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Negli utlimi decenni sono state pubblicate diverse ricerche sugli effetti sulla salute umana dell’inquinamento dell’aria. Numerosi studi hanno collegato gli inquinanti atmosferici a diversi problemi di salute di tipo respiratorio, cardiovascolare, neurologico, immunologico, ematologico e riproduttivo fino alla morte.

Inoltre è stato osservato che alcuni problemi di natura respiratoria e cardiovascolare si presentano anche per concentrazioni in aria di inquinanti ben al di sotto degli standard fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’inquinamento dell’aria è quindi associato con l’elevato aumento della spesa sanitaria, della morbidità ed è stato stimato che sia la causa di circa 800000 morti premature nel mondo (Curtis et al., 2006).

L’impatto dell’inquinamento dell’aria sulla salute umana può essere espresso in termini di riduzione dell’aspettativa di vita, morti premature, ricoveri ospedalieri e utilizzo di farmaci. Sulla base delle emissioni antropiche nel 2000, il programma europeo CAFE (Clean Air For Europe) ha stimato per l’Europa un totale di 348000 morti premature per anno legate all’esposizione a PM2.5 di origine antropica, inoltre

a questi livelli l’aspettativa di vita si riduce di circa un anno e può raggiungere i due anni nelle zone più inquinate come Belgio, Olanda, Italia settentrionale, Polonia e Ungheria (figura 1.14) (EEA, 2007).

1.5.1. Particolato atmosferico

Diversi articoli di letteratura epidemiologica riportano come esista una associazione statisticamente significativa tra le concentrazioni di particolato atmosferico e i tassi di mortalità e di morbidità nelle popolazioni umane (Dockery e Pope, 1996; Brunekreef et al., 1997; HEI, 2002; Englert, 2004; Oberdoster et al., 2005; Grgić, 2008; Lippmann, 2009). Inoltre è stata evidenziata l’associazione tra l’esposizione al particolato atmosferico e il presentarsi di infezioni respiratorie acute, cancro ai polmoni e disturbi cardiovascolari e respiratori cronici (de Kok et al., 2006).

La dimensione delle particelle e la loro forma sono fattori chiave che controllano il grado di penetrazione delle particelle all’interno dell’apparato respiratorio. I potenziali effetti sulla salute dipendono, inoltre, da diversi altri fattori come le caratteristiche chimiche e fisiche dell’aerosol, la quantità di sostanze tossiche in esso contenute e la loro solubilità nei fluidi biologici (Grgić, 2008). La tossicità, è legata specialmente alle componenti solubili (Voutsa e Samara, 2002) che costituiscono un importante fattore di rischio nelle infiammazioni ai polmoni soprattutto per la loro biodisponibilità.

Il danno provocato ad una persona da parte delle particelle inalate può dipendere da: (i) fattori di predisposizione genetica; (ii) condizioni di salute al momento dell’inalazione (specialmente dell’apparato respiratorio e cardiaco); (iii) età (i bambini e gli anziani sono più suscettibili); (iv) sesso (le donne rispetto agli uomini hanno una minor superficie polmonare e una velocità di deposizione negli alveoli molto più elevata); (v) luogo in cui la persona si trova (prossimità a sorgenti di particolato con elevata umidità relativa); (vi) dimensione delle particelle, dalla composizione delle particelle e dal modo in cui un individuo respira (naso, bocca, che causa una diversa modalità di deposizione nel tratto respiratorio) (McKenna et al., 2008).

Figura 1.14. Stima statistica della perdita in mesi di vita che può essere attribuita a contributi antropogenici di PM2.5 per il livelli di emissione nel 2000 (a sinistra), e la proiezione per il 2020 (a destra) (EEA, 2007).

