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D IVENIRE FENOMENOLOGICO , DIVENIRE ONTOLOGICO ,

3. I principi intrinseci del divenire

Dopo avere completato la sua rassegna critica del pensiero degli antichi sui principi della realtà fisica, la quale contiene pure – come s’è visto – una critica dell’ontologia parmenidea, Aristotele passa alla pars construens del suo discorso ed espone quelli che egli ritiene siano i veri “principi del divenire”.

Ho riassunto la posizione aristotelica in quelli che mi sono sembra-ti i suoi tre assunsembra-ti principali.

a) Il divenire procede dai “contrari” e termina ad essi

Aristotele viene innanzitutto a precisare che «un ente qualsiasi non si genera da un ente qualsiasi», ma piuttosto che «il bianco proviene dal non bianco». E aggiunge: «non da tutto il non-bianco, ma dal nero e dagli intermedi».

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Divenire fenomenologico, divenire ontologico...

18Phys. I, 3, 187a 3.

19TOMMASO D’AQUINO,In librum Boethii de hebdomadibus, lect. 2, explanatio.

La stessa cosa accade per il musico, il quale «proviene dal non musico, e non da ogni non-musico, ma dall’ignorante, o, se ve ne sono, dagli intermedi»21.

Il discorso deve essere ripetuto per ciò che accade reciprocamente. Questo rilievo aristotelico, secondo il quale il divenire si svolge tra termini che appartengono allo stesso genere, mostra pure che il dive-nire manifesto nell’esperienza non è un passaggio dal puro non essere al puro essere, e viceversa, quanto piuttosto da un certo non essere a un certo essere, e viceversa.

Veniamo, ora, a presentare un secondo aspetto di rilievo.

b) Il divenire non è soltanto un passaggio da un termine al suo contrario

Se il divenire fosse costituitosoltanto dal passaggio da un termine al suo contrario, si avrebbe una identificazione dei contrari e, con ciò stesso, si produrrebbe una contraddizione22.

Èper questo motivo che Aristotele, al fine di mantenere incontrad-dittoriamente entrambi gli elementi che sono stati conseguiti al punto precedente, afferma la necessità di porre un “terzo principio”23. Questo principio è il “sostrato” che, permanendo, accoglie la successione dei contrari e consente di evitare la loro contraddittoria identificazione.

c) Il terzo principio (il sostrato) è il “diveniente”

Aristotele procede alla determinazione del terzo principio attra-verso la seguente riflessione:

«In ogni divenire bisogna riconoscere, non appena si faccia un po’ di attenzione, la necessità di porre come sostrato il diveniente»24. 178 L. MESSINESE

21Cf.Phys. I, 5, 188a 31.

22Cf.Phys. I, 6, 189a 21.

23Cf.Phys. I, 6, 189a 31; 189b 8; 189b 16.

In questo modo, dopo aver affermato la necessità di porre il sostra-to come terzo principio del divenire, ora Arissostra-totele specifica che il “sostrato”, il permanente, è l’ente diveniente.

Questo, però, dove a fungere da sostrato è l’ente diveniente, non è l’unico tipo di divenire. Èquello che chiamiamo “accidentale” e che Aristotele, nel testo che stiamo esaminando, chiama il “divenir qual-cosa”25, in cui cioè l’ente passa dal non essere all’esserequesto, per-manendo però comeente.

Ecco, dunque, che Aristotele procede a una specificazione ulteriore: «Il termine “divenire” va assunto in più modi: vi è il divenire che non è assoluto, ma è il divenir qualcosa, e vi è il divenire che è assoluto che compete solo alle sostanze»26.

In virtù di tal specificazione si dovrà affermare un sostrato pure per il divenire delle sostanze ovvero per il “divenire assoluto”, come Aristotele qui lo chiama.

Per il momento egli si limita ad annunciare un tale sostrato: «Che anche la sostanza e tutto ciò che è assolutamente diven-gano un certo sostrato, sarà tosto manifesto»27.

Ma già poco più avanti nel testo si aggiunge che, nel caso del divenire sostanziale, il sostrato è laypoicheiméne physis, la “natura che è sostra-to”, ovvero ciò che è anche chiamatamateria prima. Essa, dice sempre Aristotele, è conoscibile “per analogia”28, intendendo dire che non è conoscibile “per sé”, ma “per altro”, e cioè «per il fatto che di essa si sa che deve valere come sostrato del divenire sostanziale così come in modo analogo […] la sostanza vale come sostrato del divenire accidentale»29.

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Divenire fenomenologico, divenire ontologico...

25Phys. I, 7, 190a 31.

26Phys. I, 7, 190a 31.

27Phys. I, 7, 190a 33.

28Cf.Phys. I, 7, 191a 7.

d) La struttura complessa del divenire

I “principi” del divenire, così come sono stati indicati finora, sono: il sostrato – ovvero il diveniente o la “cosa che diviene”, ferma restando l’ultima specificazione introdotta – e i “termini contrari” che si succedono nel sostrato.

Adesso, per indicare la determinatezza che sopraggiunge, Aristotele adotta il termine “forma”:

«Se dunque le cose della natura hanno cause o principi, termi-ni primi dai quali essi ricevono l’essere e per i quali divengono […] appare chiaro che il divenire è determinato dal sostrato e dalla forma»30.

In questo stesso passo Aristotele precisa che i principi indicati sono tali “non per accidente” e, quindi, essi lo sono “per sé”.

Questa ulteriore specificazione introduce alla posizione del principio “per accidens” del divenire, il quale per un verso è lo stesso sostrato, ma esso lo è in quanto è ora considerato nel suo aspetto di “privazione” della forma31. Propriamente parlando, quindi, è la “privazione” della forma che il sostrato conseguirà a fungere da “principio”.

Commenta, in modo puntuale, Severino:

«La privazione non sussisteper sé, ma in quanto inerisce al sostra-to, o in quansostra-to, semplicemente, il sostrato non è, in quanto dive-niente, ciò che esso diverrà: principioper accidens, dunque»32.

Concludendo l’esposizione dei “principi intrinseci” del divenire, così come questi vengono ad essere esposti nel libro primo dellaFisica, si può rilevare quanto segue:il divenire consiste in una “mutazione” ; tale mutazione èil succedere di una determinazione a un’altra, le quali tra

180 L. MESSINESE

30Phys. I, 7, 190b 17-19.

31Cf.Phys. I, 7, 190b 27.

di loro sonoin un rapporto di “contrarietà”; la successione non consi-ste in una loroidentificazione, cioè non è il diventare una certa cosa da parte di un’altra, ma consistenell’assunzione di una certa determi-nazione (o forma) da parte di un sostrato che ne era privo.

II. L

A POSIZIONE RIGOROSA DEL

PROBLEMA

DEL DIVENIRE POSTO DA

P

ARMENIDE

1. Alcune puntualizzazioni relative ai “principi intrinseci”

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