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I “DUE GRANDI DUALISMI” ALLA PROVA DEL DIRITTO (AMMINISTRATIVO) GLOBALE

Stefano Battini

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Il “doppio dualismo” nella Costituzione

westfaliana. – 2.1. L’origine comune del doppio dualismo. – 2.2. Diritto pub- blico interno e internazionale: funzione comune e struttura antitetica. – 2.3. Rapporti reciproci fra i due dualismi. Il diritto internazionale e la sua “costituzione privatistica”. – 3. La “grande trasformazione”: globalizzazione, interdipendenza, extraterritorialità. – 3.1. Lo Stato detronizzato. – 3.2. Lo Sta- to debordante. – 3.3. La global governance e lo sviluppo dei global regulatory

regimes. – 4. Il doppio dualismo nella costituzione post-westfaliana. – 4.1. Lo

“sbiadimento” delle demarcazioni dualistiche. – 4.2. La ricomposizione strut- turale del diritto pubblico, internazionale e interno. – 4.3. La dialettica pubbli- co/privato oltre lo Stato. – 4.4. La costituzione “amministrativa” post-westfa- liana. – 5. Conclusioni.

1. Premessa

Nell’inverno del 1938, Carl Schmitt consegnava, per i Mélanges Georges Streit, un saggio dedicato ai “due grandi dualismi del sistema

giuridico odierno”1.

I due grandi dualismi erano, ovviamente, quello fra diritto pubblico e diritto privato, da un lato, e, dall’altro, quello fra diritto statale e dirit- to internazionale; dualismi che rappresentano, evidentemente, lo sfondo del tema di questo contributo, volto a collocare, entro la cornice più generale dei rapporti fra diritto pubblico e privato, una riflessione sul c.d. diritto amministrativo globale, ambito scientifico e disciplinare di

1 C. SCHMITT, Sui due grandi “dualismi” del sistema giuridico odierno (1939), in

C. SCHMITT, Posizioni e concetti in lotta con Weimar-Ginevra-Versailles, 1923-1939, Milano, 2007.

recente emersione, ma che già conosce tentativi di elaborazione siste-

matica2.

In quel saggio di fine anni ’30, dunque, Schmitt rifletteva sulla “connessione storico-giuridica” fra i due grandi dualismi. Rilevava che essi “si muovono chiaramente intorno allo stesso cardine concettuale e ad un comune asse concettuale, cioè il concetto dello Stato”. Osserva- va, inoltre, che entrambi i dualismi “hanno un comune contro-concetto, e precisamente quello della common law, nel senso di diritto unitario”, connotato dalla “non-statualità”. Si domandava, infine, “in che misura – a causa di questo comune concetto di Stato, che regge i due dualismi – il dualismo fra diritto interstatale e statale interno procede parallela- mente con il dualismo statale interno di pubblico e privato e se questo doppio dualismo non viene posto in questione dalle tendenze attuali

dello sviluppo del diritto”3.

A quasi novant’anni di distanza, non solo restano intatte, ma anzi appaiono accresciute, la fecondità dell’approccio di Schmitt e la rile- vanza dell’interrogativo da lui posto. I due grandi dualismi hanno, in- fatti, tracciato una fondamentale mappatura dell’universo giuridico, la quale è però oggi continuamente e complessivamente rimessa in di- scussione dai fenomeni che si è soliti indicare con la formula sintetica

di “globalizzazione”4.

Conviene pertanto ripartire dalla prospettiva suggerita da Schmitt: interrogarsi sulla “connessione storico-giuridica” dei due dualismi e osservarne lo “sviluppo parallelo”, giacché il percorso dell’uno contri- buisce a spiegare anche l’evoluzione dell’altro.

Ricostruire questo sviluppo parallelo consente poi di provare a ri- spondere alla domanda di Schmitt, chiedendosi, cioè, se le tendenze attuali dello sviluppo del diritto, oggi appunto dominate dalla globaliz-

2 Si veda S. CASSESE (ed.), Research Handbook on Global Administrative Law, UK

- Northampton, MA, USA, 2016.

3 C. SCHMITT, op. ult. cit., p. 439.

4 Si vedano, a solo titolo di esempio, fra i volumi più recenti che si interrogano sul

mutamento di significato dei concetti, rispettivamente, di diritto pubblico e di diritto, nel nuovo contesto “post-westfaliano”, C. MAC AMHLAIGH,C. MICHELON,N. WALKER

(eds.), After Public Law, Oxford, 2013 e N. JANSEN,R. MICHAELS (eds.), Beyond the

zazione, impongano di rivisitare quel doppio dualismo e, quindi, di ag- giornare la mappatura dello spazio giuridico globale da esso descritta.

