• Non ci sono risultati.

Effetti di differenti tecniche di gestione del suolo sull'indice QBS-ar (Qualità Biologica del Suolo) in vigneti del Chianti Classico

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Effetti di differenti tecniche di gestione del suolo sull'indice QBS-ar (Qualità Biologica del Suolo) in vigneti del Chianti Classico"

Copied!
69
0
0

Testo completo

(1)

U

NIVERSITÀ

DI

P

ISA

DIPARTIMENTODISCIENZEAGRARIE,ALIMENTARIE

AGRO-AMBIENTALI

Corso di laurea in Produzioni Agroalimentari e Gestione degli Agroecosistemi

EFFETTI DI DIFFERENTI TECNICHE DI GESTIONE DEL

SUOLO SULL'INDICE QBS-AR (QUALITÀ BIOLOGICA DEL

SUOLO) IN VIGNETI DEL CHIANTI CLASSICO

Relatori: Elisabetta Rossi

Ruggero Petacchi

Correlatore: Daniele Antichi

Candidato:

Lorenzo Fabbrucci

(2)

1

INDICE

CAPITOLO 1 Introduzione……… 3

1.1 Il ruolo dei microartropodi del suolo 4

1.2 Effetti della gestione del suolo sulle comunità edafiche 6

1.3 Il metodo QBS-ar 10

1.3.1 Aspetti scientifici e applicativi del QBS-ar nell’agroecosistema vigneto 11 1.3.2 Metodologia utilizzata nel QBS-ar 12

1.3.3 Prelievo del campione 12

1.3.4 Estrazione dei microartropodi 13

1.3.5 Determinazione delle forme biologiche 13

1.3.6 Calcolo del QBS-ar e QBS-c 15

1.3.7 Applicazione del metodo QBS 16

CAPITOLO 2 Obiettivo della tesi……… 17

CAPITOLO 3 Materiali e metodi………... 18

3.1 Descrizione aziende 18

3.2 Caratteristiche pedologiche dei suoli 19

3.3 Disegno sperimentale 20

3.4 Campionamenti 23

3.5 Determinazione delle forme biologiche e attribuzione del punteggio eco-morfologico 26

3.6 Valutazione parametri climatici 27

3.7 Analisi della biomassa 27

3.8 Analisi statistica 27

CAPITOLO 4 Risultati……… 29

4.1 Campionamenti con metodo QBS-ar 29

4.2 Analisi della biomassa della vegetazione 39

(3)

2

4.4 Il QBS-ar e i parametri climatici 47

4.4.1 Azienda Montevertine 47

4.4.2 San Giusto a Rentennano 49

CAPITOLO 5 Discussione……….. 51

5.1 Valore totale del QBS-ar 51

5.2 Composizione delle popolazioni di microartropodi 52

5.3 Drivers del QBS-ar 54

CAPITOLO 6 Conclusioni ……….. 58

Ringraziamenti ……… 60

(4)

3

Capitolo 1

Introduzione

La viticoltura costituisce un importante settore dell'agricoltura, dei Paesi dell’area mediterranea, dove i vigneti, fin dall’antichità, hanno avuto un importante ruolo produttivo, spesso impiantati in terreni ricchi di scheletro e a basso contenuto di sostanza organica. Queste caratteristiche, unite alla presenza di elevate pendenze e dal clima mediterraneo, ha reso e rende tuttora i vigneti soggetti a degrado ed erosione (Le Bissonnais et al., 2007).

Il suolo è un fattore essenziale nell'espressione del terroir, svolgendo un ruolo determinante nell'apporto di acqua e nutrienti alla vite e quindi risultando di fondamentale importanza per la crescita della vite (Vitis vinifera sativa L.) e per la resa quali-quantitativa degli acini. Quindi, al fine di garantire una buona produzione ed una elevata qualità del prodotto, la gestione del suolo riveste un ruolo di primaria importanza, influenzando le condizioni fisiche, l’apporto di materia organica, la disponibilità di nutrienti, la presenza di diversità biologica, e costituendo una limitazione a tutta quella serie di fattori di minaccia quali erosione, compattazione e contaminazione. Di fatto, una buona strategia di gestione può influenzare la fertilità del suolo nei suoi diversi aspetti di fertilità chimica, fisica e biologica. Per quanto riguarda la valutazione di questo ultimo parametro, tra le diverse componenti biologiche del suolo assume un ruolo importante la stima qualitativa e quantitativa di microartropodi che vivono nel terreno. Questa componente è significativamente influenzata dalle modalità di gestione del suolo: le lavorazioni, il diserbo chimico, le concimazioni possono infatti fortemente influenzare le comunità edafiche presenti. Nel vigneto, questo aspetto è stato poco indagato, sebbene la conoscenza delle relazioni tra le pratiche di coltivazione e la composizione quali-quantitiva della componente di microartropodi del suolo potrebbe dare indicazioni importanti sulla più corretta modalità di gestione del suolo stesso. Ciò risulterebbe particolarmente utile soprattutto nelle aree vulnerabili, dove potrebbero essere applicate le tecniche più efficienti nella protezione del suolo.

(5)

4

1.1. Il ruolo dei microartropodi del suolo

Il suolo è la parte più superficiale del terreno ed è estremamente variabile nello spazio e nel tempo; può essere caratterizzato sulla base delle sue proprietà, fisiche, chimiche e biologiche. Proprio per questa eterogeneità, la definizione di “qualità del suolo” risulta piuttosto difficile da formulare (Karlen et al., 1997). Inoltre, i criteri e gli approcci per definire tale qualità possono essere anche molto diversi a seconda della funzione che viene attribuita al suolo stesso.

Una modalità utile a definire la qualità, può essere quella di valutarne la componente biologica, in quanto quest’ultima condiziona, direttamente o indirettamente, i processi del suolo (Stork e Eggleton, 1992). Pertanto, in questa ottica, qualsiasi operazione di gestione del suolo deve essere improntata al principio della sostenibilità, puntando alla conservazione, se non all’incremento, delle comunità edafiche. La necessità di porre di strumenti per il monitoraggio delle diverse componenti biotiche presenti, ha fatto sì che numerosi sforzi siano stati fatti per definire dei bioindicatori efficaci.

In questo senso trovano un ruolo i microartropodi, in quanto risultano essere utili per:

- La frammentazione della lettiera permettendo un miglior attacco da parte dei microrganismi (Angelini et al., 2001)

- La costruzione di capillari nel terreno necessari all’ aerazione del suolo.

- L’influenza tramite il loro percorso digestivo sull’incorporazione nel suolo dei

composti organici, per la formazione di complessi organici e organico-minerali

- La contribuzione al processo di decomposizione influenzando la biomassa e l’attività della comunità microbica sia direttamente, pascolando selettivamente su funghi e batteri, sia indirettamente, attraverso la triturazione della sostanza organica (Cragg e Bardgett, 2001)

Nonostante l’importanza dei servizi svolti dai microartropodi all’interno del suolo, la biodiversità in esso presente viene spesso sottovalutata. A questa scarsa attenzione, fa riscontro una scarsità di dati scientifici sul tema, sia a livello locale (es. di azienda) che su scale regionali e oltre. Conseguenza di questa situazione è che, in genere, non è possibile fare una valutazione della “dinamica” temporale della biodiversità del suolo in una certa località o in un’area, mancando così la possibilità di correlare i suoi

(6)

5

cambiamenti agli effetti delle attività umane che, in quel luogo o in quell’area, sono state svolte.

La perdita di biodiversità che si osserva per le componenti viventi più “visibili” (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi…) probabilmente sta interessando anche le comunità edafiche (Priori et al., 2016), sebbene non siamo in grado di provarlo. L'evidenza mostra che molte delle pressioni antropiche quali perdita di habitat, urbanizzazione e intensificazione agricola colpiscono la biodiversità degli organismi “di superficie” (Scalenghe e Marsan, 2009): questo stesso fenomeno potrebbe riguardare anche gli organismi del suolo (Fusaro et al., 2018).

Purtroppo, i dati storici relativi agli organismi del suolo sono veramente pochi e, per questo motivo, il reale riconoscimento di qualsiasi cambiamento che possa essersi verificato nel corso del tempo è difficile da dimostrare. Tuttavia, esistono comunque alcune prove svolte su funghi che ne constatano il declino delle specie in alcuni Paesi europei.

