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La vita di Mariano Vittori

Nel ricostruire la vicenda personale del Vescovo di Amelia non si può, tuttora, prescindere dalla biografia pubblicata da Angelo Sacchetti Sassetti nel 1917128. Fondandosi sulle testimonianze di numerosi documenti d’archivio reatini

e attraverso una capillare analisi di quanto resta delle opere del Vescovo, Sacchetti Sassetti mise insieme una biografia attendibile, talora in diretta polemica con i tentativi di ricostruzione storica dei suoi predecessori, Michele Micaeli e Antonio Colarieti129. La sua vita resta ad oggi la biografia più completa

sul Reatino130 e ad essa fondamentalmente ci atterremo, pur aggiornandola, per

le pagine che seguono.

128 A. Sacchetti Sassetti, La vita e gli scritti di Mariano Vittori, Rieti, 1917 Importante l’aggiornamento, a cura dello stesso A., che rinvenne e pubblicò nuovi documenti d’archivio, correggendo alcuni dati relativi alla biografia: Nuovi documenti intorno a Mariano Vittori, Rieti, 1948. Angelo Sacchetti Sassetti (Rieti, 1873 – Alatri, 26 maggio 1968) è stato uno storico e filologo italiano; su di lui: Angelo Sacchetti Sassetti, (1873-1968). Atti del convegno, Rieti, 24 maggio 1969, a cura di A. Angelucci, Spoleto, 1969, ma cfr. infra, pp. 23-24 per le numerose iniziative in corso sulla figura e l’opera dello storico organizzate dall’Archivio di Stato di Rieti.

129 M. Micaeli, Notizie di Mariano Vittori Reatino, Rieti, 1858; A. Colarieti, Degli uomini più

distinti di Rieti per scienze, lettere ed arti, Rieti, 1860.

130 Lo conferma lo studio di Maria Carla Spadoni sull’antiquaria di Rieti, che evidenzia l’esiguità degli studi sul nostro autore: Reate, vol. II, L’Antiquaria, Pisa, 1998, pp. 19-58.

76 Mariano Pietro Amoretti nacque a Rieti da Mariano Bernardino Amoretti e Maria Pallotta, detta Pinta131. La data di nascita del futuro vescovo rimase a

lungo incerta, sino al ritrovamento, da parte di Sacchetti Sassetti, del testamento di Mariano Amoretti, padre del nostro132.

Nel 1518, ormai in punto di morte, questi firmò un atto che prevedeva disposizioni a favore della moglie, della figlia primogenita e del bimbo, Mariano appunto, che la Pinta teneva in grembo al momento della stesura del documento:

In nomine D.ni, amen. Anno Domini 1518, indictione sexta, tempore pontificatus S.mi in Christo patris et d.ni nostri d.ni Leonis divina providentia pape X, mense februarii, die XII. Marianus Bernardini Amoritti de Reate infirmus corpore, tamen sanus mente et intellectu, recte et articolate loquens, cum nil sit certius, morte et incertius hora mortis, nolens intestatus decedere, ut bonos viros decet, hoc suum nuncupativum condidit testamentum, quod de iure civili dicitur sine scriptis, facere procuravit et fecit in hunc modum, vid […]. Item reliquit Pinte eius uxori unam gunnellam panni nigri reatini bracchiorum octo. Item reliquit dictam eius uxorem dominam et dominatricem suorum bonorum, donec et quousque caste et honeste vixerit et honorem sui viri servaverit. Item reliquit Antonie eius filie legitime et naturali flor. tricentos de bonis suis ad soll. L pro dote

131 Detta così per il suo uso di tingersi i capelli, secondo una consuetudine diffusa presso le donne del tempo, come rileva Sacchetti Sassetti, basandosi sulle frequenti occorrenze di tale soprannome nei documenti reatini dell’epoca. Cfr. Sacchetti Sassetti, La vita, cit., p. 8

132 Micaeli la poneva con approssimazione a fine XV sec (Notizie, cit., p. 1), mentre Colarieti indicava il 1485, senza, tuttavia, citare alcuna fonte a sostegno della propria ricostruzione. Cfr. Colarieti, Degli uomini più illustri, cit., p. 45. Prima del ritrovamento del testamento del padre di Mariano, Sacchetti Sassetti aveva ipotizzato che questi fosse nato tra il 1503 e il 1511. Cfr. Sacchetti Sassetti, La vita, cit., p. 9.

