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Fr. 34 K.-A.

Ter. Andr. 13s. quae convenere in Andriam ex Perinthiam / fatetur (poeta) transtulisse atque usum pro suis. Donat. ad l. (Prol. 14, p. 45,21) conscius sibi est primam scaenam de Perinthia esse translatam, ubi senex ita cum uxore loquitur, ut apud Terentium cum liberto. At in Andria Menandri solus est senex. cf. test. ii

Donato, commentando i vv. 13s. del prologo dell'Andria terenziana, avverte del fatto che, mentre l'opera di Terenzio comincia con un dialogo tra il senex Simone ed il libertus Sosia, la prima scena dell'Andria menandrea era invece monologica95: il poeta latino avrebbe preso spunto dalla Perinthia di Menandro, in cui il vecchio non parla con se stesso, ma discute con la moglie.

Terenzio compie una scelta simile anche in Eun. III 4-5, giacché trasforma quello che in Menandro era il monologo di Cherea in un dialogo tra questi ed Antifonte, stando alla testimonianza di Donat. ad Ter. Eun. 539 (III 4,1,3, p. 387,1) heri aliquot adulescentuli c.] bene inventa persona est, cui narret Chaerea, ne unus diu loquatur96, ut apud Menandrum97.

Grazie all'introduzione del personaggio di Antifonte, Cherea non racconta la sua avventura solamente al pubblico, ma ad un amico, che non si limita ad ascoltare ma può anche intervenire per esprimere sue eventuali reazioni a quello che sente: si ottiene così una scena più dinamica e vivace98.

95 Sulla possibile origine plautina di questa pratica di sostituzione, cf. Zagagi 1981, 317: «One should nevertheless be wary of crediting Terence with an entirely novel method of adaptation here, since […] this method may as well have formed part of Plautus' general technique in dealing with New Comedy monologues».

96 Cf. Barsby 1999, 184 ad Ter. Eun. 539: «There are parallels in Men. for a long narrative monologue describing off-stage events (Dysk. 522-545, 666-90, Sam. 206-82, 324-56)».

97 Cf. Kassel-Austin 1998, 113 ad Men. fr. 142: «ut apud Menandrum damnat Ihne p. 20-25, vid. Ed.

Fraenkel MusHelv 25 (1968) 235-242, Gaiser ANRW I 2 (1972) p. 1078sq.».

98 Cf. Haffter 1969, 60: «Questo Antifonte però non c'è solo per ascoltare ma attraverso le sue

Quanto ad Andr. I 1, il fatto che il protagonista parli con se stesso, con la moglie o con il suo liberto, determina in maniera sostanziale forma e contenuto del suo discorso, e quindi la scelta dell'interlocutore doveva essere dettata da una ben precisa intenzione artistica99. In particolare:

- «[scil. a monologue] does not countenance any comments, questions, or interruptions»100, ed è concepito per non essere ascoltato da nessun altro personaggio, ma esclusivamente dal pubblico. «The monologues of Roman comedy serve a variety of purposes: (1) they are used for exposition, i.e., for the development or the explanation of the plot throughout the play and for the description of what has already happened off stage; (2) they announce what will take place either on the stage or behind the scenes; (3) they comment upon action which is already known to the audience; […] (4) for deliberation of a possible course of action, (5) for

domande e le sue repliche il racconto dell'inebriato amico acquista una tensione di natura particolare e contemporaneamente – ma non ovviamente, data la scabrosità del tema – un tono che non s'abbassa mai fino al grossolano»; Barsby 1999, 184s. ad l.: «In Men. Chaerea's monologue will have begun with an expression of relief that there were no busybodies present to disturb his happiness, continued with an account of his exploit from the point when he entered Thais' house, and ended with a reference to the dinner party and his need to change out of his eunuch costume.

T. has transformed Chaerea's reluctance to be interrupted by a busybody into an eagerness to tell his story to a friend, and turned the rest of the his monologue into a dialogue by giving Antipho a series of questions and exclamations. The result is a gain in liveliness and humour, and Antipho's ready acceptance of the morality of Chaerea's exploit may serve to incline the audience in the same direction. Otherwise Antipho, who belongs to the type 'helper of a friend in love', has little character of his own».

