1. Lo schema technology push – demand pull
Nel corso del presente capitolo verranno sottoposti a verifica empirica il modello utilitarista e quello normativo. Dati alla mano, ci chiederemo se le ipotesi ricon-ducibili a questi due modelli suggeriscono delle risposte convincenti alla doman-da di ricerca attorno a cui ruota il presente studio: perché il FV si è diffuso con intensità e modalità significativamente differenziate sul territorio italiano, date le caratteristiche (tecniche ed economiche) indifferenziate della tecnologia FV e dato il comune sistema di incentivi applicato omogeneamente su scala nazionale tramite il programma Conto energia?
Prima di procedere con l’analisi è necessario precisare che i due modelli in questione possiedono un denominatore comune, pur essendo basati, come si è visto nel precedente capitolo, su presupposti teorici del tutto difformi. Nel primo caso, le scelte degli individui in campo economico si interpretano come rispon-denti a logiche di convenienza, dato il sistema di vincoli e opportunità deter-minati dal mercato e dal sistema di regolazione istituzionale; nel secondo caso, invece, si interpretano come ispirate da logiche di conformità rispetto al siste-ma di norme e valori sociali circolanti e veicolate dai processi di socializzazione. Abbiamo visto in precedenza che Granovetter ha individuato un aspetto che ac-comuna le due prospettive, pur così difformi. Tale aspetto comune è rappresen-tato dalla concezione atomistica dell’azione economica (cfr. par. 4.3). In entrambi
100 i casi, infatti, la dimensione relazionale non costituisce un elemento costitutivo forte delle scelte e dei comportamenti degli attori.
Il fatto che venga più o meno enfatizzata la dimensione relazionale negli schemi interpretativi rappresenta una chiave teorica fondamentale nell’analisi dei processi di sviluppo e diffusione delle innovazioni a cui il fenomeno affron-tato in questo studio può essere ricondotto (cfr. par. 4.2). Lo si può evincere chia-ramente considerando una schematizzazione consolidata negli studi che si occu-pano di management dell’innovazione (Godin 2006; Kotsemir e Meissner 2013; Nobelius 2004; Rothwell 1994, Zizlavsky 2013). Questi studi affrontano le strate-gie e le modalità di generazione, sviluppo e diffusione delle innovazioni nei di-versi comparti economici (o settori industriali), considerando l’insieme delle fasi in cui si articola il ciclo dell’innovazione, da monte a valle, e le principali forze che entrano in gioco in questo processo, determinandone gli esiti. Il riferimento principale è rappresentato dalla teoria di Rothwell (1994) sui diversi modelli che hanno storicamente contraddistinto il management dell’innovazione. L’autore, a questo proposito, ha distinto «cinque generazioni».
Le prime due generazioni, storicamente prevalenti fino agli anni ’70, fanno dipendere gli esiti dei processi di innovazione, nel primo caso (technology push
model), dalle forze che si producono sul versante della produzione delle
innova-zioni tecnologiche, mentre, nel secondo caso (market pull model), dall’evoluzione della domanda di innovazione da parte dei destinatari (o consumatori), in base a come cambiano nel tempo i profili dei loro bisogni. Il terzo modello, sviluppato-si soprattutto nel corso degli anni ottanta, apporta un importante correttivo ai precedenti due, senza tuttavia stravolgerne l’impianto di base. Viene definito da Rothwell coupling model e da Zizlavsky (2013) interactive model. In questo caso, il rapporto tra le forze push (della tecnologia) e pull (della domanda) non si sviluppa più in forma lineare, bensì in forma circolare, essendo mediato dalle funzioni marketing che sostengono cicli di feedback, più o meno continui e serrati, tra l’of-ferta e la domanda. Tali cicli di feedback avvengono, in una direzione, attraverso le attività di ricerca di mercato e, nell’altra, attraverso le attività di comunicazione pubblicitaria.
