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DUKORERE HAMWE E IL TÈ DEL BURUNDI A cura di Fides, presidente dell’Associazione

Danza al Tè del Burundi, Nadine e Acqueline presso la scuola alla Colombera, domenica 31 gennaio

La Dukorere Hamwe, che nella lin-gua del Burundi, il kirundi, significa

“Lavoriamo Insieme”, cerca di in-terce are bisogni reali lega so-pra u o alla fascia adolescenziale e alla prima fase adulta della po-polazione burundese per offrire soluzioni di formazione professio-nale con percorsi della durata an-nuale che consentano autonomia finanziaria.

La formazione data non genera elemosina, ma educa e forma i ragazzi e le ragazze a provvedere a sé stessi, a organizzarsi, a ges rsi in autonomia, a conoscere l’am-biente in cui vivono e saper u liz-zare i servizi che li circondano. Il nostro è un lavoro di incoraggia-mento rivolto ad ogni giovane: ci impegniamo a s molarne l’auto-s ma e il l’auto-senl’auto-so di rel’auto-sponl’auto-sabilità.

C

on il proge o

“Lighey Lauraà Akazi”, realizzato nell’anno scolas co 2014/2015, abbiamo allargato lo sguardo ad alcuni ragazzi che ven-dono abusivamente merce nei parcheggi valtellinesi proponen-do loro un percorso di formazione annuale in

agricoltura nei se ori specifici del-la vi coltura/fru coltura/

apicoltura, in collaborazione con la Fondazione Fojanini di Sondrio.

Con lo stesso format della forma-zione annuale (alternanza studio e lavoro pra co sul campo) abbiamo offerto loro un’alterna va alla si-tuazione di precarietà e mendicità.

È

con questo spirito che, da un appello sul Wa sApp, abbia-mo interce ato la richiesta strug-gente di una mamma burundese ammalata, a cui restavano pochi giorni di vita per mancanza di cure adeguate.

Grazie a un nostro socio chirurgo maxillofacciale, abbiamo trovato un’equipe chirurgica che ha opera-to gratuitamente Nadine Ndayishimiye, salvandole la vita e ridandole un futuro.

Il progetto Lighey Lauraà Akazi

Un ringraziamento va ad Acqueli-ne che senza conoscerla si è offer-ta di accompagnarla ed assisterla.

Il ringraziamento più grande va alle tante persone che non la co-noscevano e che l’hanno aiutata con straordinaria generosità.

Ora Nadine necessita ancora di interven per sistemare l’appara-to dentale e l’aspe o este co del volto, poi tornerà, nel giro di qual-che mese, in Burundi. Con lei e la sua assistente s amo cercando di capire quale percorso lavora vo esse potranno intraprendere per mantenersi dignitosamente.

In Burundi con nua la formazione dei nostri ragazzi nel se ore della sartoria e in agricoltura.

I

l nostro referente Désiré Ahishakiye è venuto in Italia nel novembre scorso per un ag-giornamento professionale nella filiera carne-salumi. E’ stata per lui l’occasione per aggiornarci sulle a vità dei nostri ragazzi in Burun-di che si stanno specializzando nella sartoria, uno dei se ori che perme e di iniziare a guadagnare presto e garan rsi il pane quo -diano; ci ha anche informato sull’a vità della macelleria che ha aperto dando da lavorare a sei famiglie e ci ha parlato di una a -vità coopera va creata per dare da lavorare a dodici giovani inse-gnan disoccupa .

Il nostro impegno rimane sempre quello di formare giovani capaci di

Nadine, Acqueline, Giancarlo e Suor Anna ad Appiano Gentile; il sogno di Nadine è quello di sviluppare la filiera dell’allevamento di pollo con la trasfor‐

mazione dei prodotti.

Serata Lions Club Masegra

dare futuro e speranza a sé e ad altri, secondo la logica di padre Comboni, il fondatore dei Combo-niani, “Salvare l’Africa con l’Afri-ca”.

I

l grazie va a tu coloro che ci sostengono e, prima di tu o, a Dio, che perme e la realizzazione di a posi vi. In questo spirito, nella giornata deI 31 gennaio scorso ab-biamo iniziato l’incontro con un canto e un ballo cris ano burunde-se che invitano ciascuno di noi a

rin-graziare sempre e comunque il Signore per il dono della vita e per tu o ciò che abbiamo: “Oya oyaye sinogenda ntashimye” in ogni istante della nostra vita!

Vi invi amo a consultare il nostro sito:

www.dukorerehamwe.it (anche, se volete, su Facebook) e a con-tribuire alla nostra Associazione.

Un modo che non costa nulla è quello di devolvere, nella dichia-razione dei reddi , il 5 per mille col codice fiscale 93016300142.

Chi lo desidera può aiutarci con l’iscrizione (euro 10 annuale) o con un’offerta libera, u lizzando le seguen coordinate bancarie dell’Associazione Dukorere Ham-we.