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et rebus mobilibus dandis tempore nuptus dicte Antonie. Item reliquit dictam eius uxorem pregnantem […]133.

Nato, dunque, già orfano di padre, Mariano si ritrovò ad essere unico erede dei beni paterni, secondo le disposizioni testamentarie:

Item reliquit quod si dicta eius uxor peperit filiam feminam, eidem filie femine reliquit florenos tricentos similes et totidem reliquit si duas peperit. Sin autem filium masculum peperit, eumdem suum universalem heredem instituit.

Il padre di Vittori era stato per tutta la vita un modesto agricoltore e aveva usufruito assieme al fratello Leonardo di alcuni possedimenti familiari. Per la famiglia Amoretti, da cui il futuro vescovo discendeva, Colarieti sosteneva radici nobili134, ma spinge e a credere il contrario il fatto che nessuno dei suoi membri

compare in atti d’ufficio preceduto dall’onorifico Dominus, com’era invece consuetudine all’epoca. Secondo Sacchetti Sassetti, Mariano, inoltre, non avrebbe avuto ragione di sostituire il suo nome, se avesse testimoniato un’origine patrizia135.

Mariano ebbe due fratelli: Antonia, la primogenita di Mariano Bernardino, scomparsa prematuramente, ed Emilio, nato dal secondo matrimonio della Pinta

133 Sacchetti Sassetti, Nuovi documenti, cit., pp. 11-12.

134 Il biografo se ne convinse per via della carica di Gonfaloniere toccata a Emilio, fratello di Mariano. Il titolo tuttavia, come precisa Sacchetti Sassetti, era obbligatoriamente riservato ai patrizi solo dal XVIII secolo.

78 col notaio reatino Ser Matteo Petrignani. Morto il padre, i due fratelli passarono sotto la tutela dello zio Leonardo, e alla morte di questi, sotto quella di Domenico Adiutori, chiamato in causa in quanto tutore di Mariano nella cessione di un podere registrata il 27 febbraio 1528 a suo vantaggio, da parte del Capitolo della Cattedrale di Rieti136.

L’Adiutori pare abbia avuto una posizione di rilievo tra gli affetti del Vittori, oltre che nell’amministrazione dei beni di famiglia, ma il personaggio più importante nella formazione del Nostro fu molto probabilmente il prozio Mariano di Antonio137, già scelto da Bernardino Amoretti come garante, assieme

al fratello Leonardo, delle proprie volontà testamentarie138. Soprannominato

Mastro Vittorio, egli fu canonico nella Cattedrale reatina, che favorì provvedendo

in prima persona a numerosi interventi edilizi sul Duomo.

Sino alla morte avvenuta nel 1528, Mastro Vittorio dimostrò grande premura nei confronti del nipote prediletto. In cambio di un giuspatronato a suo favore, stabilì, ad esempio, due importanti donazioni al Capitolo di Rieti: un podere in contrada Pistignano, secondo le disposizioni di un testamento registrato il 31 luglio del 1525139, e due anni dopo, con atto registrato il 13 ottobre,

136 Archivio Notarile, Atti di David Mattei, vol. 19, c. 75. Cfr. Sacchetti Sassetti, La vita, cit., p. 9.

137 Era forse uno zio materno di Mariano Bernardino Amoretti, padre di Mariano Vittori. Cfr. Colarieti, cit., p. 45; Sacchetti Sassetti, La Vita, cit., p. 12.

138 «Tutorem et curatorem autem huius testamenti instituit prefatum Leonardum et D. Marianum Antonii Canonicum reatinum presentes et accentates, quibus dedit licentiam tantum de bonis suis vendendi si opus fuerit usque ad integram satisfactionem supra dictorum relictorum etc.»: Sacchetti Sassetti, Nuovi documenti, cit., p. 12.

139 Del testamento rogato da Sebastiano Iozzi, andato perduto, resta memoria in un atto del 4 giugno 1548 consultabile presso l’Archivio Notarile, Atti di Emilio Vittori, vol. 1, c. 63: Sacchetti Sassetti, La vita, cit., p. 12.

