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VOCI DALLE MISSIONI Le ul me no zie dal Bangladesh e gli aggiornamen del Gruppo Missionario

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Academic year: 2022

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San Bartolomeo

LA PAROLA AL PARROCO

La Quaresima più vera della nostra vita 2-4

PROSSIMI APPUNTAMENTI 5-6

CRONACHE DALLA COMUNITÀ PASTORALE

I concer presso la chiesa di Mossini 7

Ad un anno dalla scomparsa di don Narciso 8-9

L’anagrafe della Comunità Pastorale 9

I lavori di restauro della Chiesa della SS. Trinità di Ponchiera 10-12 Natale a Triangia: una goccia in un mare burrascoso 13-15 DALLA DIOCESI

L’apertura ufficiale dell’XI Sinodo 16-17

VOCI DALLE MISSIONI

Le ul me no zie dal Bangladesh e gli aggiornamen del Gruppo

Missionario 18-21

“Dukorere Hamwe” e il tè del Burundi 22-25

APPROFONDIMENTO

Tu o ciò che è felicità dentro la nostra travolta normalità 26-27 UN PIZZICO DI CULTURA

“Il treno dei bambini” di Viola Ardone 28-31

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“Allora Gesù fu condo o dallo Spi- rito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta no , ebbe fame.” Ma eo 4,1-2

È

così che il Vangelo di Ma eo ci presenta la quare- sima di Gesù, ques quaran- ta giorni (e no ! Quasi a so oli- neare la durata e la pesantezza di questo periodo) in cui egli si trova costre o a stare solo, indifeso, de- bole, privato della libertà (non sta a lui decidere di trovarsi lì: è lo Spi- rito appena ricevuto dopo il Ba e- simo da parte di Giovanni che lo conduce, nel senso che lo obbliga,

ad recarsi nel deserto), privato del conforto della relazione, della compagnia, della parola con altro essere umano e obbligato a invece confrontarsi con il Tentatore, con il divisore, con l’an parola. Infine, e non è aspe o secondario, privato del cibo.

Gesù, a par re da una condizione di debolezza, è chiamato a purifica- re e far crescere la propria fede, ad affidarsi a una Parola, che, sola, può condurlo oltre questa dram- ma ca prova.

Trovo molte similitudini fra l’espe- rienza di Gesù nel deserto e ciò che come creden e come comunità cris ana s amo vivendo in questo

LA PAROLA AL PARROCO

La Quaresima più vera della nostra vita

A cura di don Maurizio

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periodo. Mi pongo decisamente in una prospe va di fede, non inte- ressano in questo momento risvol sociologici o economici. Anzitu o anche per noi ciò che s amo viven- do non è una nostra scelta. Gesù avrebbe sicuramente voluto inizia- re la sua missione di diffusione del Vangelo, anziché restare bloccato nel deserto per 40 giorni! Così an- che noi avremmo preferito con - nuare le nostre a vità, sia quelle personali, che familiari, che comu- nitarie. E iniziare la Quaresima: le ceneri sul capo, qualche impegno concreto di carità, la partecipazio- ne più intensa alla S. Messa. E inve- ce… il digiuno eucaris co forzato, l’impossibilità della preghiera co- munitaria, una vita sociale limitata e l’apprensione per la diffusione di un virus che pensavamo confinato in terre lontane e improvvisamente si è fa o davvero prossimo a noi.

Forse questo virus è per noi il Ten- tatore: qualcosa che sfugge al no- stro controllo e che rischia di far emergere la parte peggiore di noi (come il giorno in cui tan si sono precipita a fare provviste svuo- tando i supermerca ). Però può essere anche l’occasione per recu- perare una scala di valori che alle volte ci sfugge: ad esempio render- ci conto che al ver ce di questa

scala per un credente non c’è la salute (che comunque prima o poi verrà meno), ma la salvezza, che è eterna. Per confrontarci con la no- stra finitudine e mi gare finalmen- te il delirio di onnipotenza di cui si è convinto l’uomo moderno. Per accorgerci che certe ba aglie (come quella contro questo virus) o le si comba ono tu insieme o tu saremo perden .

Chi lo sa che questo digiuno eucari- s co forzato, ci faccia sen re più forte il desiderio di condividere nella comunità l’appuntamento domenicale con la mensa della Pa- rola e del Pane di Vita? S amo vi- vendo una Quaresima pesante, fa- cosa, forse per questo la più vera della nostra vita.

D

esidero chiudere lascian- dovi alcune riflessioni prese dalla bellissima omelia pronunciata del nostro Ve- scovo Oscar nella Prima Domenica di Quaresima.

Cari amici nel Signore, nulla ci può separare dall’amore di Dio, nem- meno le nostre distanze, tanto me- no il “corona virus”, che in queste se mane sta segnando la nostra vita, blocca ogni nostro proge o, personale e comunitario, e con - nua a lasciarci pieni di smarrimen-

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to e di paura.

Ciò che Dio perme e ha sempre un valore pedagogico e a noi è richie- sta l’intelligenza spirituale per rico- noscerlo, l’umiltà per acce arlo e la forza crea va per a uarlo. La nostra conversione, in questo tem- po di Quaresima, consiste proprio nell’ accogliere quello che Dio pro- pone e nell’ aderirvi generosamen- te, anche se scombina i nostri piani e ci sembra incomprensibile.

Cosa insegna all’umanità questo dramma co evento che è il

“corona virus”? Innanzitu o che il Signore ci chiama a guardare in alto, cioè a tornare a Lui, con fidu- cia filiale, per riconoscerci in verità per quello che siamo e valiamo.

Siamo invita a ricorrere a Dio, creatore e padre, ricco di miseri- cordia, che anche in questa occa- sione di grande inquietudine, desi- dera per noi la pienezza della vita.

Non possiamo distogliere lo sguar- do da Dio per non cadere nella adorazione degli idoli che alle a- no, ma che poi deludono.

Disinvol e liberi, ci crediamo tal- mente onnipoten da crederci do- minatori del mondo, poi, basta un virus per sen rci all’improvviso in- consisten , privi di risorse e ci ab- ba amo facilmente, fino a giunge- re a prendere le distanze dagli al-

tri, come se fossero pericolosi, di- spos perfino a rompere le buone relazioni, che sono, invece, la no- stra vera ricchezza, dal momento che l’uomo non è fa o per vivere separato dagli altri, ma per la co- munione.

Non aspe amoci che Dio interven- ga con soluzioni miracolis che, quasi che non siano necessarie le cure mediche e non più obbligato- rie le diverse precauzioni segnala- teci. So os amo con docilità alle indicazioni che ci vengono via via indicate. È un segno di umiltà, ma anche di alta responsabilità. Dio ci ama anche in questo tempo, affi- dandoci, però, alla reciproca soli- darietà, perché noi siamo respon- sabili gli uni degli altri, senza una

“caccia all’untore” come si registra in alcuni luoghi!

Dalla esperienza di ques giorni, impariamo a mostrare vicinanza, interesse e sostegno solidale nei confron di quan hanno bisogno di cure e di a enzione, di quan sono deboli e indifesi, senza quindi abbandonarli a loro stessi, come se fossero degli estranei. La nostra fraternità in Cristo fa di noi un po- polo solidale, che vince il male con la diffusione del bene e affronta le calamità con la forza dell’amore.

