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Capitolo II.1. Gli scavi ottocenteschi

II.1.1. L’edito

Dell’antica città di Tharros, correttamente identificata con le rovine della collina della torre di San Giovanni di Sinis, nel territorio comunale di Cabras, da Francesco Fara nel XVI secolo163, si ha menzione anche nel XVII sec.164. Le prime notizie di scavi e ricerche nel sito risalgono tuttavia al XIX secolo, quando le necropoli della città divennero tristemente note per i saccheggi dei ricchi corredi di età punica, trasformando i quartieri funerari di Tharros nel teatro di una vera e propria “caccia all’oro”165.

Nel 1860 usciva l’Itinéraire de l’Ile de Sardaigne ad opera del Generale Alberto Ferrero della Marmora. Nella sezione dedicata alla visita compiuta nelle antiche rovine di Tharros, l’autore riferiva dell’esistenza in quel luogo di importanti opere di difesa della città situate in un punto che, dalla descrizione fornita, può agevolmente essere identificato con le pendici settentrionali della collina di Su Murru Mannu:

«Tharros sorse in un punto in cui l’istmo che separa l’attuale promontorio di San Marco dalla Sardegna è molto stretto; di conseguenza è bagnata a ovest dal Mare Sardoum e ad est dall’attuale grande golfo di Oristano. È da questo lato che doveva trovarsi il porto vero e proprio, e per quanto in questo punto dell’istmo la riva sia adesso ostruita dalle alghe marine e dalla sabbia, è ancora possibile notare delle grandi mura costruite alla maniera delle costruzioni ciclopiche, formate da grosse pietre basaltiche lavorate con lo scalpello»166.

Le opere difensive, così come tutta la collina di Su Murru Mannu, dovevano essere ampiamente coperte dalle dune di formazione eolica sino al momento in cui esse furono rimesse in luce da G. Pesce in occasione dello scavo del tofet167. Fu forse per questo motivo che il canonico Giovanni Spano non riuscì a identificare le mura della città di Tharros168, che anch’egli descrive come «seppellita dai grandi banchi di sabbia spinti dalle onde del mare di ponente»169.

163 Cf. Zucca 1993: 65-67; Tore 1994: 269, nota 1. 164 Vidal 1641: 70-72.

165 Per le indagini ottocentesche nelle necropoli di Tharros cf. Del Vais 2006c. 166 Della Marmora 1997: 181.

167 Pesce 1966: fig. 97. 168 Spano 1861: 180-81. 169 Spano 1861: 181.

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L’esistenza di opere di fortificazione fu tuttavia notata al finire del secolo XIX da E. Pischedda170. A questo periodo risalgono i primi rinvenimenti nella collina di Su Murru Mannu, effettuati a seguito di una forte mareggiata. A darne notizia è, nel 1891, l’ingegnere Filippo Vivanet, dal 1873 Commissario per le Antichità e i Musei della Sardegna171:

«Nel febbraio del passato anno [1891], in seguito ad una fiera burrasca, vennero poste allo scoperto, nel punto detto su Murro Mannu, a ponente del promontorio ove sorge la gran torre di S. Giovanni in Tharros, alcune tombe, e tra le altre, una formata di un blocco di arenaria, dentro la quale si raccolse un’urna cineraria di vetro, un grandissimo piatto, pure vitreo, ed una moneta che, dai riscontri avuti, pare dovesse ascriversi a Domiziano,

Questa fortuita scoperta attrasse sul luogo alcuni ricercatori; ed un tale Stefano Manca riusciva a scoprire altre due tombe scavate nella pietra arenaria, le quali apparivano spezzate e contenevano qualche stoviglia, qualche oggetto in vetro, il tutto in pezzi, ed una moneta d’argento dell’alto impero. Ciascuna di queste tombe aveva la sua lastrina con iscrizione. I ricercatori continuarono tutto intorno le ricerche; ma senza esito alcuno. Solo alla distanza di m. 55 si trovò una bella statuina, acefala, di buona arte romana [Fig. II.1.1./1]. La località è vicinissima al mare, ed i residui di un grosso muraglione, avente m. 1,50 di spessore, dimostrano che la zona occupata dalle tombe era energicamente difesa contro l’ira dei marosi, da quella robusta opera murale. Minato dall’urto continuo del frangente, il muraglione deve essere caduto, seco trascinando quanto vi soprastava, ciò che spiega la violenta frattura dei sarcofagi ed il trasporto, a qualche distanza, degli oggetti ivi contenuti. In uno di detti titoli leggesi:

170 «fin d’ora credo poter affermare che erroneamente affermasse l’Illustre Archeologo Spanu [sic.] che

Tharros non fosse munita di mura, poiché tanto a ponente nel posto detto Su Murru Mannu, ossia il muraglione, quanto a levante nella parte che collega il Golfo d’Oristano sono evidenti le tracce delle mura della città» (ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3). Per le operazioni di scavo condotte da E. Pischedda nella collina di Su Murru Mannu cf. infra, § II.1.2. Per le fortificazioni settentrionali di Tharros cf. infra, § V.

171 Vivanet 1892. Una copia della comunicazione inviata da F. Vivanet al Ministro, datata al gennaio 1892

(senza giorno), è custodita presso l’Archivio Storico comunale di Cagliari (ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 4). Un’altra copia, datata 29 febbraio 1892, è conservata nell’Archivio Storico della Soprintendenza di Cagliari (ASSACO, Cartella 54, n. 330) (cf. Del Vais 2006c: 15, nota 39, con bibliografia indicata).

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L’altro, pure scolpito su lastra sottile di marmo, opposta contro la parete esterna del sarcofago, reca inciso:

La moneta raccolta è un medio bronzo appartenente a Vespasiano (imp. caes. Vesp. aug. p. m. tr.

p. cos. vii; testa laureata a sin.; rov.; aeternitas augusti S.C.)

A soli m. 57 da questo sepolcreto, venne, come si disse, trovata nella sabbia, una statuetta alta m. 0,42, scolpita in un bel calcare, molto simile al marmo. Rappresenta un giovinetto, con tunica sostenuta da cintura scendente sino al ginocchio, ed a cui è sovrapposta la toga. Le braccia sono ornate di armille, ed il piede è calzato da sandalo.

L’atteggiamento è quello di uno che medita, con un braccio contro la persona per servire di sostegno all’altro, poggiato forse contro il mento. Avea la testa riportata, e dovea anche essere separato il braccio destro, scorgendovisi il buco per il perno di ferro. Le proporzioni ben mantenute, la posa aggraziata, i buoni partiti delle pieghe, rivelano la mano di abile artista. Tutti questi oggetti vennero acquistati per le raccolte antiquarie nel Museo nazionale di Cagliari»172.

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