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Durante il trauma planetario del COVID-19

Nel documento Consulenza e Formazione ONLINE (pagine 165-171)

Edoardo Giusti

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14. SMART WORKING

Ci sentiamo in pericolo in questa tempesta COVID, anche a causa dei refe-renti decisori istituzionali, sospesi tra norme contraddittorie e insicure di tipo permissivo e dinieghi complottisti e/o atteggiamenti catastrofici, rigidi e strin-genti.

Ci troviamo costretti a vivere, sperimentando una minaccia collettiva, da attraversare con difficoltà, dovendo aderire a indicazioni condizionanti, com-portamenti sociali, le abitudini di relazione, la vicinanza e il contatto: “il lock-down” ha sacrificato le nostre libertà individuali più semplici ed elementari.

Abbiamo ricevuto messaggi e misure restrittive, spesso incoerenti, ordina-te da autorità riconosciuordina-te, che non hanno saputo spiegare il reale livello di minaccia, generando così dubbi, incertezze, insicurezze, ansie e vari timori…

E oggi siamo ai tamponi su vasta scala con file di lunghe ore e l’inquietu-dine e la preoccupazione permanente di possibili effetti sanitari negativi.

La fondata paura delle conseguenze economiche, ha generato un mondo sconvolto, instabile e pericoloso con la devastazione economica e sociale dif-fusa. L’alterità distanziante delle persone munite di mascherine di vario gene-re, viene vissuta potenzialmente come minaccia angosciante. Il timore del contagio, alternato a rari spiragli di speranza, regna nella città silente, la ten-sione massima e il monito resta:

“agire con cautela senza abbassare la guardia”! Difficile abituarsi a tutto questo!

La diffidenza paranoide porta le persone ad attivare e generare meccani-smi di difesa protettiva con: agiti rabbiosi, ansie ipocondriache, dissociazioni e diniego del pericolo, rimozioni e conseguenti somatizzazioni, rituali osses-sivi “anti contagio”, ritiri sedativi in solitudine…

Quando l’Io confuso non svolge il suo compito di mediazione adeguata, alcune difese suppliscono nel coping quotidiano tra mondo interiore e ambiente contestuale.

Il rallentamento è d’obbligo, in contrasto con la frenesia del ricordo del periodo della “pseudo” normalità.

Ci troviamo costretti ad aspettare che passi questo periodo difficile, senza sapere quale sarà l’epilogo di questa tragedia e quando finirà l’incubo…

Cerchiamo di situarci tra il pessimismo deleterio e l’ottimismo esagerato, per incontrare con fatica una qualche forma di realismo concreto per poter evolvere con sicurezza.

Tutti alla ricerca dei propri limiti e delle proprie risorse, per avvicinarci e ritrovare nuovamente un minimo di slancio vitale tra polarità positiva e

pola-Edoardo Giusti

rità negativa. All’improvviso ci si trova a sviluppare alcune risposte adattive a seguito di questo grave trauma che ha prodotto un elevato livello di stress generalizzato che continua a perdurare, senza poter progettare un minimo futuro nell’incertezza più assoluta.

L’attenzione terrificante diurna si esprime anche a volte con incubi not-turni, sonni mascherati di bizzarrie, alla ricerca di soluzioni alle preoccupa-zioni angoscianti che da svegli eludiamo (l’amigdala agisce anche quando dormiamo).

Il bombardamento mediatico ci ha proposto una tragedia infinita per l’inte-ra umanità con le “puntuali” e rinnovate impennate di contagi.

Gli assembramenti sono proibiti, e comunque subiamo i nuovi picchi di contagio con vari mini lock-down locali. L’emergenza si protrarrà per lungo tempo e per ora procediamo con l’obbligo diffuso delle mascherine con eleva-te muleleva-te per i trasgressori!

Portatori sani (78% di asintomatici e/o paucisintomatici) con infiniti posi-tivi, sembra che il virus siamo noi e la convivenza con questo compagno sarà d’obbligo per un lungo tempo.

Per ora questa apocalisse ha prodotto nel mondo due milioni di morti...

La possibilità di procedere in questa caotica “ripartenza” sembra risiedere nei fermarci è l’occasione d’oro per capire meglio quelle cose che davvero amiamo e per orientare giornalmente in maniera consapevole l’esistenza.

Frenare per quanto possibile la folle corsa, dominata dalla abituale dittatura della fretta e dal culto della produttività.

In tutta questa tragedia sarà utile ricavare un senso per il nostro percorso di vita, dall’inizio nel luogo in cui siamo nati, all’ultima pagina: il cimitero.

Potremo così ridurre il primato del quantitativo “sbrigare subito ogni cosa”

e riuscire ad aumentare il qualitativo, che si raggiunge soltanto con maggiore, saggia e consapevole lentezza.

Disconnettersi momentaneamente con prudenza per rinunciare ad alcune urgenze e riappropriarsi della libertà perduta durante il viaggio della vita, diventa la scelta elettiva per procedere nel cammino in questo nostro nuovo mondo.

Ora è arrivato un barlume di luce con i vaccini; quale sarà il tipo più appro-priato per noi?

Contemporaneamente sembra che il virus sia mutato! Saranno adeguate le vaccinazioni per questo virus in mutazione? Quindi procediamo con l’ango-scia dello stare sospesi nel dubbio e nell’indeterminatezza!!!