È facile intuire che, volendo applicare il precedente schema alla lettura sulla diffusione della tecnologia FV, la dimensione relazionale risulta ai margini del quadro interpretativo risultante. Infatti, la maggiore o minore diffusione della tecnologia viene fatta dipendere essenzialmente da fattori technology push che si riferiscono in prima battuta alle caratteristiche tecniche ed economiche della tecnologia in sé, concernenti, ad esempio, le condizioni di funzionamento dei sistemi FV, i requisiti di applicazione e utilizzo, la produttività e la durata degli impianti, i costi di installazione e manutenzione. Ma agli stessi fattori
techno-logy push si può ricondurre anche “l’infrastruttura amministrativa di supporto”
all’introduzione del FV, coincisa in Italia con il programma di incentivi di Conto
analiti-101 5. logiche di convenienza ed equità
ca, i player protagonisti sono quelli che hanno un ruolo sul versante dei push factor collocati a monte del processo innovativo. Un ruolo che può riguardare la produ-zione dei sistemi e dispositivi applicativi, la produprodu-zione di conoscenze scientifi-che e tecniscientifi-che di supporto, la regolazione e gestione del sistema di incentivazio-ne, nonché la divulgazione di informazioni generali e specifiche a beneficio del pubblico di potenziali destinatari. Rientrano quindi in tale novero attori come i produttori e i fornitori di impianti e componentistica, le istituzioni pubbliche e le collegate agenzie di regolazione, le istituzioni scientifiche, le società impegna-te nel settore della produzione e distribuzione di energia elettrica, le agenzie che si occupano di divulgazione di informazioni sulla tecnologia unitamente ai mass media che veicolano verso il grande pubblico tali informazioni.
Dall’altro lato, i fattori pull riguardano essenzialmente le scelte e i compor-tamenti dei potenziali investitori nella tecnologia FV, ovvero le famiglie, le im-prese e i grandi investitori specializzati nel settore energetico. Se i fattori push determinano la matrice delle opportunità, i fattori pull determinano le modalità in cui i potenziali destinatari leggono tali opportunità e come ciò si traduce in scelte di investimento/consumo, alla luce degli obiettivi di massimizzazione dei possibili benefici economici, ma anche alla luce del sistema di norme e valori (collegato anche a pratiche sociali, abitudini, tradizioni, ecc.).
Osserviamo che tale schema push-pull tende a polarizzare fortemente l’inter-pretazione del processo di innovazione, focalizzandola sulle forze che si colloca-no alle estremità, a monte e a valle, dello stesso processo.
Vi è però anche un territorio analitico che si colloca tra la domanda e l’offerta di innovazione. Ne parleremo diffusamente e con riferimenti puntuali nei pros-simi due capitoli. Qui ci limitiamo a dire che in questa “terra di mezzo” ci sono funzioni intermediarie tra i due poli esercitate da vari soggetti che concorrono a implementare le opportunità generali generate dall’offerta (traducendole in con-crete opzioni di scelta per gli investitori), che creano e sostengono connessioni operative, comunicative e fiduciarie tra i diversi attori componenti il campo or-ganizzativo del settore FV e che, infine, trasferiscono conoscenze e informazioni tra i vari punti del sistema. Come è facile intuire da questa prima sommaria de-scrizione, tale campo di analisi intermedio tra le forze push e pull ha la caratteri-stica di essere molto ricco di relazioni che diventano quindi una chiave analitica imprescindibile.
È questo, in effetti, secondo il succitato schema di Rothwell, l’elemento ca-ratteristico delle ultime due generazioni dei processi di innovazione. La quar-ta generazione – denominaquar-ta integrated business model e caratterizzante gli anni novanta – enfatizza il ruolo dei processi di comunicazione e apprendimento. Questi coinvolgono una pluralità di attori, sviluppandosi in tutte le direzioni e in maniera non sequenziale nel campo di interazioni generato dal processo inno-vativo. La quinta e più recente generazione – denominata system integration and
102 funzionando come un sistema di open innovation (Chesbrough 2003)1 a cui con-corrono una molteplicità di soggetti distribuiti su tutta la filiera dell’innovazione e collegati tra loro attraverso strutture relazionali a rete. Lo schematismo dell’ap-proccio technology push e demand pull viene dunque superato. L’innovazione si caratterizza come un campo dinamico di interazioni e feedback incrociati.
L’innovazione non è un processo sequenziale (lineare) ma piuttosto un processo che coinvolge molte interazioni e feedback nella creazione della conoscenza (Catino 2012, 214).
[L’innovazione è] un processo incerto, complesso, disordinato, che nella maggior parte dei casi non parte da un’attività di ricerca. Un processo in cui esistono molti feedback incrociati tra i vari stadi (Ramella 2013, 16).
Nei prossimi capitoli l’analisi sarà focalizzata sul campo di interazioni interme-die tra l’offerta e la domanda, con specifico riferimento alle sequenze riguardanti il momento della diffusione, particolarmente idoneo, come abbiamo appena vi-sto, all’applicazione del modello relazionale. Nei due paragrafi che seguiranno, invece, proveremo a testare empiricamente le ipotesi del modello utilitarista e di quello normativo, associabili allo schema technology push – demand pull.
