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CAPITOLO 5 Discussione

5.3 Drivers del QBS-ar

I risultati ottenuti in questo lavoro di tesi non permettono di evidenziare delle tendenze molto chiare nell’andamento del QBS-ar in funzione del tipo di gestione del vigneto (Fig. 15).

I motivi della grande variabilità dei dati sperimentali raccolti e analizzati in questa tesi sono da individuarsi nei seguenti fattori:

a) Caratteristiche del vigneto sperimentale;

b) Andamento pluviometrico nelle due annate sperimentali;

c) Produzione e composizione della biomassa della copertura vegetale d) Durata della sperimentazione.

Per quanto riguarda l’effetto del sito sperimentale, al di là delle piccole differenze in termini di età del vigneto, di forma di allevamento della vite, di gestione pregressa del suolo, i due vigneti oggetto della sperimentazione differivano soprattutto per le caratteristiche del suolo. A Montevertine, la tessitura risultava più ricca in limo rispetto a San Giusto a Rentennano, con inoltre maggiore presenza di scheletro. A San Giusto a Rentennano, invece, la granulometria del suolo risulta più equilibrata, con buona presenza di sabbia. Questo può aver influito, da un lato, sulla tipologia di fitocenosi spontanea che si è adattata nel tempo al contesto ambientale, dall’altra sull’abitabilità del suolo da parte della comunità di artropodi edafici, che a loro volta risentono sia delle proprietà fisiche del suolo come la granulometria che delle altre caratteristiche quali come il pH, la stratificazione, la qualità e quantità di materia organica la porosità

e capacità di infiltrazione dell’acqua (Blasi et al.2013). La maggiore permeabilità del

suolo può, infatti, andare a determinare minori rischi di ristagni superficiali e, di conseguenza, determinare una maggiore areazione del suolo, almeno negli strati sottosuperficiali, maggiormente occupati dai microartropodi (Menta et al., 2011). Altra conseguenza della tessitura del suolo a SG può essere individuata nella maggior temperatura media del suolo rispetto ai terreni di MT, aspetto, questo, sempre legato alla presenza di sabbia e di conseguenza anche alla porosità e alla quantità di aria presente nei macropori.

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Al tempo stesso, i terreni con buona presenza di sabbia risultano normalmente meno dotati di sostanza organica e di elementi nutritivi rispetto ad un terreno con maggiore presenza di argilla. Nel nostro caso, tuttavia, i terreni di MT, a fronte di una minore presenza di sabbia rispetto a SG, mostravano anche una spiccata presenza di limo e scheletro (Tab. 3), che potrebbero non aver comportato vantaggi dal punto di vista della disponibilità di nutrienti per la fitocenosi. I dati della produzione di biomassa dei vegetali campionati in primavera nell’interfila (cover crop e infestanti) mostrano, ciononostante, valori mediamente superiori a MT che a SG (Figg. 11-14). In particolare, il diverso comportamento delle essenze coltivate (favino vs orzo+trifoglio) nelle due aziende lascia supporre che il terreno di MT sia stato meno favorevole per orzo e trifoglio, essenze a seme medio-piccolo e poco esigenti in termini di disponibilità di acqua per l’imbibizione e la crescita. Viceversa, a SG il miscuglio si è ben adattato in entrambi gli anni grazie probabilmente anche al maggiore affinamento del suolo, la ridotta umidità e la migliore emergenza.

Complessivamente, i valori medi di produzione di biomassa registrati in entrambe le aziende sono stati buoni e in linea con esperienze pregresse condotte presso l’azienda di MT e in altre sperimentazioni sui sovesci (Antichi et al., 2008; Lenzi et al., 2009). Allo stesso tempo la presenza di microartropodi all’ interno di un terreno è influenzata da molteplici variabili, Come noto, il tasso di umidità del suolo è abbastanza importante per nutrire e proteggere i microartropodi, in questo senso la forte presenza di scheletro ne diminuisce il tasso di acqua nel suolo peggiorando le condizioni di vita, inoltre l’alta presenza di scheletro provoca l'abbassamento della porosità, occupa spazio utile, limitando il movimento, e non permettendo la presenza di aree di rifugio e di alimentazione per i microartropodi stessi (Duyar, 2018). Al contrario invece una buona struttura, associata a buona presenza di materia organica e ad una sua rispettiva distribuzione negli orizzonti del suolo, insieme alla presenza di elementi nutritivi, alta porosità, aerazione e una buona l'infiltrazione di acqua formano un habitat idoneo alla vita per i microartropodi (Menta et al., 2011) e quindi si presuppone che queste caratteristiche ne possano aumentare il numero e la diversità.

