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Effetto della radiazione laser NIR sulla migrazione di fibroblasti NIH-3T

sui vasi linfatici e probabilmente sull’organizzazione e permeabilità degli endoteli (Baratto L., et al. 2010). Altro effetto ben documentato è l’effetto stimolante, che favorisce i processi di riparazione e rigenerazione dei tessuti, grazie al contributo di vari fattori. La vasodilatazione, ad esempio, aumenta l’apporto di nutrienti e di fattori di crescita. Tra questi ultimi, uno dei più importanti è il fibroblast growth factor (FGF), che ha molteplici ruoli, tra cui quello di attivatore dei fibroblasti e promotore dell’angiogenesi (Hudlicka. et al. 1992; Deveci et al. 2002). L’attivazione dei fibroblasti determina un incremento di collagene, essenziale nella riparazione e rigenerazione dei tessuti (Almeida-Lopes L. et al., 2001; Liu H. et al., 2008; Kovàcs, et al.1974). La neoangiogenesi è indispensabile per assicurare l’apporto di ossigeno e sostanze nutritive ai nuovi tessuti ed è fortemente correlata al recupero muscolare (Hudlicka. et al. 1992; Deveci et al. 2002). Mioblasti murini trattati con un laser IR hanno mostrato un aumento di MyoD, importante fattore di maturazione, l’aumento di collagene e delle MMP (Vignali L., et al. 2011). In particolar modo nella rigenerazione dei tessuti, processo biologico lento e complesso, effetti come l’aumento dei fattori di crescita, la promozione dell’angiogenesi, la modulazione dell’infiammazione hanno una notevole importanza in quanto partecipano al recupero del tessuto leso favorendo e regolando la cicatrizzazione.

Alla base dell’effetto stimolante della radiazione laser è da evidenziare anche l’aumento della produzione di ATP da parte dei mitocondri (Mochizuki-Oda N. et al., 2002; Kujawa J. Et al., 2004; Oron U. et al., 2007). Inoltre, è ben nota la capacità di questi trattamenti di promuovere la proliferazione (Tuby H. et al., 2007; Almeida Lopes L. et al., 2001; Moore P. et al., 2005; Chen C.H. et al, 2008). Studi clinici sulla rigenerazione delle fibre nervose (Rochkind S., et al. 2001), hanno dimostrato che viene accelerato il processo di riconnessione delle cellule nervose, rivitalizzando le zone insensibili (Gigo-Benato D. et al., 2004; Rochkind S., et al. 2007). Altri studi hanno evidenziato una riduzione dei tempi di guarigione delle ferite (Conlan et al., 1996) e delle fratture ossee (Al Yaakobi et al., 1996). Nello specifico, in letteratura sono riportati alcuni studi sull’osso e sulla stimolazione di osteoblasti, con aumento della loro attività e produzione di ECM in seguito al trattamento con laser Nd YAG (Kim I.S., et al. 2010). Leonida A., et al. ha pubblicato studi su MSC e osteoblasti in matrici 3D stimolate con laser Nd:YAG, concludendo che i campioni trattati hanno un incremento della proliferazione rispetto ai controlli già a 7 giorni, mentre a 14 giorni evidenziano un’aumentata differenziazione (Leonida A., et al. 2012).

La laser terapia può promuovere effetti biostimolanti su differenti linee cellulari, promuovendo migrazione e proliferazione, nonché incrementare l’espressione dei fattori di crescita e l'attivazione di patway cellulari coinvolti nella proliferazione stessa, nella sopravvivenza (Gao X., et al. 2009;

31 AlGhamdi K.M., et al. 2012) e può anche modulare l'espressione di citochine infiammatorie (Basso F.G., et al. 2015).

Tra le varie linee cellulari sensibili alla stimolazione laser i fibroblasti hanno mostrato subire un aumento della proliferazione e della migrazione nel wound healing gengivale (Basso F.G., et al. 2012).

