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Capitolo I.2. Il sito punico-romano di Tharros

I.2.2. Storia e archeologia di Tharros

L’assenza di narrazioni storiche relative alle vicende civiche e politiche della città ha costretto gli studiosi a rivolgersi ai dati archeologici come fonte primaria nella ricostruzione della storia di Tharros109.

L’area che sarebbe stata coinvolta dallo sviluppo della città punica prima e romana poi era stata in precedenza ampiamente frequentata in epoca nuragica, sebbene al momento siano stati indagati solo i resti di un villaggio sviluppatosi intorno a un nuraghe semplice alle estreme propaggini settentrionali della collina di Su Murru Mannu110. Nell’area del villaggio nuragico, ormai abbandonato, fu installato il tofet, santuario punico “dei fanciulli”111 (Fig. I.2./6, 7). Tofet e necropoli cittadine costituiscono i soli contesti da cui provengano testimonianze relative alla più antica presenza strutturalmente organizzata di genti semitiche a Tharros, attestazioni che non risalgono oltre il VII sec. a.C.112. Sebbene le ricerche ancora in corso nell’area della laguna di Mistras113 suggeriscano la possibilità di un «primo approccio territoriale […] con esiti svincolati da strutture stabili»114 sullo scorcio dell’VIII sec. a.C. – che trova riscontro anche nei rinvenimenti, nella non distante collina di Su Murru Mannu, di frammenti di coroplastica cipriota e di ceramiche greco-

109 In generale, per il sito di Tharros cf. Pesce 1966a; Pesce 1966b; Acquaro 1980a; Zucca 1984a; Zucca

1984b; Barreca 1986: 282-86; Acquaro – Finzi 1986; Acquaro 1980c: 76-82; Zucca 1993; Santoni 1989; Desogus et al. 1991; Acquaro – Mezzolani 1996; Acquaro 1997a; Del Vais 2015b.

110 Una torre nuragica, nota col nome di nuraghe Boboi-Cabitza, è ubicata anche a sud dell’area urbana di

Tharros, sul Capo San Marco – sul quale fin dal VII sec. a.C. fu impostata la necropoli della città punica – e si è ipotizzato che dei nuraghi fossero costruiti anche al di sotto della torre di San Giovanni, sull’omonima altura, e in località Sa Naedda (Del Vais 2015b: 39). Per la presenza nuragica nella penisola del Sinis cf. da ultimo Usai 2014.

111 Per il tofet di Tharros cf. da ultimo il quadro di sintesi in Fariselli 2015. Per la storia degli studi e delle

ricerche e per una ricostruzione dello sviluppo del santuario cf. infra, Sezioni II e III.

112 Cf. Spanu – Zucca 2011: 27-29 e nota 75. Cf. inoltre da ultimo Fariselli 2018: 120-21. 113 Pascucci et al. 2018.

31 orientali veicolate da genti “levantine” non meglio definibili115 –, la creazione del primo insediamento urbano deve quindi farsi risalire al VII sec. a.C.116.

Quanto agli attori di tale processo generativo della prima città di Tharros, è stato recentemente ribadito come i dati archeologici, ed eminentemente i dati ceramici, contribuiscano a riconoscerli come appartenenti a gruppi di Fenici d’Africa, ovvero Cartaginesi, piuttosto che di Fenici di Tiro117.

Le nostre conoscenze della fase arcaica derivano quindi esclusivamente dal tofet e dai due distinti quartieri funerari ubicati rispettivamente in corrispondenza dell’attuale villaggio di San Giovanni di Sinis e sul Capo San Marco (Fig. I.2./2, 11-12, 15). Le indagini condotte nei due settori necropolari hanno documentato come questi furono attivi parallelamente – con gli stessi tipi tombali e le stesse pratiche funerarie – dal VII sec. a.C. sino all’epoca romana118.