Le pressioni di origine antropica più rilevanti che influenzano i microorganismi del suolo sono:

- il cambiamento di destinazione d’uso della terra - lo sfruttamento eccessivo dei terreni agricoli - il cambiamento nei regimi climatici e idrologici - il cambiamento nelle condizioni ambientali - il cambiamento nel quadro geochimico - la competizione con specie invasive - gli effetti delle ecotossine

Oltre a queste pressioni, importante risulta essere anche qualsiasi altra perdita fisica del suolo, come l'erosione o altri processi di degradazione del suolo che, con il tempo, possono potenzialmente incidere negativamente sulla biodiversità.

Si valuta che l'attuale tasso di estinzione delle specie terrestri “di superficie” sia da due a tre ordini di grandezza superiore a quello che si avrebbe in assenza di attività antropiche (Balmford, 1996). Dati gli stretti legami tra le comunità di superficie e

(7)

6

quelle sotterranee (Wardle et al., 2004), è probabile che i fattori che stanno causando l'estinzione in superficie influenzino, direttamente o indirettamente, le comunità sotterranee, determinandone variazioni qualitative e quantitive anche significative. È stato dimostrato che l'intensità dello sfruttamento del territorio può far variare la struttura delle reti alimentari del suolo e, di conseguenza. il processo di adattamento del suolo ai cambiamenti ambientali (Biagini et al., 2006).

Le attività di monitoraggio spesso si limitano alla biodiversità in superficie, mentre gli indicatori relativi alla biodiversità dei suoli vengono misurati solo raramente. Un esempio si ritrova nel fatto che solo 5 Paesi europei hanno siti di monitoraggio per i lombrichi che sono considerati uno dei principali indicatori della biodiversità dei suoli (Doring et al., 2019). Esistono comunque alcune eccezioni a questo generalizzato disinteresse: ad esempio, nei Paesi Bassi esiste la Netherlands Soil Monitoring Network (NSMN) che, nei suoi siti sperimentali, ha eseguito campionamenti estesi sul territorio nazionale, analizzando la composizione delle comunità telluriche di lombrichi, microartropodi, oligocheti, nematodi e microrganismi. I dati ottenuti hanno fornito un importante contributo al Sistema di indicatori biologici per la qualità del suolo (BISQ). In Italia, è stato sviluppato il Biological Quality of Soil Index (QBS) (Parisi et al., 2001) che consente il monitoraggio della qualità del suolo attraverso l'esame delle comunità di microartropodi del suolo (Gardi et al., 2008).

1.2. Effetti della gestione del suolo sulle comunità edafiche

Il funzionamento degli ecosistemi terrestri dipende dalle relazioni tra le componenti delle reti trofiche del sopra e sottosuolo. I fattori, sia naturali che antropici, che influenzano aspetti fisici e chimici del suolo hanno effetti significativi anche sulla biodiversità (van Bruggen e Semenov, 2000) andando a modificare anche le comunità di microartropodi. Le pratiche di gestione agronomica, come, ad esempio, le lavorazioni, la fertilizzazione e l'applicazione di antiparassitari, possono influenzare la qualità del suolo modificandone le caratteristiche (Sapkota et al., 2010). Pertanto, la qualità del suolo può essere valutata non soltanto in base alle sue proprietà fisiche, chimiche e microbiologiche, ma anche in base all'abbondanza e alla diversità della fauna edafica presente (nematodi, acari, collemboli, sinfili, chilopodi, pauropodi…..).

(8)

7

Analizzando i diversi sistemi di lavorazione vediamo come ognuno ha una diversa influenza sui microartropodi. Osservando i sistemi di lavorazione convenzionali come ad esempio l’aratura si vede come tale pratica di gestione del terreno riduce la popolazione di microartropodi nella maggior parte dei casi (Wardle et al., 2004). Il motivo di ciò è attribuito alla distruzione dovuta alla lavorazione di microhabitat, alle variazioni di temperatura, l'umidità e la distribuzione dei pori, e la diminuzione di contenuto di materia organica (Miyazawa et al., 2002). Inoltre i microartropodi in particolare, le forme euedafiche, sono molto più sensibili alle variazioni ambientali e non sono in grado di sopravvivere a bruschi cambiamenti determinati, ad esempio, dalle operazioni colturali e dal calpestio (Parisi et al., 2005; Menta, 2012).

I sistemi di agricoltura convenzionale risultano quindi non sostenibili in termini di salvaguardia degli agroecosistemi e per proteggere l'integrità degli habitat. Quindi trovare nuove pratiche per fornire cibo è diventata una priorità e l'agricoltura di conservazione è oggi ampiamente riconosciuta come una soluzione praticabile. A questo proposito sono nati sistemi come la minima lavorazione e la non lavorazione (Conti, 2015). Per minima lavorazione (o minimum tillage) si intende generalmente la preparazione di un terreno con l’utilizzo del minor numero possibile di passaggi evitando quindi lavorazioni molto profonde o il calpestio, nonché la compattazione dei terreni. Oltre ai seminativi, l’applicazione delle tecniche di minima lavorazione è piuttosto comune anche nei vigneti, dove rappresentano la tecnica ordinaria di gestione del suolo sia nel sottofila che nell’interfila (Mazzilli, 2019). La necessità di evitare danni alle radici della vite e di contenere le infestanti, infatti, comporta l’impossibilità di effettuare lavorazioni troppo profonde e invasive, come le arature profonde, di norma sostituite con erpicature o discissure a 20-30 cm.

Ancora più conservative sono le tecniche di non lavorazione (o no-tillage), termine con cui si intende il sistema in cui non viene svolta alcuna lavorazione di preparazione del terreno, ma si utilizza la semina diretta della coltura sui residui della coltura precedente o di una coltura di copertura. Negli arboreti e nei vigneti, le tecniche di no-tillage si realizzano soprattutto a carico dello spazio interfilare mediante applicazione di inerbimenti permanenti spontanei o seminati con cover crop, gestiti con erbicidi o in modo meccanico (con falciatrici, trinciastocchi o rulli allettatori) (Mazzilli, 2019). I risultati ottenuti dagli studi su questi nuovi sistemi mostrano la tendenza ad avere un

(9)

8

numero maggiore di individui di quasi tutti i taxa rispetto al sistema che ha subito le lavorazioni (Adl et al., 2006). L’utilizzo di una coltura di copertura o di inerbimenti spontanei nella non lavorazione porta un significativo aumento di biodiversità (di tipo quali e quantitativo) della comunità di microartropodi che si riscontrano, rispetto al terreno dove la copertura vegetale non viene utilizzata (Gonçalvesa et al. 2020). Questo perché, nei sistemi di non lavorazione associati alla copertura vegetale, i residui superficiali forniscono alimento e protezione per i microartropodi, funzionando da pacciamatura e rallentando così il tasso di disidratazione del suolo in primavera/estate e il congelamento del suolo in inverno. Inoltre in questo tipo di sistema si ha anche maggiore diversità dei gruppi di microartropodi probabilmente in conseguenza al maggior numero di residui rilasciati nel terreno.

Per quanto riguarda la gestione delle cover crop, la pacciamatura dei residui colturali, tramite lo sfalcio degli stessi che vengono poi lasciati sopra al terreno, è utile all’aumento del numero e della diversità degli organismi del suolo (Begnum et al. 2013), a differenza del sovescio dove i residui colturali vengono interrati e valutando l'indice QBS-ar non si denotano cambiamenti significativi quando si confrontano campioni per e post-applicazione (D’Avino et al. 2004).

La non lavorazione del suolo unita all’utilizzo di una coltura di copertura aumenta la materia organica del suolo, la stabilità degli aggregati del suolo, migliorando le proprietà fisiche e chimiche del suolo, ed aumenta anche la biodiversità della pedofauna (Iordache et al. 2006). Tuttavia, malgrado il miglioramento di tutti gli indicatori del suolo con la non lavorazione insieme alla coltura di copertura, questa tecnica non comporta un corrispondente aumento della produttività delle colture. Questo tipo di effetto è stato osservato ad esempio in seminativi e ortaggi su cover crop di veccia vellutata (Vicia villosa Roth) e Brassica juncea L. (Sapkota et al., 2011, Mugendi Njeru et al., 2014).