99 Sui probabili motivi della scelta terenziana, cf. Nencini 1891, 30: «In diversis Graecorum Romanorumque moribus mutationis causam quaerendam esse duco. Quod enim supra docuimus futurum fuisse ut Graecis spectatoribus non absurdum videretur matrem filii facta ignorare, hoc absurdum sane fuit sec. Romanos mores […]. At quod enim libertus fingitur, nescio utrum uni Terentio hoc debeatur qui servos in palliata fabula erilium filiorum adiutores fere esse senserit an Perinthiae exemplo quae alicubi etiam prater scaenam primam libertos exhibuerit vel commemoraverit»; Ashmore 1908, 9 ad Ter. Andr. I 1: «he [Terence] takes into account the peculiarities of a Roman audience, to whom the monologue of the ÆAndriva would have seemed dull», Haffter 1969, 56: «Terenzio ha in generale una certa avversione per il monologo. Forse perché il monologo gli appariva troppo teatrale, troppo poco realistico. Più probabilmente perché egli, in confronto con i suoi originali, aspirava ad un ravvivamento dell'azione»; Zagagi 1981, 317:

«As for Terence's motive for replacing the two Menandrian monologues under consideration by dialogues, this was clearly to avoid too long a narrative speech at these particular points», Hunter 1985, 34: «It may be that Terence felt that an expository conversation between a master and his freedman was both more effective and more realistic than either of Menander's techniques, but whatever the reasons for his choice, it seems likely that a reader feels the awkwardness of this device more strongly than a spectator».

100 Anderson 2003, 5.

delineation of character, (6) for moralizing on a topic suggested by the situation in the play, and (7) for comic effect»101.

Il monologo di Simone nell'Andria menandrea ha in primo luogo funzione espositiva (il vecchio deve rivelare al pubblico la parte degli antefatti a lui nota), sia che costituisse il prologo vero e proprio, sia che fosse seguito dal prologo divino ritardato; ma contribuisce anche a tratteggiare il carattere di Panfilo (oltreché di Simone stesso), ed anticipa l'intenzione, da parte del padre, di ideare un piano per porre fine alla relazione clandestina del figlio e costringerlo all'obbedienza.

- in un dialogo con la propria moglie, è improbabile che un marito si dilunghi nel raccontare la vita del figlio, visto che lei dovrebbe saperne tanto quanto lui, se non addirittura di più102; si può immaginare che i due discutano piuttosto sui rispettivi diritti e doveri nei suoi confronti. Di sicuro una simile discussione tra marito e moglie è adatta all'ambientazione familiare e domestica della Commedia Nuova, in cui tanta parte hanno proprio le dinamiche marito-moglie, padri-figli, etc.

- in un dialogo con il proprio liberto, un patrono potrà richiedere ascolto ed obbedienza visto il debito sempiterno dell'altro103: questo dovrà dire di sì a tutto ciò che quello gli chiede di fare, lodando quello che lui loda, e criticando quello che lui critica104. Tale conversazione rispecchia la pratica quotidiana dei rapporti clientelari romani, e l'inserimento di tale peculiarità rispetto al modello greco deve essere visto

101 Duckworth 1952, 105.

102 Cf. Shipp 19602, 121 ad l.: «T. could hardly make a matrona ignorant of what concerned her so closely, though for the matter of that it is not much more realistic to make a trusted freedman ignorant of what was going on next door»; Gomme-Sandbach 1973, 534 ad Men. Perinth.: «Sosia […] is not a plausible confidant for Simo, and the reasons offered for telling him the long story are unconving: he is to keep an eye on Pamphilus' conduct and deter Davus from mischief. On the other hand Laches of Perinthia would naturally confide in his wife, whose co-operation he would need in pretending that there was about to be a marriage. Why did Terence replace her by Sosia? Is it possible that in Perinthia she played some active part, and that Terence found it easier to substitute a totally new character than to modify her figure?»; Barsby 2003, 257: «Perhaps he [scil.