79 una casetta destinata a Mariano e a una sua cugina di nome Caterina, affinché ne usufruissero entrambi140.

È proprio dal prozio, di cui nel De antiquitatibus Reatis traccerà un ricordo sentito, il futuro vescovo assumerà il cognomen Vittori:

Catrecum Sancto Heliae vicinum, ubi Marianus Victorius, unde mihi cognomen, Mariano Amorecto parenti meo avita iunctus adfinitate, Canonicus Reatinus, octuagenario maior decessit, vir probus unoque omnium ore commendatus et de Reatina Ecclesia optime meritus, aliquandiu in infantia nutritus est141.

Non sappiamo se questa scelta fosse derivata dalla stima e dalla gratitudine verso il prozio, come ipotizzò per primo il Colarieti142, oppure in

ossequio al vezzo umanistico di scegliere un nome, Victorius, presago «di futuri trionfi», come ritiene invece Sacchetti Sassetti.

In ogni caso, se il Nostro si firma ancora Marianus Victorius Amorettus in un laudo del 29 agosto 1558, in seguito, la sostituzione del cognome sarà costante e coinvolgerà anche il fratello Emilio e i suoi discendenti, come dimostra un istrumento del 23 febbraio 1572143.Secondo Sacchetti Sassetti potrebbe essere letta

140 Archivio Capitolino, Liber Decretorum, vol. 2, c. 162.

141 Sacchetti Sassetti cita il passo da un manoscritto conservato alla Biblioteca Comunale di Rieti, f. 103. Cfr. Sacchetti Sassetti, La vita, cit., p. 13. Sull’opera rimasta inedita si tornerà a breve.

142 Cfr. Colarieti, Degli uomini, cit., p. 45.

143 «D.nus Aemilius quon. Ser Mathei Pauli Petri, nunc cognomine Victorius» (Archivio Notarile, Atti di Antonio Sanizi, vol. 9, c. 90. Cfr. Sacchetti Sassetti, La vita, cit., p. 14.

80 proprio in relazione al nuovo nome la palma, simbolo di vittoria, presente nello stemma vescovile scelto in futuro da Mariano.

Mancano notizie sulla sua fanciullezza, fino al 1536, quando, diciottenne, venne ordinato sacerdote144. Tre anni prima, secondo i nostri biografi, risulta a

Siena, forse impiegato al servizio di qualche signore locale. Sacchetti Sassetti ipotizza un legame con la famiglia Maffei in virtù di quanto si legge nel De

antiquitatibus, dove Vittori parla di Raffaele Maffei il Volterrano, come di un

uomo dottissimo e di buon cristiano, «al cui genero Messer Paolo Maffei – aggiunge – devo non manco la vita, che alla mia Patria»145.

Secondo il biografo, «espressioni di questo genere non si usano se non verso persone, cui si sia sommamente obbligati», ma Sacchetti Sassetti deve ammettere tuttavia di non avere alcuna prova dei presunti servigi svolti da Vittori presso quella famiglia, né, persino, di un soggiorno a Siena dei Maffei, e in particolare di Paolo, durante lo stesso periodo trascorso nella città toscana dal Reatino.

Non aiuta in questo senso l’ampio studio di John d’Amico sui Maffei di Volterra, dal quale comunque si ricava che non fu Raffaele il Volterrano, morto

144 La Spadoni riproduce due documenti datati 19 gennaio 1536 e 24 ottobre dello stesso anno: nel primo non figura, riferito a Mariano Vittori, il titolo di Dominus che ritroviamo invece nell’instrumentum di ottobre, col quale il Reatino affitta il podere di contrada Pistignano, destinatogli dal prozio e ottenuto in giuspatronato dal Capitolo della Cattedrale. Cfr. Spadoni,

Reate, cit., p. 20

145 Sacchetti Sassetti trae questa citazione da un manoscritto miscellaneo in suo possesso,

Memorie antiche e moderne di Rieti, «trascritte circa il 1810 da D. Antonio Felici Bonechi». Cfr.

Sacchetti Sassetti, La vita, cit., p. 15. Secondo la Spadoni la miscellanea sarebbe confluita assieme ad altro materiale manoscritto in una raccolta ora intitolata Notizie varie di A. Cianni, attualmente disponibile nell’Archivio della Curia Vescovile di Rieti. Cfr. Spadoni, Reate, cit., p. 31.

