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Effetti della qualità idromorfologica sulla distribuzione dei macroinvertebrati e delle

5 DISCUSSIONI E CONCLUSIONI

5.3 Effetti della qualità idromorfologica sulla distribuzione dei macroinvertebrati e delle

di microhabitat

I nostri risultati supportano l’evidenza, già messa in luce da diversi autori (Rabeni, 2000; Boyero, 2003), degli effetti gerarchici che la scala spaziale opera nello strutturare le caratteristiche biotiche e abiotiche dei sistemi ecologici. Le analisi svolte per esaminare l’impatto della struttura idromorfologica e dell’integrità degli habitat acquatici in relazione al potenziale biologico costituito dalla comunità macrobentonica, hanno indicato che le modalità riproduttive, le categorie trofiche e tutti i trait ecologici esaminati (e.g. distribuzione longitudinale, preferenza per microhabitat e di corrente e locomozione), sono risultati dei buoni indicatori di alterazione idromorfologica e della struttura degli habitat fluviali a scala di microhabitat. Il loro utilizzo, più che il solo approccio tassonomico, rende infatti possibile evidenziare il ruolo che la naturalità e la diversità degli habitat fluviali, in siti caratterizzati da un buono stato ecologico, hanno sugli “habitat funzionali” (Harper & Everard, 1998; Newson & Newson, 2000), su substrati diversi cioè dal punto di vista fisico ed in grado di supportare comunità differenti. Inoltre, il fatto che siti differenti dal punto di vista dell’integrità idromorfologica mostrino diverse relazioni habitat-trait riflette la complessità degli effetti della naturalità e diversità degli habitat sul macrobenthos e la molteplicità delle strategie sviluppate dagli organismi per l’ adattamento alle condizioni locali.

Le ricerche fin qui effettuate per la definizione e la conferma del Functional Habitat Concept (Vannote et al., 1980) hanno focalizzato l’attenzione solamente sull’influenza che gli habitat (definiti in termini fisici da caratteristiche quali granulometria del substrato, tipologia, etc.) hanno sulla distribuzione ed abbondanza della comunità macrobentonica che in essi vive (Kempt et al., 1995; Buffagni et al., 2000; Tickner et al., 2000). Le conclusioni a cui giungono questi lavori sono in linea con quanto ottenuto dalle analisi qui effettuate sulla base della struttura di comunità, e cioè

famiglie EPTD e una qualità ecologica complessivamente inferiori rispetto ad altre tipologie di substrato (macrofite, substrati inorganici di granulometria grande, media e piccola). L’importanza delle macrofite e del substrato inorganico a granulometria mista per la composizione e la struttura tassonomica dei macroinvertebrati nei sistemi acquatici lotici è stata già evidenziata da diversi autori (Barbour et al., 1999; Storey & Lynas, 2007). Per quanto riguarda le macrofite, le differenze osservate in termini di composizione e struttura del macrobenthos possono essere spiegate dalla maggiore eterogeneità dell’habitat da esse costituito, che tende da un lato ad abbassare il tasso di predazione (O’Connell & Campbell, 1953; Gregg & Rose, 1985; Lombardo, 1997), e dall’altro ad aumentare la superficie colonizzabile a disposizione degli organismi (Gregg & Rose, 1985; Lombardo, 1997; Linhart et al., 2002). Le macrofite infine creano delle condizioni favorevoli per la maggior parte dei macroinvertebrati anche attraverso la riduzione dei movimenti dell’acqua (Schramm & Jirka, 1989) e il rilascio di ossigeno dalle radici e dalle foglie (Carpenter et al., 1983).

La differenze osservate nella composizione e struttura dei macroinvertebrati nei substrati a granulometria mista (massi, pietre e ciottoli) piuttosto che nella sabbia e ghiaia è spiegabile dal fatto che quegli habitat costituiscono una substrato per il periphyton e gli organismi che prediligono questa come fonte alimentare sono stati infatti reperiti in questo studio con abbondanze maggiori in essi, come ad esempio gli scrapers (Efemerotteri, Gasteropodi). Per quanto riguarda questi substrati, nel riffle è stato osservato che essi forniscono stabilità all’habitat, stabilità assicurata dalle condizioni idrologiche in grado di rifornire l’habitat anche di cibo ed ossigeno (Barbour et al., 1999).