14. SMART WORKING

Durante l’incertezza della pandemia, la paura del trauma collettivo ha mina-to la nostra fiducia in noi stessi e nel futuro. Per la maggior parte di noi, la nostra professione è stata sempre una scelta da svolgere in una modalità relazionale e mancano ai nostri pazienti il contatto fisico che si esprimeva nei gruppi.

L’uso del computer era relegato a scrivere e ricevere e-mail, redigere arti-coli scientifici, cercare informazioni su Google o acquistare in Amazon e a trascrivere anche la scheda anagrafica con le date degli incontri dei nostri pazienti apportando le progressive note di sviluppo misurando i miglioramen-ti conseguimiglioramen-ti dei nostri assismiglioramen-timiglioramen-ti.

Non avevamo idea che avremmo potuto offrire cure tramite videochiamate o addirittura fare dei colloqui via Skype, Zoom etc... Impensabile sarebbe sta-to condurre un gruppo di terapia o di supervisione su una piattaforma con video chat. Essere concentrati su più volti contemporaneamente ci ha indub-biamente creato una maggiore stanchezza mentale ed affaticamento emotivo, con stanchezza agli occhi e ai muscoli dovendo mantenere rigidità e tensione di fronte alla telecamera. Poi la situazione si è estesa alle riunioni virtuali con collaboratori che abbiamo dovuto limitare per contrastare stanchezza e irrigi-dimento delle gambe. Per separarci dal mondo digitale e dal working da remoto ci siamo serviti di alcuni minuti di sollievo semplicemente alzandoci a bere.

La maggiore autonomia va realizzata se riusciamo a progettare i benifici potenziali del lavoro a distanza gestendo gli spazi e i tempi attraverso confini chiari quando non ci è possibile organizzare incontri in presenza.

Il nostro stress emerge quando l’ansia sfugge al nostro controllo superan-do le soglie di sofferenza e inizia a diventare invalidante quansuperan-do, non riuscen-do più a concentrarci e addirittura a perdere il sonno vuol dire che si è supera-to il limite del contatsupera-to con il digitale. A volte tendiamo a forzare gli impegni a causa di preoccupazione di perdita il lavoro, di ammalarci e /o finire in una quarantena o in un ospedale.

L’ansia è permanente, ci spinge a concepire qualche piano che crea certez-ze, è vero che il lavoro da remoto porta diversi vantaggi: si evita il pendolari-smo, il traffico urbano è meno congestionato, si è liberi di autoregolare tempi, luoghi e ritmi di lavoro.

Come detto precedentemente gli svantaggi riguardano lo stress da video-terminali: dalla necessità di mutare abitudini sviluppate da anni alla confusio-ne di spazi tra area professionale e area domestica, in più ai notevoli investi-menti economici sui costi dei supporti tecnologici...

Edoardo Giusti

Abbiamo spesso bisogno di disconnessione per non farci risucchiare dal lavoro, e smettere di trascurare le pause, il riposo e le interruzioni. La fatica enorme di cambiare abitudine a causa del pericolo dell’isolamento tra stress professionale, stress domestico e stress da schermo è derivata da questo nuo-vo “work from home”.

A volte gli spazi insufficienti con poca privacy con connessioni insuffi-cienti, rendono il lavoro più difficile e ci deprimono; mentre l’innovazione digitale ci potrebbe rendere “l’home office” gradevole senza il controllo diret-to e costante di una qualche sorveglianza esterna sulle nostre prestazioni e avere a volte il lusso di non togliersi il pigiama.

Quando la nostra organizzazione telematica potrà aiutarci a programmare anche le priorità con tempi quotidiani, con regole flessibili e trasformare le criticità in opportunità, il lavoro potrà diventare più soddisfacente e meno faticoso. Per un lavoro efficiente, alla tastiera, allo smartphone, ai vari software, hardware, articoli e libri reperibili online va aggiunto il fattore uma-no un network di amici per avere un team di supporto indispensabile.

Un gruppo di amici per effettuare piccoli “coffee call” e/o chiamate di gruppo con scambi di pareri su un nuovo libro interessante o film da vedere quando ci viene suggerito dagli “short talk” di promozioni audiovisive o di condivisione delle nostre passioni.

Oltre all’autosostegno, è bene anche ricordarci qualche lezione di fitness digitale per il nostro benessere psicofisico in quanto ci vogliono movimenti spe-cifici e un allenamento appropriato per curare il nostro corpo troppo sedentario.

Infine, è molto importante, l’uso delle cuffie con le quali ascoltare sullo sfondo in forma lieve un brano musicale distensivo mentre procedete nei vostri impegni senza dover disturbare l’ambiente circostante.

Ho lasciato la penna scorrere su temi di questo nuovo numero della Rivista, per rendere il nostro lavoro meno solitario e leggermente più grade-vole, nonostante tutto...

La lezione che potremo trarre da questo COVID con la prossimità forzata e la distanza di sicurezza e che ci ha costretto a distinguere l’essenziale dall’i-nessenziale catapultandoci nella digitalizzazione delle cure con trattamenti più sostenibili.

Bibliografia

CARRIERO C. (2020), Smart working, Hoepli, Milano.

Nel documento Consulenza e Formazione ONLINE (pagine 165-171)