1.5.2. Metalli

I metalli giocano un doppio ruolo nei sistemi biologici: sono sia cofattori essenziali in un ampia gamma di reazioni biochimiche che sostanze estremamente tossiche per le cellule. Per far fronte allo stress legato all’incremento della concentrazione dei metalli in ambiente, le cellule eucariote hanno sviluppato delle proteine sensibili alla tossicità dei metalli, che rispondono a concentrazioni elevate e stimolano la risposta cellulare ad attivare meccanismi di detossificazione. La membrana cellulare non controlla solo l’accesso dei metalli tossici ma aiuta inoltre a determinarne l’assorbimento, la distribuzione e l’escrezione dal corpo.

La tossicità diminuisce all’aumentare della stabilità della configurazione elettronica. Gli ioni metallici del sottogruppo IA (Li, Na, K) e IIA (Mg, Ca, Ba) sono altamente elettropositivi e si presentano principalmente in ambiente come cationi liberi. In questo caso la tossicità aumenta con l’incremento del numero atomico (Geldmacher-v. Mallinckrodt e Schaller, 2006):

IA : Na < K < Rb < Cs IIA : Mg < Ca < Sr < Ba

Nei gruppi IB, IIB, IIIA invece, la tossicità acuta aumenta all’aumentare dell’elettropositività:

IB : Cu < Ag < Au IIB : Zn < Cd < Hg IIIA : Al < Ga < In < TI

L’aumento della tossicità può essere spiegato dall’incremento dell’affinità di questi elementi con i gruppi amino-, imino- e sulfidril-, che costituiscono il centro attivo di molti enzimi.

I metalli del sesto periodo (Ba, Pt, Hg, Tl, Pb) e i loro composti sono potenzialmente i più tossici dell’intero sistema periodico. Generalmente, la bassa solubilità in acqua maschera il loro elevato grado di tossicità che diventa evidente nel caso dei sali di piombo, mercurio e tallio i quali solo relativamente solubili.

Gli ioni metallici del quarto periodo (K, Ca, Ti, V, Cr, Mn, Fe, Co, Ni, Cu, Zn, As, Se, Br) formano per lo più legami covalenti, complessi con leganti biologici e idrossiacidi

tossici di quelli con manganese (II), lo stesso vale per ossido di arsenico (III) che è più tossico dell’ossido di arsenico (V).

Nonostante queste considerazioni, la diversità di sintomi, successivi all’assorbimento di una dose eccessiva di un qualche metallo in un organismo sano, non è stata ancora adeguatamente spiegata. Gli effetti si manifestano su tessuti molto diversi tra loro ed in parte con una specificità piuttosto alta per alcuni metalli e i loro composti.

I sintomi di un avvelenamento acuto o cronico da parte dello stesso metallo possono essere completamente differenti, per esempio un avvelenamento acuto da mercurio per ingestione orale di una grande quantità di sale di mercurio porta ad intensa nausea, vomito e diarrea e possibile morte entro 24-36 ore.; l’avvelenamento cronico causato dallo stesso composto danneggia prima il sistema nervoso e successivamente i reni.

Numerosi metalli sono inoltre responsabili di malattie immunologicamente mediate e possono influenzare lo sviluppo degli embrioni e dei feti causando malformazioni e e morte dell’embrione, ciò è legato anche alla loro teratogenicità. Oltre ad agire da agenti teratogenici possono risultare anche mutagenici e cancerogenici (Geldmacher-v. Mallinckrodt e Schaller, 2006). Ciò è legato alla loro capacità di interagire con il DNA, inducendone cambiamenti nella struttura chimica quindi nell’attività biologica. Generalmente la struttura, la stabilità e la reattività del DNA è governata da dei cationi essenziali presenti in piccole quantità nelle cellule la cui mancanza porterebbe il fermo delle replicazioni. I metalli, e gli agenti chimici, determinano specifiche interazioni basate su processi di ionizzazione che avvengono a diversi livelli della macromolecola di DNA seguiti dalla coordinazione di ioni metallici. L’interazione tra DNA e ioni metallici produce cambiamenti nella struttura del doppio filamento che causano destabilizzazione della macromolecola e la formazione di vari complessi (Garban, 2004).

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