5.2. La parziale capacità esplicativa dei fattori tecnici ed economici Nel corso di questo paragrafo proveremo a verificare su base empirica se la pro-spettiva utilitarista è in grado di fornire delle chiavi interpretative convincenti sull’evoluzione del fenomeno FV alla luce del programma di incentivazione Conto
energia.
Come abbiamo visto poc’anzi, l’approccio utilitarista rientra pienamente in uno schema analitico technology push e demand pull. Il versante technology push de-termina la matrice delle opportunità generate dall’investimento nella tecnologia FV. Il costo degli impianti, la loro produttività e l’ammontare degli incentivi costi-tuiscono, da questo punto di vista, i parametri chiave. Su questa base si definisce il periodo di payback dell’investimento e, conseguentemente, la redditività dello stesso. Il versante demand pull, invece, fa riferimento alle logiche di convenienza che muovono le scelte degli investitori (famiglie e imprese) i quali, mossi da un intento massimizzante, decidono di indirizzare verso tale investimento parte delle proprie risorse confrontandolo con opzioni alternative, in base all’ammon-tare e al grado di sicurezza del ritorno dell’investimento stesso. Le alternative che vengono prese in considerazione riguardano sia le opzioni relative al mercato
1 Kotsemir e Meissner (2013) indicano il modello dell’open innovation come una possibile sesta generazione dei modelli di innovazione, caratterizzata da un’ulteriore intensificazione dei rapporti di rete in chiave collaborativa, ancora più aperta all’esplorazione di soluzioni plurime e di diversi possibili sentieri evolutivi.
103 5. logiche di convenienza ed equità
finanziario, sia i regimi e gli apparati relativi al consumo e alla produzione di energia, eventualmente considerati anche in combinazione tra loro (ad esempio sistemi di riscaldamento, impianti di climatizzazione, soluzioni strutturali per la riqualificazione energetica degli edifici, pannelli solari per la produzione di acqua calda, ecc.).
Alla luce della prospettiva utilitarista, i fattori di ordine tecnico ed economico, prevalentemente riferibili al versante technology push, assumono un ruolo espli-cativo primario. Costituiscono, infatti, la base fondamentale di differenziazione delle condizioni contestuali di convenienza e opportunità dell’investimento nel FV. Si assume che famiglie e imprese operino le proprie scelte essenzialmente in rela-zione a tali condizioni. Non si contempla, invece, l’influenza di fattori ascrivibili all’ambiente sociale circostante, “neutralizzato” dall’ipotesi della scelta razionale. Di seguito verranno vagliati tre specifici fattori di variabilità di tali condizio-ni contestuali: a) i sistemi di regolazione istituzionale; b) gli elementi di natura tecnica; c) gli aspetti economici legati alla variabilità della capacità di spesa. Si tratta dei fattori a cui si fa più spesso riferimento nella pubblicistica sull’argo-mento (cfr. Giannuzzi et al. 2013, 96-104) e, soprattutto, nel dibattito pubblico, fortemente segnato da questo tipo di lettura.
Il primo ordine di fattori riguarda i regimi di regolazione istituzionale. Osser-viamo subito che l’impianto regolativo di base è dato dal Conto energia. Come si è visto in precedenza (cfr. cap. 3), tale programma ha generato il regime ammi-nistrativo con cui gli investitori hanno dovuto rapportarsi, tenuto conto anche delle cinque fasi in cui si è articolato. Tale regime è stato connotato non solo dal sistema di incentivi di tipo feed in tariff, ma anche dalla struttura normativa con cui venivano stabilite titolarità, condizioni e requisiti, nonché i dispositivi pro-cedurali per l’accesso da parte degli investitori, delegando all’ente attuatore GSE le complessive funzioni gestionali. Tali elementi pesano significativamente sulla fattibilità, sui costi e sulla redditività degli impianti FV. È evidente che l’analisi sia in senso strutturale sia in senso processuale di tale “infrastruttura” regolativa nazionale non consente di elaborare alcuna chiave interpretativa utilmente ap-plicabile al fenomeno da spiegare (l’impatto differenziato del FV sul territorio). Si tratta, infatti, di un regime regolativo ideato e attuato in maniera uniforme e indifferenziata su scala nazionale e gestito, oltretutto, attraverso un unico or-gano amministrativo centralizzato (GSE), privo di articolazioni organizzative territoriali.