Altre lavorazioni utili alla conservazione degli agroecosistemi ed al miglioramento delle condizioni di vita per i microartropodi sono:

La fertilizzazione dei terreni può essere un’ulteriore pratica capace di alterare la qualità biologica dei suoli e la composizione e abbondanza della comunità dei microartropodi. Da un lato, in caso di concimazione con concimi a base minerale, si può assistere ad una modifica dell’ambiente edafico (es. alterazione del pH nella rizosfera) o nella

(10)

9

comunità della flora spontanea (es. selezione di specie nitrofile) o nella quantità di biomassa vegetale che ritorna al suolo che, in ultima istanza, può portare ad alterazioni della popolazione dei microartropodi. Dall’altro, gli ammendamenti con letame, compost, terricciati di diversa natura possono portare ad alterazione nella composizione della popolazione di microartropodi attraverso apporto di grandi quantità di sostanza organica che fungono da substrato per molti artropodi (Menta et

al., 2010). Un effetto di aumentata densità di alcuni taxa come Acari e Collembola ad

esempio è stato osservato in un pereto a seguito dell’applicazione di compost (Menta et al., 2010). L’applicazione di lungo periodo di ammendanti e concimi organici al suolo potrebbe influenzare le comunità edafiche di artropodi anche attraverso modifiche della struttura fisica del suolo dovute alle proprietà colloidali della sostanza organica apportata.

E’ stato infine dimostrato come in generale, l’uso costante di fitofarmaci può comportare effetti negativi sulle forme di vita presenti nel terreno (Tabaglio et al., 2008).

Negli ultimi anni la domanda di una viticoltura sostenibile attraverso tecniche di agricoltura biologica o biodinamica sta acquisendo sempre più importanza a discapito della gestione convenzionale (Mazzilli, 2019). L’agricoltura biologica determina, in generale, un miglioramento del ciclo dei nutrienti rispetto al metodo convenzionale (Paoletti et al. 2013). L’utilizzo di colture di copertura, l'applicazione di sostanza organica e l'assenza di interventi chimici con prodotti di sintesi, potrebbero essere fattori che nel tempo influenzano l’attività biologica in terreni gestiti sia in regime di biologico che di biodinamico, tendendo a migliorarla (Ippolito et al., 2019). Anche la viticoltura biologica non fa eccezione: studi condotti in vigneti a conduzione biologica hanno mostrato un evidente aumento della biodiversità a diversi livelli della catena trofica (Mania et al., 2014). A questo aspetto positivo, fa riscontro tuttavia una vigoria inferiore delle piante, con una resa anch’essa molto più bassa rispetto alla viticoltura convenzionale. Questo effetto è probabilmente dovuto ad una diminuzione del contenuto di umidità del suolo e al calo di parametri fisiologici della pianta, quale il tasso di assimilazione, di traspirazione e la conduttanza stomatica. Oppure anche ad una minor disponibilità di nutrienti nel suolo, che non per forza è un effetto negativo in quanto una vite “povera” risulta avere anche meno problemi al livello fitosanitario.

(11)

10

Altri aspetti che hanno portato ad un aumento dell’attività biologica nei suoli vitati è l’utilizzo sempre più diffuso di colture di copertura nell’interfila al fine di diminuire degradazione ed erosione. Diversi studi hanno evidenziato i molteplici benefici per la biodiversità derivanti dalla creazione di colture di copertura o dal mantenimento della vegetazione autoctona dei vigneti (López-Piñeiro et al., 2013). Ad esempio, i vigneti con inerbimento è stato provato che ospitano una maggiore quantità di specie e una maggiore consistenza numerica delle popolazioni di artropodi, rispetto ai vigneti senza copertura, soprattutto quando la vegetazione presente è fornita da piante autoctone (Pétremand et al., 2017). Al contrario, il suolo nudo ospita pochi artropodi, soprattutto se la copertura vegetale viene trattata con erbicidi (Masoni et al., 2017).

Le colture condotte in biologico o con metodi di agricoltura integrata mostrano in generale una maggiore qualità del suolo rispetto al sistema convenzionale anche nei vigneti (Menta, 2004).

In generale, il tipo di gestione risulta avere sempre forte impatto sulla maggior parte dei taxa presenti nel suolo, in particolare quando vengono utilizzate alcune pratiche, come le lavorazioni del terreno pesanti e gli erbicidi (Bruggisser et al., 2010).

1.3. Il metodo QBS-ar

L’indice di qualità biologica dei suoli sulla base della determinazione dei microartropodi presenti nel terreno (il QBS-ar) nasce nel 2001 dal professor Vittorio Parisi, Ecologo del suolo dell’Università di Parma.

Il metodo si basa sulla valutazione qualitativa dei microartropodi e di altri organismi che vivono nei primi centimetri di profondità del suolo e che, in questo strato di terreno, concentrano le loro attività vitali, prima tra tutte la decomposizione della materia organica.

Il metodo nasce con vari scopi, tra cui la valutazione della sostenibilità a lungo termine degli ecosistemi e il monitoraggio dei cambiamenti della qualità del suolo.

La scelta di utilizzare i microartropodi per la valutazione di questi parametri risiede nel fatto che questi organismi sono sensibili alle variazioni della gestione del suolo e strettamente correlati alle funzioni che in esso svolgono, ma sono anche facili da estrarre e da identificare.

(12)

11

Il metodo QBS-ar si basa su dei punteggi (EMI) attribuiti in base al grado di adattabilità del gruppo sistematico alle condizioni di vita nel terreno; tale indice può aiutare quindi a capire l'effetto delle azioni antropiche sulla biodiversità del suolo, consentendo la valutazione del ruolo delle comunità edafiche nel mantenimento della fertilità (Gagnarli et al., 2015). I microartopodi sono quindi modelli utili in quanto sono tassonomicamente ed ecologicamente altamente diversificati. In particolare, le forme edafiche non sono in grado di sopravvivere a variazioni improvvise dovute ai disturbi causati, ad esempio, dalla coltivazione agricola e dal calpestio (Parisi et al., 2005). Il metodo è risultato essere molto efficace su svariate colture, anche negli agroecosistemi dove le lavorazioni profonde hanno sicuramente inciso sulla qualità biologica dei suoli, come ad esempio nei vigneti. Il metodo QBS-ar consente anche di confrontare l’impatto sulle comunità di microartropodi del suolo di metodi di gestione diversi (es. gestione integrata e biologica), perché ciascun metodo comporta l’applicazione di pratiche colturali differenti e quindi con un diverso effetto sugli organismi del suolo (Berry et al., 1996)

Inoltre, il QBS-ar trova un utile impiego nel caso delle riconversioni di aziende da convenzionali a biologiche. In questi casi, può essere importante avere a disposizione un indicatore in grado di mettere in evidenza l’atteso aumento di biodiversità a seguito dell’applicazione di pratiche con un minore impatto sul suolo (Gagnarli et al., 2015).

1.3.1. Aspetti scientifici e applicativi del QBS-ar nell’agroecosistema vigneto

Le caratteristiche del metodo QBS-ar sopra descritte hanno creato interesse per un suo utilizzo anche nell’agroecosistema vigneto, sia a livello di ricerca che applicativo (Mania et al., 2016; Ghiglieno et al., 2019; Ippolito e Zanzotti, 2019).

L’agroecosistema vigneto, negli ultimi anni, è interessato da lavorazioni del suolo di elevato impatto, specialmente all’impianto; a seguito di esse, il terreno necessita di un

tempo piuttosto lungo per ripristinare le sue funzioni (Ippolito e Zanzotti, 2019).

In generale l’utilizzo di pratiche meno impattanti nell’interfila permette lo sviluppo di microartropodi, specialmente per quanto riguarda i gruppi euedafici particolarmente importanti essendo forme adattate alla vita nel suolo profondo). Più alto è il numero di

(13)

12

gruppi di microartropodi ben adattati all'habitat del suolo, e più alta è la qualità del suolo (Parisi 2001).

Il monitoraggio della qualità dei suoli attraverso il metodo del QBS-ar (Parisi et al., 2005) può quindi fornire un efficace strumento per seguire l’evoluzione del suolo e la sua fertilità.

1.3.2. Metodologia utilizzata nel QBS-ar

Una buona percentuale della fauna del suolo è costituita da microartropodi, organismi particolarmente sensibili ad alterazioni di origine naturale o antropica ed agli equilibri chimico-fisici che caratterizzano il sottosuolo che li rendono buoni indicatori per valutare la qualità del suolo.

Il metodo QBS-ar è basato sul principio secondo cui maggiore è la qualità del suolo, maggiore sarà il numero di gruppi di microartropodi ben adattati agli habitat del suolo. Il metodo QBS si compone di 5 fasi:

• Prelievo del campione

• Estrazione dei microartropodi • Allestimento dei preparati

• Determinazione delle torme biologiche (FB) • Calcolo del QBS

1.3.3. Prelievo del campione

Nel terreno da valutare si individua un'area omogenea per pendenza, esposizione e copertura vegetale, dove in seguito si procederà con il prelievo dei campioni. Questi vanno raccolti in periodi in cui il terreno non deve risultare né secco e né troppo bagnato in seguito a piogge abbondanti. Il prelievo avviene, previa asportazione del cotico erboso, rimuovendo, attraverso un carotatore a sezione quadrata, un cubo di terreno del volume di circa 10 cm3 (5, in suoli argillosi). Il campione viene posto in un

(14)

13

apposito sacchetto, etichettato e trasferito in un luogo non esposto al sole. Il campionamento va ripetuto periodicamente.

