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e responsabilità degli enti

2. GLI ENTI DESTINATARI DELLA NORMATIVA

Il Capo I del d.lgs. n. 231/2001 traccia il perimetro di applicabilità soggettiva della normativa sulla responsabilità da reato degli enti, individuando rispettivamente gli enti destinatari della disciplina punitiva e gli enti che, invece, ne rimangono esclusi. L’art. 1, comma 2, in particolare, prevede che le disposizioni previste nel de-creto si applichino «agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e

associa-zioni anche prive di personalità giuridica», precisando, al comma successivo, che

dette disposizioni «non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli

altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale».

L’ampiezza della formula normativa consente di ricomprendere le più svariate forme giuridiche: vi rientrano, infatti, tutti i tipi di società commerciali, di capita-li e di persone, i fondi di investimento, le società fiduciarie, le mutue assicuratrici, le fondazioni7, i consorzi8, le cooperative e le Onlus9.

Parimenti, la dottrina include – non senza perplessità – tra i destinatari della normativa, oltre alle società di fatto e quelle irregolari10, anche gli enti di piccole dimensioni e le società unipersonali11.

7 Cfr. Trib. Milano, 26 giugno 2008, in Foro ambr., 2008, c. 335: «La responsabilità amministra-tiva dipendente da reato riguarda anche le fondazioni atteso che l’art. 1 comma 2 d.lgs. 231/01 estende l’applicabilità delle disposizioni in esso contenute agli enti forniti di personalità giuridica, alle società e alle associazioni prive di personalità giuridica. Conferma indiretta si ricava anche dall’art. 27 del citato decreto che, nello stabilire che dell’obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria risponde soltanto l’ente con il suo patrimonio, sembra fare diretto riferimento proprio alle fondazioni posto che nella sistematica del codice civile il richiamo al patrimonio rimanda, oltre che alle strutture societarie e alle associazioni non riconosciute, proprio alle fondazioni».

8 Per quanto riguarda i consorzi con attività esterna nessun dubbio è stato sollevato circa la loro inclusione nel d.lgs. n. 231/2001, mentre in merito ai consorzi con attività interna – come in generale per gli altri enti che si caratterizzano per l’assenza di un fine di lucro – non si hanno opinioni dottrinali univoche. Parte della dottrina riconosce la loro rilevanza sostenendo che sia comunque possibile che un ente apparentemente senza finalità di lucro persegua in concreto, anche attraverso attività criminose, obiettivi di illecito arricchimento idonei ad integrare di interesse o vantaggio per l’ente necessari ai fini dell’attribuzione di responsabilità ex art. 5 d.lgs. n. 231/2001. Così, A. Rossi, I soggetti persone giuridiche: su quali enti vigila il D.Lgs. 231?, in Aa.Vv., D.lgs. 231: dieci anni di esperienze nella legislazione e nella prassi, in Le Soc., 2011, suppl. al n. 12, p. 28.

9 La giurisprudenza ha ritenuto che anche le Onlus siano assoggettate alla responsabilità ammi-nistrativa ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, in quanto detta normativa si applica anche agli enti non com-merciali. Cfr. G.u.p. Trib. Milano, 3aprile 2011, Croce San Carlo Onlus, in S.M. Corso, Codice della responsabilità “da reato” degli enti annotato con la giurisprudenza, Torino, 2015, p. 31.

10 A. Rossi, I soggetti persone giuridiche: su quali enti vigila il D.Lgs. 231?, cit., p. 24. Per O. Di Giovine, Lineamenti sostanziali del nuovo illecito punitivo, in G. Lattanzi (a cura di), Reati e responsa-bilità degli enti. Guida al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, Milano, 2010, p. 40, sarebbero invece escluse le società apparenti, difettando in esse un’organizzazione da rimproverare e nei cui confronti rivalersi, e potenzialmente incluse quelle occulte.

Completamente diverso è invece il caso delle imprese individuali: l’opportu-nità di ricondurre anche questi enti alla disciplina del d.lgs. n. 231/2001 ha dato origine a un contrasto giurisprudenziale12.

Inizialmente, infatti, la Corte di Cassazione si era espressa escludendo che il dettato normativo potesse essere rivolto anche alle imprese individuali, in quanto lo stesso, «nel disciplinare la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi

dipendenti da reato, si riferisce unicamente agli “enti”, termine che evoca l’intero spettro dei soggetti di diritto metaindividuali». Peraltro, «il divieto di analogia in

malam partem impedisce una lettura della normativa in esame che […] ne estenda le

previsioni anche alle “ditte individuali”: si tratterebbe, infatti, di una interpretazione evidentemente contraria all’art. 25, secondo comma, della Costituzione»13.

Nel 2011, invece, la Suprema Corte, con una pronuncia che rimase poi isolata nella giurisprudenza di legittimità14, ha ritenuto che «una lettura

costituzional-mente orientata della norma in esame dovrebbe indurre a conferire al disposto di cui all’art. 1, comma 2, del D.lgs. in parola una portata più ampia, tanto più che, non cogliendosi nel testo alcun cenno riguardante le imprese individuali, la loro manca-ta indicazione non equivale ad esclusione, ma semmai ad una implicimanca-ta inclusione dell’area dei destinatari della norma. Una loro esclusione potrebbe infatti porsi in conflitto con norme costituzionali – oltre che sotto il riferito aspetto della disparità di trattamento – anche in termini di irragionevolezza del sistema»15.

La categoria dei destinatari della normativa è talmente ampia che lo stesso le-gislatore ha dovuto espressamente prevedere le esclusioni di cui all’art. 1, comma 3, che concernono quattro categorie di soggetti.

