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I papi da Paolo IV a Gregorio XIII: l’editoria della Controriforma

Durante tutta la fase incunabulare e ben oltre, sembrava che a Roma si preferisse stampare opere classiche, piuttosto che religiose111: nel 1467 il Cicerone di Sweynheym e Pannartz si contese il primato con le lettere stampate da Riessinger di Gerolamo a cura di Teodoro de Lellis, e forse toccò proprio a quest’ultima l’onore di essere la prima edizione stampata di tutta la Penisola112;

eppure, le edizioni patristiche stentavano ad imporsi nella frenetica industria tipografica capitolina.

I Padri andavano incontro a maggiore interesse da parte degli editori oltre le nostre Alpi: a Parigi e, soprattutto, a Basilea. Proprio qui l’officina tenuta dai soci Amerbach e Froben, da un certo punto in poi rinvigorita dalla collaborazione con Erasmo, stampò numerose edizioni patristiche, diffuse ad ampio raggio su tutto il mercato librario europeo grazie ad oculate operazioni di marketing.

Tali edizioni, provenienti da ambienti riformati, incapparono prima nel sospetto e poi nell’aperta condanna da parte cattolica. Tuttavia, la massa dei

111 P. Petitmengin, A propos, cit., pp. 199-251, in part., p. 199.

112 Cfr. C. Bianca, Le strade della ‘Sancta Ars’. La stampa e la curia a Roma nel XV secolo, in La

stampa romana nella città dei papi e in Europa, a cura di C. Dondi – A. Rita, Città del Vaticano, 2016,

66 fedeli che desiderava imbeversi delle opere dei Padri non trovò a lungo alcuna alternativa cattolica all’acquisto e alla lettura di quelle.

Per ovviare a questa necessità, intorno al 1540, Marcello Cervini113 pensò

di richiamare a Roma un illustre stampatore che potesse rivaleggiare per arte ed esperienza con i suoi concorrenti d’oltralpe114. Suscitando grande entusiamo in

tutto l’ambiente curiale, il futuro papa Marcello II scelse per questo delicato incarico Paolo Manuzio, figlio e continuatore del celebre Aldo.

Nel 1995, Martin Lowry115 annunciava il ritrovamento del contratto autentico stipulato tra Paolo Manuzio e la Santa Sede. La notizia del foglietto

113 Sul ruolo svolto da Marcello Cervini nell’avvio dell’editoria romana, cfr. S. Morison,

Marcello cervini Pope Marcellus II, bibliography’s patron saint, «Italia Umanistica e Medioevale» 5

(1962), pp. 301-319; P. Paschini, Un cardinale editore, Marcello Cervini, in Cinquecento romano e

riforma cattolica, Roma, 1958, pp. 183-217; L. Dorez, Le cardinal Marcello Cervini et l’imprimerie à Rome (1539-1559), «Mélanges d’Archéologie et d’Histoire de l’Ecole Française de Rome» 12 (1892),

pp. 289-313. Tra i contributi più recenti, segnalo la miscellanea: La stampa romana nella città dei papi

e in Europa, a cura di C. Dondi – A. Roth, Città del Vaticano, 2016.

114 Da una dichiarazione del segretario apostolico Giovanni Carga al pontefice Gregorio XIII, si apprenderebbe che l’idea di aprire una tipografia vaticana a Roma venne, in realtà, a Paolo IV, il quale, dopo aver pubblicato nel 1559 «la prima censura ed indice dei libri proibiti cominciò a correggere il Breviario ed il Messale con intenzione di fare il medesimo del resto della Scrittura; ed affinché tutto si stampasse emendatissimamente ordinò al cardinale Trivulzio, allora che risiedeva a Venezia [come nunzio] e poi quando lo mandò legato in Francia, che d’ambedue le parti conducesse a Roma i migliori e più famosi stampatori che si trovassero, con tutte quelle condizioni oneste che essi avessero voluto. Il cardinal Trivulzio sopraggiunto dalla morte [1559] non poté eseguire la sua commissione»: Paschini, Guglielmo Sirleto, cit., p. 269; Höpfl, Beiträge zur

Geschichte der sixto- klementinischen Vulgata, Freiburg im Breisgau, 1913, p. 37. Il nuovo pontefice

Pio IV avrebbe poi convocato Paolo Manuzio su consiglio di Monsignor Seripando. Cfr. P. Petitmengin, Les éditions patristiques, cit., p. 10.

115 M. Lowry, Facing the Responsibility of Paulus Manutius, Los Angeles, 1995. Le vicende intorno al destino di questo atto, acquistato dalla University of California, Los Angeles (UCLA) all’asta di Sotheby’s London del 26 aprile 1990 e edito da Lowry, sono oggetto dell’analisi di P.