1.3.4. Estrazione dei microartropodi

Il campione, una volta raccolto viene trasportato in laboratorio ed entro 48 h dal prelievo viene iniziato il processo di estrazione.

L’estrazione viene eseguita tramite un imbuto di Berlese-Tullgren di 25 cm di diametro, dotato di un setaccio con maglie di 2 mm e di uguale diametro. Sul dispositivo viene posta, a circa 25 cm di altezza, una lampada a incandescenza da 60 W. Il campione viene posto nel setaccio, in uno strato omogeneo alto circa 3 cm, al di sotto del quale si posiziona l’imbuto. Sotto a questo è presente un tubo Falcon con liquido fissatore (due parti di alcool etilico ed una di glicerina). Il dispositivo di estrazione viene posizionato in un locale non disturbato e privo di sorgenti di vibrazioni. L'estrazione avrà una durata proporzionale al contenuto di acqua del campione, ma in genere sono necessari un minimo di 5 giorni. Il funzionamento è basato sul fatto che i microartropodi rifuggono dalla luce e dal calore e pertanto tendono a lasciare il terreno per raccogliersi nel recipiente sottostante.

1.3.5. Determinazione delle forme biologiche

Una volta che l’estrazione è stata completata, si procede all'esame dei campioni sotto uno stereomicroscopio, con ingrandimenti tra i 20X ed i 40X. Le diverse forme biologiche presenti vengono ripartite in gruppi il più possibile omogenei dal punto di vista morfologico e a ciascun esemplare viene attribuito un valore numerico in accordo alla tabella degli Indici Ecomorfologici (EMI). Nell’attribuzione di questi valori bisogna fare molta attenzione in quanto valori errati possono portare a valutazioni scorrette del QBS. (Tab 1)

(15)

14

Tabella 1. Indici ecomorfologici (EMI) dei gruppi di microartropodi edafici.

Alcuni gruppi tassonomici ottengono solo un singolo valore EMI, altri includono un intervallo. Questo perché all’interno dello stesso taxon possono trovarsi diverse forme di adattamento al sottosuolo. Ad esempio, i Collemboli vengono suddivisi in:

• Forme chiaramente epigee: dimensioni medio-grandi, pigmentazione complessa presente, appendici lunghe e ben sviluppate, apparato visivo ben sviluppato. Il punteggio attribuito è 1;

• Forme epigee non legate all'erba, agli arbusti o agli alberi appendici ben sviluppate (possibile), setacci ben sviluppati o copertura protettiva delle scaglie, apparato visivo ben sviluppato. Il punteggio è 2;

• Piccole dimensioni - anche se non necessariamente forme, di solito limitate alla lettiera, con pigmentazione modesta, lunghezza media delle appendici, apparato visivo sviluppato. Viene attribuito un punteggio di 4;

• Forme emiedafiche con apparato visivo ancora sviluppato, appendici non allungate, cuticola con pigmentazione. Il punteggio è 6;

(16)

15

• Forme emiedafiche con numero ridotto di ommatidi, appendici scarsamente sviluppate, spesso a pelo corto o assente, pigmentazione presente. Si attribuisce un punteggio di 8;

• Forme eu-edafiche senza pigmentazione, riduzione o assenza di ommatidi, furca presente, ma ridotta, con punteggio 10;

• Chiaramente forme eu-edafiche: assenza di pigmentazione, assenza di furca, appendici corte, presenza di strutture tipiche come pseudo-oculi, organi postantennali sviluppati, strutture sensoriali apomorfe. Il punteggio è pari a 20. I principali adattamenti alla vita sotterranea che possono essere rilevati dall'esame diretto dei campioni sono:

(a) dimensioni inferiori a 2mm punti 4;

(b) tegumento sottile, spesso di colore testaceo (marrone chiaro) punti 5; (c) ali posteriori molto ridotte o assenti punti 5;

(d) microftalmia o anoftalmia punti 5;

Per queste forme, il valore EMI è uguale alla somma dei punti relativi ai caratteri rilevati, ad esempio se sono presenti solo (a) e (b), allora il punteggio EMI è = 1+4+5 = 10.

Ogni volta che due forme ecomorfologiche sono presenti nello stesso gruppo, il punteggio finale è determinato dalla forma che presenta un EMI superiore.

1.3.6. Calcolo del QBS-ar e QBS-c

Una volta che i valori EMI dei diversi gruppi contenuti nel campione sono stati definiti si può procedere al calcolo del QBS, il quale altro non è che la sommatoria dei differenti EMI. Esiste però una differenza tra il calcolo del ar e quello del QBS-c. Nel caso del QBS-ar, ai gruppi aventi caratteri morfologici di spiccato adattamento al suolo è assegnato un singolo valore di EMI, mentre per i gruppi nei quali è possibile riconoscere differenti livelli di adattamento come nel caso di collemboli e coleotteri è indicato un intervallo di valori. Se si trovano più rappresentanti di in un gruppo e si

(17)

16

attribuiscono loro valori diversi, si utilizza il valore più alto, corrispondente massimo adattamento mostrato dal gruppo in quel suolo sperimentale.

Quando invece si parla di QBS-c. il valore dell'indice corrisponde alla sommatoria di tutti gli EMI relativi ai soli collemboli rilevati.

1.3.7. Applicazione del metodo QBS

Un’analisi dei dati presenti in letteratura mostra come si abbiano differenze significative nei valori QBS in base al tipo di utilizzo del terreno. In generale, i valori medi dei QBS sembrano aumentare con la riduzione della perturbazione dei terreni, anche se alcuni gruppi quali acari e collemboli sono debolmente influenzati dall’utilizzo del suolo a differenza di Protura, Diplopoda, Chilopoda e Pseudoscorpionida che risultano essere molto sensibili.

In generale, i metodi di conduzione (es. biologica vs convenzionale) influenzano fortemente i valori del QBS, ma differenze sensibili si notano anche, a parità di tipo di gestione, tra le diverse colture: ad esempio, nel mais o nel pomodoro i valori del QBS sono molto diversi di quelli di colture a minore input energetico, come il frumento (Triticum spp.) e l'orzo (Hordeum vulgare L.).

Il QBS può quindi costituire uno strumento versatile nell’ambito della valutazione del rischio ecologico in senso lato, proponendosi come un metodo utile, ad esempio, negli studi di impatto ambientale, nel monitoraggio dei processi di bonifica nei siti contaminati, nella valutazione delle aree a rischio di desertificazione, ma anche nello studio dei suoli urbani o di aree fortemente perturbate dall’azione umana. (Onori et al. 2004)

(18)

17

Capitolo 2

Obiettivo della tesi

Il presente lavoro di tesi è inserito nell’ambito di un progetto di ricerca più ampio e di lungo periodo che riguarda l’influenza delle tecniche agronomiche di gestione del suolo sulle caratteristiche del suolo e sulla loro importanza per una viticoltura sostenibile.

Nell’ambito di questa ricerca è stata presa in considerazione la possibilità di trovare un bioindicatore in grado di mettere in evidenza i cambiamenti in atto nel suolo in diversi tipi di coltivazione e di valutarne le caratteristiche e la qualità biologica. A questo scopo si è deciso di utilizzare l’indice di Qualità Biologica del Suolo basato sulla comunità di microartropodi (QBS-ar).

Il presente lavoro di tesi è stato svolto conducendo attività di campo e laboratorio durante il 2019. Successivamente, in fase di analisi dei dati, sono stati messi a disposizione dal progetto di ricerca e utilizzati anche i dati relativi alle prove sperimentali eseguite nel 2018.

Il lavoro si inserisce in un quadro agronomico più ampio finalizzato alla valutazione delle caratteristiche del suolo ottimali per lo sviluppo della vite e per una sua produzione di qualità nel Chianti Classico.

Per poter dare le risposte ai quesiti sperimentali di cui sopra sono state eseguite prove in due aziende situate in Provincia di Siena, rispettivamente a San Giusto a Rentennano e a Montevertine dove, a scala di vigneto, sono state applicate e messe a confronto diverse strategie di gestione del suolo basate su un livello crescente di conservazione del suolo.

Gli obiettivi specifici del presente lavoro sono i seguenti:

1. Esaminare gli effetti di diverse pratiche di gestione del suolo nel vigneto sull’Indice di Qualità Biologica del Suolo basato sulla comunità di microartropodi (QBS-ar).