Non si hanno al momento tracce dell’abitato di epoca arcaica. Secondo G. Pesce il nucleo originario della città sarebbe stato ubicato nella collina della Torre di San Giovanni. L’ipotesi di F. Barreca di un’ubicazione sul Capo San Marco dell’abitato arcaico119 è stata esclusa da una più recente prospezione120. Secondo P. Bernardini la più antica area abitativa di Tharros sarebbe da ricercarsi sulle pendici settentrionali e orientali della collina di Su Murru Mannu121. L’esistenza di due distinti settori funerari ha fatto sì che in letteratura comparisse l’ipotesi di una natura policentrica dell’insediamento arcaico, diviso in due nuclei prossimi tra loro, che troverebbe inoltre riflesso nella forma sempre plurale delle differenti varianti del toponimo attestate nelle fonti per il sito in esame122. Più di recente è stato ipotizzato che l’abitato arcaico potesse essere ubicato non lungi dal porto della città. Sito in località Porto Vecchio, il porto doveva probabilmente essere limitato in tale fase a semplice area di attracco, mentre la realizzazione di strutture in

115 Fariselli 2018: 120. 116 Fariselli 2018: 120.

117 Fariselli 2018: 121. Per l’esiguità dei dati disponibili circa la presunta fase “fenicia”, intesa come

“orientale”, di Tharros: cf. Fariselli 2018: 120. In particolare, per l’esistenza di un vero e proprio fenomeno osmotico tra le produzioni vascolari tharrensi e cartaginesi cf. Secci 2012: 99-104 e, da ultimo, Secci 2019.

118 Per le necropoli di Tharros cf. Usai – Zucca 1983-84; Molina Fajardo 1984; Zucca 1990; Acquaro – Del

Vais – Fariselli 2006; Fariselli 2008; Del Vais – Fariselli 2010a; Del Vais – Fariselli 2010b; Del Vais – Fariselli 2012; Del Vais 2013c; Fariselli 2013; Fariselli 2014; Fariselli – Boschi – Silani 2014; Secci 2014- 2015; Fariselli 2016-2017; Del Vais 2017; Fariselli et al. 2017; Fariselli – Silani – Vandini 2017; Del Vais 2019.

119 Barreca 1958: 412

120 Fariselli et al. 1997: 99-100.

121 Bernardini 1991: 39-40; Bernardini 1993: 57-58. 122 Spanu – Zucca 2011: 43; Del Vais 2015b: 40

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grandi blocchi di arenaria, verosimilmente aventi lo scopo di proteggere la laguna o destinate a usi portuali, è stata attribuita al IV sec. a.C.123.

Lo stato dell’arte sull’urbanistica punica risente di numerose difficoltà, la più importante delle quali è costituita dall’opera di livellamento svolta dalla romanizzazione, al punto che finora non è stato possibile rintracciare una forma urbana precipua del mondo punico124. Per quanto riguarda Tharros, l’area dell’abitato sinora oggetto di scavo risulta suddivisa in due distinti settori dall’arteria principale (Fig. I.2./6, 11), il cosiddetto cardo

maximus125, che si snoda irregolarmente – con andamento grossomodo nord-sud – attraverso tutta la città, proseguendo il proprio tracciato anche al di là dei limiti dell’area propriamente urbana126. Come avvenne per l’intera rete viaria, la strada romana, lastricata con basoli, si sovrappose a un tracciato precedente, ricavato nel substrato di arenaria e mostrante in alcuni casi i segni lasciati dal passaggio dei carri127.

Il quartiere che si sviluppa alle pendici della collina di S. Giovanni, a ovest del cardo

maximus, è costituito da differenti isolati di abitazioni128 che, sebbene siano realizzate per lo più con tecniche edilizie e secondo canoni planimetrici considerati dagli studiosi un retaggio della tradizione punica, nel loro aspetto attuale rispecchiano una sistemazione di età romana o tardo-antica129. Per far fronte alla acclività del terreno, tale settore era caratterizzato da un sistema di terrazzamenti ottenuti mediante l’asportazione del banco roccioso di arenaria per il successivo allestimento di stesure pavimentali in cocciopesto, in calcestruzzo o in battuto130. Le necessità idriche delle abitazioni erano soddisfatte da pozzi e cisterne anch’essi scavati nel banco roccioso131.