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Introduzione ai modelli sperimentali

5) In vitro: scratch assay

Lo Scratch Assay è una tecnica standardizzata largamente utilizzata proprio allo scopo di valutare la migrazione di popolazioni cellulari su due dimensioni. Il saggio prevede una semina di cellule in piastra in modo da ottenere un monostrato a confluenza parziale e di rimuovere un segmento di cellule in modo meccanico, termico o mediante un danno di tipo chimico. Lo scratch, che può essere di qualche millimetro, è l’area che verrà analizzata per studiare la capacità di migrare del campione in esame.

Questa tecnica viene utilizzate per valutare diverse linee cellulari in contesti fisiologici o patologici diversi, come ad esempio metastasi del cancro, la morfogenesi embrionale (Pouliot N., et al. 2000) e la guarigione delle ferite (Reinhart-King C.A. 2008).

Le informazioni di base che si ottengono da questo saggio sono i tassi di chiusura dello scratch, ovvero una misura di velocità da parte di un campione cellulare di invadere una superficie libera in un intervallo di tempo. Solitamente un esperimento di Scratch Assay mette a confronto due cloni cellulari, uno dei quali può essere stimolato o inattivato mediante stimoli di tipo fisico o di tipo chimico, mentre il secondo funge da controllo. La differenza temporale ottenuta nella chiusura dell’area da parte di entrambe i lembi dello scratch sarà il risultato finale. I dati possono essere standardizzati e facilmente riproducibili.

La variabilità del saggio è data dai molti metodi che si possono utilizzare per effettuare lo scratch e per esegure l’analisi dei dati, utilizzando immagini o time laps.

Per ottenere buoni risultati è fondamentale avere un alto livello di accuratezza e di riproducibilità dell’esperimento. Ad esempio, risulta molto importante la dimensione dello scratch e soprattutto la sua riproducibilità in termini di dimensioni paragonabili dell’area generata tra i singoli campioni dell’esperimento.

I test di guarigione della ferita utilizzano solitamente linee cellulari standard o linee primarie isolate da sangue o tessuto (Philippeos C., et al. 2012). Mentre per le prime i protocolli sono di facile standardizzazione, per le linee primarie ogni laboratorio produce un proprio protocollo ottimale, quindi la qualità del saggio dipende direttamente dalla professionalità degli operatori.

Se tutti questi aspetti vengono rispettati e riprodotti il risultato finale sarà uno sScratch Assay con comparabilità e riproducibilità elevate.

Un altro aspetto che determina la qualità del saggio è la densità di semina e il tempo di incubazione delle cellule. Questi due parametri influiscono sulla confluenza del monostrato cellulare, sulla base dell’esperimento. Chiaramente, questa tecnica è vincolata alla linea cellulare utilizzata e all’utilizzo

33 del clone specifico in base al numero di passaggi effettuati in piastra. Quindi è preferibile, per aumentare la riproducibilità dei dati, usare campioni cellulari che siano ad uno stesso numero di passaggi di piastra.

La valutazione della migrazione cellulare può tuttavia essere alterata dall’attività di proliferazione delle stesse cellule. Per evitare questo falso positivo in molti lavori viene inibita la proliferazione, ad esempio utilizzando farmaci come la actinmycin C (Reinhart-King C.A. 2008), in grado di arrestare la mitosi, o la starvazione, una semplice tecnica non farmaceutica comunemente utilizzata che riduce fortemente l’attività proliferativa del campione semplicemente riducendo al minimo la quantità di siero fetale bovino presente nel terreno di cultura. Quest’ultima tecnica non può essere utilizzata su linee cellulari primarie, in quanto esse non sopportano bene l’assenza di siero andando in contro ad apoptosi.

Qualunque sia il metodo utilizzato, per manipolazione diretta o tramite l’utilizzo di inserti in plastica, è importante notare che recenti ricerche suggeriscono che la geometria dello scratch influenza il tasso di chiusura indipendentemente dall'uniformità della superficie di gap (Arciero J.C., et al. 2013; Vedula S.R., et al. 2012).