Terence] felt it inappropriate for the father to retell the son's doings to the mother, who might be presumed to know them already, whereas a freedman might more plausibly be represented as ignorant of them»; Anderson 2003, 3: «For how would Simo's wife know most, if not all, the details about her son which are news to Sosia?»

103 Cf. Anderson 2004, 12: «As a freedman of Simo, Sosia was permanently in his debt, and considered a client who owed him service when he claimed it. He was to remember all his life the kindness bestowed on him by Simo in freeing him».

104 Cf. Anderson, 2003, 3: «Simo, as a patronus of his freedman Sosia, has a special authority over him and can expect him to listen with compliance to his story and to accept without protest the rather demeaning task he is assigned»; 6: «Sosia is acting slavishly and merely parroting the sentiments of Simo», riguardo ad Andr. 60ss.

come innovazione terenziana: si tratta di un esempio di 'traduzione letteraria' che adatta l'ipotesto originario (greco) al nuovo contesto (latino), ai fini di renderlo più comprensibile al nuovo destinatario (il pubblico romano)105.

Tale dinamica sociale tipicamente romana ha anche la funzione di rendere ancora più autoritario il personaggio di Simone, in quanto egli non è più solo pater, ma anche patronus: il diritto di vita e di morte è esercitato non solo sui figli ma anche su tutti gli altri componenti della familia, ossia anche su schiavi e liberti106.

Sia la moglie della Perinthia, sia il liberto dell'Andria terenziana sono dei personaggi protatici, ovvero attori la cui presenza in scena non va oltre la provtai

della commedia107: si tratta dunque di figure che hanno un'importanza limitata e temporanea e la cui funzione è, essenzialmente, quella di fare da spalla al protagonista durante l'esposizione degli antefatti della vicenda108.

Terenzio fa uso di un personaggio protatico anche in:

- Phorm. I 1 (Davo)109. Lo schiavo fa la sua comparsa nella prima scena, e la sua

105 Sulle modifiche rese necessarie dal passaggio da monologo a dialogo, e dalla moglie al liberto, cf.

Nencini 1891, 26-30.

106 Cf. Anderson 2003, 5: «Although his [scil. Sosia's] part is protatic and he disappears after the completion of the argumentum, nevertheless his role as eager client helps to define Simo's role as an autocratic patron and father». Che la scelta del liberto non sia casuale ma abbia dei risvolti significativi per la trama dell'intera commedia, lo credono anche McGarrity 1978, 107s.: «The substitution of Sosia for the wife of the Perinthia allows Terence to introduce the ideas which will suggest the theme of officium and of the growth of a young man into a responsible person. […]

Just as Sosias has become a free man through his good character and the gentle direction of Simo, so also through the continued mildness of Simo and Pamphilus' own proper actions will Pamphilus become free»; Hunter 1985, 34: «although Sosia's role is limited to the briefest of reactions to Simo's monologue, he is given enough scope to establish an interesting and amusing character. His sententiousness sits pleasantly with his exaggerated responses to the shifts of Simo's narrative to suggest a character both pleased with his upward social progress and very eager to keep on the good side of his patron. So too this opening conversation reveals Simo to be iustus and clemens, and this is important preparation for the play's exploration of the relationship between father and son».

107 Cf. Donat. ad Ter. Andr. Preaf. I, 8 (p. 36,17): persona autem protatica ea intellegitur, quae semel inducta in principio fabulae in nullis deinceps fabulae partibus adhibetur.

108 Cf. Ashmore 1908, 159 ad Ter. Phorm. I 1: «a character employed merely to introduce the play, and assist in the explanation of the plot»; 217 ad Ter. Hec. I 1: «They serve the purpose of unfolding the situation at the beginning of the play and then disappear and are no more seen». Cf.

anche Del Corno 2005, 291: «Generalmente uno dei personaggi principali espone l'antefatto ad un interlocutore, che promuove il racconto con le sue domande e lo scandisce con i suoi commenti.

