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l’entusiasmo nella Francia dei Lum

In una lettera del 1770 indirizzata all’abate André Morellet, l’allora intendente della provincia francese del Limoges Anne-Robert-Jacques Turgot esprimeva così le sue impressioni riguardo l’Histoire des deux Indes di Raynal:

J’ai été un peu choqué de l’incohérence de ses idées, et de voir tous les paradoxes les plus opposés mis en avant ou défendus avec la même chaleur, la même éloquence, le même fanatisme. Il est tantôt rigoriste comme Richardson, tantôt immoral comme Helvétius, tantôt enthousiaste des vertus douces et tendres, tantôt de la débauche, tantôt du courage féroce; traitant l’esclavage d’abominable, et voulant des esclaves; déraisonnant en physique, déraisonnant en métaphysique, et souvent en politique. Il ne résulte rien de son livre, sinon que l’auteur est un homme plein d’esprit, très- instruit, mais qui n’a aucune idée arrêtée, et qui se laisse emporter par l’enthousiasme

d’un jeune rhéteur125.

Oltre ad essere indice dello scarso gradimento di un importante riformatore come Turgot nei confronti di un’opera che sarà fondamentale per il sostrato culturale della filosofia radicale rivoluzionaria126, il passo dimostra come, nella Francia della seconda metà del XVIII secolo,

l’idea di entusiasmo fosse entrata definitivamente a far parte nella retorica politica e culturale. Le parole del futuro ministro delle finanze ci informano inoltre di come il concetto fosse continuato a sopravvivere nei dibattiti ufficiali proprio secondo quell’accezione dispregiativa legata all’irrazionale che accese la discussione degli intellettuali del secolo precedente: a livello semantico, parole come chaleur, fanatisme, immoral si legano ancora a un’eloquenza retorica definita spesso come déraisonnant e de jeune rhéteur, da dilettante della parola. Insomma, analogamente all’Inghilterra, anche nei discorsi ufficiali della Francia del XVIII secolo la valutazione intorno al concetto correva sui binari paralleli dell’ispirazione poetica e del

125 Turgot, Œuvres, Paris, Guillaumin, 1844, p. 801, vol. 2. Il corsivo è nostro.

126 Cfr. A. Feugère, Un précurseur de la Révolution: l’abbé Raynal, Angoulême, Imprimerie Ouvrière, 1922. Per una

definizione di “filosofia radicale”, cfr. J. Israel, Una rivoluzione della mente. L’Illuminismo radicale e le origini intellettuali

fanatismo religioso. Eppure, proprio sulla spinta dell’entusiasmo filosofico teorizzato da Shaftesbury, la frangia più progressista della filosofia francese illuministica perseguì delle posizioni assolutamente innovative e cariche di significati, soprattutto in una prospettiva rivolta al tournant révolutionnaire del 1789.

La traslazione del termine verso un significato politicizzato deve essere individuata tra le linee di un discorso che, ancora a metà secolo, si esplicitava in Francia come puramente estetico. Nell’articolo Enthousiasme introdotto nell’edizione del 1765 del Dictionnaire Philosophique, Voltaire dà una definizione di entusiasmo negando a questo la sua legittimità religiosa in favore della sua effettiva utilità nel solo campo artistico. In linea con il suo progetto apostatico di decristianizzazione del sapere filosofico, il filosofo addita l’entusiasmo come una malattia dell’anima che si discosta dalla raison e che produce visioni irreali e dannose. Un’argomentazione che, si ricorderà, già la riflessione empirica di Locke aveva avanzato:

L’enthousiasme est surtout le partage de la dévotion mal entendue. Le jeune fakir qui voit le bout de son nez en faisant ses prières s’échauffe par degrés jusqu’à croire que s’il se charge de chaînes pesant cinquante livres, l’Être suprême lui aura beaucoup d’obligation. Il s’endort l’imagination toute pleine de Brahma, et il ne manque pas de le voir en songe. Quelquefois même, dans cet état où l’on n’est ni endormi ni éveillé, des étincelles sortent de ses yeux; il voit Brahma resplendissant de lumière, il a des extases, et cette maladie devient souvent incurable127.