81 nel 1525, a adottare Paolo Riccobaldi del Bava, ma suo fratello Mario, diversamente da quanto afferma Sacchetti Sassetti146. Dei passaggi dei Maffei a

Siena troviamo invece traccia nella pagina dedicata da Benedetti al canonico Mario, fratello minore di Raffaele, nel Dizionario Biografico Treccani, che testimonia un soggiorno di Mario nell’estate del 1530 nella città senese, durante l’assedio di Volterra da parte di Francesco Ferrucci, sino a giugno dell’anno successivo.

L’ipotesi avanzata da Sacchetti Sassetti di un legame diretto dei Maffei col Vittori – su cui la Spadoni tace – risulta di un certo fascino e trova elementi in suo favore in tracce di affinità culturale – l’interesse verso le lingue e le culture straniere, gli obiettivi polemici, una certa visione di cristianesimo –, dietro alla quale potrebbe effettivamente celarsi l’influenza diretta dei Maffei su Mariano Vittori negli importanti anni della sua formazione.

Tra gli amici di Mario e Raffaele troviamo, infatti, Pietro Corsi, autore di una Defensio pro Italia ad Erasmum Roterodamum147. La polemica tra Corsi ed

Erasmo era sorta probabilmente a causa delle critiche dell’Olandese nei confronti di Raffaele e della sua traduzione in latino delle opere di Basilio. Dietro l’apologia

146 D’Amico J. F., Renaissance Humanisme in Papal Rome. Humanists and Churchmen on the

Eve of the Reformation, Baltimore – London, 1983, p. 83 ss.; e in particolare p. 87: «He (scilicet Mario)

spent his last years securing his family’s social and financial position. In pursuit of this end, he adopted his brother’s son-in-law Paolo Riccobaldi and made him his heir».

147 Roma, A. Bladius, 1535. Sulle critiche di Erasmo nei confronti di Pietro Corsi e del suo ciceronianismo, tanto visibile nei suoi scritti teologici (Sententiarum libri quattuor, Roma, E. Silber, 1504), e giudicato inferiore allo stile del Poliziano, cfr. sempre D’Amico, Renaissance Humanisme, cit., pp. 165-168.

82 di Corsi, Erasmo ravvisò l’astio di Mario nei suoi confronti148: un’antipatia verso

l’Olandese che precocemente anche Vittori avrebbe dimostrato nei propri scritti giovanili.

Ma la polemica tra i Maffei ed Erasmo affonda le sue radici attorno a un altro elemento per noi di maggiore interesse, poiché tocca direttamente il Padre latino149. Così scriveva Erasmo a proposito della breve notizia offerta dal

Volterrano su Gerolamo, colpevole di aver dato credito alla lettera dello pseudo- Agostino150:

O fortunatum tam insigni praecone Hieronymum! Neque vero defuit dignum patellae operculum. Repperit hic scriptor suos lectores; repperit a quibus citetur; et

148 Contemporaries of Erasmus. A Biographical Register of the Renaissance and Reformation, Edd. P. G. Bietenholz – T. B. Deutscher, 3 voll., Toronto – Buffalo – London, 2003³, p. 366, sotto la voce

Mario Maffei: «In his defence against Corsi, Erasmus credited Maffei with a moderating influence

upon Corsi (Allen Epist. 3032:175-6). The source of Mario’s hostility towards Erasmus was probably Erasmus’critical remarks on his brother Raffaele’s scholarship, especially the criticism of Raffaele’s translation of Basil the Great addressed to Mario’s close friend Sadoleto (Allen Epist. 2611:119ff)»; e: «Erasmus gave extensive critical consideration to Maffei’s translation of Basil the Great (Rome: J. Mazzocchi 1515), faulting him for his mistranslations from the Greek (Epp 2611, 2617)».

149 Cfr. La voce Raffaele Maffei a cura di D’Amico, in Contemporaries of Erasmus, cit., p. 366: «Erasmus was familiar with Maffei’s publications, especially the Commentaria urbana, and mentioned him occasionally (Epp 1478 2446; Adagia I i 2, mistranlated in CWE 31:35; cf LB II 16E). Maffei’s life of Jerome from the Commentaria urbana is criticized in the Vita Hieronymi (Opuscola 138)».