Banca Credito Valtellinese – Sede di Sondrio: IT 12 Q 05216 11010 0000000 40004

Banca Popolare di Sondrio- Sede di Sondrio: IT 16 D 05696 11000 00000 2660X41

Ultimi sarti formati nel 2019

Consegna attestati corso Lighey Lauraà Akazi

T

rovo molte similitudini fra l’esperienza di Gesù nel deserto e ciò che come creden e come comunità cris ana s amo vivendo. Ma, e se questa Quaresima che quasi ovunque in Italia è cominciata senza il rito del-le Ceneri, senza il 'Memento quia pulvis es…' – da cui usciamo, in tan , scrollandoci veloci dai capelli la cenere e i rela vi sgradevoli pensieri – fosse una domanda che ci viene posta? I più fedeli di quei creden in sofferenza sono

a seguire i digiuni e gli esercizi e le Via Crucis della Quaresima, per-correndo una strada conosciuta e in fondo cara. E se la vera Quaresi-ma che ci viene chiesta in questo marzo fosse proprio l’abbandono della via consueta, e il lasciarci condurre per sen eri sconosciu , fa cosi, per alcuni dramma ci;

dentro ci à irriconoscibili, fra fa-miliari e amici sgomen ? Non sa forse un poco di Quaresima resta-re in coda per oresta-re davan a un su-permercato, per gente abituata a entrare da padrona in enormi cen-tri commerciali dove la merce so-vrabbondante ci viene quasi bu

a-ta addosso? Non sono una mai vi-sta Quaresima le nostre strade as-surdamente mute, senza un caffè dove si giochi a carte o si beva un bianchino, e i cor li delle scuole desola e vuo , all’ora della ricrea-zione?

Il tempo di meditazione e povertà che prepara alla Pasqua nei giorni di mala a, isolamento e paura del coronavirus sembra materialmen-te incarnato: oltre le pure buone abitudini, oltre ciò cui siamo abi-tua . Pare che tu ’altro ci venga chiesto, quest’anno, da un Dio che alcuni dicono di sen re 'lontano': e invece forse è estremamente vici-no. Senza bisogno di cercarlo in Messe 'segrete'. La cappa del virus che si allarga non è un segno, un invito forte e brusco a fermarci? A guardare la faccia del vecchio della porta accanto magari per la prima volta, a dargli una mano? Gli infer-mieri dei repar di rianimazione ripetono in tv che non potranno scordare gli occhi di mala strap-pa in un giorno alla loro vita con-sueta, non potranno scordare la domanda muta di quegli occhi.

Non è profonda Quaresima, forse, Tu o ciò che è felicità

dentro la nostra travolta normalità

APPROFONDIMENTI

lasciarsi interrogare da quegli sguardi, e ricordarci del desiderio che abita nel fondo degli uomini?

Censurato, immenso desiderio, di cui ci insegnano fin da ragazzi a non parlare (Rilke: «E tu o cospira a tacere di noi, come si tace un’on-ta, come si tace una speranza indi-cibile»).

Poche mesi fa i si web dei quo -diani italiani aprivano il no ziario con Morgan che, a Sanremo, li ga-va con un il collega Bugo. Intanto i social erano un fiume in piena di haters, di 'odiatori', quelli che in-sultano tu , for dell’anonimato.

L’Italia era nelle condizioni econo-miche che ben conosciamo, con la consueta disoccupazione giovanile alle stelle, e sulle rive orientali e meridionali del Mediterraneo pro-seguiva il normale massacro di mi-gran , mentre sui muri degli igno scrivevano 'sporchi ebrei' o 'sporchi negri'. Tu avia l’Italia sem-brava ipno zzata da quei due, a Sanremo, che li gavano - se poi era vero.

Quanto è lontana da allora l’Italia di oggi, con medici e infermieri strema in corsia, e vecchi che soffrono (e muoiono) da soli, im-plorando chi passa loro vicino di mandare un messaggio col cellula-re ai figli.

Quanto è lontana l’ansia di chi tre-ma per una persona cara, nel rim-pianto magari di non esserle stata, prima, abbastanza vicina. E anche per la stragrande maggioranza di noi, costre a in casa, smarrita, preoccupata per il futuro, non cambia la concezione del tempo, la riflessione sul tempo e il suo sen-so? Non scoprono forse, tan ado-lescen , che felicità non è scuole chiuse e cha are sul divano, e che manca invece l’amico e perfino il professore: che manca l’altro, in funzione del quale, e non per noi soli, viviamo?

«Ci organizziamo il domani nei no-stri pensieri ma poi tu o va in mo-do diverso, molto diverso», scrive-va a 26 anni E y Hillesum, ebrea olandese dal campo nazista di We-sterbork. Anche noi, speriamo me-no tragicamente, ci troviamo di fronte agli inimmagina sen eri di una dolorosa Quaresima. Vorrem-mo ritrovare quelli, ben no , di sempre. Eppure, se questo buio marzo fosse un’occasione? Non certo cas go, come gridano alcuni, ma domanda forte. Di verità su ciò che siamo, e di amore fra noi.

Ar colo di Daniele Mencarelli tra o “da Avvenire” di giovedì 12 marzo 2020

L

’esperienza dei

“treni della felicità”, dall’inverno del 1945 e per tutto il primo dopoguerra fino al 1952, salvò dalla fa-me, dalla povertà, dalla malattia e dallo sfruttamento, decine di migliaia di bambini italiani (circa 70.000) delle grandi città del

nord e del sud.

Nell’inverno del 1945, al termine della seconda ab-bandonati a se stessi, viveva-no di espe-dienti nelle grandi città, spesso in situa-zione di povertà e de-grado tra cumuli di macerie con bombe e mine inesplose.

In questo scenario prende inizio una del-le più beldel-le iniziative genero-sità delle popolazioni contadine del centro Italia. Una rete Um-bria, Marche, Liguria, riuscì ad organizzare e a realizzare periodi di ospitalità per i bambini in stato di bisogno delle grandi città del nord e del sud Italia. “Dove mangia uno possono mangiare in due”; ed ecco che le porte di numerosi piccoli cen-tri delle zone rurali, ricche di allevamenti e coltivazioni, si sono aperte all’ospitalità dei bambini e al so-stegno “a distanza”

delle loro famiglie. Il primo “treno della felicità” partì dalla Stazione Centrale di Milano nel novembre del 1945 con 2000

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