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Calendario liturgico e pastorale fino a giugno

Proporre una programmazione per i prossimi mesi è alquanto difficile, non sapendo neppure quando si potrà tornare a celebrare comunitariamente le Sante Messe. Per il mese di aprile vi invito perciò a seguire gli aggiornamen a raverso gli avvisi del nostro foglio se manale “Oltre il Mallero” che sono pubblica anche sul sito della nostra Comunità Pastorale

www.ilpontesulmallero.it

Per quanto riguarda i cammini di fede dei nostri ragazzi l’equipe che li cura lunedì 9 marzo si è confrontata per via telema ca, concordando quanto se- gue:

-gli incontri per i ragazzi riprenderanno non appena possibile. Ne verrà data immediata comunicazione alle famiglie.

-se gli incontri riprenderanno entro il 2 maggio, la celebrazione della Prima Confessione si svolgerà domenica 17 maggio.

-poiché non è possibile completare in modo adeguato e con la necessaria serenità la preparazione in vista della Prima Comunione e della Cresima, que- ste celebrazioni sono rinviate al prossimo autunno, in una data che sarà con- cordata con le famiglie interessate. Questa decisione an cipa quanto poi de- ciso per tu a la diocesi con comunicazione del Vicario Generale il 15 marzo

Benedizioni delle famiglie e mese di maggio

La benedizione delle famiglie, prevista solitamente in primavera, è rimandata a se embre e quest’anno sarà limitata a Triangia.

A Triangia durante il mese di maggio, recita del Rosario ogni lunedì a par re dal 4 maggio alle 20.

Nelle altre frazioni nel mese di maggio la sera verranno celebrate Sante Mes- se nei vari rioni e contrade al termine delle quali verrà distribuita l’acqua benede a.

A Ponchiera ogni martedì a par re dal 28 aprile alle 20, celebrazione di 5 Sante Messe nelle varie contrade e distribuzione dell’acqua benede a. La messa delle 18 è sospesa.

A Mossini ogni giovedì a par re dal 30 aprile alle 20, celebrazione di 5 Sante Messe e distribuzione dell’acqua benede a. La Messa delle 17 è sospesa.

A S. Anna ogni mercoledì a par re dal 6 maggio alle 20.

d Arquino domenica 17 maggio la S. Messa sarà celebrata alle 20 al Capitello e si concluderà con la distribuzione dell’acqua benede a.

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Qui di seguito vi riporto gli appuntamen programma da maggio in poi, che, come i preceden , potranno svolgersi in base all’evoluzione della situa- zione sanitaria.

domenica 3 maggio

Triangia - Festa degli anziani

alle ore 11 verrà celebrata la S. Messa in chiesa parrocchiale, seguirà il pran- zo comunitario nel salone parrocchiale

domenica 17 maggio Messa dei ragazzi

Nel pomeriggio: Prima Confessione dei ragazzi del secondo anno del disce- polato

domenica 24 maggio

Ponchiera - Festa degli anziani

alle ore 11 verrà celebrata la S. Messa in chiesa parrocchiale, seguirà il pran- zo comunitario presso la sede degli alpini

domenica 31 maggio Mossini - Gianni Day domenica 7 giugno

San ssima Trinità - Festa Patronale di Ponchiera alle 11,00 S. Messa solenne

alle 20,30 processione

domenica 14 giugno Corpus Domini

a Triangia alle 9,30 Messa e Processione

ad Arquino alle 20,30 processione del Corpus Domini per tu a la Comunità, segue rinfresco per tu .

Il Grest verrà organizzato compa bilmente con eventuali modifiche del ca- lendario scolas co.

Quest’anno il campo es vo al mare non verrà effe uato.

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Foto in alto: domenica 8 dicembre concerto del coro CAI di Sondrio presso la chiesa parrocchiale di Mossini Foto in basso: domenica 29 dicembre concerto del coro

“Nuova Melodia” di Ponte sempre presso la chiesa di Mossini

CRONACA DALLA COMUNITÀ PASTORALE

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Ad un anno dalla scomparsa

di don Narciso

È

già trascorso un anno da quei tris giorni di marzo.

Il 19, in par colare, nel quale don Narciso Man- delli lasciava la vita terrena per abbracciare il Padre in Cielo.

La comunità di Triangia non ha di- men cato: avrebbe voluto cele- brare la sua figura, ancora così presente e viva nella sua essenza sociale e spirituale, ma i vincoli impos dalla ba aglia contro la diffusione del Coronavirus, hanno obbligato forzatamente a rinuncia- re alla già prevista Santa Messa in ricordo.

Ma essa man ene un senso di gra- tudine, e conserva ancora nei pensieri l'immagine limpida dell’ex parroco, che per 27 anni è stato a servizio di questo piccolo paese.

Lo tes moniano non soltanto il sostenuto viavai che tan triangini con nuano a riservargli al Campo- santo, sulla tomba, per un saluto o un Requiem Aeternam, ma anche il desiderio ardente di mantenere le abitudini e le quo dianità che si erano consolidate con la presenza del don.

Oggi c'è un parroco nuo- vo, al quale la comunità rico- nosce già

grande vicinanza e col quale don Narciso ci vorrebbe veder convive- re con partecipazione, fratellanza e ospitalità, come da tradizione triangina, nel ruolo di guida e di pastore delle nostre anime. Don Maurizio è stato da subito conscio di una difficile eredità da racco- gliere e si è proposto quasi in pun- ta di piedi, con lo spirito di con - nuità necessario per ripar re con nuove energie e nuove proposte pastorali.

Chissà cosa avrebbe pensato Don Narciso di questa quarantena: a volte sembra di vederlo ancora lì, accomodato sulla panchina verde del sagrato, a sfogliare l’immanca- bile “Avvenire”; mandare un cen- no per chiamar a sè, per poi esternare una delle sue prodigiose ba ute, con le quali an cipava pensieri più profondi e ar cola , suggeri dalla sua fervente curiosi- tà, che lo portava a non banalizza- re o a perdersi in diba frivoli, ma a documentarsi su le ure di colleghi, di esponen di vario to- lo all'interno della Chiesa, o di col- a cura di

Pierluigi TRIANGIA

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pensieri più profondi e ar cola , suggeri dalla sua fervente curiosi- tà, che lo portava a non banalizza- re o a perdersi in diba frivoli, ma a documentarsi su le ure di colleghi, di esponen di vario to- lo all'interno della Chiesa, o di col analis del nostro tempo. E ad ascoltare.

Così i triangini lo ricordano con un misto di gioia e mes zia, nutren- dosi ancora della sua tes monian- za sana, umile, indimen cabile.

da sinistra don Giuseppe, don Narciso e don Renato nel giorno dell'ingresso di don Narciso parroco di Triangia (14 giugno 1992)

Sono tornati alla casa del Padre

Piasini Maria, vedova Pedrazzoli, di anni 90 - S. Anna Bordoni Andreina, vedova Rusconi, di anni 77 - Ponchiera Pozzoni Giorgio, di anni 73 - Ponchiera

Nobili Pietro Luigi, di anni 75 - S. Anna

Gatti Maria, vedova Moroni, di anni 91 - Triangia Gatti Chiarina, vedova Del Pelo, di anni 103 - Triangia Colombera Maria, vedova Colombera, di anni 81 - S. Anna Bettini Iliana, vedova Bettini, di anni 85 - S. Anna

Cincera Marilisa, vedova Martelli, di anni 79 - Ponchiera Patrizi Bruna, vedova Confeggi, di anni 80 - Triangia Polito Olga, di anni 90 - Ponchiera

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Progetti di restauro della Chiesa della Santissima

Trinità di Ponchiera

(terzo contributo informativo a cura del gruppo di lavoro)

Q

uesto è il terzo articolo che il giornalino parroc- chiale della comunità pa- storale di San Bartolomeo dedica ai lavori di ricerca sulla chiesa della Santissima Trinità di Ponchiera, in corso da quasi un anno.