Ovvio che non si tratta di un compito cui un singolo studioso possa assolvere, men che mai chi scrive e, per giunta, nello spazio di un breve contributo.

Questo si limiterà, pertanto, a raccogliere alcune riflessioni, che muovono tuttavia da un unico assunto. La globalizzazione produce un fondamentale mutamento di quella che potrebbe definirsi come costitu- zione materiale universale. Essa determina il progressivo tramonto del- la costituzione materiale “Westfaliana”, fondata sulla coesistenza di Stati territoriali sovrani, tendenzialmente indipendenti e autosufficienti entro i propri confini, e segna la progressiva affermazione di una diver- sa costituzione materiale, post-Westfaliana, connotata dalla interdipen- denza e dalla extraterritorialità: gli Stati sono sempre meno autosuffi- cienti entro il proprio territorio, ma sempre più influenti fuori da quello. Siffatto mutamento trasforma il concetto stesso di sovranità statale e, per conseguenza, investe anche il “doppio dualismo”, che da tale con- cetto, come rilevava Schmitt, prende origine.

Le riflessioni che saranno esposte nei paragrafi successivi avranno pertanto ad oggetto i seguenti temi: prima, i rapporti fra i due “grandi dualismi” nel contesto della costituzione westfaliana, segnata dalla so- vranità “indipendente” e “territoriale” degli Stati (§ 2); poi, i tratti es- senziali delle trasformazioni dell’universo giuridico indotte dalla globa- lizzazione (§ 3); infine, gli effetti di tali trasformazioni sul doppio dua- lismo e il significato che questo assume nell’attuale costituzione, post- westfaliana, dalla sovranità “interdipendente” ed “extraterritoriale” (§ 4).

Prima di procedere, una cautela, forse superflua. Le trasformazioni su cui si riflette avvengono progressivamente, al ritmo della longue du-

rée5. Interdipendenza ed extraterritorialità connotavano anche il mondo

di ieri, così come quello di oggi non ha certo ripudiato il concetto di Stato territoriale, sovrano e indipendente. La storia è più continua di quanto rappresentato da questo contributo, il quale pone in risalto gli

5 F. BRAUDEL, Histoire et sciences sociales: La longue durée, in Annales ESC, XIII

elementi di discontinuità al solo scopo di meglio cogliere le tendenze di sviluppo attuali.

2. Il “doppio dualismo” nella Costituzione westfaliana 2.1. L’origine comune del doppio dualismo

La pace di Westfalia del 1648 è stata definita come un “maestoso portale che conduce dal vecchio al nuovo mondo”. Essa avrebbe segna- to il definitivo tramonto di ogni concetto di potere universale, posto al di sopra degli Stati, e inaugurato “a new political system, characterized by the coexistence of a multiplicity of states, each sovereign within its

territory, equal to one another, and free from any external authority”6.

Lo Stato, la sua sovranità, il territorio, quale spazio di esercizio esclusi- vo e indipendente di quella sovranità, sono gli elementi fondativi della Costituzione globale Westfaliana.

La sovranità territoriale dello Stato, pietra angolare del sistema poli- tico moderno, è anche alla radice dei due grandi dualismi che connota- no il sistema giuridico che quella sovranità ambisce a governare. I dua- lismi sono anzi precisamente l’esito del tentativo dell’ordine giuridico di limitare la sovranità politica dello Stato, senza tuttavia negare quel concetto, anzi legittimandolo. Diritto e sovranità, come è stato osserva- to, sono termini “logicamente incompatibili”, essendo la sovranità “as- senza di limiti e regole, cioè il contrario di ciò in cui il diritto consi-

ste”7. Apparentemente, dove c’è il diritto, non c’è la sovranità, e vice-

versa. In effetti, l’idea della contrapposizione fra rapporti politici, sot- tratti al diritto e al giudice, e rapporti giuridici, che vi sono invece sot- tomessi, ma proprio nella misura in cui essi non coinvolgono manife- stazioni di sovranità statale, ha influenzato a lungo la cultura politica e giuridica. E continua a farlo. Il superamento di quella concezione, volto ad affermare la conciliabilità di sovranità e diritto, è avvenuto, infatti, alla condizione di applicare ai rapporti politici, che mettono in gioco la

6 L. GROSS, The Peace of Westphalia, 1648-1948, in American Journal of Interna-

tional Law, 41 (1).