2. Valutare in maniera descrittiva se vi sono relazioni tra il QBS-ar e le precipitazioni.

3. Valutare in maniera descrittiva eventuali relazioni tra il QBS-ar e la biomassa vegetale presente nell’interfila.

(19)

18

Capitolo 3

Materiali e metodi 3.1. Descrizione aziende

Le due aziende nelle quali sono state svolte le nostre attività di ricerca si trovano nel territorio del Chianti Classico, in provincia di Siena. In particolare, la prima azienda è la Fattoria di San Giusto a Rentennano (Fig 1), di seguito indicata con l’acronimo SG. Questa azienda a conduzione biologica è situata nei pressi di Gaiole in Chianti, nella parte meridionale del Chianti classico, vicino al fiume Arbia; ha un’estensione di circa 160 ha, di cui 31 ha a vigneto, 11 ha a oliveto, 40 ha a bosco e i restanti 78 ha a seminativo, prato e pascolo. I terreni su cui l’azienda insiste risultano mediamente avere una tessitura con oltre il 70% di sabbia, (sabbiosi-limosi, argillo-sabbiosi), ed un pH tendente all’alcalino. L'altitudine media invece è di circa 270 m s.l.m, con un microclima caratterizzato da forti escursioni termiche tra le ore diurne e notturne e temperature medio-alte anche nel periodo di vendemmia.

Figura 1. Fattoria di San Giusto a Rentennano (https://www.fattoriasangiusto.it/it/) Il secondo sito scelto per i campionamenti è stata l’azienda Montevertine (Fig 2), situata vicino a Radda in Chianti, posizionata ad un’altitudine di circa 425 m s.l.m. e di seguito indicata con l’acronimo MT. Anche in questo caso, la conduzione è a regime biologico e la superficie aziendale comprende circa 17 ha di vigneti, coltivati per un 90% a Sangiovese e la restante parte a Canaiolo e Colorino.

(20)

19

Figura 2. Azienda di Montevertine (https://www.montevertine.it/)

I vigneti (Vitis vinifera, L. var. Sangiovese R10, portinnesto 420A) su cui insiste la prova hanno stesso sesto di impianto (2.50 x 0.8 m, 5.000 piante ha-1) e anno di impianto comparabile (1995 a San Giusto e 1991 a Montevertine). Il sistema di allevamento è cordone speronato a Montevertine e guyot a San Giusto. La gestione del sottofila è la medesima per tutte le tesi (scalzatura primaverile con dischiera interceppo e una rincalzatura estiva con aratrino).

3.2 Caratteristiche pedologiche dei suoli

Per ciascuna azienda, in ognuno dei due vigneti selezionati, nell’ottobre 2017 sono stati prelevati e analizzati alcuni campioni di suolo al fine di eseguire una tipizzazione quanto più possibile accurata della variabilità dei suoli.

I dati estrapolati sono stati poi analizzati tramite un algoritmo di clustering capace di creare “gruppi di suolo” in base ad omogeneità o eterogeneità fra i diversi punti di campionamento di ognuna delle due aziende.

(21)

20

Tabella 2. Valori medi dei parametri di suolo per ogni gruppo ottenuto nell’azienda di San Giusto a Rentennano. Valori medi calcolati come medie ponderate delle pesate di tre profondità (0-10, 10-30, 30-60 cm). I valori nelle parentesi indicano la deviazione standard.

P disponibile, K scambiabile, Ca scambiabile, Mg scambiabile sono espressi in ppm (mg kg-1), sostanza

organica (SO), calcare totale e attivo, sono invece espressi in g 100 g-1, mentre infine N totale, sabbia,

limo argilla e scheletro sono espressi in g kg-1.

Per quanto riguarda l’azienda di San Giusto a Rentennano, in Tab. 2 sono mostrati i valori medi della tessitura e dei parametri chimici dei suoli su cui la prova stata condotta, mentre per l’azienda Montevertine, i medesimi dati sono riportati in Tab. 3.

Tabella 3 Valori medi dei parametri di suolo per ogni gruppo ottenuto a Montevertine. Valori medi calcolati come medie ponderate delle pesate di tre profondità (0-10, 10-30, 30-60 cm). I valori nelle parentesi indicano la deviazione standard.

P disponibile, K scambiabile, Ca scambiabile, Mg scambiabile sono espressi in ppm (mg kg-1), sostanza

organica (SO), calcare totale e attivo, sono invece espressi in g 100 g-1, mentre infine N totale, sabbia,

limo argilla e scheletro sono espressi in g kg-1.

3.3 Disegno sperimentale

Per le nostre prove sono stati selezionati due vigneti sperimentali (Figg. 3 e 4): nel vigneto sperimentale di San Giusto a Rentennano sono state costituite 5 parcelle (strisciate), ciascuna formata da 3 filari, ed ogni parcella è stata soggetta a una gestione del suolo differente, che è stata applicata a filari alterni nei tre anni sperimentali (2017/18, 2018/19 e 2019/20). Ogni parcella è stata suddivisa in tre repliche spaziali

(22)

21

della lunghezza di circa 30 metri ciascuna, Trattandosi di sperimentazione on-farm, non è stato possibile randomizzare le tre repliche di ciascun trattamento per non rendere difficoltose le operazioni colturali e non creare eccessivo effetto di bordo dovuto alla vicinanza di trattamenti contrastanti. Solita procedura è stata applicata al vigneto sperimentale di Montevertine.

Figura 3. Vigneto sperimentale presso l’azienda San Giusto a Rentennano (Google Earth)

(23)

22

Figura 4. Vigneto sperimentale presso l’azienda Montevertine (Google Earth)

Nello specifico, la gestione del suolo condotta nelle parcelle sperimentali ha previsto le operazioni mostrate in Fig 5.

Figura 5. Disegno sperimentale: CT - lavorazione convenzionale, CCM - cover crop di trifoglio ed orzo pacciamata a filari alterni; CCI - cover crop di trifoglio ed orzo interrata a filari alterni; F-cover crop di favino interrata a filari alterni; S - inerbimento spontaneo. Con i numeri 1, 2 e 3, rispettivamente le tre repliche spaziali di ciascun trattamento

(24)

23

Più in dettaglio, le cinque tipologie di gestione hanno previsto:

1. Lavorazione convenzionale del terreno (CT). Ha incluso una ripuntatura post-vendemmia a due ancore a 30-40 cm di profondità a filari alterni; la successiva discissura è stata eseguita in primavera, a 20-30 cm di profondità con estirpatore a sette ancore su entrambe le interfile ed è stata seguita da due estirpature primaverili-estive su entrambe le interfile. Non ha previsto alcun inerbimento;

2. Cover crop mix di orzo e trifoglio squarroso (Trifolium squarrosum L.) pacciamata a filari alterni (CCM): la ripuntatura post-vendemmia a due ancore a 30-40 cm di profondità eseguita a filari alterni è stata seguita da semina a spaglio delle cover a filari alterni (orzo 85 kg/ha + trifoglio squarroso 25 kg/ha) con uno/due sfalci primaverili-estivi.

3. Cover crop mix di orzo e trifoglio squarroso interrata a filari alterni (CCI): in questo caso, la ripuntatura post-vendemmia a due ancore a 30-40 cm di profondità a filari alterni è stata seguita da una semina a spaglio delle cover a filari alterni (orzo 85 kg/ha + trifoglio squarroso 25 kg/ha); Sfalcio e interramento con aratrini/erpice a dischi in primavera.

4. Cover crop di favino interrata a filari alterni (F): in queste parcelle, la ripuntatura post-vendemmia a due ancore a 30-40 cm di profondità a filari alterni è stata seguita dalla semina a spaglio della cover a filari alterni (favino, Vicia faba var. minor Beck. 90 kg/ha) e successivamente dallo sfalcio e dall’interramento con aratrini/erpice a dischi in primavera.

5. Inerbimento spontaneo (S): per queste parcelle, la ripuntatura post-vendemmia a due ancore a 30-40 cm di profondità a filari alterni è stata seguita da uno/due sfalci primaverili-estivi.

3.4 Campionamenti

Nei due vigneti sperimentali, in post-vendemmia, si è proceduto campionando porzioni di suolo del volume di 10 cm3 tramite uno strumento artigianale in ferro (Fig.6), di forma quadrangolare, cavo nei lati più corti e dotato di un manico. Appoggiandolo sul terreno e percuotendolo ripetutamente con un martello sulla parte

(25)

24

superiore, era in grado e penetrare nel suolo delimitandone una porzione. Una volta raggiunta la giusta profondità tramite il manico veniva estratto del terreno e prelevato il volume di terreno desiderato.