Le motivazioni alla base di questa attività, vale la pena ricordarlo, sono di natura artistica, spirituale e anche pratica, perché si desidera mettere le basi per un importante progetto di restauro della parte ab- sidale della chiesa, del tetto e dell'ancona lignea della Beata Ver- gine.

Nei mesi invernali il progetto ha visto lo studio di quanto recuperato in archivio parrocchiale di Sondrio durante l’estate e l’autunno scorsi e la scrittura di un ampio e denso articolo da parte di Piero, che com- parirà a breve sulla prestigiosa rivi- sta “Quaderni Valtellinesi” ed en- trerà a buon diritto nei materiali di presentazione del progetto com- plessivo.

Attraverso lo studio dei documenti e il dialogo fecondo con il gruppo di lavoro, Piero è riuscito ad indi-

viduare pas- saggi della vita della chiesa davvero straor- dinari, che so-

no sia uno spaccato artistico e so- ciale sia un'occasione di recupero di valori spirituali rilevantissimi per tutta la comunità.

Non vogliamo svelare troppo del tanto scoperto, perché la sede giusta di lettura dovrà essere di necessità (per correttezza verso l'editore) “Quaderni Valtellinesi”, che troverete in vendita nella chie- sa di Ponchiera ed in edicola (al costo di euro 7 la copia). Tuttavia è possibile qui anticipare alcune sco- perte.

La più rilevante appare quella rela- tiva al crocifisso che si trova in alto all'inizio del presbiterio. Noi tutti lo abbiamo sempre guardato con il rispetto e l'amore che si deve al Signore Crocifisso, chiedendoci spesso di quale materiale fosse, chi lo avesse scolpito e quando fosse giunto a Ponchiera. Ebbene, ora sappiamo che è in legno e risale addirittura il 1663!

Le foto scattate con il teleobiettivo dall’esperto fotografo/informatico e sviluppatore web Claudio Friz- ziero, per interessamento della re- stauratrice Letizia Greppi (anche lei parte del gruppo di lavoro), hanno confermato che il crocifisso è di antica fattura e i documenti

PONCHIERA

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(nonché la comparazione con altre opere suggerita da Letizia) ha per- messo di giungere ad una prima e credibile ipotesi per il nome dell'autore! Tra l'altro, aggiungia- mo che l'osservazione delle imma- gini ingrandite permette di apprez- zare in modo particolare la scultu- ra, davvero pregevole e molto rea- listica: Gesù ha gli occhi pesti e la bocca aperta, quasi fissata dopo l'ultimo respiro; le mani invece indicano il numero “tre”, ulteriore richiamo alla dedicazione della chiesa.

Altra scoperta estremamente bella riguarda la costruzione del

“credenzon”, la parte bassa del raf- finatissimo grande armadio che si trova in sagrestia e che ogni pun- cerasch ha visto ogni volta che vi si è recato. Pure qui abbiamo la data di costruzione, addirittura il 1675! Quanta nostra gente lo ha visto e ammirato in questi tre seco- li e mezzo di vita!

Per le altre numerose scoperte non possiamo che rimandarvi alla lettu- ra dell'articolo su “Quaderni Val- tellinesi”.

Nel frattempo il gruppo di lavoro, guidato da don Maurizio, ha avuto modo di ritrovarsi e condividere idee e risultati raggiunti, compren- dendo che il cammino da fare in- sieme è ancora lungo, ma ci sono già frutti belli e significativi che possono essere offerti alla comuni-

tà di Ponchiera e alla nuova comu- nità pastorale di san Bartolomeo.

Paradossalmente potremmo pure dire che il lavoro è anche aumenta- to, perché ci si è resi conto, grazie alle fotografie con il teleobiettivo, che anche il crocifisso di Ponchie- ra ha bisogno di un importante re- stauro.

Nei prossimi mesi il lavoro del gruppo proseguirà cercando di comprendere meglio due aspetti ancora abbastanza sconosciuti, os- sia le origini della chiesa e degli stucchi. Sul primo punto si sta cer- cando di comprendere al meglio il ruolo della famiglia Beccaria che, a metà Quattrocento, ottenne la gestione di tutto il territorio di Sondrio e che verso il 1490 tra- sformò il Castel Masegra in resi- denza signorile. Proprio un Becca- ria, precisamente Agostino, lasciò nel suo testamento del 1506 molti beni alla chiesa di Ponchiera e quindi non sorprenderebbe scopri- re che questa famiglia possa aver avuto un ruolo anche nella fonda- zione dell'edificio.

Gli stucchi (e con essi la bella tela del presbiterio raffigurante la SS.ma Trinità che incorona Maria) sono poi certamente argomenti che necessitano ora di un’attenzione specifica, soprattutto dopo che i restauri degli anni passati hanno fornito nuove informazioni che potrebbero permettere finalmente di identificarne gli autori e il tem-

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po.

Con lo stesso spirito espresso dalle parole del poeta spagnolo Antonio Machado - “se hace

camino al an-

dar” (“camminando s'apre il cammino”) -, il gruppo conti- nuerà il proprio lavoro nei prossimi mesi, nella speranza di riuscire a convincere enti pubblici e privati ad intervenire in favore di quel gioiello piccolo,

originale ed equilibrato, a noi carissimo, che è la chiesa della Santissima Trinità di Ponchiera.

Nelle foto:

- Il volto di Gesù croci- fisso

- Le mani indicano il numero “tre”, richiamo alla S.S. Trinità

(13)

C

on un balzo repentino, svelto, quasi inatteso, abbiamo scavalcato il Natale (e l’Avvento) e siamo già immersi nella Quaresima, prossimi alla Pa- squa…

I due tempi forti del cristianesimo si sus- seguono quasi come lo scorrere dell’acqua da un rubinetto sem- pre aperto di una fon- tana, che dopo il salto gravitazionale inevi- tabile, si raccoglie sul fondo, formando cer- chi concentrici che lentamente degradano e scompaiono.

Senza essere artifi- ciosamente enfatico, questa immagine rap- presenta bene lo schiocco regolare del tempo di quest’epoca post-moderna: affan- nosa, ansiogena, ine- sorabile, sempre di

rincorsa, come se le giornate ci cascassero addosso e non si po- tesse fare altro che difendersi dalla loro aggressione.

Eppure a Pasqua e a Natale ci fermiamo un po’, come a la- sciarci trasportare da quella microonda concentrica che la goccia d’acqua eser- cita sul pelo libero della bacinella: ma- gari effimera, transi- toria, debole, ma quieta.

Ecco dunque che a Triangia cerchiamo di dare un senso a questa breve sosta temporale: niente di superlativo o di dure- vole, come il cerchio concentrico della goccia, ma anche noi diamo il nostro con- tributo al mare natali- zio, facendo risaltare due specifiche tradi- zioni del periodo del- la Natività: i canti

natalizi ed i presepi.