La prima tecnica è quella classica, viene effettuata manualmente dall’operatore utilizzando la punta di una pippetta sterile, un ago o un altro strumento appuntito in grado di creare lo scratch. Risulta molto importante inclinare correttamente la pipetta e applicare una pressione costante per creare una larghezza di spaziatura coerente tra tutti i campioni (Straatman K. 2008). Questa tecnica non è molto indicata nel caso di saggi che utilizzano matrici o comunque gel di supporto per la cultura cellulare in esame, in quanto l'applicazione di troppa pressione può danneggiarle e di conseguenza influenzare i tassi di migrazione (Hulkower K.I., et al.2011).

L’utilizzo di inserti ha effetti positivi evidenti sul saggio, in quanto permettono di ricreare in ogni campione uno scratch omogeneo e costante grazie alla loro geometria. Il test di guarigione della ferita viene avviato rimuovendo l'inserto. Va però mantenuta attenzione, le cellule possono aderire all'inserto ed essere strappate dal monostrato al momento della sua rimozione, lasciando i bordi frastagliati. Inoltre, può verificarsi una perdita di adesione dell’inserto dal fondo del supporto (piastra o pozzetto) permettendo alle cellule di migrare in anticipo nell’area di migrazione. Queste condizioni provocherebbero una conformazione dei lembi dello scratch non più uniforme e più difficilmente comparabile con gli altri campioni. Ciò significa che l’utilizzo degli inserti non è necessariamente più efficacie rispetto ad uno scratch prodotto manualmente.

Acquisire i dati in questi saggi significa effettuare valutazioni sul tasso di migrazione dei campioni presi in esame. Per questo scopo, per lo più, si effettuano indagini in microscopia, con la quale si verificano i vari stadi di avanzamento della chiusura del gap negli intervalli di tempo prestabiliti.

34 Nello Scratch Assay la microscopia a trasmissione è solitamente sufficiente per monitorare l’area di interesse nel tempo (De Rossi G., et al. 2013).

Allo scopo di effettuare analisi ottimali è consigliato acquisire immagini a vari intervalli, che posso essere di 15 minuti o di alcune ore in base al campione cellulare in esame. Il microscopio potrebbe essere dotato anche di software per l’acquisizione di immagini.

Lo scopo è chiaramente quello di raccogliere dati sulla chiusura nel tempo, solitamente nelle 24-48 ore.

Tracciare linee lungo i bordi principali e misurarne la distanza media o la superficie residua dello scratch, valutandone la diminuzione in funzione del tempo, è un buon metodo comodo e semplice. In alcuni studi si cerca di valutare il tempo di esatta chiusura del gap per osservazione diretta, ma questo ovviamente comporta un impegno notevole ed una presenza continua dell’addetto nell’intervallo di tempo preso dall’intero esperimento.

6) In vivo: Hyrudo Medicinalis

La famiglia delle Hirudinea è composta da varie specie di anellidi, tra le quali troviamo la Hyrudo Medicinalis, ovvero la sanguisuga comune, un animale ematofago che si nutre di sangue di animali vertebrati, solitamente mammiferi, rilasciando al momento del morso sia molecole anticoagulanti sia molecole anestetiche. Si distinguono per essere animali parassiti non vertebrati, caratterizzati da un apparato digerente molto semplice, ma allo stesso tempo ben organizzato. Il tubo digerente non è rettilineo, bensì dotato di numerosi diverticoli in modo da consentire di incamerare un quantitativo notevole di sangue che permette di sopravvivere per lunghi periodi senza nutrirsi (fino ad oltre un anno).