67 volante, acquistato dalla University of California durante un’asta, sradicato dal suo contesto, passò quasi sotto silenzio, eppure esso aveva riportato alla luce le clausole che regolavano una collaborazione storica. Tra i nomi manoscritti, oltre a quello del Manuzio, figuravano quelli dei cardinali Giovanni Morone e Guido Ascanio Sforza e del vescovo di Caserta, Antonio Bernardi della Mirandola. Le parti siglavano un contratto datato 2 maggio 1561.

L’atto definiva la volontà della Santa Sede, «à beneficio, et util pubblico», di contrastare la diffusione delle pubblicazioni a carattere ereticale, convocando a Roma, Paolo Manuzio, all’epoca della sigla ancora residente a Venezia. A Paolo spettavano 500 scudi l’anno per dodici anni e il dono del cavalierato riconosciuto alla persona del figlio.

Desiderando la Santità di Nostro Signore per honor’ et servizio della Santa Sedia ap[ostoli]ca et à beneficio, et util pu[bli]co di condur’ in Roma una stampa, dalla quale escano libri ben corretti et emendati, così della sacra scrittura come d’ogn’altra sorte, massime in questi tempi che le stampe si truovano in molti luoghi corrotte dagli heretici, et havendo desegnato di darne la cura à Messer Pavolo Manutio al p[rese]nte habitante in Venetia, De qui è che la Reverenda Camera a[posto]lica, per ordine espresso, et in nome di sua Santità da una banda, et il prefato Messer Pavolo, et per lui il molto

Sachet, Il contratto tra Paolo Manuzio e la Camera apostolica (2 maggio 1561). La creazione della prima

stamperia vaticana privilegiata, «La Bibliofilía» 115 (2013), pp. 245-262. La ricostruzione delle

peripezie vissute dal folio 159, porta Sachet ad affermare che esso sia stato indebitamente sottratto all’Archivio di Stato di Roma. Prima del ritrovamento del Lowry, restavano fondamentali i contributi di F. Barberi, Paolo Manuzio e la Stamperia del Popolo Romano (1561-1570). Con documenti

inediti, Roma, 1942; C. F. Bühler, Paulus Manutius and his First Roman Printings, «Papers of the

Bibliographical Society of America», 46 (1952), pp. 209-214, consultabile anche in Id., Early Books

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Reverendo Monsignor Antonio Vescovo di Caserta suo procu[rato]re dall’altra banda, si convengano nel modo che siegue ciò è / Che la detta Camera conduce il p[refa]to Messer Pavolo all’impresa et governo della detta stampa per anni dodici prossimi da venire cominciando il p[ri]mo giorno+di Maggio pross[im]o, con provisione de scudi cinquecento d’oro l’anno, da essergli pagati di sei in sei mesi inanzi tratto, la qual s’intenda cominciar’ à correre al detto primo di Maggio ^pross[im]o, per il pagamento della quale essa Camera gli debba dar’ un’assignamento buono sufficiente, et esigibile {,} et far’ con effetto che sua Santità tra un mese, poi ché esso Messer Pavolo sarà arrivato in Roma {,} à conto della mede[si]ma provisione gli darà un Cavalerato Pio, qual debba esser messo nella persona del figliuolo del p[refa]to Messer Pavolo. +del p[rese]nte mese, ^presente /116.

Ci si accorda nei minimi dettagli, dunque, al fine di «condur’ in Roma una stampa, dalla quale escano libri ben corretti et emendati così della Sacra scrittura come d’ogn’altra sorte». Sachet riconosce in quest’ultima specificazione sulla natura dei libri da stamparsi, il motivo di incomprensione tra i contraenti: Manuzio si sarebbe illuso di poter curare e stampare libri d’ogni genere, d’argomento, dunque, non esclusivamente religioso, e con un certo margine di autonomia rispetto alle direttive dei vertici curiali117.

116 Roma, Archivio di Stato, Notari segretari e cancellieri della Camera apostolica, prot. 453, f. 159r (ora Los Angeles, UCLA Special Collections, ms. 170/658r). Il testo edito è stato tratto da P. Sachet, Il Contratto, cit., p. 259.

117 Ivi, pp. 246-247: «Privo di una fonte tanto preziosa, nel 1942 Barberi aveva ipotizzato una mancanza di chiarezza tra i contraenti riguardo la naturadei libri che la stamperia avrebbe dovuto pubblicare: le gerarchie del-la Chiesa cattolica, secondo lo studioso, pensavano a testi d’argomento strettamente religioso, laddove Paolo si illudeva di poter coltivare almeno in parte

69 Le sue aspettative restarono disattese: «l’impresa di una stamperia vaticana a direzione aldina incontrerà molte difficoltà e qualche insufficiente, sparuto successo» e Manuzio, «deluso ed estenuato, nell’autunno del 1570 abbandonerà il suo incarico per rientrare a Venezia»118, due anni prima, quindi,

dal termine accordato con la Santa Sede.