Con ordine: da un cospicuo numero di anni (oltre 10), sotto diverse forme, orga- nizzazioni, modelli artistici, l’ultimo o il penultimo sabato pri- ma di Natale si tiene una rassegna di can- ti natalizi; le ultime edizioni hanno visto la partecipazione di una decina di cori e corali parrocchiali, ufficiali o non, di adulti, bambini, ra- gazzi o giovani, di diverso numero e sti- le canoro, che si esi- biscono nell’esecu- zione musicata o a cappella di canti reli- giosi del Natale.

L’organizzazione è a cura della parrocchia e del Gruppo Sporti- vo del paese. Le pro- venienze sono molto variegate e nel corso delle varie edizioni si sono esibiti cantori del circondario Natale a Triangia: una goccia in un

mare burrascoso A cura di Pierluigi

da Triangia

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(vicariato di Sondrio), ma anche di Berben- no, Caiolo o Ponte, Tresivio, fino ad un pullman di bambini da Trepalle, tanto per citarne alcuni.

Il coro di Mossini-S.

Anna è ospite sempre presente e sempre molto apprezzato.

“Chi canta prega due volte” come ha ricor- dato nell’introduzione il nostro Parroco: è quasi scontato sottoli- neare che quello è il primo obiettivo della serata, che cerchiamo

di rendere leggera ed informale, ma co- munque raccolta e popolare e che, anche per questo, si conclu- de con un affollato e sentito momento con- viviale fra tutti i pre- senti.

È altrettanto pleona- stico ribadire che non si tratta certo di un concorso canoro, ma di una rassegna: in quest’epoca di conti- nue competizioni, qui ognuno da il meglio senza assilli di classi- fiche e votazioni: va

da sé che ciascuno poi cerchi di captare tecniche, arrangia- menti, espressioni musicali degli altri partecipanti, ma tutto ciò nell’ottica positi- vista di migliorare le proprie prestazioni artistiche.

D

a sette anni poi, l’Eco- museo del monte Rol- la, che ha sede a Triangia, propone invece un concorso di presepi, denomi-

La presidente Marusca Piatta con i Magi e la Befana consegna il primo premio di

"Presepi di paese 2019" ai rappresentanti dell'oratorio della parrocchia di Castione Andevenno che hanno realizzato il presepe vivente.

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nato “Presepi di Pae- se”. Privati cittadini, scuole, parrocchie, associazioni e sogget- ti vari localizzati sul- le pendici del monte, quindi sul versante retico dei comuni di Sondrio e Castione, realizzano piccoli o grandi presepi, inter- pretando la Natività con stile proprio, con l’unico vincolo che queste opere siano realizzate all’aperto.

L’ultima edizione ha contato 23 parteci- panti.

Un modo per colora- re di Natale i borghi e le frazioni, al di là di mega esibizioni spes- so esagerate di spre- chi luminosi, con dei piccoli segni di fede e tradizione.

La realizzazione all’aperto è poi da stimolo per tanti che, con l’intenzione di osservare le opere dal vivo, passeggiano alla riscoperta delle nostre contrade.

Niente equivoci nem- meno qui però: com- petizione anche acce-

sa sì, con tanto di premi finali, ma spiri- to di testimonianza.

Ogni anno, in quel periodo, qualche per- sonaggio ospite dei mass media, senza che gli venga chiesto alcunchè, avvia la solita trita tiritera sull’opportunità, qua- si obbligata, di fare il presepe, specie nei luoghi di educazione o formazione come le scuole: il nostro con- corso dei presepi vuole perpetuare la realizzazione di que- sti lavori, ma senza alcuno spirito di su- periorità culturale nei confronti di chi non ha in sé la ritualità, cristiana o laica, tra- mandata da S. Fran- cesco in poi.

In sostanza: fare il presepe non dà una medaglia, nè costitui- sce un’arma da sca- gliare contro alcun infedele, e contempo- raneamente non spa- venta e non turba al- cun non credente.

Nella secolarizzazio- ne della Chiesa è pe-

rò abbastanza eviden- te come oggi stia di- ventando una di quel- le forme di fede intri- se di uso e costume, un po’ come tante nostre processioni spesso declassate semplicemente a qualcosa che si fa perchè si è abituati a fare.

Cullarsi sull’onda leggera della goccia nel mare, è fermarsi a meditare, anche solo qualche istante, non tanto sul talento arti- stico, l'originalità o l’impianto scenico dell’opera, ma so- prattutto su cosa con- tiene in sé; la Luce del mondo appare sulla Terra in carne ed ossa: quale grande occasione per gli uo- mini!

Invece “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accol- to.” (Gv 1,11).

Ma questa è un’altra parte della storia: è il salto che ci riporta d'un colpo a questi giorni...

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D

opo due anni e mezzo di fase preparatoria, domenica 12 gennaio a Como siamo sta chiama a vivere, quali sinodali, l’apertura ufficiale dell’XI Sinodo Diocesano il cui tema è “Tes moni e annuncia- tori della Misericordia di Dio”.

E’ ormai un anno che s amo lavo- rando a questo evento a raverso il lavoro delle commissioni sinoda- li che, nei vari ambi (famiglia, comunità, giovani, poveri e presbi- teri) hanno cercato di produrre un documento -“L’Instrumentum La- boris” - che sarà ogge o del no- stro discernimento nei vari gruppi di lavoro e che, alla fine del 2020, consen rà di proporre alla diocesi il documento defini vo sul quale il vescovo potrà impostare le nuove e future scelte pastorali.

Il lavoro che nella veste di sinoda- le mi sono trovata ad affrontare insieme ai miei “compagni di av- ventura” è stato un lavoro fru uo- so per la mia crescita personale seppur accompagnato da un sen- so di inadeguatezza e responsabi- lità nei confron della diocesi e della mia comunità parrocchiale, ma anche di un profondo senso di appartenenza alle stesse e alla chiesa in generale.

Ed è con queste emozioni e trepi- dazioni, ma anche con gioia e con un senso di pace e di serenità, che ho vissuto la giornata a Como, innanzitu o bel momento per in- contrare amici conosciu in que-

L’apertura del Sinodo Diocesano

A cura di Elisabe a

L’ingresso in un Duomo gremito dei sa- cerdo della diocesi di Como: ha preso ufficialmente il via l’undicesimo Sinodo diocesano. (Foto by fotoservizio Bu )

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sto ul mo anno di cammino comu- ne in cui abbiamo condiviso la fa - ca e l’impegno dei nostri incontri periodici.

E’ stato un momento solenne, ini- ziato con la preghiera nella chiesa di San Giacomo da cui, sinodali e sacerdo concelebran , ci siamo poi mossi, assieme al vescovo Oscar Cantoni, verso la ca edrale.

L’ingresso nella chiesa – madre della Diocesi – è avvenuta mentre venivano proposte le litanie dei San e dei Bea che hanno fecon- dato con la loro tes monianza la Chiesa di Como.

Il vescovo ha ricordato che dal 1953 la Diocesi non celebrava un simile evento, in cui sacerdo , consacra e i laici prendono in esame la pastorale locale per sta- bilire poi orientamen e norme comuni. Oggi, invece, la Chiesa di Como torna a celebrare questo evento, a raverso l’ascolto e il confronto di quasi trecento sino- dali!

L’avvio ufficiale di domenica 12 gennaio è stato un momento mol- to sugges vo, che ha visto la par- tecipazione di tan fedeli.