sovranità statale, un diritto diverso, speciale, separato, “proprio” dello Stato: il diritto pubblico interno per i rapporti politici con gli individui e il diritto pubblico internazionale per i rapporti politici con gli altri enti sovrani. Per avere conferma dello “sviluppo parallelo” dei due duali- smi, basti riflettere sull’antica distinzione fra atti di impero e atti di ge- stione. Questa individua, al tempo stesso, sia il confine fra diritto pub- blico interno e diritto privato, sia il confine fra diritto interno e diritto pubblico internazionale: il diritto privato non può applicarsi agli atti

iure imperii dello Stato, così come il diritto interno non può applicarsi

agli atti iure imperii di Stati stranieri, ancorché adottati entro il territo- rio statale; quando entra in gioco la sovranità dello Stato, nel campo dei rapporti politici, si applica un diritto diverso e separato, che sia diritto pubblico interno o diritto pubblico internazionale. E in entrambi i casi la “specialità” dei diritti porta con sé un elemento di ambiguità e ambi- valenza, che deriva dal fatto che essi esprimono il tentativo di concilia- re i due termini logicamente incompatibili: la sovranità statale, da un lato, e, dall’altro, un diritto che, riconoscendola e legittimandola ha un polo autoritario, ma al tempo stesso, limitandola, presenta una dimen- sione garantistica.

2.2. Diritto pubblico interno e internazionale: funzione comune e strut- tura antitetica

Questa comune origine dei due dualismi, che nascono per differen- ziazione e opposizione, rispetto al diritto comune, di un diritto proprio della sovranità statale, rende anche ragione di due ulteriori profili: il “destino parallelo” dei due dualismi e la contrapposizione strutturale fra diritto pubblico interno e internazionale.

I due dualismi hanno un destino parallelo nel senso che l’accentua- zione della sovranità statale radicalizza sia l’opposizione fra diritto pubblico e diritto privato all’interno dello Stato, sia la separazione fra diritto interno e diritto internazionale. Simmetricamente, la crisi della sovranità statale tende a offuscare e sfumare entrambe le distinzioni, con l’effetto di moltiplicare le contaminazioni interne fra diritto pubbli- co e privato così come gli attraversamenti e la permeabilità del confine tra diritto interno ed esterno allo Stato. Il diritto misto, che ibrida diritto

pubblico e privato, e il diritto globale, che attraversa diritto interno e internazionale, sono anch’essi due lati di una stessa medaglia. Ma di ciò più oltre.

In secondo luogo, i termini “speciali” di entrambi i dualismi, cioè il diritto pubblico interno e il diritto pubblico internazionale, traggono dalla sovranità statale, che entrambi li genera, connotati strutturali op- posti, antitetici, speculari.

Secondo Bobbio, come è noto, la “grande dicotomia” pubblico-pri- vato si duplica in altre tre “dicotomie corrispondenti”: la distinzione fra società di uguali e disuguali, quella fra legge e contratto, quella fra giu-

stizia distributiva e commutativa8. Il diritto pubblico è, innanzitutto,

diseguale, perché “caratterizzato da rapporti di subordinazione fra go- vernanti e governati”, cioè da rapporti “fra due soggetti, l’uno dei quali

ha nei riguardi dell’altro un valore giuridicamente superiore”9, in con-

trapposizione al diritto privato, che invece “rappresenta un rapporto fra soggetti posti in condizioni di parità ed aventi eguale valore giuridi-

co”10. Esso è, poi, un diritto positivo e unilaterale, che si compendia

nella legge, “norma vincolante perché posta dal detentore del supremo potere (il sovrano)”, in contrapposizione al diritto privato, che è diritto spontaneo e naturale e si compendia nel contratto, “forma tipica con cui

i singoli individui regolano i loro rapporti nello stato di natura”11. Il

diritto pubblico, infine, attiene alla giustizia distributiva, che è “quella che ha luogo fra le parti e il tutto”, anziché alla giustizia commutativa, che è la sfera propria del diritto privato e “ha luogo fra le parti”.

Ma se si esamina il diritto internazionale, alla luce di queste “dico- tomie derivate”, esso si colloca sempre sul versante opposto a quello del diritto pubblico interno, tanto che, nella stessa lettura di Bobbio, il diritto internazionale è considerato sempre come “eccezione” o “dero- ga” rispetto alle sue tesi: egli nota che il diritto internazionale “viene fatto rientrare abitualmente nella sfera del diritto pubblico”, nonostante il fatto che “la società internazionale è astrattamente considerata una

8 N. BOBBIO, La grande dicotomia: pubblico/privato, ora in ID., Stato, governo, so-

cietà. Frammenti di un dizionario politico, Torino, 1995, pp. 3-22.