Esistono documenti storici che evidenziano che fin dall’antichità questa specie animale è stata accostata alla medicina: nell’Antica Grecia se ne conoscevano le capacità e il salasso è una pratica che è stata utilizzata fino agli inizi del XX secolo. Galeno nei nel II secolo d.C. ne descriveva già l’utilizzo per ridurre stati patologici dove i pazienti presentavano rossore diffuso, al tempo valutato come un eccesso di sangue nell’ammalato che veniva risolto appunto mediante l’utilizzo di sanguisughe. Fino al XIX secolo la pratica era quella di prelevare spesso considerevoli quantità di sangue da un paziente al fine di ridurre l’apporto di sangue nelle arterie, non sempre con i risultati sperati, escluse alcune pratiche come ad esempio l’utilizzo su pazienti affetti da ipertensione. Infine, nel XX secolo questa pratica è stata abbandonata man mano che le conoscenze mediche e farmacologiche avanzavano, fino ad un quasi totale disuso. Ai giorni nostri, l’utilizzo della sanguisuga ad uso terapeutico è tornato in ambito di microchirurgia, dermatologia e di trattamenti estetici. L’effetto terapeutico non è stato più legato all’ematofagia, ma dal continuo e costante

35 sanguinamento della ferita lasciata dopo che la sanguisuga si è staccata, grazie alle proprietà anticoagulanti, anestetizzanti, antiinfiammatorie e vasodilatanti. Infine, hanno ottenuto un nuovo ruolo soprattutto per quel che riguarda il mondo della ricerca.

Questo invertebrato ha una relativa semplicità anatomica ed è un modello affidabile per studiare una serie di eventi di base, come l’angiogenesi e il tessuto muscolare, ma anche per la riparazione dei tessuti e il wound healing, grazie ad una sorprendente somiglianza con la risposta degli animali vertebrati. Hirudo è anche un buon modello invertebrato per testare le azioni di farmaci, in quanto le risposte evocate dai diversi stimoli sono chiare e facilmente rilevabili grazie alla loro piccola dimensione e alla semplicità anatomica.

Questo modello è utilizzato per indagare la rigenerazione muscolare e il ruolo delle cellule staminali ematopoietiche in questo processo, dimostrando che l'iniezione di una appropriata combinazione di biopolimeri di Matrigel integrati con il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) è risultato essere uno strumento molto efficace per isolare una popolazione specifica di precursore ematopoietico, in grado di differenziarsi in cellule muscolari, e cellule endoteliali (Grimaldi A. et al. 2010).

Alcuni studi utilizzano le sanguisughe come modello dei meccanismi di angiogenesi in seguito ad una ferita. de Eguileor testa questo modello di angiogenesi per mezzo di una ferita cutanea e con lo stimolo di fattori neoangiogenici di origine umana. Risulta interessante come questi fattori inducano comunque una risposta anche nell’animale invertebrato, indicando un’importante similarità fra il processo angiogenetico umano e quello della sanguisuga stessa sia a livello biochimico che a livello cellulare, in quanto coinvolge fattori di crescita simili e loro recettori (de Equileor M., et al. 2001). Per queste ragioni hirudo medicinalis viene suggerita per l’utilizzo come modello per attivatori o inibitori dell’angiogienesi e per indagare sui processi biochimici e cellulari che ne fanno parte e che inducono la formazione di nuovi vasi.

Ad esempio, in uno studio viene valutato l’effetto del VEGF umano, fattore di crescita specifico per la neoangiogenesi, fondamentale per il corretto sviluppo dei vasi sanguigni, oltre ad avere funzione stimolante per la proliferazione di cellule endoteliali e a promuovere anche un aumento dei livelli di calcio citoplasmatico. Questo studio è reso possibile dalla presenza di due specifici recettori per VEGF simili: Flt-1 e Flk-1. Inoltre, viene dimostrato che specifici anticorpi rivolti contro questi recettori riescono ad inibire la neoangiogenesi della sanguisuga (Tettamanti G., et al. 2003). Tettamanti et studiano la Hirudo Medicinalis come modello di wuond healing. In seguito ad una ferita chirurgica viene indotta la proliferazione dei fibroblasti parallelamente ad un cambiamento nel fenotipo cellulare, ovvero inducono cambiamenti morfo funzionali influenzando indirettamente la distribuzione del collagene attraverso il controllo del microambiente extracellulare. Il collagene ha un ruolo importante per lo sviluppo del nuovo tessuto e ha funzioni meccaniche influendo sulla

36 capacità di contrastare le tensioni tessuto-specifiche. Inoltre, funge da impalcatura extracellulare per una rigenerazione accurata della componente cellulare, modulando diverse funzioni come adesione, migrazione, crescita e differenziamento (Tettamanti G., et al. 2004).

