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Ebbene, per quel che concerne l‟atleta professionista, egli esercita la sua attività presso la società sportiva con la quale ha stipulato il

contratto. Nella parte dedicata esclusivamente all‟atleta professionista,

la legge stabilisce che il contratto tra lo stesso e la società sportiva è

un contratto di lavoro subordinato

162

, pertanto essa riserva a questa

inseriti nell‟ambito dei redditi diversi»; ancora, con la Legge, 30 luglio 2002, n. 189, la c.d. “Bossi- Fini”, è stato inserito un comma 5-bis all‟art. 27 del T.U. sull‟immigrazione prevedendosi la possibilità di determinare, con decreto ministeriale emanato su proposta del C.O.N.I., il limite massimo annuale di ingresso per gli «sportivi stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita».

162

Nella legge in questione ed in particolare agli articoli 4 e 5, viene sancito che il rapporto di lavoro sportivo professionistico tra sportivo professionista e società destinataria delle prestazioni sportive si costituisce mediante assunzione diretta e stipulazione di un contratto tra i due soggetti, in forma scritta, a pena di nullità, secondo il contratto-tipo conforme all‟accordo triennale tra federazione sportiva nazionale e rappresentanti delle categorie interessate. Si stabilisce l‟obbligo per la società di depositare il contratto presso la federazione sportiva nazionale per l‟approvazione. L‟eventuale apposizione in esso di clausole derogative in senso peggiorativo viene sostituita di diritto dalle clausole del contratto-tipo. Il contratto può contenere la previsione di un termine risolutivo non superiore a cinque anni dalla data di inizio rapporto. Ammesse sono sia la successione di contratto a termine fra gli stessi soggetti, sia la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva ad un‟altra, purché sia d‟accordo l‟altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali. E, così, in giurisprudenza, Cass., 5 gennaio 1994, n. 75, in Giust. civ., 1994, I, p. 1230, si è sostenuto che: «Con riguardo al contratto di cessione di un calciatore, l‟inosservanza di prescrizioni tassative dettate dal regolamento della federazione italiana gioco calcio, se non costituisce ragione di nullità per violazione di legge, a norma dell‟art. 1418 c.c., tenuto conto che la potestà regolamentare conferita all‟ordinamento sportivo, ai sensi dell‟art. 5 Legge, 16 febbraio 1942, n. 426, si riferisce all‟ambito amministrativo interno e non a quello di rapporti intersoggettivi privati, determina l‟inoperatività e l‟invalidità del contratto medesimo, in relazione al disposto dell‟art 1322, comma 2, c.c., atteso che esso, ancorché astrattamente lecito per l‟ordinamento statuale come negozio atipico (prima dell‟entrata in vigore della legge sul professionismo sportivo) resta in

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figura un trattamento esclusivo, introducendo una presunzione di

lavoro subordinato non presente per gli altri professionisti sportivi, per

i quali, viceversa, la presenza di un rapporto di lavoro subordinato va

accertata in base ai comuni criteri del diritto del lavoro

163

. In verità,

l‟inquadramento del rapporto di lavoro dell‟atleta professionista

nell‟ambito del lavoro subordinato è stato ampiamente discusso per la

ragione che il progetto originario della legge configurava il rapporto

come autonomo e solo successive vicende parlamentari hanno portato

ad un‟inversione di rotta; attenta dottrina ha evidenziato come la linea

originaria emerga in varie norme, determinando spesso incoerenze

nella lettura della legge

164

. A ben vedere, un chiaro punto di emersione

dell‟impostazione originaria, si ha con la previsione di ipotesi in cui il

concreto inidoneo a realizzare un interesse meritevole di tutela, non potendo attuare, per la violazione delle suddette regole, alcuna funzione nel campo dell‟attività sportiva, riconosciuta dall‟ordinamento dello Stato».

163

Si veda M.T.SPADAFORA,ibidem, pp. 55 e 56 la quale specifica che il prestare

attività sportiva con onerosità, continuità, a favore di una società di capitali, se è sufficiente a far presumere per l‟atleta professionista un rapporto di lavoro subordinato, non lo è altrettanto per gli altri sportivi professionisti per i quali il ricorrere degli stessi requisiti deve essere seguito da un accertamento effettivo della subordinazione. Si veda anche M. COLUCCI, ibidem, pg. 22, il quale, nel