9 H. KELSEN, La dottrina pura del diritto, Torino, 1990, II ed., p. 312. 10 H. KELSEN, op. ult. cit., p. 312.

società di enti formalmente uguali tanto da essere stata assimilata, da

Hobbes a Hegel, allo stato di natura”12. Bobbio osserva ancora che la

società internazionale, pur essendo una “società di eguali… retta dalla giustizia commutativa”, tuttavia “è di solito attribuita alla sfera del

pubblico, per lo meno ratione subiecti…”13.

In realtà, questa apparente anomalia del diritto internazionale, “pub- blico” nella funzione, ma “privato” nella struttura, non ha nulla di sor- prendente. Se (e fin quando) la sovranità statale ha carattere “territo- riale”, essa inevitabilmente presenta due volti antitetici: all’interno, si presenta in termini positivi, come pretesa di comando verso la società civile “contenuta” nel territorio statale; all’esterno, si presenta in termi- ni negativi, come pretesa di indipendenza e autonomia verso altre auto- rità. Donde la divaricazione strutturale del diritto pubblico, che, unico nella funzione, è chiamato però ad adattarsi ai due versanti della sovra- nità territoriale. Modellandosi sulla sovranità interna dello Stato, il di- ritto pubblico deve riconoscere in quest’ultimo un soggetto di “valore giuridicamente superiore” e avente l’autorità per “porre” unilateral- mente il diritto vincolante nel proprio territorio. Per rispettare invece la sovranità esterna dello Stato, il diritto internazionale deve negare l’esi- stenza di soggetti aventi “valore giuridicamente superiore” al singolo Stato e riconoscere carattere vincolante solo a un diritto che sia a sua volta “posto”, ma paritariamente e pattiziamente dagli stessi Stati che ne restano obbligati. Il positivismo giuridico statale è autoritario all’in- terno e consensuale all’esterno; là “pubblicistico”, qui “privatistico”. In entrambi i casi, esso esclude la sottoposizione dello Stato a un diritto da questo non “voluto”, ma “trovato”. Ciò comporta anche, come sugge- riva Schmitt, la duplice opposizione alla common law: tanto rispetto alla componente privatistica della common law, all’interno; quanto ri-

spetto alla dimensione pubblicistica della stessa, all’esterno14.

12 N. BOBBIO, La grande dicotomia: pubblico/privato, cit., p. 6. 13 N. BOBBIO, La grande dicotomia: pubblico/privato, cit., p. 10.

14 Sull’erronea identificazione del diritto comune con il diritto privato, dato che la

common law “è un diritto che comprende molte norme di diritto pubblico”, si veda

S. CASSESE, La costruzione del diritto amministrativo: Francia e Regno Unito, in ID. (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Milano, 2000, I ed., p. 35. L’A. richiama sul punto M.S. GIANNINI, Profili storici della scienza del diritto amministrativo (1940), in

2.3. Rapporti reciproci fra i due dualismi. Il diritto internazionale e la sua “costituzione privatistica”

Ciò conduce, infine, a sviluppare ulteriormente la riflessione sui rapporti reciproci fra i due “grandi dualismi”. Chi s’interroghi su essi,

deve rispondere alle due domande individuate da Salvatore Pugliatti15.

La prima è quella della rilevanza della grande dicotomia nel diritto in- ternazionale: “se l’ordinamento della comunità internazionale ammetta la distinzione fra diritto pubblico e diritto privato”. La seconda è quella della qualificabilità del diritto internazionale alla luce della “grande dicotomia”: “se il diritto internazionale sia da qualificare, nel suo com- plesso, come diritto pubblico”.

La risposta alla prima domanda è negativa, perché nel diritto inter- nazionale, quella relazione dialettica fra Stato e società civile, di cui si nutre la distinzione fra diritto pubblico e diritto privato, è esclusa, per così dire, a priori. Il paradigma concettuale del diritto internazionale, infatti, presuppone l’irrilevanza della società al di fuori dei confini del- lo Stato, assegnando pertanto al diritto interno tutte le relazioni giuridi- che che abbiano come parte il singolo individuo: sia quelle con altri individui, regolate dal diritto privato interno, sia quelle con lo Stato,

regolate dal diritto pubblico interno16. Alla regola non si sottraggono il

c.d. “diritto amministrativo internazionale”17 e il c.d. “diritto interna-

Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, 1973, n. 2, p. 218 e

ss., e F.H. LAWSON, Dicey revisited, I, in Political Studies, VII, 1959, p. 211.

15 S. PUGLIATTI, Diritto pubblico e privato, in Enciclopedia del diritto, XII, 1964,

p. 715.