I campionamenti sono avvenuti in data 19/10/2018 e 18/10/2018 (San Giusto a Rentennano), 13/11/2018 e 01/12/2019 (Montevertine).

Questa operazione è stata svolta su ogni filare, nei periodi in cui il terreno si trovava in tempera e rispettivamente sulle tre repliche R1, R2, R3.

I campioni raccolti venivano posti all’interno di sacchetti trasparenti di polietilene, che venivano chiusi, lasciando però dell’aria all’interno, così da non creare condizioni asfittiche per gli organismi presenti.

Durante il periodo di studio, in tutto i campioni prelevati sono stati 45 nell’annata 2018/19 e 2019/20 (3 campioni per ciascuna replica di ogni trattamento).

Figura 6. Strumento utilizzato per il prelievo dei campioni di suolo nel campionamento di suolo

(26)

25

Una volta prelevati dal campo, i campioni sono stati portati in laboratorio e posti negli appositi estrattori di Berlese per la separazione della microfauna presente. Come indicato da Parisi et al. (2005), i campioni sono rimasti negli estrattori per 6 gg. Gli estrattori (o imbuti Berlese-Tullgren) venivano usati in batterie da 12 per la simultanea estrazione di altrettanti campioni di terreno. Ciascuno era costituito da un imbuto in plastica del diametro di 25-30 cm, dotato di un setaccio a maglie di 2 mm al suo interno (su cui veniva posto il terreno) e sorretto in posizione verticale da un supporto. Una lampada a incandescenza posta al di sopra a una distanza di circa 25 cm, veniva accesa all’inizio della fase di estrazione e un tubo tipo Falcon da 50 cc contenente una soluzione di alcol etilico al 70% veniva posizionato al di sotto dell’imbuto.

Questo strumento funziona in virtù del gradiente di temperatura e di umidità che si forma all’interno del campione di suolo, gradiente legato al riscaldamento provocato dalla lampada a incandescenza. I microartropodi presenti nel terreno, alla ricerca di condizioni ambientali migliori, tendono ad allontanarsi dal calore e dalla bassa umidità, scendendo lungo i profili del campione, fino a cadere nel contenitore sottostante (Fig. 7).

(27)

26

Una volta terminata l’estrazione, i contenitori contenenti i microartropodi estratti, sono stati stoccati a temperatura ambiente e, successivamente, si è proceduto all’analisi del contenuto.

Figura 8. Lo stereomicroscopio Leica S6E utilizzato per l’analisi visiva dei campioni e, sullo sfondo, un set di campioni

Questa operazione è stata condotta con l’ausilio di uno stereomicroscopio (Leica S6E) (Fig. 8). Il contenuto di ciascun tubo Falcon è stato riversato all’interno di una piastra Petri da 10 cm. Si è quindi proceduto conteggio delle classi di microartropodi presenti in ognuna di esse.

3.5. Determinazione delle forme biologiche e attribuzione del punteggio eco-morfologico

Per ciascun campione sono stati osservati e identificati i microartropodi presenti, assegnando ad ognuno un punteggio eco-morfologico (EMI), secondo la scala già descritta in precedenza e mostrata in Tab. 1 (Parisi et al., 2005).

(28)

27

Una volta che i microartropodi sono stati classificati, il campione è stato rimesso nel tubo Falcon da cui era stato prelevato e conservato a temperatura ambiente.

3.6. Valutazione parametri climatici

Entrambi i siti sperimentali sono forniti da una stazione meteo (SG – stazione di Castelnuovo Berardenga del Servizio Idrico e Geologico Nazionale, MT – Stazione meteo NETSENS) utile per ottenere i principali parametri climatici. Per quanto riguarda il metodo QBS-ar l’analisi climatica è stata circoscritta alla piovosità in quanto è noto l’influenza delle precipitazioni sia sulla gestione che sui dati ottenuti dei microartropodi presenti nel terreno.

3.7. Analisi della biomassa vegetale

L’analisi della biomassa della vegetazione presente nell’interfila è stata eseguita mediante raccolta, in campo, di campioni in due epoche distinte, primavera e autunno. Per ogni campionamento sono stati raccolti, su un quadrante di 0,5m x 0,5m, 60 campioni ad azienda (5 trattamenti x 3 repliche x 4 subcampioni a replica). I campioni sono stati successivamente portati in laboratorio presso il Centro di Ricerche Agro-ambientali “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa e posti in stufa a 100°C per 24h per la valutazione della sostanza secca. La metodologia utilizzata ha previsto, infine, di stimare la produttività in termini di quantità di sostanza secca per unità di superficie coltivata. Questo dato è stato quindi utilizzato come descrittore dell’andamento dei valori ottenuti con la metodologia QBS-ar.

3.8 Analisi statistica

I dati ottenuti dalla metodologia QBS-ar sono stati analizzati con modelli misti lineari. I fattori “azienda”, “trattamento” e “anno” sono stati considerati come fissi mentre il fattore “replica” è stato inserito nel modello come effetto random. I “cluster di suolo” sono stati testati come fattore random innestato nella “replica”. Tuttavia sono stati scartati dalle analisi in quanto non hanno migliorato i modelli. Il test di Tuckey

(29)

28

(p<0.05) è stato usato per studiare le differenze tra i diversi trattamenti. Modelli simili sono stati usati per l’analisi dei dataset di biomassa specifica della flora spontanea. In questo caso i fattori fissi inclusi nei modelli sono stati “azienda”, “anno”, “trattamento”, “stagione” con la “replica” inclusa come fattore random. A causa di residui omoschedastici, sono stati utilizzati modelli lineari misti generalizzati. In particolar modo sono state usate distribuzioni Gamma con link function “log” in entrambe le aziende per l’anno 2018 e con link function “identity” per il 2019. Tutte le elaborazioni statistiche sono state effettuate con il software R (pacchetti: lme4, emmeans, ggplot2, glm).

(30)

29

Capitolo 4

Risultati

Di seguito vengono riportati i risultati ottenuti relativamente al QBS-ar e alla biomassa ottenuta nelle diverse tesi a confronto dei due siti sperimentali. Vengono infine riportati i risultati del rilevamento climatico, limitatamente alle precipitazioni verificatesi durante i due anni di lavoro.

4.1. Campionamenti con metodo QBS-ar

Il lavoro eseguito ha riguardato l’identificazione di tutte le forme biologiche utilizzabili per il QBS-ar (Fig.9) e la successiva attribuzione di punteggio EMI massimale.

Figura 9. Forme biologiche utilizzate per il QBS (sinistra) e le solite con l’attribuzione del punteggio EMI massimale (destra)

(31)

30

Per entrare nel merito del valore di QBS-ar ottenuto si riporta di seguito (Tab. 4) il dato, espresso in EMI massimale, ottenuto nelle 2 aziende sperimentali suddivisi per anno (2018 e 2019) e diviso per le diverse tesi a confronto (CT= lavorazione convenzionale, F=cover crop di favino interrata a filari alterni. CCI=cover crop trifoglio ed orzo pacciamata a filari alterni, CCM=cover crop trifoglio ed orzo pacciamata a filari alterni e S=inerbimento spontaneo)

Tabella 4. Dati riassuntivi sui valori QBS-ar, espressi in EMI massimale, ottenuti nei 2 siti di campionamento e nei 2 anni sperimentali, per le diverse tesi a confronto, ordinate secondo il gradiente dei trattamenti.

Tesi a confronto CT F CCI CCM S Montevertine 2018 224 224 169 205 184 2019 204 223 208 225 224 San Giusto a Rentennano 2018 184 119 184 204 193 2019 184 119 194 204 193

Nel vigneto di San Giusto a Rentennano, i dati ottenuti nei due anni sperimentali, forniscono praticamente gli stessi valori nelle diverse tesi a confronto. A Montevertine, invece, tra i due anni sono state rilevate maggiori differenze soprattutto nella tesi CCI ed S.

Il dato di San Giusto a Rentennano fa ipotizzare che la “variabile anno” sia meno importante rispetto alla “variabile sito di campionamento”, almeno nelle condizioni di questo vigneto.

In generale l’analisi sui valori ottenuti di QBS-ar consente di dire che i suoli analizzati hanno qualità e fertilità biologica che nella maggior parte dei casi ricade nelle classi migliori (buona, elevata). Questo se confrontato con i dati ottenuti nel solito agroecosistema in altre realtà territoriali italiane come ad esempio in Veneto (AA.VV., 2019) e in Valtellina (Rota F., 2017)

(32)

31

Inoltre per evidenziare come è stato ottenuto il valore EMI massimale, si riporta il dato dei diversi taxa presenti per anno e per sito sperimentale (Tabb. 5-8). Le tesi a confronto sono state ordinate secondo il gradiente dei trattamenti (da CT = più intensivo a S = meno intensivo).