Quest'interlocutore di comodo presenta caratteri corrispondenti alla figura che l'esegesi antica definiva provwpon protatikovn: la sua funzione è prevalentemente, quando non esclusivamente, ristretta alla prima scena».

109 Cf. Donat. ad Ter. Phor. 35 (I 1,1,1, p. 357,10) 1 amicus summus meus et popularis] quod in omnibus fere comoediis, in quibus perplexa argumenta sunt, fieri solet, id in hac quoque Terentius servat, ut protatiko;n provwpon id est persona extra argumentum, inducat; cui dum ob hoc

funzione è quella di spiegare al pubblico che Geta, schiavo come lui, ha bisogno di soldi.

- Hec. I 1-2 (Filotide e Sira)110. In questa commedia la particolarità sta nel fatto che i personaggi protatici sono due, e la loro presenza si dilunga per ben due scene 111.

I tratti in comune – quanto a caratterizzazione dei personaggi – tra le scene iniziali dell'Hecyra e del Phormio112, e le differenze tra queste e quella dell'Andria113, potrebbero far pensare che tale trattamento dei personaggi protatici fosse peculiare di Apollodoro, autore degli originali di queste due commedie114.

ipsum, quod veluti aliena a tota fabula est, res gesta narratur, discat populus textum et continentiam rerum sitque instructus ad cetera.

110 Cf. Donat. ad Ter. Hec. 58 (I 1,1,1, p. 203,7) 1 per pol quam paucos reperias meretricibus fideles]

novo genere hic utraque protatika; provwpa inducuntur, nam et Philotis et Syra non pertinent ad argumentum fabulae. hoc autem maluit Terentius quam aut per prologum narraret argumentum aut qeo;n ajpo; mhcanh' induceret loqui.

111 Cf. Ireland 1990, 110 ad l.: «The very fact that there are two of them allows an initial interaction and character differentation: Syra the hard-bitten mercenary type, Philotis more open and ready to trust her clients. Not surprisingly it is the latter who interacts with Parmeno in the following scene and is the initial source of information concerning Bacchis […]. In addition, the division of exposition between two scenes mirrors the involvement of two characters, Pamphilus and Bacchis, in the initial situation. […] As often, the dialogue is given an additional air of naturalness by the impression that we come across the pair in mid-conversation». Cf. anche Sommaruga 1998, 387 n.

26: «Il ruolo attivo di Sira si limita alla prima scena, dove, dialogando con Filotide, contribuisce a mettere in risalto, per contrasto con il proprio carattere, quello dell'interlocutrice. In seguito, dopo aver salutato Parmenone al v. 83, rimane in silezio fino alla sua uscita di scena, che viene comunemente fatta coincidere con quella di Filotide dopo il v. 197».

112 Cf. Sommaruga 1998, 389: «L'Hecyra ed il Phormio si aprono con una scena in cui un personaggio che non fa parte della trama annuncia un avvenimento di fondamentale importanza nella commedia dal proprio punto di vista parziale e limitato e lo rende, anzi, un semplice spunto per parlare di un problema attinente alla propria condizione sociale. Ne consegue che in entrambi i casi tale avvenimento viene recepito dal pubblico non direttamente, ma – fatto che denota da parte dell'autore interesse per gli ambienti rappresentati e tensione al realismo – riflesso attraverso le impressioni che ha operato in un ambiente diverso da quello dei protagonisti, cioè in quello delle etere nell'Hecyra e in quello dei servi nel Phormio; e ne consegue inoltre che il personaggio che le comunica, pur rivestendo un ruolo marginale nella commedia, riceve una vitalità e un interesse sufficienti a renderlo qualcosa di più di un semplice destinatario di informazioni nella successiva scena dialogata».