Il quartiere che si estende, a est del cardo maximus, a ridosso della costa si distingue dal precedente in quanto maggiormente connotato in senso pubblico per la concentrazione di alcuni importanti edifici di culto che trovarono continuità di vita anche in età romana. In tale epoca, a differenza di quanto documentato per il distretto occidentale, si verificarono nel quartiere orientale alcune importanti trasformazioni edilizie, legate a mutamenti nella

123 Del Vais et al. 2008: 408-12; Pascucci et al. 2018: 280.

124 Per una sintesi sullo stato della questione cf. Morigi 2007: 21- 35. 125 Verga 1997: 109.

126 Per la rete viaria di Tharros cf. da ultimo Marano 2018. 127 Cf. da ultimo Marano 2018: 199-204, fig. 7.

128 Per l’edilizia domestica di Tharros cf. Falchi 1991; Marano 2014, Fariselli et al. 2017: 327-29; Marano

2019a. Per l’architettura residenziale della Sardegna cf. Montanero Vico 2014 per l’età punica e Ghiotto 2004: 157-78 per l’età romana.

129 Marano 2018: 200.

130 Mezzolani 1994a: 118-19; Mezzolani 2000.

131 Per il sistema idrico e di approvvigionamento di Tharros cf. da ultimo, Marano 2019b, con bibliografia

33 destinazione funzionale di alcuni suoi settori132. Nonostante la facies punica di Tharros sia, salvo alcune eccezioni, non più facilmente ricostruibile a causa delle massicce modificazioni strutturali causate dalla sovrapposizione della città romana, alla piena età punica possono essere ricondotti una serie di interventi che, accomunati dal generalizzato ricorso al cubito fenicio di m 0,46133, dovettero conferire alla città una veste architettonica di sempre crescente monumentalità. Nel quadro dell’espansione cartaginese nel Mediterraneo centrale, Tharros vide consolidato il proprio ruolo centrale nella amministrazione della Sardegna tanto da meritarsi la fama di “Cartagine di Sardegna”134. Tra gli interventi più rilevanti rientra il cd. Tempio monumentale o “delle semicolonne doriche” (Fig. I.2./6, 1) il cui primo impianto fu riferito a un momento non anteriore al V sec. a.C. Successivamente, tra la metà del IV e l’inizio del III sec. a.C. la struttura fu riorganizzata e dotata di un basamento decorato da uno pseudo-portico a rilievo con semicolonne doriche sormontate da una cornice a gola egizia, assumendo quella veste architettonica ibrida “egizio-greca” che, a partire dal IV sec. a.C., caratterizza le più rilevanti manifestazioni dell’architettura religiosa e funeraria del mondo punico135. Nello stesso quartiere orientale è ubicato, immediatamente a sud del cd. Tempio monumentale il cd. Tempio “a corte” o “a pianta di tipo semitico” (Fig. I.2./6, 2). Si tratta di una struttura di cui è stata messa in luce la fase costruttiva di età romano imperiale, ma per la quale è stata ipotizzata una precedente fase edilizia di età punica136. Lo stesso accade anche per altre strutture per le quali è stato proposto un utilizzo a fini religiosi in età romana, come il cd. Tempio di Demetra (Fig. I.2./6, 6) – ubicato sulla collina di Su Murru Mannu, non molto a sud del tofet – e il cd. Santuario delle Iscrizioni Puniche cui appartiene il cd.

Tempietto K (Fig. I.2./6, 4), posto all’estremità meridionale della porzione del quartiere

abitativo messa in luce a ovest del cardo maximus137.