ribadire lo stesso concetto, aggiunge che, comunque, pur dovendo la subordinazione, per gli altri sportivi professionisti, essere accertata, essa sarà, comunque, l‟ipotesi tipicamente ricorrente. Conformemente l‟indirizzo giurisprudenziale secondo cui la Legge, 23 marzo 1981, n. 91, in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, detta regole per la qualificazione del rapporto di lavoro dell‟atleta professionista, stabilendo specificamente all‟art. 3, i presupposti della fattispecie in cui la prestazione pattuita a titolo oneroso costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato; mentre per le altre figure di lavoratori sportivi contemplate nell‟art. 2 (allenatori, direttori tecnico sportivi e preparatori atletici), la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione deve essere accertata di volta in volta nel caso concreto, in applicazione dei criteri forniti dal diritto comune del lavoro. Cass., Sez. Lav., 28 dicembre 1996, n. 11540, in Mass. Giur. It., 1996 e in Giust. Civ. Mass., 1996, pg. 1799.

164

Per S. GRASSELLI, ibidem, pp. 47 ss., il progetto iniziale della legge che

considerava autonomo il lavoro dell‟atleta, va sempre tenuto presente per comprendere globalmente la portata della legge e il significato delle sue norme.

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contratto di lavoro risulta autonomo

165

e, cioè, quando ricorre almeno

uno dei seguenti presupposti: l‟attività si svolge nell‟ambito di una

manifestazione sportiva o di più manifestazioni sportive tra loro

collegate in un breve periodo di tempo; l‟atleta non è obbligato

contrattualmente a frequentare sedute di allenamento; la prestazione

oggetto di contratto, pur essendo continuativa, non supera otto ore

settimanali o cinque giorni al mese o trenta giorni ogni anno

166

. Le

ipotesi suddette sono state accettate da una parte della dottrina

167

e

criticate da altra parte di essa

168

. Le numerose critiche rivolte alla

165

La ragione che secondo S.GRASSELLI, ibidem, pg. 49, ha indotto il Legislatore a introdurre ipotesi di lavoro autonomo dell‟atleta, sta nell‟aver pensato a sport individuali come il pugilato, per il quale si ritiene inconcepibile parlare di lavoro subordinato.

166

Legge, 23 marzo 1981, n 91. Articolo 3: «Prestazione sportiva dell‟atleta. La prestazione a titolo oneroso dell‟atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato, regolato dalle norme contenute nella presente legge.

Essa costituisce, tuttavia, oggetto di contratto di lavoro autonomo quando ricorra almeno uno dei seguenti requisiti:

a) l‟attività sia svolta nell‟ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;

b) l‟atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento;

c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno».

167

Rispetto alla prima ipotesi, M.T. SPADAFORA,ibidem, pg. 57 ss. sostiene che

aspetti propri della subordinazione, come l‟inserimento in un‟organizzazione predisposta dal datore di lavoro e la sua direzione attenta e costante sulla prestazione, non si possano ravvisare nell‟arco di una o più manifestazioni collegate in breve tempo; pertanto è giusta la loro collocazione nel rapporto di lavoro autonomo. Allo stesso modo, per la seconda ipotesi, è giusto considerare lavoro autonomo il caso dell‟atleta che frequenti sedute di allenamento senza sistematicità e vincolo contrattuale. Ugualmente l‟Autrice condivide la tesi che l‟atleta che svolga un numero esiguo di ore di lavoro sia considerato un lavoratore autonomo e quindi, sia escluso dall‟applicazione delle tutele del lavoratore subordinato.

168

Per il rapporto di lavoro subordinato dell‟atleta professionista e degli altri

sportivi professionisti la legge sul professionismo sportivo introduce una disciplina derogatoria rispetto a quella comune del lavoro subordinato, tanto in senso positivo, quanto in senso negativo. E così, fra le norme non applicabili ci

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legge in questione, oltre a quelle già esplicitate, sono emerse per la

ragione che è sembrata una legge modellata, più che sulle esigenze

dello sport professionistico, in genere, su quelle di uno in particolare,

ovvero, il calcio. Questo è tanto più vero, se si considera che nella

legge non è stata fatta una distinzione tra sport individuali e sport di

squadra, distinzione che si sarebbe resa necessaria se si considera che

di alcune disposizioni risulta difficile l‟applicazione a sport di tipo

individuale

169

.

Lo sguardo dato alla legge in questione trova

giustificazione nella volontà di inquadrare la figura dello sportivo

professionista, comprendere le modalità di svolgimento e il contesto

della sua attività, per poterne mettere in luce gli obblighi e le

responsabilità in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue sfaccettature.

L‟individuazione quale sportivo professionista secondo le