113 Cf. Sommaruga 1998, 392 n. 38: «Il liberto [scil. Sosia] – pur senza essere privo di interesse e di tratti caratterizzanti – ha effettivamente un ruolo passivo nell'esposizione, limitandosi ad annuire, esclamare, domandare (si tratta per altro di domande finalizzate ad interrompere la narrazione piuttosto che a contribuire al suo avanzamento), proferire sentenze e tuttalpiù fare qualche veloce considerazione […]; inoltre nell'Andria […] gli antefatti vengono narrati da un personaggio principale, coinvolto direttamente ed emotivamente nella vicenda». Sull'irrilevanza drammatica di Sosia, cf. anche Norwood 1923, 32: «he [scil. Sosia] is none the less, on the technical side, a thoroughly amateurish device for helping to convey information to the audience. Simo, instead of delivering a direct unbroken address to the spectators, unburdens himself to his elderly freedman, who interjects 'Hum!' 'Ha!' and the like at intervals, thereafter disappearing with entire abruptness from the play, despite Simo's request that he should aid in the marriage plot».

114 Cf. Sommaruga 1998, 393-398.

Fr. 35 K.-A.

nu`n d' ouj levlhqa MENAM

Ter. Andr. 204 nil me fallis. Donat. ad l. (I 2,33,4-6, p. 93,8) 4 nihil me fallis] id est: non te ignoro, non me decipis. sic Menander NUN - MENAM. 5 nihil me fallis] figura eJllhnimov: oujdevn me lanqavnoi a[n (sic Steph., OUENLIELANQANI‚AN A, oujdevn me lanqavnei M4 [= ed. pr.], ajlen ajlivni Vat. 1673). 6 fallis] lates, ut sit: oujdevn me levlhqa (sic M4 et litteris uncialibus A)

ipsa Menandri verba in lemmate 5 inesse putabat Meineke, refragatur Saekel p. 3sq.

('lemmata 5 et 6 … non ad Menandri versum respiciunt, sed id unum spectant, ut figura eJllhnimou' legentibus quam acuratissime demonstretur'). cf. fr. *41

nu'n de ou lelhqa M4 : NUNd:OULEN)-QA‚ A : nun qouaqlhvqa Vat. 1673 MENAM A : ajlevna Vat. 1673 : me M4 : me a]n Lindenbrog : mh;n ejmev Dziatzko p. 236 ('mhvn si est coniectum cum altera particula, artissime cohaerent nec ullo dirimuntur verbo apud Menandrum' Saekel) : ejme; pavnu Saekel

Donato ha innanzitutto parafrasato l'espressione usata da Terenzio (4), trovandone delle equivalenti in latino; e riportato il verso greco corrispondente a quello analizzato. Egli spiega dunque il perché del ricorso al greco (5), affermando che l'espressione terenziana è un grecismo (figura eJllhnimov)115: l'espressione greca che viene riferita ora non è il testo menandreo, bensì il modello della locuzione terenziana in questione116.

Nel commento dunque non si cita più volte lo stesso frammento menandreo, ma, negli ultimi due scolî, se ne propongono versioni leggermente modificate nella forma ma identiche nella sostanza, e ciò è reso possibile dalla natura idiomatica dell'espressione stessa. Di opinione differente Meineke 1841, 82 ad l., che stampa come testo menandreo quello presente nel quinto scolio117.

Il calco linguistico viene infine reso ancora più evidente (6), con l'indicare il

115 Per il 'grecismo sintattico', cf. Jacobi 1996, 92.

116 Cf. Saekel 1914, 3s.: «lemmata 5 et 6 non ad Menandri versum respiciunt, sed ad id unum spectant, ut figura eJllhnimou` legentibus quam acuratissime demonstretur».

117 Cf. Meineke 1841, 82 ad l.: «Donatus “ninu' kai; oujde;n levlhqav me a[n”. Haec paullo post rectius ita scripta apponuntur oujdevn me lanqavnoi a[n, prioribus verbis ninu' kai; omisso.».

verbo latino derivato dalla stessa radice semantica di quello greco: lates a confronto di levlhqa. Si noti che gli unici due esempi di figura eJllhnimov che Donato rileva in tutto il corpus terenziano sono contenuti nell'Andria, ossia, oltre a questo, anche il fr. *41 K.-A.