Ancora affiliato alla visione illuministica più moderata, Voltaire sembra così identificare l’entusiasmo con l’esecrabile fanatismo religioso, una pericolosa forma di sragione che condurrebbe alla corruzione della vera religione naturale e, cosa ancor più pericolosa, alla ricaduta dell’uomo allo stato di superstizione primordiale. Contrario ad ogni forma di provvidenzialismo e fatalismo e in linea con la tradizione deista inglese, il filosofo elabora il concetto di fanatisme in maniera pressoché sinonimica rispetto a quello di entusiasmo, facendo rientrare anch’esso nell’ambito religioso: leggendo il relativo articolo del Dictionnaire, appare infatti evidente che il solo scarto tra i due concetti sarebbe costituito dall’assassinio in nome della propria follia entusiastica, dalla teoria del delirio che diventa sanguinosa prassi:

Celui qui a des extases, des visions, qui prend des songes pour des réalités, des visions, qui prend des songes pour des réalités, et ses imaginations pour des prophéties, est un enthousiaste; celui qui soutient sa folie par le meurtre, est un fanatique128.

127 Voltaire, Dictionnaire philosophique, Paris, Gallimard, 1994, pp. 246-247. 128 Ivi, p. 263.

La critica alla superstizione è in quest’articolo ancora più veemente rispetto alle pagine riguardanti l’entusiasmo, critica che, è opportuno aggiungere, era già presente nella tragedia del 1736 Le fanatisme, ou Mahomet le prophète, ma che qui, nel lucido fluire critico, sembra colorarsi di toni più efferati e oscuri:

Que répondre à un homme qui vous dit qu’il aime mieux obéir à Dieu qu’aux hommes, et qui, en conséquence, est sûr de mériter le ciel en vous égorgeant? Ce sont d’ordinaire les fripons qui conduisent les fanatiques, et qui mettent le poignard entre leurs mains; ils ressemblent à ce Vieux de la Montagne qui faisait, dit-on, goûter les joies du paradis à des imbéciles, et qui leur promettait une éternité de ces plaisirs dont il leur avait donné un avant-goût, à condition qu’ils iraient assassiner tous ceux qu’il leur nommerait129.

Fanatismo come figlio della superstizione, dunque. Non è esagerato affermare che, nel leggere la lettera che Voltaire scrisse a Federico II di Prussia il 20 gennaio 1742 per presentargli la sua pièce anti-religiosa, sembra di trovarci di fronte al diretto figlio intellettuale del proto- illuminista Shaftesbury. In essa, infatti, si rintraccia quella critica alla superstizione che già l’autore della Letter concerning Enthusiasm aveva mosso nel parlare della setta dei Camisardi: «n’a- t-on pas vu – si chiede Voltaire – de nos jours les prophètes des Cévennes tuer au nom de Dieu ceux de leur secte qui n’étaient pas assez soumis?130». E ancora:

Si la superstition ne se signale pas toujours par ces excès qui sont comptés dans l’histoire de crimes, elle fait dans la société tous les petits maux innombrables et journaliers qu’elle peut faire. Elle désunit les amis, elle divise les parents; elle persécute le sage, qui n’est qu’homme de bien, par la main du fou qui est enthousiaste. […] Mahomet n’est ici autre chose que Tartuffe les armes à la main131.

L’entusiasta-fanatico abdicherebbe alla sua predisposizione al bene, predisposizione che, ricordiamolo, è per Shaftesbury connaturata all’uomo, benché sempre esposta e vulnerabile alle devianze della superstizione: «la superstition – afferma Voltaire – étouffe en lui toute lumière naturelle132». La risoluzione che l’autore del Candide propone sembra così corrispondere all’aurea

mediocritas auspicata dall’inglese. Pur ironizzando sulle contorsioni delle Pizie e sulle visioni dei

fachiri con la consueta sagacia che lo contraddistingue, il filosofo di Ferney riconosce che è possibile congiungere ragione ed entusiasmo, ma alla sola condizione di inserire questa comunanza in un contesto espressamente estetico: «la chose la plus rare est de rejoindre la raison avec l’enthousiasme; la raison consiste à voir toujours les choses comme elles sont. Celui qui,

129 Ivi, p. 265.

130 Voltaire, À sa Majesté le Roi de Prusse, Rotterdam, 20 gennaio 1742, in Id., Œuvres complètes, Oxford, Voltaire

Foundation, 2002, 20B, p. 150.