150 Nei suoi Commentaria urbana, Raffaele Maffei (1451-1522) avrebbe fatto riferimento allo Pseudo-Agostino, secondo la Morisi Guerra, al libro XVI, cc. CCXXIIIV-CCXXVV. Noi non siamo riusciti a rintracciare tale citazione. Cfr. Erasmo da Rotterdam, Vita di san Girolamo, edizione critica a cura di A. Morisi Guerra, Roma, 1988, p. 98, n. 7.

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quo magis mireris eruditos, Platinam151 et Volaterranum, quos equidem vel hinc suspicor ea nunquam legisse, sed aut audisse in concionibus, aut hinc excerpta fragmenta modo vidisse152.

Al di là della questione evocata, interna a Gerolamo e agli scritti pseudoepigrafi che lo riguardano, a dividere Erasmo e il Volterrano era una diversa considerazione della teologia scolastica: mentre Erasmo non perdeva occasione per opporsi ad essa, l’opera di Maffei risulta fortemente intrisa di tomismo153.

Pur non polemizzando mai direttamente con Erasmo sulla questione, è significativo che Vittori difenda la sintesi tomista, elogiando il dotto domenicano, da lui posto a fianco dei grandi dottori della Chiesa, all’interno della lettera dedicatoria a Pio V, ad apertura del quarto volume proprio degli opera omnia geronimiani:

151 Bartolomeo Sacchi (1421-1481), detto il Platina, fu responsabile della Biblioteca Vaticana sotto Sisto IV. Egli citò il falso di Eusebio di Cremona su Gerolamo nella sua opera più importante, il Liber de vita Christi ac omnium pontificum. Cfr. Erasmo, Vita, cit., p. 98, n. 6.

152 Erasmo, Vita, cit. p. 37, rr. 139-147.

153 Ciò risulta particolarmente evidente nel De institutione Christiana, pubblicata nel 1518, e nel Nasi Romani in Martinum Lutherum Apologeticus (1518-1520). Il primo affronta questioni di teologia dogmatica e morale secondo un chiaro impianto tomista, l’Apologetico invece (anteriore al 15 giugno 1520, data della bolla Exurge Domine di condanna di Lutero) è una delle prime apologie antiluterane. In essa il Volterrano, nella forma di una prosopopea del Genio di Roma (NasusRomanus contrapposto al ferreus nasusdi Lutero), afferma il primato gerarchico del papa e confuta il metodo esegetico di Lutero e le tesi sulle indulgenze secondo una prospettiva aristotelico-tomistica: D’Amico, Renaissance Humanisme, cit. pp. 81-85 e 189-192; Id., A Humanist

Response to Martin Luther: Raffaele Maffei’s ‘Apologeticus’, «Sixteenth Century Journal» 6 (1975), pp.

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Excitavit, propagante se iam sub Constantino magno ecclesia, diabolus Arium et Eunomium. Sed Christus illi Athanasium et Basilium et ex Latinis Hilarium Pictauiensem, uti veros antagonistas opposuit. Nestorio Cyrillum, Eutichi et Dioscoro Magnum Leonem obiecit. Idem praestitit contra alios haereticos per Epiphanium, per alterum Cyrillum per utrumque Gregorium Nazianzenum et Nyssenum, per aurae eloquentiae Ioannem Chrysostomum et ex nostratibus Hieronymum, Ambrosium, Augustinum et recentioris memoriae D. Thomam; in quo veluti in quondam totius theologiae compendio, omnis sanctorum veterum patrum doctrina Anacephaleosi154 quadam divina, sese in unum ordinatae coecervata collegit: ea scientia cuiusque generis magnitudine et varietate, ut is solus vices omnium ferme expleat.

Un altro elemento che, seppur indirettamente, collega i Maffei alle vicende del Vittori è la confluenza di circa una settantina di codici di Mario e Raffaele nella raccolta del duca di Altemps per mediazione del Cardinale Sirleto, quest’ultimo molto vicino al Reatino155. Mario Maffei, in particolare, nel corso di

tutta la vita mise insieme una notevole biblioteca privata, andata in eredità a un nipote di Paolo Riccobaldi: una settantina di codici, riconoscibili per stemmi e note di possesso, che tramite Sirleto, assieme alla raccolta della famiglia Cervini da lui ereditata alla morte di Marcello II, passarono a incrementare la biblioteca di Giovanni Angelo Altemps sino a confluire, infine, nel fondo Ottoboniano156.