La parabola illusoria ruotante attorno all’impresa dell’editoria vaticana era stata scomposta in tre momenti diversi da Petitmengin: alle grandi speranze e alle grandi disillusioni sotto i pontificati di Pio IV e Pio V, era seguita una fase di più costante attività sotto Gregorio XIII, che sarebbe culminata, infine, nello «splendeur et misère» della Tipografia sotto Sisto Quinto e Paolo V119.

In effetti, al tentativo – sostanzialmente fallito – di Paolo IV di contrastare l’editoria riformata attraverso l’emanazione dell’Index librorum prohibitorum era seguito un sollevamento di librai ed eruditi allarmati dagli eccessi inquisitorali che non avevano lasciato loro alcun margine di iniziativa. A tali lamentele, il Papa aveva risposto accordando immediatamente una licenza, la Moderatio Indicis

librorum prohibitorum, del gennaio 1559120.

l’amato genere classico-umanistico». Dello stesso autore cfr. anche: Id., La Chiesa davanti ai Padri:

Erasmo, gli umanisti riformati e la patristica cattolica romana tra Rinascimento e Controriforma, «Rivista

di storia e letteratura religiosa» 54 (2018), pp. 389-420.

118 P. Sachet, Il contratto, cit., p. 257. Dopo soli tre anni, Manuzio tornerà a Roma e vi morirà di lì a poco, il 6 aprile del 1574. Sull’attività della Stamperia del Popolo Romano dopo l’allontanamento di Paolo Manuzio, cfr. A. M. Giorgetti Vichi, Annali della Stamperia del Popolo

Romano (1570-1598), Roma, 1959, ideale prosecuzione del fondamentale studio di F. Barberi, Paolo Manuzio, cit.

119 P. Petitmengin, Les éditions, cit., p. 8.

120 Sulla data della bolla, risulta tuttoggi una certa discordanza: per F. H. Reusch, Die

70 Si dichiaravano leciti il possesso e la consultazione di opere di autori ortodossi, per quanto stampati o editi da tipografi e editori in odore d’eresia, a condizione che fossero state ripulite dei riferimenti eterodossi e che la lettura ne fosse stata autorizzata per iscritto dai membri dell’Inquisizione121. Tale

concessione avrebbe permesso a editori come Vittori e Latino Latini la possibilità di consultare i commentari ai Padri di Erasmo, ormai condannati, e proporne nuove versioni122.

giugno del 1561. A quest’ultimo si rifa, ad esempio, A. Prosperi, L’inquisizione romana: letture e

ricerche, Roma, 2003, p. 267: «Era in atto il lavoro della commissione voluta da Pio IV per la

‘moderazione’ dell’Indice, approdata nel giugno appunto alla ‘moderatio Indicis’». È il caso di citare per esteso un ampio brano di J. Hilgers, cui ricondurre le affermazioni di altri studiosi, quali Petitmengin, e con cui spiegare la divergenza nelle ricostruzioni. Cfr.: J. Hilgers, Der Index der

verbotenen Bücher. In seiner neuen Fassung dargelegt und rechtlich-historisch gewürdigt, Freibourg im

Breisgau, 1904, p. 8: «Reusch und andere nach ihm, wie auch Ottino und Fumagalli, sprechen viel von einer Moderatio Indicis librorum prohibitorum des Generalinquisitors Michael Ghislieri (des späteren Pjus V.), einer Milderung nämlich des Index Pauls IV., welche nach jenen Autoren am 24. Juni 1561 unter Pius IV. veröffentlicht worden wäre. Aber es kann kein Zweifel sein, dasa diese sogennante Moderatio bereits von Paul IV. Selbat gewährt und in seinem Index des Jahres 1559 auch bereits veröffentlicht wurde. Es gibt wohl eine Ausgabe dieses Index, welche am 30. Dezember 1558 schon fertig gedruckt war und jene Moderatio ‘De libris orthodozorum Patrum etc.’ nicht kennt. Aber mit dem neuen Katalog ‘selbat mufs sie an jenem 30. Dezember ober’ nachträglich in den ersten Tagen des darauffolgenden Januar veröffentlicht worde sein».

121 La Moderatio Indicis fu rinvenuta soltanto nel 1909 all’interno del Codex Vaticanus lat. 3958, fol. 74v, e fu pubblicata per la prima volta da J. Hilgers, Bücherverbot und Bücherzensur des

16. Jahrhunderts in Italien, «Zentralblatt für Bibliothekswesen» 28 (1911), pp. 120-121.

122 Cfr. P. Petitmengin, A propos, cit., pp. 201-202: «C’est ainsi qu’un des meilleurs patristiciens romains, Latino Latini, obtint du Maître du Sacré Palais le droit de garder son édition de saint Augustin (Venise, ad Signum Spei, 1552), où il avait effacé tous les commentaires d’Erasme: ‘sublatis Erasmi omnibus’». Petitmengin trae questa indicazione dall’elenco di opere proibite che Latino sottomette all’approvazione del Maestro del Sacro Palazzo, Daniel Magister, che, infine, gli concede: «usus huiusmodi librorum concessus sit D. Latino Latinio deletis omnibus delendis secundum decreta sacri officii». Per il ritrovamento di tale documento, Ivi; p. 202, n. 1.