131 Ivi, pp. 153-155. 132 Ivi, p. 154.

dans l’ivresse, voit les objets doubles est alors privé de sa raison133». Nella riflessione del francese

la sola tipologia di entusiasmo accettabile sarebbe perciò il cosiddetto enthousiasme raisonnable, una forma di ebrezza più soprarazionale che irrazionale, utile al solo poeta nel momento della creazione. Dice Voltaire:

L’enthousiasme raisonnable est le partage des grands poètes. Cet enthousiasme raisonnable est la perfection de leur art; c’est ce qui fit croire autrefois qu’ils étaient inspirés des dieux, et c’est ce qu’on n’a jamais dit des autres artistes. Comment le raisonnement peut-il gouverner l’enthousiasme? C’est qu’un poète dessine d’abord l’ordonnance de son tableau; la raison alors tient le crayon. Mais veut-il animer ses personnages et leur donner le caractère des passions, alors l’imagination s’échauffe, l’enthousiasme agit; c’est un coursier qui s’emporte dans sa carrière; mais la carrière est régulièrement tracée134.

Anche se il filosofo pare indicare la cura nella sola creazione artistica, crediamo che, nelle sue pagine, sia possibile leggere in controluce la convinzione che tale enthousiasme raisonnable possa e, anzi, debba rapportarsi al sapere philosophique, l’unico regime discorsivo che, per la sua essenza laica, sarebbe in grado di liberare gli uomini dal giogo dell’ignoranza. Si vedrà fra poco che, per la generazione degli encyclopédistes, tale equazione avrebbe costituito un vero e proprio

diktat:

Elle [la superstition] ne donne pas toujours de la ciguë à Socrate, mais elle bannit Descartes d’une ville qui devait être l’asile de la liberté [Amsterdam]; elle donne à Jurieu, qui faisait le prophète, assez de crédit pour réduire à la pauvreté le savant et le philosophe Bayle. Elle bannit, elle arrache à une florissante jeunesse qui court à ses leçons, le successeur du grand Leibnitz [Wolff]; et il faut pour le rétablir que le ciel fasse naître un roi philosophe; vrai miracle qu’il fait bien rarement. En vain la raison humaine se perfectionne par la philosophie qui fait tant de progrès en Europe135.

La riflessione volterriana impone già quella netta distinzione che sarà centrale per comprendere il mutare degli eventi che porteranno la Rivoluzione francese fino ai suoi sviluppi più estremi: l’antinomia tra filosofia – con il suo carico di intellettualismo, moderazione, riformismo ed entusiasmo philosophique – e fanatismo – con annessa la sua dirompenza mitopoietica, sovversiva e individualista: «on voit dans ce même siècle, où la raison élève son trône d’un côté, le plus absurde fanatisme dresser encore ses autels de l’autre136». Benché, infatti, non sia formulato

alcun programma di riforma sociale nel suo pensiero – ricordiamo che, in fondo, Voltaire era a tutti gli effetti un uomo d’ancien régime, per il quale l’unica riforma statale poteva essere

133 Voltaire, Dictionnaire philosophique, cit., p. 247. 134 Ibid.

135 Voltaire, À sa Majesté le Roi de Prusse, cit., p. 153. 136 Ivi, p. 154,

rappresentata al massimo dall’ascesa di un sovrano illuminato, ma pur sempre un sovrano, e per questo all’apice di una predeterminata gerarchia sociale – è evidente che l’entusiasmo propugnato dal filosofo si riferisce a una spinta riformista, per così dire, moderata che, grazie all’istruzione impartita dalla filosofia, sarebbe in grado di redimere l’uomo dalle false visioni della religione.