Tra gli interventi più significativi è possibile ricordare inoltre l’apprestamento del sistema difensivo, verosimilmente non impiantato prima del IV sec. a.C.138. Realizzato in blocchi squadrati di arenaria, cingeva la città sul versante rivolto l’entroterra, correndo dalle

132 Marano 2018: 200-203

133 Cf. Acquaro 1991: 449-58; Mezzolani 1994a: 122; Acquaro – Mezzolani 1996: 13; Verga 1997: 110. 134 Cf. da ultimo Fariselli 2018. In generale sul tema cf. inoltre Barresi 2007.

135 Per il Tempio monumentale di Tharros cf. Floris 2014-2015. 136 Per il Tempio a pianta di tipo semitico cf. Floris 2016: 50-53.

137 Per il Tempio di Demetra cf. da ultimo Floris 2016: 53-60. Per il Tempietto K cf. cf. Pesce 1966: 159-

63; Barreca 1986: 32; Tore 1989: 44-45; Acquaro 1983a: 625-28; Acquaro – Mezzolani 1996: 36-38; Ghiotto 2004: 38-39; Tomei 2008: 142-48.

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pendici settentrionali della collina di Su Murru Mannu sino al pendio settentrionale della collina di San Giovanni139 (Fig. I.2./6, 9-10). Nella collina di Su Murru Mannu, le fortificazioni vennero a cingere l’area del tofet (Fig. I.2./6, 7) e di un quartiere artigianale (Fig. I.2./6, 8) a vocazione principalmente pirometallurgica, ma anche ceramica, che raggiunse la sua massima produttività tra V e IV sec. a.C.140. Giustificata da evidenti motivazioni logistiche, la disposizione periferica del quartiere artigianale141 – così come quella dei settori funerari – non costituisce certo una peculiarità del contesto tharrense, bensì una prassi molto diffusa nel mondo punico142.

Anche la ricostruzione della storia della Tharros romana appare problematica. La mancanza di notizie storiche relative alla città, limitate a pochi dati forniti da fonti geografiche e grammatiche, non consente infatti di conoscere con esattezza quale fosse lo status giuridico di Tharros nella prima età del dominio di Roma. Sebbene la città non sia menzionata nella «formula» pliniana143, alcuni studiosi ritengono che Tharros divenne

municipium nel corso del I sec. a.C.144. Si è ipotizzato inoltre che Tharros avesse raggiunto successivamente, entro l’età severiana, lo status di colonia sulla base di un documento epigrafico testimoniante l’esistenza di una pertica145.

L’abitato romano si sovrappose a quello punico, mantenendone sostanzialmente immutata la fisionomia, rispettando l’impostazione del tessuto urbanistico – in buona parte, ma non solo, dettata dalla situazione geomorfologica146 – e conservandone spesso anche l’organizzazione in settori urbani ben marcati147 – specialmente nel caso delle strutture di abitazione – le tecniche e i tipi edilizi148. La romanizzazione si manifestò quindi principalmente nelle attività di ristrutturazione e decoro degli spazi e degli edifici pubblici.

139 Per le fortificazioni di Tharros cf. infra, § V.

140 Per il quartiere artigianale di Tharros cf. da ultimo Del Vais 2015a. Cf. inoltre infra, § IV.

141 L’esistenza di un’area artigianale sull’istmo di Sa Codriola, che separa la città dal Capo San Marco, è

confermata da recenti indagini (cf. Fariselli 2016-2017: 112, nota 3; Fariselli 2018: 122), mentre un settore deputato alla lavorazione ceramica, ubicato fra la necropoli settentrionale di Tharros e la Chiesa di San Giovanni di Sinis, è stato inoltre individuato nel 1989 da G. Tore sulla base del rinvenimento di scarti di lavorazione (cf. Del Vais 2014: 118, nota 126).