Il lavoro eseguito ha consentito di evidenziare che di tutte le forme biologiche utilizzabili per il QBS-ar la presenza di taxa di microartropodi “utili” per la stima della qualità biologica è stata rappresentata soprattutto dai seguenti gruppi:

• Acari • Collemboli • Proturi • Dipluri • Sinfili • Isopodi • Diplopodi • Pauropodi • Embiotteri • Larve di ditteri • Larve di coleotteri

In Fig. 10 è riportato un esempio di alcuni esemplari rappresentativi rinvenuti nei campioni di terreno analizzati e utilizzati per l’indice QBS-ar.

(33)

32

Fig.10. Esempio di individui rinvenuti nei campioni QBS-ar: A=acaro, B=chilopode geofilomorfo, C=collembolo e D = diplopode

Altri taxa utili sono invece meno rappresentati o del tutto assenti nella stagione di monitoraggio (Tabb. 5-8).

Tab.5. Microartropodi presenti rilevati secondo il metodo QBS-ar per l’anno 2018 a Montevertine e valore di QBS-ar massimale calcolato secondo il punteggio EMI.

GRUPPI NOTE Tesi a confronto (EMI)

CT F CCI CCM S

Pseudoscorpioni 20 20 20

Scorpioni Forme giovanili

Palpigradi 20 Opilionidi Araneidi 5 5 5 Acari 20 20 20 20 20 Isopodi 10 10 10 10 10 Diplopodi 20 20 Pauropodi 20 20 20 20 20 Sinfili 20 20 20 20 20

(34)

33

GRUPPI NOTE Tesi a confronto (EMI)

CT F CCI CCM S Chilopodi (Geofilomorfi) 20 20 Proturi 20 20 20 20 Dipluri 20 20 20 20 Collemboli 20 20 20 20 20 Microcorifi Zigentomi Dermatteri 1 Ortotteri Embiotteri 10 10 10 10 Fasmodei Mantodei Mecotteri Isotteri Blatteri Psocotteri 1 1 1 Emitteri 1 1 1 1 1 Rafidiotteri Tisanotteri 1 1 1 Coleotteri 5 5 Imenotteri 1 1 1 1 Ditteri (Adulti) 1 1 1 1 1 Rafidiotteri(larve) 10 Planipenni(larve) 10 Mecotteri(larve) Coleotteri(larve) 10 10 10 10 10 Ditteri(larve) 10 10 10 10 10 Imenotteri(larve) Lepidotteri(larve) 10 Altri olometaboli QBS-ar massimale 224 224 169 205 184

(35)

34

Tabella 6. Microartropodi presenti rilevati secondo il metodo QBS-ar per l’anno 2019 a Montevertine e valore di QBS-ar massimale calcolato secondo il punteggio EMI.

GRUPPI NOTE Tesi a confronto (EMI)

CT F CCI CCM S

Pseudoscorpioni 20 20 20 20

Scorpioni Forme giovanili Palpigradi Opilionidi Araneidi 5 5 5 5 Acari 20 20 20 20 20 Isopodi 10 10 10 10 Diplopodi 20 20 Pauropodi 20 20 20 20 20 Sinfili 20 20 20 20 20 Chilopodi (Geofilomorfi) 20 20 20 20 20 Proturi 20 20 20 20 20 Dipluri 20 20 20 20 20 Collemboli 20 20 20 20 20 Microcorifi Zigentomi Dermatteri Ortotteri Embiotteri Fasmodei Mantodei Mecotteri Isotteri Blatteri Psocotteri 1 1 1 1 1 Emitteri 1 1 1 1 1 Rafidiotteri

(36)

35

GRUPPI NOTE Tesi a confronto (EMI)

CT F CCI CCM S Tisanotteri 1 1 Coleotteri 1 20 20 5 20 Imenotteri 5 5 5 5 5 Ditteri (Adulti) 1 1 1 1 1 Rafidiotteri(larve) Planipenni(larve) Mecotteri(larve) Coleotteri(larve) 10 10 10 10 10 Ditteri(larve) 10 10 10 10 Imenotteri(larve) 10 Lepidotteri(larve) Altri olometaboli QBS-ar massimale 204 223 208 225 224

Tabella 7. Microartropodi presenti rilevati secondo il metodo QBS-ar per l’anno 2018 a San Giusto a Rentennano e valore di QBS-ar massimale calcolato secondo il punteggio EMI.

GRUPPI NOTE Tesi a confronto (EMI)

CT F CCI CCM S

Pseudoscorpioni 20 20 20 20

Scorpioni Forme giovanili Palpigradi Opilionidi Araneidi 5 5 5 5 Acari 20 20 20 20 20 Isopodi 10 10 10 Diplopodi

(37)

36

GRUPPI NOTE Tesi a confronto (EMI)

CT F CCI CCM S Pauropodi 20 20 20 20 Sinfili 20 20 20 20 20 Chilopodi (Geofilomorfi) 20 20 20 20 20 Proturi 10 10 10 Dipluri 20 20 20 20 20 Collemboli 20 20 20 20 20 Microcorifi Zigentomi Dermatteri Ortotteri Embiotteri 10 10 Fasmodei Mantodei Mecotteri Isotteri Blatteri Psocotteri Emitteri 1 1 1 1 1 Rafidiotteri Tisanotteri 1 1 1 1 Coleotteri 1 1 1 1 1 Imenotteri 5 5 5 5 5 Ditteri (Adulti) 1 1 1 1 1 Rafidiotteri(larve) Planipenni(larve) 10 Mecotteri(larve) Coleotteri(larve) 10 10 10 10 10 Ditteri(larve) 10 10 Imenotteri(larve)

(38)

37

GRUPPI NOTE Tesi a confronto (EMI)

CT F CCI CCM S

Lepidotteri(larve) 10

Altri olometaboli

QBS-ar massimale 184 119 184 204 193

Tabella 8. Microartropodi presenti rilevati secondo il metodo QBS-ar per l’anno 2019 a San Giusto a Rentennano e valore di QBS-ar massimale calcolato secondo il punteggio EMI.

GRUPPI NOTE Tesi a confronto (EMI)

CT F CCI CCM S

Pseudoscorpioni 20 20 20 20

Scorpioni Forme giovanili Palpigradi Opilionidi Araneidi 5 5 5 5 Acari 20 20 20 20 20 Isopodi 10 10 10 Diplopodi Pauropodi 20 20 20 20 Sinfili 20 20 20 20 20 Chilopodi (Geofilomorfi) 20 20 20 20 20 Proturi 10 10 10 Dipluri 20 20 20 20 20 Collemboli 20 20 20 20 20 Microcorifi Zigentomi Dermatteri Ortotteri Embiotteri 10 10

(39)

38

GRUPPI NOTE Tesi a confronto (EMI)

CT F CCI CCM S Fasmodei Mantodei Mecotteri Isotteri Blatteri Psocotteri Emitteri 1 1 1 1 1 Rafidiotteri Tisanotteri 1 1 1 1 Coleotteri 1 1 1 1 1 Imenotteri 5 5 5 5 5 Ditteri (Adulti) 1 1 1 1 1 Rafidiotteri(larve) Planipenni(larve) 10 Mecotteri(larve) Coleotteri(larve) 10 10 10 10 10 Ditteri(larve) 10 10 Imenotteri(larve) Lepidotteri(larve) 10 Altri olometaboli QBS-ar massimale 184 119 194 204 193

4.2 Analisi della biomassa della vegetazione

Vengono di seguito riportati i grafici con i valori di biomassa della vegetazione presente nel vigneto (Figg.11-14) distinti per azienda sperimentale, per anno e per stagione di campionamento (primavera, prima della gestione della vegetazione;

(40)

39

autunno, dopo la vendemmia e in prossimità del campionamento di suolo per il QBS-ar). Anche in questo caso, come per il QBS-ar, vengono evidenziati i valori ottenuti per ciascuna tesi sperimentale a confronto.

I risultati dell’analisi statistica condotta con modelli lineari sono riportati in Tab. 9.

Tabella 9. Risultati dell’analisi statistica condotta mediante modelli lineari misti sui dati della biomassa secca totale della vegetazione nell’interfila

Azienda-Anno Df AIC BIC logLik Deviance χ2 Df Pr(>χ2) Sign.