L’aspetto più interessante per i nostri studi è però che questo modello è stato scelto, anche in vista di futuri esperimenti, per essere sottoposto a condizioni di g reale. Infatti, la sanguisuga è stata definita da Lotz (Lotz et al., 1972) “l'essere vivente che meglio di ogni altro può essere impiegato per esperienze sui lunghi voli spaziali, anche perché dopo un pasto completo essa può vivere per un anno e mezzo senza cibarsi”. Aggiungiamo noi, è un animale, che per le sue dimensioni, ci permette di sottoporlo a condizioni di g indotte mediante i macchinari come la RPM e la RCCS in laboratorio.

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Scopo dello studio

Lo scopo di questa ricerca è stato studiare l’effetto di fattori di tipo fisico sui processi di riparazione e rigenerazione dei tessuti. L’attività si è focalizzata sugli stress meccanici in grado di influenzare i processi di riparazione. Tali effetti sono ben noti, ma non altrettanto noti sono i meccanismi d’azione che ne stanno alla base. Lo studio è stato progettato sviluppando:

messa a punto dei modelli in vitro di Scratch assay;

valutazione dei processi di rigenerazione e riparazione tissutale in condizioni di assenza di carico gravitazionale;

studi degli effetti indotti da stimoli di tipo fisico sui modelli in vitro: quali le radiazioni Laser e i campi elettromagnetici (CEM);

studio dell’interazione stromale mediante un modello in vitro di angiogenesi con fibroblasti dermici e cellule endoteliali. Valutazione in condizione di assenza di carico;

sviluppo di un modello in vivo con Hirudo Medicinalis per la rigenerazione e riparazione tissutale;

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Materiali e Metodi

7) Colture cellulari:

7.1) Fibroblasti

Linee cellulari utilizzate: NIH-3T3, linea fibroblastica immortalizzata ottenuta da tessuto embrionale di topo, e NHDF, modello di fibroblasti dermici umani.

Per il mantenimento in cultura e per tutti gli esperimenti entrambe le linee cellulari sono state mantenute in Dulbecco’s Modified Eagle’s medium (DMEM) addizionato con streptomicina 100 μg/mL, penicillina 100 U/mL, glutammina 2 mM e siero fetale bovino al 10%, incubate a 37°C e 5% CO2.

7.1) Cellule endoteliali

Utilizzo della linea cellulare endoteliale isolata dalla vena del cordone ombelicale umano (Human

Umbilical Vein Endothelial Cells) - HUVEC, ( Lonza, SRL, Milano, Italia).

Le cellule endoteliali sono state coltivate in piastre da 10 cm di diametro preventivamente trattate con gelatina (1%), in incubatore a 37°C umidificato e aerato con CO2 (5%), in mantenimento con Endothelial Cell Medium (ECM, Sigma-Aldrich St. Louis, MO USA) addizionato di Endothelial Cells Growth Supplement (ECGS/H - idrocortisone e fattori di crescita quali hFGFB, VEGF, R31GF1, Acido Ascorbico, HEGF, GA1000), alla concentrazione di 4μl/ml, di Penicillina/Streptomicina 100 U/ml, e di L-Glutammina 2mM. Al mezzo di coltura è stato ulteriormente aggiunto Siero Fetale Bovino (FBS), fornito da HyClone (South Logan, UT USA) in concentrazione del 10%. La gelatina è stata utilizzata allo scopo di mimare la membrana basale e permettere alle cellule di aderire al fondo della piastra, con orientamento analogo a quello in vivo. Una volta raggiunta la confluenza, le cellule sono state staccate, con Tripsina-EDTA, e diluite 1:3 ogni 48 ore.