“Condizione indispensabile perché il nostro Sinodo sia fru uoso – ha de o monsignor Oscar Cantoni nell’omelia – sarà quella di speri- mentare, personalmente e insie-

me, una profonda in mità con la San ssima Trinità Misericordia, così che la dimensione della Mise- ricordia, che è l’essenza di Dio, possa essere riproposta con nuovo entusiasmo. È importante pregare molto, – ha proseguito il vescovo – ascoltare con umiltà e parlare con coraggio, discernere ed elaborare, consentendo un buon clima di vita fraterna, capacità di indossare i panni dell’altro, al di là delle sem- plici buone intenzioni”.

Noi sinodali - i sacerdo concele- bran , i religiosi e i laici - al termi- ne della celebrazione, siamo rien- tra nella chiesa di San Giacomo per la consegna dell’Instrumentum Laboris, il testo che sarà alla base della discussione nelle assemblee del Sinodo durante l’anno.

Mentre scrivo la nostra diocesi co- me tu o il paese sta vivendo il mo- mento difficile del Coronavirus per cui gli incontri programma per quest’anno sono momentanea- mente sospesi. Personalmente cer- cherò di me ere a fru o quanto vissuto e di rifle erci, di tempo a disposizione ne ho in abbondanza anche se, ripensandoci, mi sembra tu o molto lontano. Ma la nostra vita tornerà ad essere quella di pri- ma, anzi, alla luce di tu o questo, speriamo anche meglio di prima.

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D

urante i mesi di dicembre e gennaio abbiamo distribuito il Calendario 2020 della Comunità San Bartolomeo.

Il calendario, espressione del Gruppo Missionario, per il soste- gno delle a vità dei nostri amici missionari, è stato apprezzato e l’inizia va ha avuto successo.

Sono state raccolte offerte che sa- ranno messe a disposizione per i proge e le a vità missionarie seguite dalle nostre tre parrocchie nelle diverse par del mondo.

Si sono raccolte offerte per com- plessivamente 5.570 euro di cui 2.685 euro a Ponchiera-Arquino, 2.125 euro a Mossini-S. Anna e 760 euro a Triangia.

Sono già sta invia a P. Paggi 1.500 euro, a raverso il do . Del Curto che è andato a Khulna, in Bangladesh, per i suoi interven con “Operare per”.

Allo stesso do . Del Curto sono sta poi consegna 1.000 euro per l’organizzazione “Operare per” che opera i bambini a Khulna, a Suor Giudi a per “La Casa della Divina Provvidenza” sono sta dona 500 euro e all’associazione “Dukorere

Hamwe” altri 500 euro.

A don Cosimo invieremo al più presto il contributo per le sue a - vità a Ci à del Messico.

E’ da poco arrivata dal Bangladesh la newsle er che Padre Luigi Paggi invia periodicamente ai sostenitori dei proge della comunità Munda presso cui svolge il suo servizio missionario.

Le no zie sono posi ve perché non mancano mai visitatori della comunità, impegna nell’impor- tante a vità umanitaria di aiuto e sostegno. C’è allo studio il pro- ge o di costruire 13 nuove case e per le ragazze Munda che vivono presso la “missioncina”, dopo aver abbandonato le loro famiglie per evitare il matrimonio precoce e per dedicarsi agli studi.

Padre Luigi ci invia anche la bella no zia che la prima di queste ra- gazze, Mino Munda, una delle ragazze che ci sono venute a tro- vare con lui nello scorso giugno, sposerà un giovane cris ano, della capitale Dacca, il prossimo 29 Feb- braio.

La coper na della newsle er è de-

VOCI DALLE MISSIONI

(a cura del Gruppo Missionario della Comunità Pastorale)

Bangladesh:

dai villaggi ai margini della foresta

del Sunderban

(19)

dicata a lei e la ripor amo qui con il bel volto sorridente di Mino alla quale auguriamo un matrimo- nio felice e duraturo. Nella bache- ca missionaria della chiesa di Pon- chiera saranno messe a disposizio- ne alcune copie cartacee della newsle er.

Padre Luigi ha comunicato anche che il 23 Febbraio è stato celebra- to il Ba esimo di Mino ; il padrino e la madrina sono due missionari laici saveriani.

Siamo molto felici per Mino e P.

Luigi; la nostra comunità pastorale si unisce alle loro preghiere.

M

a le belle no zie dal Ban- gladesh non arrivano sol- tanto con la newsle er JNAnews;

nell’ar colo “Io, cris ana” del nu- mero di gennaio 2020, la rivista Mondo e Missione del PIME pub- blica la tes monianza di Golapi, una giovane donna ven cinquen- ne bangladese, conver ta dall’in- duismo nel 2013 e impegnata in un programma per ragazze fuori casta.

Golapi racconta in prima persona l’esperienza della sua conversione al cris anesimo, l’incoraggiamento iniziale e il sostegno successivo Il Ba esimo di Mino Munda presso la

Missione di P.Luigi Paggi a Ishwaripur (Khulna-Bangladesh). Mino Munda ha sposato il 29 Febbraio un giovane cris ano della capitale Dacca

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dell’amica Modhumala, che le è stata vicina quando ha dovuto affrontare l’opposizione della fa- miglia di origine induista, di stam- po tradizionale e piu osto “in vi- sta” nel villaggio.

Ma, sopra u o, Golapi è ricono- scente per aver avuto la possibili- tà di partecipare alle lezioni di P.

Luigi Paggi, lezioni che le hanno permesso di conoscere a fondo il cris anesimo.

Golapi è stata affascinata dal mes- saggio profondamente cris ano portato dall’esempio della scelta di vita radicale e missionaria di P.

Paggi che «...era solito affermare che dire “Gesù” significa dire

“amore e servizio”...».

La tes monianza di Golapi è di- re a e toccante; donna fuori ca- sta, non pienamente riconosciuta dalla religione induista nella sua dignità di essere umano, Golapi ha avuto la forza di superare pericoli e os lità perché sen va che Gesù la acce ava come donna e come persona.

Così si esprime in un passaggio fondamentale della sua tes mo- nianza: «...L’Induismo, nei miei confron , ha esercitato soltanto forme di discriminazione e di emarginazione. Nessun indù si è mai degnato di manifestarmi al-

cun sen mento di solidarietà o di comprensione. È solo Gesù che invece afferma “chi è il più piccolo tra tu voi, ques è grande”.

In una delle scri ure indù, “Le leg- gi di Manu”, è scri o che una ra- gazza può essere percossa come un tamburo, e un intoccabile può essere picchiato a volontà come un cane. La Bibbia, invece, affer- ma proprio il contrario. Gesù è stato rispe oso delle donne, ci ha dato quella dignità e quei diri che ci competono in quanto esseri umani. Io non ho mai visto né sen-

to nessun’altra religione in cui un uomo offra la sua vita per il perdo- no dei pecca - e non tanto per i

(21)

propri, ma quelli altrui!... ».

In Golapi, tu avia, non c’è disprez- zo per il proprio passato religioso e neppure rifiuto per la comunità in cui è cresciuta: «...Parlare dei miei vicini non cris ani significa parlare dei miei fratelli e delle mie sorelle. Non riconoscerli sarebbe misconoscere il mio sangue. Io so- no cresciuta in questa cultura: la mia cultura e la mia tradizione mi avvolgono e mi compenetrano completamente. Allo stesso tempo riconosco che in esse esiste qualco- sa di sbagliato che deve essere corre o...».