Il confronto con Terenzio ci permette di comprendere chi, in Menandro, pronunci questo emistichio, ed a chi sia rivolto. Si tratta di Simone, che, nel dialogo con Davo, tenta di convincerlo ad ascoltare i suoi ammonimenti, usando un tono quasi minaccioso: lo conosce bene, sa che è incline alle malefatte, e con questo avvertimento vuole prevenirle; anche se lo schiavo è riuscito ad ingannarlo in passato, questa volta il vecchio giura che non accadrà più.

Anche in Menandro, dunque, Simone avverte lo schiavo di non frapporre nessun ostacolo alla celebrazione delle nozze. Da queste parole è chiaro che il vecchio «sapeva trovare i mezzi della persuasione, ed era deciso a sfruttarli dopo aver elaborato un piano contro suo figlio»118.

nu`n d' ouj: In M4 l'elisione è assente, al contrario che in A. La locuzione nu`n dev ricorre tipicamente ad inizio di periodo ed indica una svolta repentina nell'argomentazione o nella narrazione in corso119. Si vedano Men. Asp. 13, 99, 221, Dysk. 133, 160, 715, 1111, Perik. 491, Sam. 247, 380, 630, Phasm. 52, ma soprattutto Epitr. 869 nu'n d' eu{rhka e Perik. 347s. nu'n de; / lelavlhka pavlin, in cui il verbo è come qui al perfetto.

Nel primo esempio, nu'n dev segna il passaggio di Abrotono – prima tra tutti i personaggi – dall'ignoranza alla conoscenza della verità, poiché ha appena capito che il trovatello è figlio di Panfila, essendo proprio lei la ragazza violentata da Carisio alle Tauropolie. La messiscena arichitettata da lei e Davo aveva infatti lo scopo di trovare i genitori del bambino, ed ora che esso è stato raggiunto, Abrotono può

118 Cf. Massioni 1998, 119, secondo cui «il confronto col fr. 33 [K.] di Menandro [...] fa supporre (nonostante il passo menandreo indichi incertezza per effetto dell'a[n), che Simone doveva avere anche nei confronti del servo e anche nella commedia greca un atteggiamento diffidente e minaccioso».

119 Sul valore avversativo di dev, cf. Denniston GP2 165-168.

'togliersi la maschera' e spiegare anche a Panfila tutta la verità. Solo ora il verbo euJrivkein è al perfetto, poiché solo ora l'azione è stata compiuta120.

Il secondo, invece, fa parte del battibecco tra Polemone e Davo a proposito dei fatti recentemente accaduti. Anche qui l'espressione in questione indica un cambio repentino di comportamento, in questo caso quello dello schiavo nei confronti del soldato121.

Nel secondo e nel terzo scolio la negazione ouj è sostituita da oujdevn: «nihil pro simplici non in sermone cotidiano adhiberi multo frequentius - recordare innumerabilia illa nil opust et nil moror - quam oujdevn pro simplici ouj, id non ignoro.

tamen hic locus excipiendus erit, quia senex servum plane perspicere se gloriatur»122; con l'intenzione di spiegare il grecismo, infatti, Donato traduce in greco il lemma di Terenzio verbum de verbo, e fa corrispondere oujdevn al nil.

levlhqa: La lezione corretta è quella di M4, di cui negli altri codici sono rimasti solo alcune lettere prive di senso compiuto.

Lanqavnw con l'accusativo della persona compare frequentemente già in Omero, in cui costituisce una sorta di formula: Il. III 420, IX 477, XV 461, 583, XVI 232, XVII 626, XX 112, XXII 277, XIV 563.

Successivamente, essa si riscontra anche nella produzione teatrale; si vedano, in particolar modo, con la stessa reggenza123 del nostro frammento Aesch. Suppl.

