lei meglio si possa allo scopo prefisso dei miglioramenti. Ciò che poi maggiormente onora lo spirito di questa popolazione di riunire in un solo centro tutte le ricchezze di belle arti, storia naturale e numismatica, che finora sparse si stavano nei privato gabinetti e perciò difficile da apprezzarsi dal pubblico a ciò che più nota istituita una apposita società. Si o Signori noi abbiamo tutto il diritto di andare lieti di aver fondata una società che preserva dalla dispersione i più pregiabili capolavori ed oggetti delle specie contemplate di questa nostra città; di avere aperto un nuovo campo fertilissimo agli studi della colta gioventù e di offrire un esempio brillante di fraterna concorrenza a procurare il decoro e l’utile della patria. Ma io esagero o Signori, vi sia caparra di verità dei miei detti, e il tratto magnanimo di amorevolezza che vi dà quel grande, che attualmente regge i destini toscani, quello che mentre fa la delizia dei suoi sudditi, desta ammirazione per tutta Europa, per lo stupendo suo buon volere nell’indurre in ogni branca politico-amministrativa le più rette ed illuminate riforme: e il numero ragguardevole dei soci attivi che spontanei han voluto concorrere a questa utile e decorosa associazione; e finalmente l’ingenuo gradimento e cordiale fortificazione con la quale da voi uomini preclarissimi è stata

505

Ivi, p. 287.

accolta la qualifica di soci onorari. Se dal passato dato fosse argomentare l’avvenire, certo che molto bene potrebbe sperarsi di questa istituzione la quale nei primordi del suo nascere ha fatti passi da gigante nel suo increscimento col che il santo amore di patria seguiti con la stessa intensità a salutare i cuori dei nostri concittadini, che una unione fraterna, ed armonia inalterabile prosegua ad animare tutti i consociati fra loro e finalmente una bene intesa economia saviamente disponga dei mezzi e delle risorse della associazione. Non devo in ultimo tacere o Signori che ad estendere il benefizio di questa istituzione sarebbe desiderabile vedere portato ad effetto il voto della formazione di una analoga libreria da costituirsi con i depositi volontari di libri, il che renderebbe plausibile servigio alla pubblica istruzione nei rami di scibile prediletti da questa società507.

La premessa del discorso prende spunto dal collasso dell’Impero francese. Nell’alveo della Restaurazione la città di Colle ottiene nuovamente la sua libertà e può ripercorrere la strada del progresso, che va a incrociarsi con lo sviluppo e il genio del secolo Decimonono, con particolare riferimento al paradigma riformatore che si sta sviluppando in Toscana dagli inizi degli anni trenta. Viene quindi sottolineata l’importanza della spinta volontaria all’interno del notabilato locale ad associarsi e a mettere in comune le proprie risorse per il bene della comunità. Nella relazione di Galganetti sono incoraggiate le iniziative in materia d’istruzione popolare, mentre è riscoperta in chiave utilitaristica la figura morale dell'umile, la cui industria e capacità lavorativa possono essere perfezionate dalla scolarizzazione. Nello stesso tempo, il ceto medio, grazie all’istituzione delle casse di risparmio, riuscirà ad impiegare in modo proficuo i propri capitali, non per il profitto individuale, ma per il bene della patria, che, in questa logica, viene a coincidere con la comunità locale. L’idea centrale del discorso di Galganetti è l’unione organica delle classi ed è su questa unione che s’innesta la nascita della Società dei Curiosi della Natura nella prospettiva di un’interdipendenza tra sfera pubblica e privata. A questo riguardo, La Società colligiana mette in piedi un museo civico con quadri ed altre opere provenienti dai palazzi delle famiglie nobili e dalle istituzioni cittadine. A dare prova della nascita del museo è nuovamente Galganetti in una sua seconda relazione del 29 giugno 1846.

Lo studio della Natura applicato alle sue diramazioni animale, vegetabile e minerale, se non voglia dirsi indispensabile, almeno utilissimo da ogni Saggio si reputa nella nobile professione delle scienze, che più illuminano, ed abballano lo spirito umano. Le Arti belle con la magica potenza della rappresentazione di ciò che più piace per dolcezza, per forza, per espressione di concetto, tengano vive nelle nazioni la divina scintilla del Genio, e valgano a destare nell’intimo senso dei riguardanti, emozioni capaci ad ingentilirne i costumi, ad elevarne il pensiero verso il grande apice della perfezione.

La Numismatica fiaccola accesa a discutere le tenebre dei tempi che furono, presta alla Istoria il più valido soccorso, disvela con la incontestabile eloquenza dei fatti, ciò che vi è di vero, o di erroneo nelle tradizioni fino a Noi pervenute, e fa nel tempo medesimo conoscere i periodi d’infanzia, progresso e decadimento delle arti.

Gli studi però delle enunciate diramazioni di scibile, male possono esercitarsi ovunque manchino i soggetti materiali, che ne costituiscono la essenza; e fu per questo che alcuni generosi di buon animo sacrificando il comodo privato, ed il lustro dei loro particolari gabinetti al comodo, e lustro pubblico si proposero ed effettuarono con non lieve loro dispendio la riunione in un solo pubblico locale le ricchezze di belle Arti, Storia Naturale, e Numismatica, per lo avanti divise, e diffuse per le singole proprietà.

Il bello esempio non mancò di dare frutti congeneri, ed una patriottica gara si accese in tutti indistintamente Cittadini, onde aumentare con pregiabili oggetti il nascente pubblico Deposito, il quale però come fondazione privata, poteva di giorno in giorno mancare, ognoraché la libera volontà dei suoi fondatori avesse disdetto all’assunto: quando ecco nascere il felice pensiero di rendere durevole la decorosa istituzione, ponendola a salvaguardia di una accademica permanente associazione col titolo “Dei Curiosi della Natura” e non appena fu maturo il consiglio, che benevolo gli arrise il consentimento di quel Grande nostro Principe e Padre, che fa sua delizia, tutto ciò che ad utile e decoro può tornare del felicissimo Paese toscano; ed in breve ora il ruolo dei soci attivi si rese considerabile, e Persone di grado eminente, e di merito veramente distinto amarono appartenerli come soci onorari, illustrando così con i loro nomi rispettabilissimi, la nascente congrega.

Costituite le cariche accademiche fu prima cura formare tante sezioni, quante erano le branche di studi consentanei all’istituto affinché divise le attribuzioni, e in limitato circolo ristrette, più intensa riuscisse l’azione di ciascuno studio, convergente allo scopo di progressiva attività, nello insieme delle Naturali, Artistiche, e Numismatiche discipline.

Già meco o Colleghi ornatissimi nel giro dell’anno che or compie, udiste risuonare queste Sale