Quella di Golapi è una delle dician- nove tes monianze di conversione raccolte dal missionario saveriano Tiziano Tosolini nel suo bel libro, pubblicato da E.M.I., con il tolo

“Dal silenzio una voce - Esperien- ze di conversione nell’Asia di og- gi”.

In alcuni raccon di persone del Bangladesh ricorre spesso il nome di P. Luigi Paggi, l’amico missiona- rio “bianco” che ha “lasciato ogni cosa per venire a vivere e lavorare qui, con noi”; ci si accorge così che il messaggio evangelico,

“sussurrato” da P. Luigi, è stato accolto, prote o e fa o crescere, con convinzione e fiducia, perché colui che è stato inviato a proporlo

lo vive, auten camente, in prima persona.

Un libro interessante e ancora una bella storia...per questa Quaresi- ma, tempo di conversione.

Tiziano Tosolini, missionario saveria- no, ha conseguito il do orato in Filosofia all’Università di Glasgow.

Vive in Giappone da più di vent’anni, e collabora come ricercatore con il Nanzan Ins tute for Religion and Culture di Na- goya.

Dal 2002 dirige l’Asian Study Centre dei Saveriani a Osaka e le rispe ve pubblica- zioni.

Tra le sue opere in italiano:

- Shintoismo (EMI 2015);

- L’uomo oltre l’uomo. Per una cri ca teo- logica a Transumanesimo e Post- umano (EDB 2015),

- Cercare Dio nella palude. Le persecuzioni dei missionari in Giappone da Shūsaku Endō a Mar n Scorsese (EDB 2016);

- Lo sconosciuto accanto / Storie di con- versione nel Giappone di oggi (EMI 2017).

(22)

A

ppuntamento annuale che si rinnova da 15 anni per l’As- sociazione Dukorere Hamwe – Lavoriamo Insieme.

Domenica 31 gennaio 2020, pres- so la scuola Colombera di Sant’An- na - Sondrio, si è rinnovato questo rito iniziato nel 2005 di incontro tra associa storici e nuovi.

Sorseggiando il tè che proviene dalle colline del Burundi, ci siamo scambia gli auguri per il nuovo anno e abbiamo fa o memoria di coloro che “sono anda avan ” nella luce del Signore.

Abbiamo dedicato immagini ricor- do alla memoria di padre Gianni Nobili e proie ato fotografie che riassumono i 14 anni della nostra a vità.

Si può richiedere a Fides il rela vo PowerPoint.

DUKORERE HAMWE E IL TÈ DEL BURUNDI A cura di Fides, presidente dell’Associazione

Danza al Tè del Burundi, Nadine e Acqueline presso la scuola alla Colombera, domenica 31 gennaio

(23)

La Dukorere Hamwe, che nella lin- gua del Burundi, il kirundi, significa

“Lavoriamo Insieme”, cerca di in- terce are bisogni reali lega so- pra u o alla fascia adolescenziale e alla prima fase adulta della po- polazione burundese per offrire soluzioni di formazione professio- nale con percorsi della durata an- nuale che consentano autonomia finanziaria.

La formazione data non genera elemosina, ma educa e forma i ragazzi e le ragazze a provvedere a sé stessi, a organizzarsi, a ges rsi in autonomia, a conoscere l’am- biente in cui vivono e saper u liz- zare i servizi che li circondano. Il nostro è un lavoro di incoraggia- mento rivolto ad ogni giovane: ci impegniamo a s molarne l’auto- s ma e il senso di responsabilità.

C

on il proge o

“Lighey Lauraà Akazi”, realizzato nell’anno scolas co 2014/2015, abbiamo allargato lo sguardo ad alcuni ragazzi che ven- dono abusivamente merce nei parcheggi valtellinesi proponen- do loro un percorso di formazione annuale in

agricoltura nei se ori specifici del- la vi coltura/fru coltura/

apicoltura, in collaborazione con la Fondazione Fojanini di Sondrio.

Con lo stesso format della forma- zione annuale (alternanza studio e lavoro pra co sul campo) abbiamo offerto loro un’alterna va alla si- tuazione di precarietà e mendicità.

È

con questo spirito che, da un appello sul Wa sApp, abbia- mo interce ato la richiesta strug- gente di una mamma burundese ammalata, a cui restavano pochi giorni di vita per mancanza di cure adeguate.

Grazie a un nostro socio chirurgo maxillofacciale, abbiamo trovato un’equipe chirurgica che ha opera- to gratuitamente Nadine Ndayishimiye, salvandole la vita e ridandole un futuro.

Il progetto Lighey Lauraà Akazi

(24)

Un ringraziamento va ad Acqueli- ne che senza conoscerla si è offer- ta di accompagnarla ed assisterla.

Il ringraziamento più grande va alle tante persone che non la co- noscevano e che l’hanno aiutata con straordinaria generosità.

Ora Nadine necessita ancora di interven per sistemare l’appara- to dentale e l’aspe o este co del volto, poi tornerà, nel giro di qual- che mese, in Burundi. Con lei e la sua assistente s amo cercando di capire quale percorso lavora vo esse potranno intraprendere per mantenersi dignitosamente.

In Burundi con nua la formazione dei nostri ragazzi nel se ore della sartoria e in agricoltura.

I

l nostro referente Désiré Ahishakiye è venuto in Italia nel novembre scorso per un ag- giornamento professionale nella filiera carne-salumi. E’ stata per lui l’occasione per aggiornarci sulle a vità dei nostri ragazzi in Burun- di che si stanno specializzando nella sartoria, uno dei se ori che perme e di iniziare a guadagnare presto e garan rsi il pane quo - diano; ci ha anche informato sull’a vità della macelleria che ha aperto dando da lavorare a sei famiglie e ci ha parlato di una a - vità coopera va creata per dare da lavorare a dodici giovani inse- gnan disoccupa .

Il nostro impegno rimane sempre quello di formare giovani capaci di

Nadine, Acqueline, Giancarlo e Suor Anna ad Appiano Gentile; il sogno di Nadine è quello di sviluppare la filiera dell’allevamento di pollo con la trasfor‐

mazione dei prodotti.

Serata Lions Club Masegra

(25)

dare futuro e speranza a sé e ad altri, secondo la logica di padre Comboni, il fondatore dei Combo- niani, “Salvare l’Africa con l’Afri- ca”.

I

l grazie va a tu coloro che ci sostengono e, prima di tu o, a Dio, che perme e la realizzazione di a posi vi. In questo spirito, nella giornata deI 31 gennaio scorso ab- biamo iniziato l’incontro con un canto e un ballo cris ano burunde- se che invitano ciascuno di noi a rin-

graziare sempre e comunque il Signore per il dono della vita e per tu o ciò che abbiamo: “Oya oyaye sinogenda ntashimye” in ogni istante della nostra vita!

Vi invi amo a consultare il nostro sito:

www.dukorerehamwe.it (anche, se volete, su Facebook) e a con- tribuire alla nostra Associazione.

Un modo che non costa nulla è quello di devolvere, nella dichia- razione dei reddi , il 5 per mille col codice fiscale 93016300142.

Chi lo desidera può aiutarci con l’iscrizione (euro 10 annuale) o con un’offerta libera, u lizzando le seguen coordinate bancarie dell’Associazione Dukorere Ham- we.