142 Cf. Morigi 2007: 36-37.

143 Cf. Acquaro – Mezzolani 1996: 15.

144 Zucca 1984a: 43; Zucca 1984b: 171-73; Zucca 1993: 57; Acquaro – Mezzolani 1996: 15 145 CIL X 7951

146 Marano 2018: 206. 147 Marano 2018: 199.

148 Cf. Mezzolani 2000. In generale per la persistenza della cultura punica nella Sardegna romana cf. Bondì

35 Già in età repubblicana, la città di Tharros conobbe diversi interventi di risistemazione urbanistica. Verso il II sec. a.C., si colloca un intervento di ristrutturazione del settore della cinta muraria messo in luce a Su Murru Mannu (Fig. I.2./6, 9), che fu rifasciata in blocchi poligonali di basalto e dotata di un muro di controscarpa a essa parallelo e funzionale inoltre alla creazione di un ampio fossato, sfruttato poi a partire dal I-II sec. d.C. come area funeraria149.

Allo stesso secolo si attribuisce anche l’edificazione del cd. Tempietto K (Fig. I.2./6, 4) che, pur aprendosi a influenze italiche, conserva alcuni tratti di tradizione punica150. In un periodo compreso tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. si colloca lo smantellamento del cd. Tempio punico “delle semicolonne doriche” (Fig. I.2./6, 1), inglobato nelle fondazioni di un nuovo edificio templare, rimasto poi in uso fino a epoca tardo-imperiale151.

È soprattutto in età romano-imperiale che la città di Tharros assunse l’aspetto tipico di un centro ormai pienamente romanizzato, dotato di edifici pubblici di rilievo quali i tre impianti termali (Fig. I.2./6, 13-15) realizzati nel corso del II sec. d.C.152 nel quartiere a est del cardo maximus, già caratterizzato per la presenza di edifici pubblici in età punica. Entro il II sec. d.C.153 si colloca la ristrutturazione delle sedi stradali, che furono lastricate con basoli basaltici, e la creazione di un sistema fognario154. Se nel nucleo dell’abitato le strade romane si sovrapposero verosimilmente a quelle puniche, è generalmente attribuita ad età imperiale (sempre nel II sec. d.C.) l’organizzazione secondo schemi ortogonali della rete viaria della collina di Su Murru Mannu. Questa risulta infatti impostata su tre assi stradali tra loro paralleli – il principale dei quali è il cd. cardo maximus – disposti con orientamento nord-sud e tagliati da strade minori a essi ortogonali155. L’area così organizzata dal punto di vista viario non è stata oggetto di scavi sistematici, ma, stando

149 Cf. infra, § V.

150 Per il Tempietto K cf. supra, nota 137.

151 Per la terza fase del tempio monumentale cf. da ultimo Floris 2014-2015: 47-61.

152 Per le terme, variamente datate entro una forbice cronologica compresa tra il II sec. a.C. e l’età severiana

cf. Pesce 1955-1957; Pesce 1966a: 155-56; Zucca 1984: 80-88; Bernardini 1989; Tronchetti 1989; Ghiotto 2004: 118-20; Morigi 2004; Zucca 2005: 265; Spanu – Zucca 2011: 55-56; Del Vais 2015b: 42-43.

153 Zucca 1984a: 51; Zucca 1993: 77; Del Vais 2015b: 43; Marano 2018: 206. Per una proposta di datazione

al I sec. d.C. della realizzazione della lastricatura cf. Zucca 2005: 265; Spanu – Zucca 2011: 55-56

154 Per il sistema fognario di Tharros cf. Mazzucato – Mezzolani – Morigi 1999; Marano 2018: 209-12. 155 Mansuelli 1981: 116; Zucca 1984a: 51; Zucca 1993: 77. Tale dato sembra parzialmente confermato dai

risultati di un saggio di scavo condotto nel 1994 immediatamente a nord del punto in cui si interrompe il tracciato del cd. cardo maximus, che ha permesso di rilevare «opere di rielaborazione edilizia e viaria» messe in atto in età imperiale e tardo-antica (Del Vais et al. 1995: 195-97). Tuttavia, è stato recentemente ribadita la possibilità che tale assetto ricalcasse una precedente situazione dal momento che un impianto stradale regolare è attestato a Cartagine già in età medio e tardo punica (Marano 2018: nota 12).