Il Conto energia, data la pervasività e capillarità del suo impianto normativo, ha lasciato limitati margini di azione regolativa per interventi decentrati attuati dalle autorità locali, in particolare municipalità e amministrazioni provinciali e regionali. In sostanza, per le istituzioni territoriali gli spazi di manovra hanno riguardato soprattutto la fissazione di vincoli ambientali, paesaggistici o archi-tettonici, di eventuali altri vincoli autorizzativi di natura burocratica oppure, meno frequentemente, di forme residuali di cofinanziamento a integrazione dell’incentivo nazionale. Va detto che non è disponibile una mappatura
dell’ar-104 ticolazione dei sistemi locali di regolazione istituzionale. Sarebbe necessario ef-fettuare un approfondito studio dedicato a tale specifico scopo d’indagine. Non è quindi possibile valutare in termini ultimativi la misura in cui il livello locale della regolazione istituzionale sia stato incisivo rispetto al fenomeno esaminato.
Peraltro, in base alle indicazioni fornite dai pochi studi che si sono cimentati, direttamente o indirettamente, con tale argomento (Carrosio 2015; Giannuzzi et
al. 2013) e in base a quanto è stato riferito dai testimoni qualificati intervistati nel
corso della ricerca, l’articolazione su base territoriale del regime di regolazione istituzionale risulterebbe rilevante sul piano esplicativo soltanto con riferimen-to alla maggiore o minore presenza di impianti FV di grandi dimensioni posi-zionati a terra. Un caso esemplare da questo punto di vista è quello della Puglia, la regione con la più elevata incidenza di questo tipo di impianti. Le politiche dell’amministrazione regionale pugliese nel settore energetico hanno concorso certamente a determinare questo esito. Dunque, il fattore di regolazione istitu-zionale declinato su base territoriale ha probabilmente inciso (anche se è arduo dire in che misura) su quello che in precedenza abbiamo chiamato l’indice di
im-patto economico del settore FV (cfr. par. 3.4), dato dall’ammontare degli
investi-menti in rapporto alla popolazione nei diversi territori, influenzato in particola-re dall’installazione di grandi impianti, quasi sempparticola-re ubicati a terra e per lo più realizzati da investitori non appartenenti al contesto locale.
Appare difficile, invece, attribuire alle politiche locali un ruolo esplicativo ri-levante, con riferimento all’indice di diffusione sociale che riassume il principale fe-nomeno da spiegare contemplato da questo studio. Ricordiamo, infatti, che, per come è stato costruito, questo indice non è influenzato dalla presenza di grandi impianti. In primo luogo, perché esso riflette non la potenza, ma la numerosità degli impianti rapportati alla popolazione. In secondo luogo, perché sono state estromesse dal conteggio le installazioni di dimensioni superiori ai 200 kW. Quindi l’indice di diffusione sociale contempla solo gli impianti di piccole e me-die dimensioni, poco esposti agli interventi regolativi locali, in particolare in materia di obblighi autorizzativi. Tra questi gli impianti domestici costituiscono la quota largamente maggioritaria. Questa situazione generale ha conosciuto po-che eccezioni sul territorio nazionale. Giannuzzi e colleghi (2013, 98) ricordano quelli della Liguria e quello della provincia di Siena. Qui i regimi autorizzativi più rigidi avrebbero inciso in maniera generalizzata, in senso limitativo, anche con riferimento agli impianti di piccola taglia ubicati sulle coperture degli edifici residenziali. Per quanto riguarda lo specifico caso del Friuli-Venezia Giulia – a cui il presente studio ha riservato un approfondimento – non sono state segnalate differenze significative nei sistemi di regolazione attuati dagli enti territoriali.
Pertanto, anche declinando su base territoriale l’analisi dei regimi di regola-zione, possiamo dire che tale fattore è in grado di spiegare solo parzialmente la disomogeneità con cui si è profilata l’evoluzione della tecnologia FV in Italia in applicazione del programma Conto energia. Nello specifico, la forza esplicativa risulta particolarmente debole volendo spiegare perché la tecnologia FV abbia
co-105 5. logiche di convenienza ed equità
nosciuto livelli di diffusione sociale significativamente differenziati nei diversi territori, non solo su scala nazionale, ma anche in ambito regionale (cfr. par. 3.4).