Banca Credito Valtellinese – Sede di Sondrio: IT 12 Q 05216 11010 0000000 40004

Banca Popolare di Sondrio- Sede di Sondrio: IT 16 D 05696 11000 00000 2660X41

Ultimi sarti formati nel 2019

Consegna attestati corso Lighey Lauraà Akazi

(26)

T

rovo molte similitudini fra l’esperienza di Gesù nel deserto e ciò che come creden e come comunità cris ana s amo vivendo. Ma, e se questa Quaresima che quasi ovunque in Italia è cominciata senza il rito del- le Ceneri, senza il 'Memento quia pulvis es…' – da cui usciamo, in tan , scrollandoci veloci dai capelli la cenere e i rela vi sgradevoli pensieri – fosse una domanda che ci viene posta? I più fedeli di quei creden in sofferenza sono abitua-

a seguire i digiuni e gli esercizi e le Via Crucis della Quaresima, per- correndo una strada conosciuta e in fondo cara. E se la vera Quaresi- ma che ci viene chiesta in questo marzo fosse proprio l’abbandono della via consueta, e il lasciarci condurre per sen eri sconosciu , fa cosi, per alcuni dramma ci;

dentro ci à irriconoscibili, fra fa- miliari e amici sgomen ? Non sa forse un poco di Quaresima resta- re in coda per ore davan a un su- permercato, per gente abituata a entrare da padrona in enormi cen- tri commerciali dove la merce so- vrabbondante ci viene quasi bu a-

ta addosso? Non sono una mai vi- sta Quaresima le nostre strade as- surdamente mute, senza un caffè dove si giochi a carte o si beva un bianchino, e i cor li delle scuole desola e vuo , all’ora della ricrea- zione?

Il tempo di meditazione e povertà che prepara alla Pasqua nei giorni di mala a, isolamento e paura del coronavirus sembra materialmen- te incarnato: oltre le pure buone abitudini, oltre ciò cui siamo abi- tua . Pare che tu ’altro ci venga chiesto, quest’anno, da un Dio che alcuni dicono di sen re 'lontano': e invece forse è estremamente vici- no. Senza bisogno di cercarlo in Messe 'segrete'. La cappa del virus che si allarga non è un segno, un invito forte e brusco a fermarci? A guardare la faccia del vecchio della porta accanto magari per la prima volta, a dargli una mano? Gli infer- mieri dei repar di rianimazione ripetono in tv che non potranno scordare gli occhi di mala strap- pa in un giorno alla loro vita con- sueta, non potranno scordare la domanda muta di quegli occhi.

Non è profonda Quaresima, forse, Tu o ciò che è felicità

dentro la nostra travolta normalità

APPROFONDIMENTI

(27)

lasciarsi interrogare da quegli sguardi, e ricordarci del desiderio che abita nel fondo degli uomini?

Censurato, immenso desiderio, di cui ci insegnano fin da ragazzi a non parlare (Rilke: «E tu o cospira a tacere di noi, come si tace un’on- ta, come si tace una speranza indi- cibile»).

Poche mesi fa i si web dei quo - diani italiani aprivano il no ziario con Morgan che, a Sanremo, li ga- va con un il collega Bugo. Intanto i social erano un fiume in piena di haters, di 'odiatori', quelli che in- sultano tu , for dell’anonimato.

L’Italia era nelle condizioni econo- miche che ben conosciamo, con la consueta disoccupazione giovanile alle stelle, e sulle rive orientali e meridionali del Mediterraneo pro- seguiva il normale massacro di mi- gran , mentre sui muri degli igno scrivevano 'sporchi ebrei' o 'sporchi negri'. Tu avia l’Italia sem- brava ipno zzata da quei due, a Sanremo, che li gavano - se poi era vero.

Quanto è lontana da allora l’Italia di oggi, con medici e infermieri strema in corsia, e vecchi che soffrono (e muoiono) da soli, im- plorando chi passa loro vicino di mandare un messaggio col cellula- re ai figli.

Quanto è lontana l’ansia di chi tre- ma per una persona cara, nel rim- pianto magari di non esserle stata, prima, abbastanza vicina. E anche per la stragrande maggioranza di noi, costre a in casa, smarrita, preoccupata per il futuro, non cambia la concezione del tempo, la riflessione sul tempo e il suo sen- so? Non scoprono forse, tan ado- lescen , che felicità non è scuole chiuse e cha are sul divano, e che manca invece l’amico e perfino il professore: che manca l’altro, in funzione del quale, e non per noi soli, viviamo?

«Ci organizziamo il domani nei no- stri pensieri ma poi tu o va in mo- do diverso, molto diverso», scrive- va a 26 anni E y Hillesum, ebrea olandese dal campo nazista di We- sterbork. Anche noi, speriamo me- no tragicamente, ci troviamo di fronte agli inimmagina sen eri di una dolorosa Quaresima. Vorrem- mo ritrovare quelli, ben no , di sempre. Eppure, se questo buio marzo fosse un’occasione? Non certo cas go, come gridano alcuni, ma domanda forte. Di verità su ciò che siamo, e di amore fra noi.

Ar colo di Daniele Mencarelli tra o “da Avvenire” di giovedì 12 marzo 2020

(28)

L

’esperienza dei

“treni della felicità”, dall’inverno del 1945 e per tutto il primo dopoguerra fino al 1952, salvò dalla fa- me, dalla povertà, dalla malattia e dallo sfruttamento, decine di migliaia di bambini italiani (circa 70.000) delle grandi città del

nord e del sud.

Nell’inverno del 1945, al termine della seconda guer- ra mondiale, l’Italia da nord a sud, si ritrovò di- strutta dai bombarda- menti, sac- cheggiata da- gli eserciti stranieri, stre- mata e affa- mata; molti bambini, ab- bandonati a se stessi, viveva- no di espe- dienti nelle grandi città, spesso in situa- zione di povertà e de- grado tra cumuli di macerie con bombe e mine inesplose.

In questo scenario prende inizio una del- le più belle iniziative di solidarietà della ricostruzione post- bellica, realizzata gra-

zie alla grande dispo- nibilità e alla genero- sità delle popolazioni contadine del centro Italia. Una rete effi- ciente di municipi, associazioni, coopera- tive, piccoli proprieta- ri, mezzadri e artigia- ni di Emilia Roma- gna, Toscana, Um- bria, Marche, Liguria, riuscì ad organizzare e a realizzare periodi di ospitalità per i bambini in stato di bisogno delle grandi città del nord e del sud Italia. “Dove mangia uno possono mangiare in due”; ed ecco che le porte di numerosi piccoli cen- tri delle zone rurali, ricche di allevamenti e coltivazioni, si sono aperte all’ospitalità dei bambini e al so- stegno “a distanza”

delle loro famiglie. Il primo “treno della felicità” partì dalla Stazione Centrale di Milano nel novembre del 1945 con 2000

UN PIZZICO DI CULTURA

“Il treno dei bambini”

A cura di Rita

(29)

bambini diretti verso l’Emilia Romagna, per essere ospitati dalle famiglie conta- dine di quelle zone.

Poi seguirono altri treni da Cassino, Ro- ma e Napoli. Nel biennio 1946-1947, 12.000 bambini napo- letani trovarono ospi- talità, nei mesi inver- nali, presso le fami- glie dell’Emilia Ro- magna.

L

’appassionante romanzo di Viola Ardone, racconta la vicenda di uno di questi bambi- ni, Amerigo Speran- za, sette anni compiu- ti, figlio di Antonietta Speranza. Amerigo è un bambino dei Quar- tieri spagnoli ed è inserito, su richiesta

della mamma,

“nell’elenco delle creature dei treni”.

