• Non ci sono risultati.

3. Sintesi dei risultati raggiunti

2.6. Enlil, Nabû, Antioco I

Durante la seconda metà del II millennio a. C. molti elementi della cultura sumerica vennero assorbiti nella cultura assiro-babilonese: l’eredità sumerica continuò ad essere viva nella cultura del mondo babilonese dal II millennio in avanti.

Non vi è dubbio che nella politica di propaganda seleucide la ripresa della cultura antica assiro-babilonese, e quindi anche sumerica, fosse un elemento fondamentale per la legittimazione del potere regale ellenistico. La letteratura

136 in cuneiforme era considerata parte del sostrato culturale della Babilonia ellenistica, e l’intento dei sovrani seleucidi era radicarsi in questo sistema di elementi originari, nel quale le popolazioni indigene si identificavano. Tra gli elementi della cultura sumerica che passarono a formare l’humus culturale di quella babilonese ci sono sia la lingua sia la letteratura; su questo terreno, nel quale, appunto, si riconoscevano tutte le popolazioni locali siriache e mesopotamiche, si è esercitata l’azione propagandistica di continuità dei Seleucidi.

In particolare ciò che interessa in questa sede è approfondire come i Seleucidi abbiano potuto rifunzionalizzare i miti di Enlil e Ninlil ed Enlil e Sud a favore della loro propaganda. Studiando le identificazioni reali con le divinità locali, si è notato come la connessione tra i re Seleucidi (in particolare Antioco I) con il dio Nabû344, e quindi con Apollo, fosse molto forte. Nabû era considerato il

figlio di Marduk, come Apollo era, per i Greci, il figlio di Zeus; è attestata l’identificazione di Marduk con Apollo345.

Nei miti della dinastia di Enlil, Ninurta, suo figlio, venne, da un certo momento in poi, sincretizzato con Marduk. Ricostruendo la gerarchia divina che ne viene fuori, Enlil risulterebbe il capostipite, il padre di Ninurta/Marduk e l’antenato di Nabû/Antioco. L’antenato divino babilonese della dinastia seleucide, a questo punto, sarebbe stato Enlil.

344 Vd. Cilindro di Borsippa.

137 ENLIL

NINURTA/MARDUK

NABÛ/ANTIOCO I

Nella Uruk dei Seleucidi Enlil era venerato come la terza divinità per importanza dopo Anu e Antu346; il pantheon dell’epoca seleucide era

organizzato per famiglie in ordine di importanza: la discendenza che deriva dall’unione tra Enlil e Ninlil era la seconda di quest’ordine.

Data l’importanza di queste divinità per la cultura sumerico-babilonese, un’operazione di identificazione con loro da parte dei Seleucidi avrebbe portato un alto grado di consenso nei confronti dei nuovi sovrani greco- macedoni.

2.6.1. Nino

Come si inseriscono le vicende di Nino in questo contesto culturale?

La storiografia (Erodoto, Diodoro Siculo e Pompeo Trogo) presenta Nino come il figlio di Bel, nome babilonese con il significato di "Signore": si tratta del titolo più diffuso con il quale si identifica anche l’accadico Marduk. Nel sistema genealogico che abbiamo sin qui tracciato egli si inseriva come figlio di Marduk/Bel e, così, era identificato con il dio Nabû e con Antioco I, con la conseguenza che Enlil figurava anche come suo antenato.

138 ENLIL

NINURTA/MARDUK

NABÛ/ANTIOCO I/NINO

L’identificazione del re mitico Nino con Antioco I Seleucide si inseriva dunque perfettamente all’interno del progetto propagandistico dei re: Nino era il mitico fondatore della città di Ninive, eroe assiro, caro alla memoria leggendaria della popolazione mesopotamica. Non desta meraviglia che un tale personaggio mitico fosse tra quelli ai quali tendevano ad assimilarsi i regnanti; anzi sembra perfettamente coerente con una tendenza, chiaramente testimoniata da Berosso, nei Βαβυλωνιακά secondo la quale Seleuco I e suo figlio Antioco I erano sempre alla ricerca di modelli mitici a cui ispirarsi (FGrHist. F 9; 146-7). Nino (con la sua dinastia) aveva tutte le caratteristiche per esser uno di questi modelli mitici.

Se si analizzano le imprese di Antioco, infatti, si trovano corrispondenze con quelle del Nino del ‘romanzo’.

Antioco I (divenuto re nel 281 a. C.) dovette affrontare fin da subito l’importante sfida di mantenere unite le immense conquiste territoriali del padre, impresa che lo tenne impegnato per quasi tutta la vita e in cui riuscì solo in parte. Per prima cosa decise di abbandonare la Tracia, regione troppo periferica per essere difesa efficientemente e fonte di un pericoloso contenzioso con il re di Macedonia Antigono II Gonata; dopo questo fatto stipulò un patto di amicizia con il sovrano Antigonide, che fu alla base della alleanza storica fra

139 Seleucidi e Antigonidi contro i Tolomei. Dovette poi affrontare una ribellione nel distretto di Seleucia, il più importante del regno, che riuscì a schiacciare perdendo però quasi tutti i suoi elefanti e così se ne fece inviare altri dalla provincia di Battria. Dovette poi far fronte alla terribile invasione dei Galati, ovvero dei Celti: queste popolazioni negli anni precedenti erano penetrate nei Balcani e si erano stabilite in Tracia. I numerosi regnanti dell'Asia Minore stabilirono contatti diplomatici con loro perché combattessero al loro servizio e accettarono di trasportarli al di là dell’Ellesponto; tuttavia la situazione sfuggì loro di mano e i Galati cominciarono a seminare terrore per tutta l'Anatolia. Antioco dovette dunque affrontare nel 275 a. C. un’armata celtica composta da più di 40.000 uomini; nella cosiddetta Battaglia degli Elefanti riuscì a sconfiggere con un piccolo esercito la potente armata galata utilizzando astutamente i pachidermi indiani. Questa grande vittoria gli valse l'appellativo di Soter, "il Salvatore". Più tardi dovette affrontare Tolomeo II Filadelfo nella cosiddetta Prima guerra siriaca; la causa di questa guerra risiedeva nel fatto che sia i Seleucidi sia i Tolomei reclamavano la regione di Celesiria, che corrisponde all’incirca al Libano e alla Palestina.

La spedizione in Armenia narrata nel frammento B del Romanzo di Nino fu affrontata dal mitico re Nino con l’ausilio degli elefanti, proprio come Antioco I affrontò i Galati nella cosiddetta Battaglia degli Elefanti in Asia Minore. Alla fine del frammento B del Nino si parla di una spedizione che Nino dovrà affrontare contro l’Egitto e che poteva alludere come modello mitico, a questo punto, alla cosiddetta Guerra Siriaca di Antioco I contro Tolomeo II. Parallelismi, questi, che potevano certamente favorire un’identificazione propagandistica tra il sovrano seleucide e l’eroe del mito mesopotamico.

140