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Capitolo II.1. Gli scavi ottocenteschi

II.1.2. I dati d’archivio

L’analisi di alcune carte appartenenti al fondo Vivanet, custodito presso l’Archivio

Storico del Comune di Cagliari nella Biblioteca generale centrale e di Studi Sardi presso

la MEM – Mediateca del Mediterraneo di Cagliari, ha permesso il recupero del carteggio tra il Sovrintendente Filippo Vivanet e l’avvocato Efisio Pischedda, allora Ispettore onorario, che consente di meglio definire l’attività di scavo condotta in quegli anni nella collina di Su Murru Mannu. In una lettera datata al 28 maggio 1891 E. Pischedda informava il Sovrintendente sulle attività svolte a partire dai rinvenimenti fortuiti dei quali il Vivanet avrebbe dato notizia nel 1892173, cui allegava anche una riproduzione fotografica della statua.

172 Vivanet 1892. La relazione firmata da F. Vivanet è datata 19 giugno 1892. 173 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 1.

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Presso lo stesso archivio è custodito un biglietto, rivolto da E. Pischedda a F. Vivanet e datato al 7 giugno 1891174, che accompagnava l’invio di due non meglio specificati documenti monetali rinvenuti nella collina di Su Murru Mannu nell’aprile 1891.

In data 24 novembre 1891 lo stesso E. Pischedda trasmetteva al Sovrintendente F. Vivanet – dopo che questi ne aveva sollecitato l’invio nell’ottobre 1891 – una relazione, con allegate fotografie e disegni, sugli scavi effettuati a Tharros nella precedente estate, avendo il 17 giugno del 1891 E. Pischedda chiesto una concessione annuale per condurre scavi in diverse aree della penisola del Sinis, tra cui la collina di Su Murru Mannu175, ottenuta in data 8 luglio176.

La lettera del Pischedda costituisce un prezioso aiuto per la ricostruzione delle vicende riguardanti i rinvenimenti del 1891. Dopo aver richiamato alla memoria le scoperte che nel febbraio del 1891 avevano portato al ritrovamento, a seguito di una mareggiata, di «una tomba formata d’una pila d’arenaria dentro la quale ritrovò un’urna cineraria di vetro con un grandissimo piatto pure di vetro ed una moneta di Domiziano»177 e, non lungi di lì, della «statua acefala»178 e al rinvenimento di «due iscrizioni mortuarie dedicate a Valerio e l’altra di Aristilla di Aristina»179, ricordava il ritrovamento di altre tombe, alcune «spezzate e le diverse parti alla distanza di due o tre metri l’una dall’altra»180, altre «capovolte e le ossa e gli oggetti sparsi nel terreno, talora tali oggetti anche intatti»181, condizioni che E. Pischedda riferiva a fenomeni di franamento del terreno correlati al collasso di un muro di protezione e di contenimento182. E. Pischedda riferiva quindi dei propri scavi, avviati nella parte inferiore del pendio occidentale della collina di Su Murru Mannu, lungo la spiaggia di San Giovanni «nel punto stesso dove si erano trovate le accennate iscrizioni corrispondente al punto segnato colla lettera A nella fotografia distinta col N° 1 che le spedisco unita alla presente relazione»183 (Fig. II.1.2./1)184. Una volta individuate le tombe «a una profondità di circa tre metri coperte da uno strato di

174 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 2. 175 Cf. Tore 1994: 271.

176 Vivanet 1892. Cf. supra, § II.1.1.

177 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 178 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 179 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 180 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 181 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3.

182 Secondo una lettura che, come già visto, sarà riproposta anche da F. Vivanet nel pubblicare la notizia

dei rinvenimenti, cf. supra, § II.1.1. In realtà è con ogni probabilità il dissesto idrogeologico generale dell’area ad aver determinato il crollo di tale muro, peraltro da individuarsi più verosimilmente, stante l’ubicazione segnalata, nei resti dell’acquedotto, cf. supra, § I.2.1.

183 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 184 L’immagine è riprodotta anche in Del Vais 2006c: tav. VIII.

43 terreno vegetale dell’altezza di circa un metro e superiormente a questo uno strato di sabbia dell’altezza non inferiore a due metri», l’avvocato fece «sgombrare da una superficie di circa trenta metri quadrati la sabbia che ricopriva il terreno», individuando due tombe a sarcofago monolitico («pila») d’arenaria affiancate ed «entrambe poste in pendio come se precipitassero assieme al terreno franato, e le lastre pur d’arenaria che un tempo le ricoprivano si trovarono presso alle stesse tombe e nella parte inferiore di esse»185 (Figg. II.1.2./2-3). Una tomba conservava le ossa del defunto «quasi ammucchiate nella parte inferiore della tomba e fra esse un cerchietto spezzato di legno nero come l’ebano, rassomigliante a quei cerchietti d’osso che soglionsi appendere al collo ai bimbi durante la dentizione, un vasetto poco elegante di terracotta […] ed una moneta di Domiziano»186. Nell’altra tomba «le ossa erano disposte in modo da potersi rilevare la posizione di due cadaveri che vi erano stati seppelliti, cioè quella di una donna ed alla destra di lei, un bambino»187. Gli oggetti di corredo, rinvenuti anch’essi nella loro posizione originaria «forse perché in quella tomba sarà penetrata la terra, prima che il terreno avvallasse»188, consistevano in una collana con vaghi di cui due globulari in corallo rosso e i restanti, di diverse forme, di vetro, un «braccialetto di bronzo di forma molto comune ed una tazza di vetro che non poté estrarsi neppure in pezzi, perché per la sua estrema sottigliezza, per l’umidità e pressione della terra era ridotta quasi in piccole squame»189, e una moneta ipoteticamente attribuita ad Agrippina. A lato della tomba fu rinvenuto inoltre un pezzo di piombo del peso di circa 1 kilo, «evidentemente […] adoperato per saldare alla pila qualche iscrizione», la ricerca della quale produsse come risultato il rinvenimento di «otto frammenti di iscrizione in marmo bianco quale con due, quale con quattro in cinque lettere benissimo formate»190. Grazie alla preliminare analisi paleografica E. Pischedda asseriva che i frammenti, nessuno dei quali ricomponibile, dovevano appartenere a diverse iscrizioni.

