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ejxevbale: La iunctura ejkbavllein ejk th' oijkiva, in questo caso riferita al gesto con cui Crobile manda fuori di casa la giovane ancella, ricorre tre volte in ambito

2. 4 Frammenti

V. 4 ejxevbale: La iunctura ejkbavllein ejk th' oijkiva, in questo caso riferita al gesto con cui Crobile manda fuori di casa la giovane ancella, ricorre tre volte in ambito

giudiziario, per delineare lo stesso tipo di iniziativa. In Lys. XXXII 17,4 ou} ajtivmou

ejk th' oijkiva ejkbalw;n, Diogitone viene accusato di aver maltrattato, scacciandoli

687 Cf. Carey 1989, 106 ad l.: «the repetition stresses the inconsistency of the alleged conduct».

688 Cf. Yunis 2001, 273 ad Dem. XVII 295: «if D. meant to blacken A. by associating him with the individuals on the list, D. must have expected the audience to recognize them as notorious (297 peribohvtou) for some connection to Philip, whether they joined the entourage, achieved power with his support, or surrendered to the Macedonian army».

689 Cf. Chantraine, DELG 182 s.v. bohv: f. «cri, clameur» avec des emplois très divers, désigne particulièrement chez Hom. le cri de guerre. Le mot est attesté chez Hom., en ion.-att., etc.

Parallèlement présent boavw «crier, appeler à haute voix», parfois «célébrer» […]. Avec préverbs:

[…] para-, peri- «décrier, diffamer» […]. L'adj. bohtov est rare, mas il y a des formes à préverbs ejpi- (Th., etc.), peri- (S., etc.).

690 Cf. Negri 1990, 57: «All’evidente spostamento del rilievo dall’impresa all’uomo si aggiunge una compresenza semantica ben diversa dall’ambiguità connotativa notata nel sintagma greco».

di casa, i figli di Diodoto che gli erano stati precedentemente affidati; a subire lo stesso trattamento, in Dem. LXIX 54,5-6 th;n a[nqrwpon ejkbalei'n ejk th' eJautou' oijkiva ed 83,6-7 thvn te a[nqrwpon th;n tauthi; Neaivra qugatevra ejkbavllei ejk th' oijkiva, è invece la figlia di Neera.

V. 5

Krwbuvlh: Lachete fa qui il nome di sua moglie, e lo ripete anche al v. 10.

Menandro usa lo stesso nome proprio di donna anche nel fr. 492 K.-A. Krwbuvle, / th'i mhtri; peivqou kai; gavmei th;n uggenh', in cui «Crobylam Plocii dramatis personam agnoscere sibi visus est Hermann»691.

V. 6

h\i t’ eu[gnwto ou\’ ejmh; gunh;: La rarità di eu[gnwto, la presenza di due elisioni e il susseguirsi di gruppi di lettere simili (E O U) rendono questa sequenza alquanto complessa da decifrare per un copista, ed è questa intrinseca difficoltà a spiegare la corruttela. Quella stampata da Kassel-Austin (oltreché da Kock, Koerte e Gomme-Sandach) è la correzione di Haupt 1855, 93. Meineke, invece, propone – sia nell'edizione del 1823 sia in quella del 1841 – h{ t' eujgnwto ei\cev me gunhv / devpoina, ed in apparato aggiunge: «fortasse a\r' eu[gnwton e[c' ejmh; gunhv».

L'aggettivo eu[gnwto, qui reggente un participio predicativo del soggetto, trova uso in ambito oratorio692, per indicare l'evidenza di determinate prove e/o argomentazioni693, ed in quello medico694, a delineare la chiarezza di certe manifestazioni patologiche. Si tratta dunque di un termine tecnico non appartenente alla lingua poetica; l'unica altra sua occorrenza in poesia è Soph. Aj. 703-5 a[nax ÆApovllwn / oJ Davlio eu[gnwto / ejmoi; xuneivh in cui ad essere manifesta è la presenza del dio di Delo.

Menandro tuttavia se ne serve per delineare una determinata situazione: in

691 Kassel-Austin 1998, 279 ad l.

692 Si ricordi che era proprio del lessico oratorio anche il termine peribovhto (v. 3) con cui Lachete aveva definito l'azione della moglie.

693 Cf. Lys. XVII 4,4 kaivtoi tou`tov ge panti; eu[gnwton, o{ti oujk a]n paralipovnte, ei[ ti a[llo tw`n ÆEravtwno oi|on te h\n dhmeuvein, wJ o[nta ÆEravtwno ajpevgrafon kai; a} ejgw; polu;n h[dh crovnon kevkthmai, XVII 4,8 wJ me;n ou|n hJmi`n oujd' eJtevrwqen eijpravxaqai oi|ovn te, eja;n uJmei`

tau`ta dhmeuvshte, eujgnwtovn moi dokei` ei\nai, Aeschin. Tim. 189,1 tivni d' uJmw`n oujk eujgnwtov

ejtin hJ Timavrcou bdeluriva; Dem. XXIX 1,12 ejk de; touvtwn oi\mai pa`in uJmi`n eu[gnwton e[eqai, povterov poq' hJmw`n ejsq' oJ ponhrov.