Con l’amico Tomma- sino, con il quale tra- scorreva le giornate nei vicoli e nei mer- cati cercando di rime- diare qualche soldo, la povera Mariuccia

“un’altra creatura”

figlia del calzolaio

(“solachianiello”) di Pizzofalcone e con tanti altri bambini, lascia la mamma per salire sul treno che, dopo una notte di viaggio, lo porterà a Bologna. L’organiz- zazione del Partito (Comunista), attra- verso l’impegno di molte donne militan- ti, trova una famiglia disponibile all’acco- glienza per ciascun bambino del treno e Amerigo viene affi- dato alla signora Der- na, una delle organiz- zatrici, e alla famiglia di sua cugina Rosa: la famiglia Benvenuti di Modena.

Amerigo inizia così una nuova vita in campagna, in casa con Rosa e Alcide e con i loro tre figli Rivo (10 anni), Luzio (7 anni) e Nario di pochi mesi. Rosa e i ragazzi (dopo la scuola) lavorano i campi e gli orti e alle- vano, con altri conta- dini, mucche, maiali, galline e altri animali da cortile. Alcide, il

“babbo”, è un artigia- no che, nella sua bot-

tega, costruisce e ri- para strumenti musi- cali. Per Amerigo, portato per la musica e attratto dal violino, è una straordinaria opportunità; dopo la scuola, che frequenta con impegno e profit- to, il bambino aiuta il nuovo “babbo” nel suo negozio e segue con grande interesse l’attività di Alcide (“Gli strumenti glieli portano perfino dalle città vicine e glieli lasciano. Lui si siede al banco e piano pia- no li fa uscire nuovi.

È bello stare a botte- ga con Alcide. Mi pare di essere pure io uno strumento scor- dato e che lui rimette- rà nuovo anche me, prima di farmi torna- re indietro da dove sono venuto.”). Du- rante quell’inverno Amerigo realizzerà il sogno di suonare il violino: Alcide co- struirà con le sue ma- ni un violino che do- nerà al bambino per il suo ottavo complean- no e, grazie alla di- sponibilità di un suo cliente, il maestro di musica Serafini, farà

(30)

gradualmente Ameri- go alla pratica della musica. Il periodo trascorso presso la famiglia Benvenuti costituisce per Ame- rigo una straordinaria opportunità di cresci- ta fisica, intellettuale e spirituale, ma l’in- verno passa veloce- mente e arriva il mo- mento del ritorno a Napoli.

Amerigo ritorna alla vita tra i vicoli dei Quartieri spagnoli con la mamma Anto- nietta; porta con sé il suo violino ma il di- stacco dalla famiglia Benvenuti e dalla vita

“su al nord” è doloro- so (“Tiene ragione Tommasino. Ormai siamo spezzati in due metà.”). Antonietta nel misero “basso”

dei vicoli di Napoli, non può dare a suo figlio, con il suo po- vero lavoro di ram- mendatrice, tutto quello che la famiglia

“su al nord”, pur nel- la sobrietà dell’am- biente contadino, era stata in grado di offri- re ad Amerigo.

Il bambino non può

neppure può sperare di continuare lo stu- dio e la pratica del violino; Antonietta cerca di distogliere la mente e il cuore di Amerigo dal periodo trascorso al nord:

“Con il violino non si mangia. Il violino è per chi già tiene da campare”. Inizia qui una delle parti più commuoventi della storia di Amerigo, combattuto tra il pro- fondo rispetto e l’a- more per la madre e la potente spinta a realizzare il suo so- gno, quello “di impa- rare la musica e suo- nare dentro al teatro”, quello che lui, contra- riamente ad Antoniet- ta, considera “il pro- prio bene”.

Amerigo farà la sua scelta, dolorosa e straziante, soprattutto per un bambino di otto anni; avrà però anche la possibilità, in età matura, di poter riunire quelle “due metà” in cui il suo essere profondo era stato diviso dall’espe- rienza del “treno del- la felicità”.

non soltanto per la storia toccante; l’au- trice trova da subito il modo più efficace di far parlare il protago- nista, Amerigo. È in- fatti Amerigo che, in prima persona, osser- va, descrive e raccon- ta con un linguaggio semplice e diretto, sostenuto e scandito da un dialetto napole-

tano tanto

“universale” e com- prensibile da rivelarci situazioni, stati d’ani- mo e sentimenti come se fossimo noi a pro- varli in quel momen- to.

Già dall’inizio, “Mia mamma avanti e io appresso. Per dentro ai vicoli dei Quartieri spagnoli mia mamma cammina veloce: ogni passo suo, due miei”, siamo portati dentro il cuore di Napoli, tra la gente dei bassi, personaggi visti dagli occhi arguti e sfronta- ti di un bambino, col- ti nella nobiltà del loro animo, ma anche nella miseria della loro quotidianità.

Il linguaggio diretto, conciso, a volte pun-

(31)

re l’innocenza e la tenerezza malinconi- ca di un bambino educato, dalla ruvi- dezza della madre Antonietta, a soffoca- re la propria affettivi- tà (di loro due dice

“gli abbracci non so- no arte nostra”, inve- ce della mamma dice

“ma comunque le creature non sono arte sua....”).

Amerigo di se stesso dice laconicamente:

“Io la speranza la ten- go già nel cognome, di nome invece faccio

mio padre. Io non l’ho mai conosciuto e, ogni volta che chiedo, mia mamma alza gli occhi al cielo come quando viene a piovere e lei non ha fatto in tempo a en- trare i panni stesi.

Dice che è proprio un grand’uomo. È parti- to per l’America per fare fortuna. Torne- rà?, ho chiesto. Prima o poi, ha risposto.

Non mi ha lasciato niente, solo il nome.

Sempre qualcosa è.”

La singolarità e anche

sta nella capacità di coinvolgerci emotiva- mente con la schiet- tezza e la semplicità del linguaggio; la lu- cidità del raccontare di Amerigo suscita in noi curiosità, sorpre- sa, a volte diverti- mento, più spesso commozione.

Ma dietro il racconta- re di Amerigo, come accade sempre nelle belle storie, c’è l’u- manità, il talento e l’abilità di un eccel- lente scrittore.

Viola Ardone, Il treno dei bambini, Einaudi - Stile libero, 2019

(32)

La redazione:

don Maurizio Baroni Paolo Bordoni Lorella Ca elini Alessia Dioli Rita

Del Marco Elisabe a Gio a Valen na Sassu Maria Chiara

Hanno contribuito:

Morelli Pierluigi Fides Marzi Hatungi- mana

Chiunque volesse scrivere alla redazione può inviare il proprio contributo al seguente indirizzo mail:

mallero@email.it o darlo dire amente a don Mau- rizio.

Cellulare di don Maurizio 331 4720551

Il sito dove trovare altre infor- mazioni sulle nostre a vità è:

www.ilpontesulmallero.it

C P S B

Parrocchia di Mossini

Chiesa parrocchiale di San Carlo, chiesa comparrocchiale di Sant’Anna e chiesa di San Bartolomeo

Parrocchia di Ponchiera

Chiesa parrocchiale della Santissima Trinità

e chiesa del Sacro Cuore in Arquino

Parrocchia di Triangia

Chiesa Parrocchiale di San Bernardo e chiesa S. Giovanni Battista a Ligari

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