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La presenza di flora spontanea, particolarmente rappresentativa nei trattamenti CT e S e in tutti i trattamenti nei campionamenti autunnali, si è dimostrata buona in entrambe le aziende (Figg. 11-14). A SG, in particolare, nel campionamento primaverile del 2019 la flora spontanea ha toccato punte del 36% in biomassa sulla biomassa totale campionata nei trattamenti basati sulla semina delle cover crop (Veltroni, 2020). A MT, tale percentuale massima ha raggiunto il 14% della biomassa complessiva per lo stesso campionamento. La biomassa delle specie spontanee risultava in entrambi i casi composta da circa 90 specie, diversamente rappresentate in termini di abbondanza relativa, denotando quindi una elevata biodiversità, considerando le caratteristiche dell’areale e la specializzazione colturale del sistema vigneto. La presenza di una flora abbondante e, soprattutto diversificata può essere considerata un fattore di grande rilievo anche in relazione al QBS-ar ed ai valori da esso mostrati nei diversi trattamenti, soprattutto in quelli che non prevedevano la semina di cover crop (Fig. 15). I motivi di questa relazione tra diversità epigeica ed ipogeica possono essere individuati nella diversità della morfologia (biomassa, ramificazioni, profondità) e della biochimica dei prodotti delle radici delle piante (essudati radicali, associazioni con microrganismi della rizosfera) (Fiorinia et al., 2020). Tutti questi fattori giocano un ruolo di primo piano, infatti, nel procurare importanti risorse ecologiche per i microartropodi del terreno, sia in termini trofici/metabolici che di rifugio e di resistenza alle avversità (Duyar 2018).

Pur con differenze tra i siti sperimentali, dal presente lavoro è emerso come i trattamenti più produttivi in termini di biomassa in primavera siano anche stati quelli sui quali si sono osservati livelli tendenzialmente maggiori di QBS-ar (Fig. 15). Questo si è verificato soprattutto nel 2018, per la tesi F a MT e per S, CCI e CCM a SG. Pur non mutando molto nel livello medio del QBS-ar, i rapporti tra i diversi trattamenti si sono appiattiti nel 2019, probabilmente a causa del particolare andamento meteo dell’autunno, caratterizzato da precipitazioni di elevata intensità e frequenza che hanno comportato un ritardo nell’epoca di campionamento. E’ ragionevole supporre che le forti precipitazioni del periodo settembre-novembre 2019 abbiano quindi reso più uniformi le condizioni del suolo nei diversi trattamenti, diminuendo la portata della variabilità spaziale documentata dai clusters di suolo riportati nelle Tabb. 2 e 3. Oltre

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a questo, non è da escludere che il ritardo dell’epoca di campionamento rispetto all’anno precedente possa aver contribuito a ridurre gli effetti della gestione del suolo, concretizzatasi nel lontano mese di giugno.

A livello di trattamenti sperimentali, va infine rimarcata la stabilità interannuale e tra siti sperimentale dei valori di QBS-ar mostrata dalla tesi con inerbimento spontaneo (S) (Fig. 15). Come ci si attendeva (Begnum et al., 2013), la riduzione del disturbo del suolo dovuta all’assenza di lavorazioni importanti e caratterizzate dal rovesciamento del suolo, unita alla persistenza di una flora adattata all’ambiente e sufficientemente diversificata si è rivelata la strategia migliore per migliorare la qualità biologica del suolo. Chiaramente, a fronte di questo effetto positivo, per poter ben valutare la tecnica occorre prendere in esame anche altri aspetti agronomici ed agro-ambientali (es. effetto di soppressione sulla flora infestante della vite, disponibilità di acqua e nutrienti per la vite, creazione microclima favorevole allo sviluppo di patogeni e parassiti, effetto sulla qualità finale dell’uva) che esulavano dagli obiettivi del presente lavoro ma che devono necessariamente essere presi in considerazione.

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Capitolo 6

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