694 Si contano 8 occorrenze in Galeno, 3 in Ippocrate, 1 in Apollonio, Paolo ed Areteo.

una sorta di processo immaginario, la moglie riveste le parti dell' 'accusa', che vuole rendere – appunto – 'noto' a tutti i membri della giuria (i pavnte del v. 5) quali siano le colpe della 'difesa', e sottolineare, per contrasto, il proprio ruolo di comando all'interno dell'unità familiare.

ejmh; gunh;: Sull'uso dell'aggettivo possessivo senza articolo, cf. Gomme-Sandbach 1973, 705 ad l.: «not hJ ejmh;; gunh;, because the relationship is emphasized: see Dysc.

240 n695. The meaning will be 'so that it may be clear that it is my wife who gives the orders in my house'. But the reading is not certain. ejmoiv would give a good sense:

'My wife treats me like a slave'».

V. 7

devpoina: La posizione enfatica e l’enjambement con il verso precedente isolano questo sostantivo e concretizzano la sua importanza: deve essere chiaro a tutti che Crobile è la padrona, non solo della casa ma anche delle persone che vi abitano; è lei dunque che decide del destino del marito e della sua serva. Esso sta in antitesi con paidikavrion al v. 15, anch’esso in posizione enfatica, ad indicare la contrapposizione tra la uxor e la paelex / ancilla (come le definisce Cecilio)696.

Gunhv e devpoina non sono dunque sinonimi, in quanto l'uno si riferisce al legame coniugale, l'altro al ruolo autoritario esercitato dalla gunhv sull'intero nucleo familiare. La particolarità sta proprio nel fatto che quest'autorità non è nelle mani del marito (non si parla di devpoth, infatti), bensì della moglie.

Il termine devpoina697 in ambito tragico è usato, da parte di figure come messaggeri, pedagoghi o nutrici, per riferirsi all'eroina protagonista (in alcuni casi eponima) della tragedia: Sofocle nelle Trachinie lo attribuisce a Deianira ai vv. 49, 180, 370, 409, 430, 434, 472, 481; Euripide invece lo adopera a proposito di Alcesti (Alc. 193, 763, 769), Medea (Med. 6, 49, 58, 81, 142, 172, 185, 1002, 1144), Fedra (Hipp. 433, 662, 681, 695), Ecuba (Hec. 668, 1048), ed Elettra (El. 487, 750).

Viene tuttavia, seppur più raramente, riferito anche a divinità, come Atena

695 Cf. Gomme-Sandbach 1973, 174 ad Men. Dysk. 240: «When the emphasis is, as here, on the relationship itself, and the phrase does not simply denote a person, the noun maybe used without the article».

696 Cf. Guardì 1974, 167 ad l.: «il marito la chiama ancilla (v. 145), mentre per la moglie è senz'altro una paelex, cioè l'amante di un uomo ammogliato».

697 Sull'uso di questa «form of address» in ambito tragico e comico, cf. Dickey 1996, 98s.

(Eur. Cycl. 350, Suppl. 1227), Afrodite (Eur. Hipp. 117, 415, 522), o Artemide (Eur.

Hipp. 228). In Aristofane poi devpoina è esclusivamente epiteto divino, attribuito ad Atena (Eq. 763, Pax 271), alle Nuvole (Nub. 266, 356, 429), alla Pace (Pax 705, 976), a Cibele (Av. 877), alla Persuasione (Lys. 203), alla Vittoria (Lys. 317), ed a Demetra (Thes. 286).

Anche in Menandro devpoina mantiene le due accezioni di sinonimo kekthmevnh (Her. fr. 2,1 S. devpoin', e[rwto oujde;n ijcuvei plevon)698, ed apostrofe alla divinità (Colax 23 [devpoi]n' ÆAqhna', w'izev me699, Sic. 144 w\ devpoin' ÆAqhna', toutoni; auth' povei).