16 Cfr. H. TRIEPEL, Vollkerrecht und Landesrecht, Leipzig, 1899, trad. it. di

G.C. Buzzati, Diritto internazionale e diritto interno, in A. BRUNIALTI (a cura di), Bi-

blioteca di scienze politiche e amministrative, Torino, 1913, ove si esclude sia che il

diritto internazionale possa regolare rapporti fra individui (“ogni regolamento dei rap- porti giuridici fra individui è dovuto all’opera di fonti giuridiche interne”), sia che esso possa regolare rapporti fra Stato e individui (“al di fuori dello Stato composto, il cui diritto non cessa di essere diritto interno, non conosciamo altra comunità organizzata che abbia il potere di porre norme giuridiche allo Stato e all’individuo come suoi mem- bri”).

17 U. BORSI, Carattere ed oggetto del diritto amministrativo internazionale, in Rivi-

zionale privato”. A dispetto della denominazione, essi sono pur sempre partizioni del diritto interno, relative a rapporti giuridici che presentano profili di extraterritorialità: il primo è diritto pubblico interno che rego- la rapporti fra Stato e individui, che siano però stranieri sul territorio domestico ovvero cittadini all’estero; il secondo è diritto privato interno che regola rapporti fra individui, che presentino però elementi di colle- gamento con ordinamenti stranieri. Né la dialettica fra Stato e società civile può essere recuperata, per analogia, come dialettica fra una “so- cietà di Stati”, da una parte, e, dall’altra, una “autorità internazionale” ad essi sovraordinata. Anche la presenza di una “autorità internaziona- le” è, infatti, esclusa dal paradigma internazionalistico, che ricostruisce anche le organizzazioni internazionali come semplici proiezioni degli

Stati, come “società di Stati”, che dànno vita organi ad essi comuni18,

non autonomi, e men che mai sovraordinati. La risposta al primo inter- rogativo di Pugliatti è dunque quella fornita, poco più di un secolo fa, da Donato Donati: “poiché una organizzazione giuridica della società internazionale non esiste, le norme che costituiscono il diritto interna- zionale non possono regolare che rapporti fra membri della società in- ternazionale, che rapporti fra gli Stati… da ciò deve dedursi che in real- tà la distinzione fra diritto pubblico e diritto privato, quale è attuata nel diritto statuale, non è applicabile al diritto internazionale, [il quale] saggiato alla stregua del criterio che a quella distinzione presiede, di-

mostra nelle sue norme una assoluta omogeneità di natura”19.

Non resta dunque che volgersi al secondo interrogativo: questo si- stema normativo, di natura assolutamente omogenea, che è il diritto internazionale, può essere assegnato, nel suo complesso, all’uno o all’altro versante della “grande dicotomia”? Tre tesi sono in teoria pos- sibili: a) che il diritto internazionale sia “insensibile” alla distinzione fra diritto pubblico e diritto privato e “neutro” rispetto ad essa, oppure che esso vada incluso b) nel campo del diritto pubblico, ovvero c) in quello del diritto privato. Sulla base di quanto sin qui esposto, può dirsi che, paradossalmente, ciascuna di queste tesi è vera. Innanzitutto, è vera la

18 D. ANZILOTTI, Gli organi comuni nelle società di Stati, in Rivista di diritto inter-

nazionale, vol. VIII, p. 156.

19 D. DONATI, I trattati internazionali nel diritto costituzionale, Torino, 1906, I,

prima: come detto, il diritto internazionale non può essere qualificato in base ad un criterio che ha senso e trova applicazione solo nel diritto interno. Poi, è vera la seconda tesi, perché il diritto internazionale ha la stessa “genesi” e “funzione” del diritto pubblico interno, essendo en- trambi figli della sovranità statale. Infine, è vera anche la terza tesi, perché il diritto internazionale ha invece la “struttura” del diritto priva- to.

Quest’ultimo aspetto merita un approfondimento supplementare. Il positivismo giuridico statuale ha, per così dire, esternalizzato il

contratto sociale. Esso ha rifiutato l’idea che un istituto di diritto priva-

to potesse rappresentare il fondamento dello Stato, con la conseguenza che “l’unione degli individui nello Stato diviene un contratto, il quale ha quindi per base il loro arbitrio, la loro opinione e il loro espresso

consenso, dato a piacimento…”20. Lo Stato deve poggiare su basi più

solide. Esso è una creazione necessaria della storia, non un prodotto contingente della volontà dei singoli individui. Il vincolo politico fra i cittadini di uno Stato è indisponibile; sorge e si estingue per effetto di processi storici, non di patti negoziali. In una parola, lo Stato ha una base costituzionale e non contrattuale.

E tuttavia, con una contraddizione già messa in risalto da Santi Ro-