71 Alla Moderatio sarebbe seguito un intervento di ulteriore apertura. Pio IV (1559-1565) resosi conto della sterilità della repressione rappresentata dall’Index

terribilis di Paolo IV, temperò l’interdizione con un nuovo indice che fu

pubblicato a Roma nel 1564. La formula donec corrigatur apriva al recupero delle opere proibite, previa un’operazione di controllo ed espurgazione, fintantoché l’editoria curiale non avesse provveduto alla produzione di nuove edizioni ufficiali con cui sostituire quelle giudicate eretiche e proibite.

Il nuovo pontificato di Pio IV sembrava coincidere con l’avvio di un’età dell’oro dell’editoria curiale. Per questa occasione furono istituite commissioni di eruditi, richiamati a Roma da ogni parte d’Europa. A tale collaborazione internazionale corrispondeva la generosa disponibilità assicurata dalla Biblioteca Vaticana, in particolare nella persona di Guglielmo Sirleto123.

Ippolito Chizzuola nel 1560 annunciava così la fase di rinascita dopo la vacua politica repressiva attuata da Paolo IV e l’introduzione «in Italia et massimamente in Roma di bellissime stampe»:

…provedendo che tutti i libri sacri della bibia e de dottori christiani siano qui stampati colle correttioni d’huomini dotti e catolici, affin che non c’intravenga di nuovo quello che intravenne sotto Paolo IV, che vietando i

123 Cfr. P. Petitmengin, A propos, cit., p. 203, in cui si fa riferimento alla fitta rete di corrispondenza tra Sirleto ed eruditi di tutta Europa e l’invio su interessamento di questi di esemplari da collazione. È il caso del materiale di collazione su Agostino inviato a Plantin per la sua edizione dell’Ipponense. Su Sirleto, cardinale bibliotecario, e la sua centralità negli ambienti curiali del tempo, una bibliografia crescente, di cui si daranno adeguati riferimenti nei paragrafi successivi.

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libri stampati da gl’heretici, non ci resto piu ne bibia ne dottore sacro che fosse da vedere, tanta si scopri essere stata la trascuragine nostra nel tutto contraria alla diligenza de gl’heretici124.

Pietro Galesini nella dedica al De virginitate del Nisseno tesseva l’elogio del nuovo pontefice ponendo l’accento proprio sul nuovo impegno in campo editoriale intrapreso da Pio IV, fondamentale tanto quanto l’altro pilastro eretto nel corso del suo pontificato, ovvero, l’avvio del Concilio:

Pie Pontifex…firmissima duo Christianae Reipublicae fundamenta per te constituta sunt, quorum unum primum et summum in Concilio positum est: alterum in eo, quod, sublatis haereticorum interpretationibus, veterum patrum scripta, quae vel iniuria temporum, vel hostium perfidia in tenebris iacuerunt, beneficio tuo divulgabuntur125.

Come anticipato, tale entusiasmo era destinato a spegnersi presto. Già nel 1563, la tipografia avviata per iniziativa degli alti ambienti curiali fu rinominata

Stamperia del Popolo Romano126, e, a partire dal 1565, non si sarebbe pubblicato a

124 Cfr. Concilium Tridentinum: diariorum, actorum, epistularum, tractatuum nova collectio, collegit, edidit, illustravit S. Ehses, vol. XIII, I, Freibourg im Breisgau, 1938, p. 435.

125 Citazione tratta da P. Petitmengin, A propos, cit., p. 202 n. 5.

126 Segnale del disinteresse precoce da parte della Curia sta per Petitmengin nel nuovo nome assunto dalla tipografia di Paolo, detta ora Stamperia del Popolo Romano. Cfr. P. Petitmengin,

A propos, p. 202: «Puis dès 1563 la Curie se désintéresse de l’affaire et fait cadeau de l’imprimerie

73 Roma un solo altro Padre, a eccezione del Gerolamo di cui qui ci si occupa, «dû à la forte personnalité de Mariano Vittori127».

127 P. Petitmengin, A propos, p. 203. Cfr. anche la nota n. 3 relativa alla citazione riportata: «C’est la seule édition patristique romaine de quelque importance qui ne sera pas violemment critiquée par les savants protestants». Affermazione da ridimensionare, come si vedrà nella Pars

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Capitolo III

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