Esso viene riferito, come nel nostro frammento, ad una consorte prepotente anche in Eur. fr. 804 K. divdwin, o{ti oujkevq' wJrai`o gamei`: / devpoina ga;r gevronti numfivwi gunhv, e nel già citato Anaxan. fr. 53,4-6 K.-A. h] ga;r pevnh w]n th;n gunai`ka crhvmata / labw;n e[cei devpoina, ouj gunai`k' e[ti, / h| ejti dou`lo † kai; penvh †. Anche in questi due luoghi, infatti, è presente l'antitesi tra gunhv e devpoina, ma ciò che capovolge i rapporti di forza all'interno della coppia coniugale è in un caso la differenza di età tra marito e moglie700, nell'altro la maggiore cospicuità del patrimonio di lei rispetto a quello di lui, trattandosi di un'ereditiera. La popolarità dell'equiparazione tra gunhv e devpoina è provata dal fatto che il terzo verso del frammento euripideo appena citato è ripreso anche da Men. Monost. 191 Pern. devpoina ga;r gamou'nti numfivwi gunhv, da cui si differenzia solo per lo scambio gamou'nti / gevronti, e che lo stesso verso è citato in Ar. Thesm. 413, come prova della misoginia euripidea.

Cecilio spinge oltre questa concezione della moglie come padrona, esplicitando anche che il marito si sente come se fosse suo schiavo: vv. 144-145 R.3

698 Cf. Gomme-Sandbach 1973, 397 ad l.: «presumably spoken by Daos in his own defence to Myrrhine, but conceivably by Sophrone»; Arnott 1996, 41 ad l.: «The speaker is a slave addressing his or her mistress. Although a case might be made for assigning the lines to the nurse Sophrone, their most plausible context must be a speech by Daos to Myrrhine in which the slave defends his love for Plangon».

699 Cf. Gomme-Sandbach 1973, 424 ad l.: «This would seem to be a citizen's appeal: Pheidias or Gnathon speaks, not Daos or Doris».

700 Cf. il testimone del frammento euripideo, Stob. IV 22,109 (p. 542 H.) o{ti ejn toi` gamoi` ta; … hJlikiva crh; kopei`n. Il riferimento è – secondo Kannicht 2004, 576 ad l. - al vecchio Amintore,

«ut qui paelicem (F 818) uxori mnhth`i praetulerit? Si ita est, uxor genuina (Phoenicis mater) Alcimeda contra test. iii c mortua est».

qui sapiet, de me discet, / qui quasi ad hostes captus liber servio salva urbe atque arce; si tratta della stessa immagine presente anche nel frammento di Anassandride citato poco sopra, ed in Alex. fr. 150, 1-3 K.-A. peprakovte / th;n tou' bivou parrhivan kai; th;n trufh;n / gunaixi; dou'loi zw'men ajnt' ejleuqevrwn.

th;n o[yin h}n ejkthvato: Si tratta di un caso di attractio inversa, in cui «the antecedent, attracted into the case of the relative, is often thus prefixed to the relative clause, to mark with the greater emphasis the subject of a coming statement»701; è dunque questo un accorgimento stilistico finalizzato ad focalizzare l'attenzione sul proverbio che segue subito dopo (v. 8), e quindi sulla bruttezza fisica di Crobile cui esso si riferisce.

Kassel-Austin 1998 interpungono tra il v. 7 e il successivo, con un punto in alto, così come Koerte 19592; Meineke 1823, invece, vi pone una virgola.

V. 8

o[no ejn piqhvkoi: Nel giro di pochi versi compare un altro proverbio, a sottolineare, questa volta, la bruttezza di Crobile702. Anche di questo detto in Cecilio non c'è traccia, ed anche qui ci si può interrogare sul motivo di tale omissione; non vi sono, però, testimonianze nel mondo romano che lo riguardino, per cui è effettivamente possibile che il poeta latino non ne fosse a conoscenza.

È tuttavia proverbiale la menzione dell'asino: «ma se l'asino è forse l'animale che compare più frequentemente in “Sprichwörter” greci, e più volte nello stesso Menandro, esso entra spesso anche in proverbi romani, ed è spesso nominato dai comici in senso proverbiale. Cecilio aveva dunque la possibilità di tradurre anche questo: lo ha invece omesso, come il primo di cui si è trattato»703.

V. 8-9

tou`to dh; to; legovmenon, e[tin: Alla fine della frase il copista di V ripete per sbaglio il pronome dimostrativo posto all'inizio, e ciò dà origine alla corruttela. Questa frase costituisce un inciso che conferma che quello appena citato è un proverbio; essa si

701 Cf. Jebb 1855, 55 ad Soph. OT 449, che cita anche Soph. Trach. 283, Hom. K 416, Plaut. Trinum.

985. Cf. anche Kühner-Gerth ii 413: «Zuweilen tritt eine der eben erwähnten entgegengesetzte Attraktion ein, indem nicht das Relativ die Flexion seines Substantivs, sondern das Substantiv die Flexion des auf dasselbe gezogenen Relativs annimmt».

702 Append. IV, 24 o[no ejn piqhvkoi: ejpi; tw`n aijcrw`n ejn aijcroi`.

703 Cf. Gamberale 1976, 164.