Il secondo ordine di fattori iscrivibile nella prospettiva utilitarista chiama in causa elementi di natura tecnica. Da questo punto di vista, il primo e immedia-to riferimenimmedia-to va a elementi quali i materiali, le strumentazioni, gli apparati e le metodiche utilizzate per la installazione degli impianti. Questi aspetti hanno certamente influenzato l’andamento del settore, determinando le caratteristiche fondamentali degli impianti FV, in termini di costi, produttività e affidabilità, anche in relazione alla loro evoluzione nel tempo che, come è stato detto, si è ve-rificata con ritmi piuttosto serrati. Tuttavia, questi aspetti generali non entrano nel modello interpretativo e quindi vanno trattati come fattori esogeni, essendo tendenzialmente invarianti nei diversi contesti territoriali, quindi privi di rile-vanza esplicativa rispetto al fenomeno da spiegare2.
Invece, gli elementi tecnici a cui fare riferimento riguardano quegli aspetti che sono capaci di diversificare le condizioni contestuali di convenienza della re-alizzazione degli impianti, facendo variare la loro redditività nelle diverse aree territoriali.
Da questo punto di vista, il livello di irraggiamento solare costituisce senza dubbio il riferimento principale. Si tratta di un fattore che ha un impatto molto forte sulla produttività degli impianti (a parità di potenza nominale degli stessi). Sotto questo profilo le caratteristiche geografiche del contesto territoriale risul-tano dirimenti. Infatti, le condizioni di irraggiamento solare murisul-tano significa-tivamente sul territorio in funzione di elementi, tra loro parzialmente correlati, quali la latitudine, le condizioni climatiche (indice di piovosità) e le caratteristi-che orograficaratteristi-che (in particolare la conformazione valliva dei territori montani)3. In base a tali condizioni si possono verificare differenze di produzione sul ter-ritorio italiano superiori al 30%. Ciò si traduce in differenze di redditività degli impianti di pari proporzioni4. Abbiamo pertanto a che fare con un parametro di
2 A rigore, si potrebbe asserire che se la tecnologia costituisce un elemento invariante, ciò non vale necessariamente per la sua applicazione, che potrebbe invece variare da un contesto all’altro. Questa obiezione è sicuramente fondata e rilevante, ma è un argomento che trascende la tecnologia in sé e per sé, in quanto dipende specificatamente dal modo in cui la filiera dell’of-ferta è strutturata ed organizzata sul territorio. Su questo aspetto, certamente importante, tor-neremo nel proseguo del lavoro.
3 Per il singolo impianto un vincolo tecnico molto importante è rappresentato dalla confor-mazione dei tetti su cui vengono posizionate le installazioni FV. L’orientamento e l’inclinazio-ne delle falde del tetto risultano particolarmente rilevanti per la produttività dell’impianto. Si tratta peraltro di una variabile irrilevante nella comparazione tra i diversi contesti territoriali, in quanto queste caratteristiche tendono a distribuirsi casualmente tra i diversi edifici.
4 Ad esempio un impianto di potenza nominale pari a 3 kW installato nel 2009 ha comporta-to un investimencomporta-to medio di 16.500 Euro (si precisa che i valori riportati sono realistici). Quello stesso impianto, a seconda dell’area territoriale italiana in cui è installato, può produrre annual-mente da 3.000 kWh a 4.500 kWh. Il che significa, considerando un incentivo di 0,44 Euro per kWh prodotto erogato da Conto energia, una remunerazione annuale che può variare da 1.320
106 convenienza economica assolutamente centrale rispetto alle scelte di investi-mento in tale soluzione tecnologica.
Dunque, ci dovremmo aspettare che tale fattore tecnico, particolarmente coe-rente con il quadro interpretativo utilitarista, dimostri una forte capacità esplica-tiva. Invece, il confronto con la realtà empirica produce dei risultati molto distan-ti dalle attese. La Fig. 18 lo evidenzia in maniera molto chiara. La mappa grande a sinistra distingue il territorio italiano in base al livello di produttività degli impianti, in funzione dell’irraggiamento solare. La colorazione che va dal verde al blu segnala livelli decrescenti di produttività, mentre la colorazione dal giallo al rosso/marrone segnala livelli crescenti di produttività. La mappa più piccola a destra, invece, corrisponde a quella presentata nel terzo capitolo (par. 3.4, Fig. 14) raffigurante la distribuzione spaziale (su scala provinciale) dell’indice di diffusio-ne sociale della tecnologia FV. In questo caso, più intensa è la coloraziodiffusio-ne blu, più elevato è il valore dell’indice considerato.
Ebbene, il confronto tra le due mappe mostra con evidenza l’insussistenza di