Al di sotto delle due tombe ne furono rinvenute altre – il cui numero rimane imprecisato –, che non restituirono oggetti di corredo se non «una specie di medaglione in terracotta» [… rappresentante…] un’aquila con un serpente in bocca, forse […] adoperato come

185 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 186 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 187 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 188 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 189 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 190 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3.

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sigillo per improntarlo sul gesso, poiché di questa teneva dei pezzetti ancora aderenti»191 (Fig. II.1.2./4).

Lo scavo fu concentrato successivamente 57 m a monte, nel «punto esatto in cui erasi rinvenuta la statua acefala», mettendo in luce uno strigile bronzeo192, una chiave e parte di una serratura di bronzo (Fig. II.1.2./5) e, alla profondità di circa cm 70, «una sepoltura scavata nel terreno e fiancheggiata da lastre di arenaria» all’interno della quale furono rinvenuti diversi vasi di vetro frammentari – che E. Pischedda spediva a F. Vivanet in una scatola allegata alla relazione –, «un rozzo recipiente di terra», una «tazza» che conteneva un’altra tazza di forma analoga ma di minori dimensioni e un oggetto di bronzo interpretato come uno stilo per scrivere193 (Fig. II.1.2./5). In tale contesto, «trovandosi solo tombe povere e cogli oggetti spezzati» E. Pischedda decise di abbandonare gli scavi in quel punto e rivolgere altrove la propria attenzione. Avendo notato che un versante della collina di Su Murru Mannu, distante circa 200 metri dalla spiaggia, si presentava fittamente cespugliato, ritenne di potervi individuare delle tombe integre. Quanto segue nella lettera risulta molto interessante ai fini del presente studio, in quanto costituisce la sola descrizione disponibile della collina di Su Murru Mannu prima che G. Pesce vi avviasse le sue indagini. Scrive l’avvocato Pischedda: «praticai quindi alcuni assaggi fra i cespugli aprendo delle piccole trincee, ma non trovai che delle sepolture fatte nel nudo terreno che non contenevano che delle ossa e pezzi di rozze stoviglie e qualche moneta tanto ossidata da non potersi decifrare. Tentai altri scavi più su in un piccolo tratto piano, ma non tardai a persuadermi che quivi le tombe erano state violate già da molto, anzi lo stesso Manca più sopra indicato mi riferì che in quel sito erano trovate delle tombe contenenti urne cinerarie di vetro e terracotta, e ciò da circa quarant’anni or sono. A poca distanza da queste tombe si osservano gli avanzi d’un piccolo edifizio che probabilmente sarà stato un ustrino»194.

La relazione prosegue con la breve descrizione degli scavi condotti più a sud, verso la torre di S. Giovanni – dove furono individuati un «altro rudere e tutt’intorno molti pezzi di lastre di marmo», ritrovando «chiodi di bronzo, pezzi di piombo ed un pezzo di spillo

191 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3.

192 Il manufatto è forse il medesimo conservato all’Antiquarium arborense, per il quale è indicato il

rinvenimento nella collina di Su Murru Mannu da parte di E. Pischedda (Zucca 1998: 22; cf. inoltre Secci 2009: 170, nota 113).

193 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 194 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3.

45 crinale in osso»195 – e nell’istmo di Sa Codriola, dove furono rintracciate delle tombe già individuate da clandestini i quali ne avevano però dovuto interrompere il saccheggio per via di infiltrazioni d’acqua, che costituirono un ostacolo anche allo scavo di E. Pischedda196.

Oltre ad alcune foto l’avvocato allegava alla relazione anche uno schizzo planimetrico in cui si riconosce chiaramente, in basso, la collina di San Giovanni con la torre spagnola a pianta circolare e, in alto a destra, lo sviluppo allungato della collina di Su Murru Mannu, attraversata dal cd cardo maximus terminante in una struttura circolare (Fig. II.1.2./6). La lettura della pianta è tutt’altro che agevole ma sembrerebbe di potervisi individuare le aree indagate da E. Pischedda (Fig. II.1.2./7).

L’immagine che emerge dalla lettura delle carte di E. Pischedda della collina di Su Murru Mannu, con la spessa coltre di sabbia che copriva i suoi resti archeologici, non appare difforme da quella che alcuni anni prima ne aveva dato G. Satta in un disegno, significativamente intitolato Le dune edito nella raccolta Antichità fenicie di Sardegna –

Tharros, edito nel 1885 nella rivista milanese L’Illustrazione Italiana197 (Fig. II.1.2./8). L’aspetto della collina di Su Murru Mannu si sarebbe sostanzialmente mantenuto immutato sino all’avvio degli scavi da parte di G. Pesce, lavori che avrebbero rivoluzionato le conoscenze dell’archeologia del “quartiere settentrionale” di Tharros dal momento che prima della scoperta del tofet non era noto che in esso fossero presenti vestigia differenti da quelle della necropoli romana.

195 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 196 ACC. Fondo Vivanet. Busta 1 (Antichità), Fascicolo 1, Documento 3. 197 Satta 1885.

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CapitoloII.2.

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