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D IVENIRE FENOMENOLOGICO , DIVENIRE ONTOLOGICO ,

2. I due momenti del risolvimento dell’aporia del divenire

In virtù dei principi che sono progressivamente emersi nell’analisi svolta nel libro primo dellaFisica, Aristotele dava soluzione a quella che chiamava l’“aporia degli antichi” e che egli così formulava:

«Secondo essi, non vi è alcun essere che sia generato o distrutto, perché ciò che diviene deve divenire o dall’essere o dal non essere; ciò che, per entrambi i casi, è impossibile. Infatti, l’essere non può divenire perché esso è già; e dal nulla nulla può divenire»35. 182 L. MESSINESE

34Ivi, pp. 224-225, nota 4.

Dal contesto del discorso si evince che Aristotele aveva in vista soprattutto Parmenide. In ogni caso, limitandoci al caso di un “divenire dal non essere”, prendiamo nota del modo in cui Aristotele risolve l’aporia in virtù dei principi prima considerati e della distinzione tra divenire dal non essere “per se” e divenire dal non essere “per accidens”:

«Quanto a noi, certo che anche noi affermiamo che è impossi-bile il divenire dal non essere come tale! Ma ciò non toglie che sia possibile quel divenire dal non essere, che chiameremo per accidente. Infatti, ciò che diviene, diviene dalla privazione che, come tale, è un non essere»36.

In tal modo Aristotele viene a dire che l’ex quo del divenire è il “sostrato”, non il non essereper se o come tale; e che il non essere con cui si ha qui a che fare è quel certo non essere costituito dalla “privazio-ne” che inerisce al sostrato, così che il non essere è l’ex quo del divenire solo “per accidens”.

Ebbene, ciò che ora deve essere evidenziato è che, pervenendo a questo risultato, Aristotele non ha ancora assolto totalmente al com-pito di dimostrare che il principio dell’ex nihilo nihil non implica la negazione del mondo sensibile.

«Se l’aporia parmenidea del divenire consiste nel ritenere che l’affermazione della realtà fisica implica il venir meno di ciò che la ragione non consente di negare, e cioè che il divenire è impossibile, perché non può derivare né dall’essere, né dal non essere, il vero risultato raggiunto nel libro primo dellaFisica è quello di presentare l’aporia parmenidea nella sua forma più efficace conferendole il più alto grado di correttezza, o presen-tando ilproblema del divenire nella sua forma più rigorosa»37.

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Divenire fenomenologico, divenire ontologico...

36Phys. I, 8, 191b, 14-17.

Per quale ragione si deve dire questo? Ma perché nel divenire, per quanto ora sia stato definito nei suoi principi intrinseci, si ha sempre a che fare con il sopraggiungere di una certa forma o determinazione del sostrato e con ilvenir meno di una certa altra forma o determina-zione del sostrato, così che “l’essere, prima di sopraggiungere, o an-nullandosi,non è”.

Èper tale ragione che Severino, riferendosi alla soluzione aristote-lica dell’aporia del divenire limitatamente al libro primo dellaFisica, neLa struttura originaria, rilevava quanto segue:

«Il divenire non èex nihilo, ma ex ente, cioè appunto dal sostra-to in quansostra-to è privo di ciò che sopraggiunge, o in quansostra-to è “in potenza” ciò che sopraggiunge. Ma in questo modo, o, meglio, sino a questo punto, non si è fatto altro che conferire all’aporia parmenidea il massimo di correttezza consentitole. Infatti, il modo in cui l’aporia è prospettata nel testo parmenideo […], è afflitto dalla mancanza dell’accertamento della struttura intrin-seca del divenire […]. Ma una volta stabilita quella struttura, l’aporia parmenidea riappare […]. Infatti, anche così inteso – inteso cioè come passaggio dalla privazione alla forma (o vice-versa) operato da un sostrato –, anche così intesoil divenire implica o che l’essere (il divenuto) non sia (stato), appunto per-ché è un divenuto;o che l’essere non sia, in quanto il divenire è la perdita di una determinazione da parte del sostrato (annulla-mento della determinazione)»38.

Il rilievo non è di poco conto, dal momento che esso viene a mo-strare come la “struttura” dell’ente diveniente messa in luce da Ari-stotele non è già essa stessa ciò che toglie l’aporia parmenidea, ma è piuttosto ciò che le consente di mostrarsi nella sua configurazione migliore, fermo restando appunto che, fin qui, affermare che “l’essere diviene” significa affermare che “l’essere non è”.

184 L. MESSINESE

38E. SEVERINO,La struttura originaria (1958), ristampa anastatica, La Scuola, Brescia 2012, cap. XV, par. 19, pp. 394-395.

Detto questo, sempre nell’ultimo capitolo deLa struttura origina-ria, nello stesso paragrafo dedicato alle “considerazioni storiche sul-l’aporetica del divenire e sul suo risolvimento”, Severino sintetizzava nei suoi termini essenziali quale sia la soluzione autentica di Aristotele rispetto all’aporia del divenire:

«È nota la soluzione aristotelica: il divenuto è già (l’essere è, e quindi è “già” rispetto al sopraggiungere), ma non semplicemen-te nel senso che il sostrato è già, in posemplicemen-tenza, ciò che in un secondo momento sopraggiunge: questo è quell’aspetto dell’“esser già”, per cui l’aporia parmenidea trova le condizioni più idonee per affermarsi. Il divenuto è già come realtà attuale; e pertanto non può esser già nella stessa realtà diveniente – questo è il tipo di soluzione proposto da Anassagora, che però, in tal modo, faceva convenire,simpliciter, al medesimo termine, determinazioni opposte –; ma è già in una realtà diversa da quella diveniente, e quindi, da ultimo, nella (o come) realtà immobile»39.

Per il momento è sufficiente per noi rilevare la completezza del quadro che è stato così delineato, senza entrare nel merito di questio-ni più specifiche.

P

ARTE SECONDA

L

A VALUTAZIONE FATTA DA

S

EVERINO DELLA SOLUZIONE ARISTOTELICA AL PROBLEMA DEL DIVENIRE

La ragione fondamentale della differenza, riscontrabile in Severino, tra una prima valutazione positiva e una seconda valutazione negativa, riguardo alla soluzione aristotelica risiede, a mio avviso, nella mutata valutazione di ordine teoretico circa il progresso o meno che si avrebbe in Aristotele, e prima ancora in Platone, rispetto a Parmenide, in rela-185

Divenire fenomenologico, divenire ontologico...

zione alla concezione dell’essere (= dottrina dell’analogia) e al princi-pio di non contraddizione.

Secondo quanto era stato sostenuto dal primo Severino, nella posizio-ne platonica ed aristotelica si ha a che fare con un autentico progresso.

L’analisi congiunta del libro I della Fisica e del libro IV della Metafisica è orientata precisamente ad argomentare questa tesi. Il paragrafo 19 del capitolo XV deLa struttura originaria (1958), da parte sua, sintetizza in un contesto più direttamente teoretico i risulta-ti dell’indagine storico-interpretarisulta-tiva dei tesrisulta-ti platonici e soprattutto aristotelici.

I. L

A VALUTAZIONE POSITIVA DELLA SOLUZIONE ARISTOTELICA NEL PRIMO

S

EVERINO

1. Il concetto analogico di essere platonico-aristotelico

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