154 Probabile riferimento alla Summa theologiae (1265-1274), ritenuta una recapitulatio, una summa appunto, Anacephaleosis, del pensiero patristico.

155 Cfr. I. Backus – B. Gain, Le cardinal Guglielmo Sirleto (1514-1585), sa bibliothèque et ses

traductions de saint Basile, «Mélanges de l’École Française de Rome» 98 (1982), pp. 919-925.

156 Acquistato dalla Biblioteca Vaticana nel 1748, per volontà di papa Benedetto XIV, il fondo Ottoboni si era arricchito nel corso degli anni della raccolta di Giovanni Angelo Altemps, il quale nel 1611 aveva acquistato la raccolta di Ascanio Colonna, in cui erano confluiti i volumi

85 Anche la passione per la botanica e gli studi sulla natura avvicinavano il Reatino all’opera di Raffaele Maffei, come testimonia lo scolio n. 21 al secondo libro dell’Adversus Iovinianum, in cui Vittori rimanda probabilmente alla sezione

Philologia dei Commentariorum urbanorum libri XXXVIII, la monumentale

enciclopedia del Volterrano157. Il futuro vescovo è, infatti, un appassionato

botanico, e sembra avvantaggiarsi della consuetudine di un suo amico medico, Vincenzo Cantoni, col naturalista Pier Andrea Mattioli.

Oltre che dei suoi molteplici interessi, gli scritti di Vittori recano traccia anche delle sue relazioni: Sacchetti Sassetti scova nel IX volume dell’edizione geronimiana, nello scolio Lysimachus rex, il riferimento «ad praeclarissimum medicum et herbarum scientiae principem», Mattioli. In un altro scolio sul noto botanico, lo storico trova il riferimento a un commentario del Reatino sulla

ereditati da Sirleto alla morte del Cervini, molti dei quali provenienti dalla famiglia Maffei e dai Caraffa di Salerno. Cfr. V. Forcella, Catalogo dei Manoscritti riguardanti la storia di Roma che si

conservano nella Biblioteca Vaticana, Torino – Roma – Firenze, 1880, vol. II, pp. 3-7. Per una rapida

storia del fondo, M. Buonocore, Tra i codici epigrafici della Biblioteca Apostolica Vaticana, Faenza, 2004, pp. 116-118.

157 Cfr. A, vol. III, pp. 348-349: «Muscus, et peregrini muris pellicula]: «Odoramenti genus, quod muscus dicitur, quid sit, et ex cuius ferae sanie colligatur, notissima historia est. Hic autem ‘muscum’ pro parvo mure, coloris flavi, qui odoratissumus est, et in silvis versatur, accipit Volaterranus, muris vero ‘peregrini’ nomine, alium exterum, cuius pellicula oleat, intelligit. Muris autem nomine etiam felis magnitudine feras Latini intelligunt, ut est mus alpinus, ‘marmotta’ nunc dictus, et Ponticus ‘armellinus’ nuncupatur et is ex cuius testibus zibettum abradunt». Il Volaterrano, a dire il vero, era già stato citato da Erasmo, nello scolio corrispondente n. 72: «Muris peregrini est aliud genus, cuius pellicula in delitiis est. Miror quid venerit in mentem Volaterrano ut scriberet Hieronymum muscum et murem peregrinum in epistolis appellare animal quod vulgus rattum vocat, cum nunquam usurparit haec nomina, nisi cum de delitiis odorum agit». Cfr. Clausi, Ridar voce, cit., p. 304».

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Naturalis historia di Plinio, su cui però non si hanno altri riscontri ma che in ogni

caso conferma l’interesse del Reatino verso le scienze naturali158.

Con la famiglia Maffei condivise, infine, la passione per le lingue e le culture straniere. A Siena il giovane Mariano studiò il greco e l’ebraico, privatamente, presso un rabbino; e successivamente imparò anche l’etiopico; a Bologna seguì i corsi del famoso giurista Marcello Biringucci di Siena.

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