MT-2018 12 1913.9 1947.3 -944.9 1889.9 98.905 0 < 2.2e-16 *** MT-2019 12 1876.4 1909.9 -926.2 1852.4 178.166 0 < 2.2e-16 *** SG-2018 12 1898.2 1931.7 -937.1 1874.2 117.0769 0 < 2.0e-16 *** SG-2019 12 1978.9 2012.3 -977.5 1954.9 97.513 0 < 2.2e-16 ***

Riguardo alla significatività dei fattori testati nel modello (STAGIONE, TRATTAMENTO, INTERAZIONE TRATTAMENTO*STAGIONE), per ciascuna azienda nei due anni il modello risultato più attinente ai criteri di Akaike (AIC) e Bayesiano (BIC) è stato quello comprendente l’effetto del TRATTAMENTO e della INTERAZIONE TRATTAMENTO*STAGIONE.

In Figg.11, 12, 13 e 14 sono riportati, rispettivamente, i valori medi di biomassa stimati dal modello per ciascun trattamento e per ciascuna stagione di campionamento per le aziende di Montevertine nel 2018 e 2019, e di San Giusto a Rentennano per il 2018 e per il 2019.

Per Montevertine, nel 2018 e nel 2019 in primavera il trattamento con la maggiore produzione di biomassa secca della vegetazione è stato quello del sovescio di favino (F), che ha superato le 5 e le 6 t ha-1, rispettivamente. Il trattamento dell’inerbimento spontaneo (S) non è risultato significativamente differente da F nel 2018, superando le 4 t ha-1 di biomassa.

In entrambi gli anni sperimentali, le tesi basate sulla cover crop di orzo e trifoglio squarroso (CCI e CCM) hanno prodotto valori intermedi di produzione di biomassa vegetale prima dell’intervento di sovescio (CCI) o sfalcio (CCM) rispetto ad F e alla tesi di controllo (CT), risultata in entrambi gli anni la tesi meno produttiva con una

(41)

40

media di circa 2 t ha-1 di sostanza secca. Nel 2019, anche la tesi con inerbimento spontaneo (S) non si è discostata significativamente da CT, facendo osservare un valore di biomassa inferiore del 50% rispetto all’anno precedente.

In autunno, a distanza di mesi dall’intervento di gestione della copertura vegetale e dopo che le colture di copertura sono state devitalizzate con sfalcio o interramento, come ci si attendeva, la biomassa epigea è risultata notevolmente inferiore rispetto a quella primaverile, attestandosi su una media di circa 1 t ha-1 di s.s., rappresentata totalmente dalla flora spontanea.

Nel 2018, la tesi che ha mostrato valori di biomassa significativamente inferiori a tutti gli altri trattamenti è stata CCI, mentre nel 2019 tutti i trattamenti sono risultati significativamente superiori al controllo (CT).

(42)

41

Figura 11. Montevertine 2018 - Biomassa secca epigea totale (kg s.s. ha-1) per l’anno 2018 di piante spontanee e cover crop campionate in primavera (SPRING, a destra) ed in post vendemmia (AUTUMN, a sinistra). Trattamenti associati a lettere diverse indicano trattamenti statisticamente differenti per p≤.05.

(43)

42

Figura 12. Montevertine 2019 - Biomassa secca epigea totale (kg s.s. ha-1) per l’anno 2019 di piante spontanee e cover crop campionate in primavera (SPRING, a destra) ed in post vendemmia (AUTUMN, a sinistra). Trattamenti associati a lettere diverse indicano trattamenti statisticamente differenti per p≤.05.

A San Giusto a Rentennano, si è notato un andamento differente, con i picchi di biomassa più elevati prodotti dalle due tesi con cover crop di orzo e trifoglio squarroso (CCI e CCM), capaci in primavera di produzioni simili in valore assoluto a quelle del favino a Montevertine.

Pur mostrando incrementi produttivi sensibili rispetto agli altri trattamenti, in particolare a CT, nel 2018 l’analisi statistica non ha restituito delle differenze significative tra gli stessi in primavera, mentre nel 2019 si è osservato per CCI un valore statisticamente maggiore rispetto a F, S e CT. Tra CCI e CCM, tra F e CCM,

(44)

43

tra F e CT non si sono registrate differenze significative, mentre S ha fatto osservare i valori minimi di biomassa, inferiori a tutte le tesi con cover crop.

In autunno, invece, si è confermato il trend osservato a Montevertine di una sostanziale contrazione della produzione di biomassa rispetto alla primavera, con una leggera superiorità produttiva delle parcelle che avevano ospitato la cover crop di favino..

Figura 13. San Giusto a Rentenanno - Biomassa secca epigea totale (kg s.s. ha-1) per l’anno 2018 di piante spontanee e cover crop campionate in primavera (SPRING, a destra) ed in post vendemmia (AUTUMN, a sinistra). Trattamenti associati a lettere diverse indicano trattamenti statisticamente differenti per p≤.05.

(45)

44

Questa differenza si è rivelata significativa nel 2018 rispetto a CCI e CT mentre nel 2019, pur confermandosi le differenze tra i trattamenti, non sono state osservate differenze significative tra i trattamenti

Figura 14. San Giusto a Rentennano - Biomassa secca epigea totale (kg s.s. ha-1) per l’anno 2019 di piante spontanee e cover crop campionate in primavera (SPRING, a destra) ed in post vendemmia (AUTUMN, a sinistra). Trattamenti associati a lettere diverse indicano trattamenti statisticamente differenti per p≤.05.

(46)

45

4.3 QBS-ar per Montevertine e San Giusto a Rentennano

Il modello più verosimile sottoposto all’analisi statistica per il QBS-ar ha incluso l’effetto medio dei fattori “ANNO”, “AZIENDA”, “TRATTAMENTO” e delle loro interazioni.

I risultati dell’analisi statistica condotta sul modello sono riportati in Tabella 10

Tabella 10 - Risultati dell’analisi statistica condotta mediante modelli lineari misti sui dati del QBS-ar

Df AIC BIC logLik Deviance χ2

Df Pr(>χ2) Sign.

23 580.18 628.35 -267.09 534.18 4.3095 1 0.0379003 *

Di seguito si riportano i valori di QBS-ar (Fig. 15) distinti per azienda sperimentale, per anno. Anche in questo caso vengono evidenziati i valori ottenuti per ciascuna tesi sperimentale a confronto.

(47)

46

Figura 15. QBS-ar determinato nei due anni (2018, a sinistra, e 2019, a destra) rispettivamente nelle due aziende, Montevertine (MT) e San Giusto a Rentennano. Trattamenti associati a lettere diverse indicano trattamenti statisticamente differenti per p≤.05.

Come si può notare dai grafici, in entrambe le aziende si sono osservate differenze statisticamente significative tra i trattamenti solo nel 2018. Nel caso di Montevertine, il trattamento più produttivo in primavera in termini di biomassa, ossia la tesi con favino (F), è risultato anche quello con il valore più elevato di QBS-ar. Statisticamente non dissimile da F è risultata anche la tesi con inerbimento spontaneo (S), che era risultata anch’essa molto produttiva in termini di biomassa. I trattamenti basati sulla

Riferimenti

Documenti correlati

Relativamente ai collemboli, dal momento che in questo gruppo sono presenti varie forme biologiche (si va da quelle chiaramente epigee a quelle molto adattate al suolo),

Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafi ere Antonio Boschetti, direttore de L’Informatore Agrario Modera: Clementina Palese, giornalista de L’Informatore Agrario 10.10 -

.ةسسؤملا يف لمعلا ريس نسح نامض نم نكمت يتلا ةيلخادلا ةطشنلأا معدلا تاراسم لثمت هيجوتب حمست يتلاو ،اهتايجيتارتساو ةعماجلا ةسايس ددحت يتلا ةطشنلأا نيب

Viene proposto un sistema di valutazione della sostenibilità delle pratiche di gestione dell’agroecosistema basato sui lombrichi, bioindicatori rappresentativi della biodiversità

– Regressioni che sono analisi di gradiente diretto, attraverso le quali si cercano delle relazioni matema- tiche tra le risposte di una singola specie e più fattori ambientali..

L’incremento del valore agro-ecologico del vigneto e della sua sostenibilità economica, nonchè il miglioramento qualitativo delle produzioni è ottenibile per mezzo

Necessità di ridurre al minimo la disinformazione sui temi dell'agricoltura europea e della PAC e dell'agricoltura sostenibile e del cambiamento climatico tra un pubblico di

The biological effects of 1 and 2 on the viability of human colorectal carcinoma cells (COLO-205 and HT-29) were evaluated using an MTT assay, and the results indicate that