8) Citofluorimetria

Il principio su cui si fonda il citofluorimetro è la focalizzazione idrodinamica che consiste nell’iniettare la sospensione cellulare in un circuito idraulico con sezione variabile fino ad un orifizio di uscita, in un regime di flusso laminare. In tal modo le cellule sono progressivamente allineate e costrette a percorrere singolarmente una traiettoria ben definita, fino al punto d’intersezione con il fascio di luce di eccitazione.

39 Presso il laboratorio è in dotazione un citofluorimetro a flusso FACScan Becton Dickinson con un laser ad argon di 15 mWatt di potenza, raffreddato ad aria. Il laser ad argon ha una riga di emissione principale nel blu (488 nm) e una nel verde (515 nm).

I campioni da sottoporre ad analisi citofluorimetrica sono ottenuti allestendo una sospensione cellulare partendo da cellule in coltura. Per ogni campione si necessità 106 cellule. La concentrazione cellulare delle sospensioni si calcola mediante conteggio in camera di Bürker, dopo adeguata diluizione e colorazione con Trypan Blue. Di ogni campione sono letti 30000 eventi. I dati ottenuti sono interpretati per evidenziare la distribuzione delle cellule nelle varie fasi del ciclo. Lo strumento rappresenta la distribuzione delle cellule nelle varie fasi del ciclo tramite un istogramma di distribuzione di frequenza, ottenuto in funzione della fluorescenza emessa dal colorante Ioduro di Propidio e, quindi, del contenuto di DNA.

Nella lettura del grafico tipico di una popolazione diploide si rileva la presenza di due picchi, in corrispondenza di valori di fluorescenza uno doppio dell’altro, relativi rispettivamente alle cellule in fase G2/M e a quelle in G0/G1. La porzione di grafico compresa tra i due picchi è relativa alle cellule in fase S, che presentano livelli di fluorescenza continui, crescenti e intermedi.

L’analisi del ciclo è effettuata da una work-station collegata al citofluorimetro.

L’analisi della distribuzione delle cellule nelle fasi del ciclo cellulare è eseguita con il software ModFitTM (Verity Software House).

9) Test di proliferazione

Il test di proliferazione è stato effettuato usando la sonda fluorescente CFDA-SE. Il CFDA-SE è una sonda fluorescente che entrata dentro la cellula lega covalentemente le proteine e viene de- esterificata dalle esterasi cellulari senza più attraversare la membrana cellulare e uscire. Ad ogni divisione cellulare la quantità di CFSE quindi di fluorescenza si dimezza, per cui viene valutata la proliferazione delle cellule in base al decremento della fluorescenza rispetto all' incorporazione iniziale della sonda. Le NIH-3T3, dopo il trattamento in microgravità per 72h, sono state marcate con il CFDA-SE alla concentrazione 2,5 μM in PBS per 15 minuti. Dopo averle centrifugate è stata aspirata la sonda in eccesso ed è stata presa un'aliquota per stimare la fluorescenza iniziale incamerata dalle cellule al t0. Le rimanenti cellule sono state poi piastrate e fatte crescere in terreno contenente FBS 10% per 24h. Quindi le 24h successive le cellule sono state staccate, centrifugate e fissate in 3% paraformaldeide e analizzate al citofluorimetro. Il valore in fluorescenza ottenuto è stato quantificato tramite software ModFit per stimare l'indice di proliferazione delle cellule nelle 24h dopo il trattamento in microgravità.

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10) Espressione proteica

Per lo studio sono state valutate le espressioni di α-SMA, E-CAD, VEGF e COX-2.

Per ottenere il 70% di confluenza i fibroblasti NIH-3T3 sono stati piastrati in quantità di 35 x105 e mantenute in coltura per 24 ore con ECM addizionato di FBS al 10% fino al 70-80% di confluenza. Il mezzo di coltura è quindi stato rimosso e sostituito con ECM contenente un quantitativo ridotto di siero (0,1%) in modo da sincronizzare le cellule alla stessa fase del ciclo cellulare. A seconda delle

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