In primis, vi è lo Stato, poiché, essendo il titolare della pretesa sanzionatoria,

non può allo stesso tempo esserne anche il destinatario.

In secondo luogo, sono esclusi, per le funzioni tipicamente pubblicistiche che svolgono e per il rango costituzionale che possiedono, gli enti pubblici territoriali, quali Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane e Comunità montane.

che sottolinea come tali enti, sebbene non collettivi, siano comunque caratterizzati, sul piano giuridico, da un’autonomia soggettiva rispetto alla persona fisica, nonché da un patrimonio proprio, distinguibile da quello del socio unico. Così, F. D’Arcangelo, La responsabilità da reato delle società unipersonali nel D.lgs. 231/2001, in Resp. amm. soc. ed enti, 2008, n. 3, p. 147.

12 In dottrina si veda, in particolare, G. Amarelli, L’indebita inclusione delle imprese individuali nel novero dei soggetti attivi del D.lgs. n. 231/2001, in www.penalecontemporaneo.it, 5 luglio 2011.

13 Così, Cass., sez. VI, 22 aprile 2004, Ribera, in Cass. pen., 2004, p. 4046. Nella motivazione della sentenza, i Giudici di legittimità avevano, altresì, sostenuto che l’esclusione delle ditte individuali dall’ambito dell’applicazione della normativa prevista dal d.lgs. n. 231/2001 non integrasse alcuna dispa-rità di trattamento con violazione dell’art. 3 Cost.

14 Infatti, la Corte di Cassazione, intervenendo incidentalmente sul tema nel 2012, ha dimostrato di ritenere pacificamente escluse le imprese individuali dal novero dei soggetti destinatari della normativa: cfr. Cass., sez. VI, 23 luglio 2012, n. 30085, in Cass. pen., 2013, n. 2, p. 793 ss.

In terzo luogo, l’art. 1 stabilisce l’esclusione degli enti pubblici non economici16. Nel ventaglio dei soggetti pubblici esclusi rientrano, in primo luogo, tutti gli enti della Pubblica amministrazione che costituiscono le articolazioni centrali e periferiche dello Stato e che esercitano il potere pubblico, come, ad esempio, i Ministeri, le Prefetture, i Tribunali. In questa sfera di esclusione rientrano anche gli enti pubblici associativi, quali gli ordini e i collegi professionali, la Croce Rossa Italiana e l’Automobile Club Italiano. Il legislatore ha previsto, altresì, l’esclusione degli enti che, pur avvalendosi, di istituti di diritto privato, erogano un servizio pubblico senza intenti di lucro (ad esempio, scuole e università pubbliche, enti pubblici di ricerca, camere di commercio, aziende sanitarie locali). Ancora, non rientrano tra i destinatari del d.lgs. n. 231/2001 le Autorità indipendenti con funzione di controllo (quali, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ed il Garante per la protezione dei dati personali) e gli enti, sforniti di pubblici pote-ri, che perseguono finalità tipiche dello Stato (ad esempio, l’Istituto nazionale di previdenza sociale e l’Istituto nazionale per gli infortuni sul lavoro)17.

Nessun dubbio dovrebbe sorgere in relazione alla inclusione tra i destinatari del decreto delle cosiddette “società miste” (o “società in partecipazione”), data la carenza della natura propriamente pubblicistica di tali enti e la loro operatività quali soggetti di diritto privato18.

Allo stesso modo rientrano tra i soggetti destinatari le società ex-municipaliz-zate, privatizex-municipaliz-zate, nonché quelle che operano in regime di concessione, dal mo-mento che si tratta di enti fondamentalmente a soggettività privata e che, anche quando svolgono un servizio pubblico, perseguono fini di lucro.

Infine, il d.lgs. n. 231/2001 prevede l’esonero della responsabilità per gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale. L’esclusione riguarda, in partico-lare, i partiti politici e i sindacati, onde evitare il rischio che un regime di respon-sabilità di questo tipo possa essere strumentalizzato a scopi politici.

16 La dottrina, tuttavia, ha messo in evidenza come non esista una nozione unitaria di “ente pub-blico economico” e come tale espressione non delimiti affatto un «hortus conclusus»con carattere tassa-tivo, rimanendo in molti casi controversa sia la natura pubblica o privata dell’ente, sia la sua funzione economica o meno. Sul punto, si veda D. Brunelli – M. Riverditi, sub art. 1, in A. Presutti – A. Bernasconi – C. Fiorio, (a cura di), La responsabilità degli enti. Commento articolo per articolo al D. legisl. 8 giugno 2001, n. 231, Padova, 2008, p. 78.

17 Cfr. M.M. Scoletta, La responsabilità da reato delle società: principi generali e criteri imputativi nel d.lgs. n. 231/2001, in G. Canzio – L.D. Cerqua – L. Luparia (a cura di), Diritto penale delle società, I, I profili sostanziali, Padova, 2014, p. 882.

18 La giurisprudenza di legittimità, intervenendo in relazione alla responsabilità di società miste attive nel settore sanitario e in quello dello smaltimento dei rifiuti, ha precisato come la natura pubblici-stica sia «condizione necessaria ma non sufficiente per l’esonero dalla disciplina in questione; deve neces-sariamente essere presente anche la condizione dell’assenza di svolgimento di attività economica». Così, Cass., sez. II, 26 ottobre 2010, n. 234, in Guida dir., 2011, n. 5, p. 101; Cass., sez. II, 9 luglio 2010, n. 28699, in Cass. pen., 2011, n. 5, p. 1888.

Nessun dubbio nemmeno per l’esclusione dall’ambito di operatività del de-creto della Camera dei Deputati, del Senato della Repubblica, della Corte Costi-tuzionale, del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, del Con-siglio Superiore della Magistratura e del ConCon-siglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro19.