714s. ou[ me lanqavnei / tolmov, Soph. El. 222 ouj lavqei m' ojrgav, Phil. 207 oujdev me lavqei / barei'a thlovqen aujda; truavnwr, Eur. fr. 840 K. levlhqen oujde;n tw'ndev m' w[n u; nouqetei', Ar. Eq. 465 ou[koun m' ejn ÒArgei g' oi[a pravttei lanqavnei, 862s.

120 Cf. v. 455 euJrwvn, v. 489 eu{rwmen, v. 509 zhtei'n, v. 537 zhthvomen, v. 545 zhth'i, in cui il complemente oggetto è sempre la madre del bambino: Abrotono e Davo stano preparando la beffa.

121 Cf. Gomme-Sandbach 1973, 491 ad l.: «To start with what is certain, nu'n de; lelavlhka pavlin cannot mean […] 'now you have told me a false story again'. It is true that lalei'n is in Menander almost always at least slightly depreciatory, and to substitute levgein would change the colour of the word […]. So there are passages where lalei'n clearly connotes unnecessary or pointless talk […]. But I do not think there is anywhere the word actually denotes, as it would have to here, the telling of lies. Moreover, what is even more cogent, Moschion does not disbelieve Daos' last statement: he goes into the house fully expecting his mother immediately to bring him Glykera's terms for the affair he wants. The phrase nu'n de; lelavlhka pavlin must therefore mean 'now you have talked sense again', and the verb lalei'n is used because Moschion wishes to express his contempt for the manner in which Daos has revealed the truth».

122 Saekel 1914, 3 n.2.

123 Con altre reggenze, cf. Soph. OT 904s., Eur. fr. 1033 K., Ar. Vesp. 695, Pax 618, Men. Sam. 390.

kaiv m' ouj levlhqen oujde;n / ejn th'i povlei xunitavmenon, Nub. 380 toutiv m' ejlelhvqein, Plut.169 tautiv m' ejlavnqanen pavlai.

Essa infine viene usata spesso anche in ambito filosofico e retorico, ad indicare l'evidenza – a chi parla – di determinati fatti, principi o argomentazioni:

Isocr. Paneg. 74,1, Phil. 25,2, Evag. 78,3, Plat. Ap. 19a 5, Alc. 106e 4, Leg. 746b 4.

Nel secondo scolio, a differenza che negli altri due, il verbo compare all'ottativo presente, fatto seguire dalla particella a[n, leggibile nelle ultime lettere della lezione di A. L'indicativo presente della lezione di M4 si spiegherebbe, invece, tenendo conto dell'intenzione donatiana di tradurre – come si è visto – parola per parola l'espressione latina in greco e rendere ancora più evidente il grecismo (fallis ~ lanqavnei).

MENAM: Lindenbrog propone me a[n124, Dziatzko mh;n ejmev125, Saekel ejme; pavnu126. Sicura è la presenza dell'accusativo del pronome personale, essenziale alla comprensione del senso dell'espressione e presente anche negli altri due explicamenta127. In A è probabilmente avvenuto lo scambio di me per mevn, causato forse dalla vicinanza del termine Menander.

124 Cf. Körte 19592, 26 ad l.: «quod ferri non potest», a proposito della congettura di Lindenbrog.

125 Cf. Dziatzko 1876, 236 e Saekel 1914, 4: «mhvn si est coniectus cum altera particula, artissime cohaerent nec ullo dirimuntur verbo apud Menandro».

126 Cf. Saekel 1914, 4: «hoc vocabulum ob formam iambicam saepissime in versuum ultimam sedem remotum non modo adiectiva auget, sed etiam verba et positive et negative dicta (Peric. 131. 303.

336. 428. Georg. 41. Phasm. 48; Aristoph. Lys. 73. Plut. 235. — Cith. 53. fr. 746; Aristoph. Nub.

902). tum in versu Menandreo unam E (post ‚) intercidisse statuendum» e Körte 19592, 26 ad l.:

«pavnu ad sententiam non quadrat».

127 Cf. Saekel 1914, 3: «accusativus me (vel ejmev vel m') est adiciendus. Litterarum MENAM igitur prima M vel etiam ME ad hunc accusativum referri possunt».