L’approccio funzionale più che quello tassonomico ha reso possibile la comprensione dei processi ecosistemici: in questa ricerca infatti entrambi gli approcci hanno evidenziato come la sabbia-ghiaia sia un susbtrato relativamente più povero di altri, mentre solamente con quello funzionale siamo stati in grado di conoscere quali caratteristiche autoecologiche contraddistinguono gli organismi che abitano questo susbtrato: questi sono caratterizzati da taglie del corpo grandi (> 4 cm) e che, grazie alla locomozione di tipo fossorio, possono muoversi agilmente tra i sedimenti fini in habitat caratterizzati da corrente debole o nulla. Simili adattamenti alle condizioni locali di habitat sono stati osservati per gli ambienti fluviali anche da Lamoroux et. al. (2004).

Una possibile spiegazione della differente distribuzione delle caratteristiche funzionali tra microhabitat in funzione della qualità idromorfologica potrebbe essere dovuta al fato che in condizioni peggiori sotto questo punto di vista, gli organismi hanno una maggiore difficoltà nel raggiungere particolari habitat, perché non in grado di controllare appieno i loro spostamenti e per la maggiore probabilità di incontrare patch di habitat sfavorevoli durante il tragitto.

Inoltre, la minore naturalità della struttura idromorfologica potrebbe comportare difficoltà maggiori per es. nella competizione tra taxa adattati ad uno stesso habitat (Hemphill, 1988), nella fuga dai predatori (Teague et al., 1985), durante i cambiamenti cruciali che avvengono in particolari momenti della crescita (Statzner, 1981), tutti aspetti che a loro volta possono interferire sulla distribuzione degli organismi tra i microhabitat.

Nei siti caratterizzati da una maggiore naturalità idromorfologica è stata osservata l’influenza del tipo di habitat su caratteristiche quali la strategia di alimentazione ed il tipo di locomozione (che per il macrobenthos in alcuni casi corrisponde al mantenimento della posizione in opposizione alla direzione della corrente), entrambe caratteristiche correlate al procacciamento del cibo. Infatti, gli organismi di grande taglia che preferiscono la roccia ed i massi, adattati ad elevate velocità di corrente e che si alimentano del periphyton presente sul substrato sono spesso dotati di strutture adesive o di astucci per attaccarsi a queste superfici. Infatti, il maggior numero di organismi trovati su macro- e meso-lithal in grado di aderire, seppur temporaneamente, ai substrati è il frutto di un adattamento indispensabile per sopravvivere in questo habitat perchè riduce le probabilità di drift per esempio durante il pasto (raschiamento del periphyton). Al contrario l’habitus fossorio degli organismi che prediligono i substrati fini, è il risultato dell’adattamento ad un ambiente in cui lo sviluppo di caratteristiche per resistere alla corrente equivarrebbe ad uno spreco di energie e risorse. La distribuzione spaziale di organismi con determinate strategie alimentari è influenzata anche dalla distribuzione della risorsa trofica: la ghiaia-sabbia ospita un maggior numero di organismi che si alimentano tramite assorbimento attraverso il tegumento, nicchia alimentare realizzata grazie alla maggiore disponibilità di una risorsa trofica quale la materia organica fine che si accumula facilmente in tali ambienti, caratterizzati generalmente da acque ferme e profonde (Vannote et al., 1980). Allo stesso modo, la presenza di un maggior numero di predatori nelle radici sommerse (TPL) può essere spiegato dal fatto che, essendo le TPL un habitat rifugio adatto ad ospitare specie particolari (Harper et al., 1999), esso venga colonizzato anche dai predatori che hanno qui una sicura fonte di cibo. Inoltre un’altra risorsa disponibile per i predatori nelle TPL è data anche dal grande numero di organismi che prediligono questo habitat per deporre le loro uova all’interno di tessuti vegetali.

In questa ricerca, in quei siti caratterizzati da elevata naturalità idromorfologica, sono state osservate associazioni anche tra alcune modalità di deposizione delle uova ed alcuni habitat: tuttavia si è deciso di non approfondire l’interpretazione di queste associazioni perché esse coinvolgono gli stadi adulti che posseggono caratteristiche ecologico-funzionali diverse da quelle degli stadi larvali analizzate in questa tesi.