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ai pochi dati disponibili, si è ritenuto che essa potesse ospitare una zona residenziale156 nonostante la presenza lungo i tre assi principali di alcuni edifici di rilevanza pubblica quali le Terme n. 3 (Fig. I.2./6, 15), il Tempio “delle Gole Egizie” (Fig. I.2./6, 5) e il Tempio “di Demetra” (Fig. I.2./6, 6)157.

La principale delle tre vie parallele costituisce la prosecuzione verso nord del cardo

maximus che originariamente doveva spingersi sino all’estremità settentrionale della

collina di Su Murru Mannu dove, in adiacenza al settore occupato in età punica dal tofet e dal quartiere artigianale, fu realizzata nel II sec. d.C. una struttura a pianta circolare variamente interpretata come porta a tenaglia, area di macellazione o anfiteatro158 (Fig. I.2./6, 16).

Tra la fine del III e l’inizio del IV sec. d.C. sono stati collocati gli interventi di ristrutturazione delle fortificazioni della collina di S. Giovanni eseguiti reimpiegando i blocchi appartenuti ad una cortina muraria datata al IV sec. a.C., mentre a età giustinianea è stata ipoteticamente attribuito il muro, di qualità realizzativa inferiore, posto alle spalle della torre di San Giovanni159 (Fig. I.2./6, 10).

Allo stesso periodo è stato proposto inoltre di attribuire la costruzione dell’acquedotto160 e del relativo castellum aquae (Fig. I.2./6, 12), ubicato in corrispondenza di un compitum e dotato di una fontana monumentale161.

In età tardoantica e altomedievale Tharros divenne sede episcopale e nel V/VI sec. d.C. e vi venne edificata, nei pressi delle Terme n. 1, l’ecclesia Sancti Marci, con annesso battistero (Fig. I.2./6, 17). Tra VI e VII sec. d.C. anche le Terme n. 2 furono convertite ad altro uso, come farebbe ipotizzare la presenza di sepolture di età bizantina e il toponimo di Convento vecchio. Pur restando sede episcopale, Tharros andò incontro a un progressivo spopolamento causato o aggravato dalle incursioni saracene, che culminò nel 1071 con il definitivo abbandono della città162.

156 Del Vais et al. 1995: 194; Acquaro – Mezzolani 1996: 73-74

157 Le cd. terme n. 3 (cf. Zucca 1984a: 80; Zucca 1993: 111-12) e il cd. Tempio delle gole egizie sono stati

individuati solo planimetricamente, mentre lo scavo del cd. Tempio di Demetra è tuttora inedito (cf. da ultimo Floris 2016: 53-60).

158 Cf. infra, § II.3. 159 Cf. infra, § V.

160 Cf. Ghiotto 2004: 149-50, con bibliografia precedente.

161 Per il castellum aquae cf. Giorgetti 1997: 131-46; Giorgetti 1999: 150-57; Idili 2001: 155-72; Ghiotto

2004: 137-38; Del Vais 2015b: 43. Una datazione alla prima metà del III sec. d.C. è preferita da A.R. Ghiotto (Ghiotto 2004:118-20).

162 Per Tharros in età tardoantica e medievale cf. Zucca 1984a: 45-48; Acquaro – Mezzolani 1996: 16-17;

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S

EZIONE

II.

Il quartiere settentrionale di Tharros.

Storia degli studi e delle ricerche

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CapitoloII.1.

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