Un ulteriore punto sul quale è necessario interrogarsi è da rinvenire nel fatto che, in Voltaire, il fanatisme viene presentato come un affare non legato alla sola sfera teologica. Negli articoli qui citati, infatti, Voltaire non riferisce solo di fenomeni inseriti in contesti religiosi, ma vengono presentati soprattutto eventi di matrice puramente politico-sovversiva. Inutile dire che, nelle sue parole, la capziosità di questi movimenti è esecrabile tanto quanto le crudeltà perpetuate nei secoli dal cattolicesimo e dalle altre religioni rilevate: «l’esprit de parti dispose merveilleusement à l’enthousiasme; il n’est point de faction qui n’ait ses énergumènes137». Ecco

allora sfilare una lista di ignobili delitti commessi da énergumènes fanatici: l’assassinio del duca François de Guise, dei re Enrico III ed Enrico IV – al primo dei quali Voltaire dedicò nel 1723 il poema La Henriade – fino a risalire alla storia più antica con Oloferne, Eud e molti altri. Attraverso gli strali di Voltaire, è quindi possibile far sfumare il discorso religioso in una dimensione più politica e sociale la cui violenza sovversiva e antisistemica ci rimanda direttamente a certi episodi che si sarebbero verificati durante quella radicalisation de la Révolution di cui parla lo storico François Furet138. Un passo in particolare dell’articolo Fanatisme mette in

evidenza questo salto temporale:

Le plus détestable exemple de fanatisme est celui des bourgeois de Paris qui coururent assassiner, égorger, jeter par les fenêtre, mettre en pièces, la nuit de la Saint-Barthélemt, leurs concitoyens qui n’allaient point à la messe139.

Una simile idea volta a considerare un certo tipo di azione politica al pari della religione integralista praticata sotto il segno del fanatismo ha rivestito, per la prima volta nel XVIII secolo, un ruolo decisivo nella riflessione di molti intellettuali. Questa alternanza tra enthousiasme

philosophique e fanatisme, parimenti ai suoi sviluppi dialettici, è per noi di assoluta importanza. Il

valore di Voltaire nel disegno storico dell’entusiasmo si misura comunque più nel suo tendere verso il polo negativo della questione, lasciandone scoperto il versante propriamente social- formativo che, come abbiamo osservato, sebbene sottinteso, non costituisce certo la parte più

137 Voltaire, Dictionnaire philosophique, cit., p. 246.

138 Nello specifico, il fenomeno è analizzato nel controverso Penser la Révolution française. Cfr. F. Furet, Penser la

Révolution française, Paris, Gallimard, 1978 (ed. it. F. Furet, Critica della Rivoluzione francese, Roma-Bari, Laterza, 2004).

significativa della sua produzione. Il dialogo tra storia e finzione presente nelle sue opere è sì fondamentale per avviare una riflessione sul rapporto tra potere politico e potere religioso ma la teoresi estetica che egli infine vi contrappone rimane ancorata a un’idea tutta classicista dell’entusiasmo, idea questa che, a più riprese, era stata già rivendicata nei primi decenni del siècle

des Lumières in scritti di natura accademica come il Cours de peinture par principes di Roger de Piles

(1708), il Traité philosophique et pratique de poésie di Claude Buffier (1728), il Cours de Belles-Lettres dell’abate Charles Batteux (1753), solo per citare i titoli più celebri. Una volta stabiliti i confini tra enthousiasme raisonnable e fanatisme e dopo aver scovato il messaggio implicito delle parole di Voltaire, come e dove rintracciare, allora, la reale portata riformatrice – non utilizziamo ancora il termine ‘rivoluzionaria’ – dell’entusiasmo, vale a dire quel prestigio morale e sociale intravisto da Shaftesbury nella sua Letter che in questa sede più ci interessa? Per trovare una risposta a questa domanda, è necessario studiare in tralice talune definizioni che a prima vista poco hanno a che vedere con il concetto di entusiasmo espresso dall’inglese ma che, nei loro punti salienti, evolvono il dibattito verso territori sino a quel momento poco esplorati nell’Europa continentale. In questo senso, un significativo punto di svolta è rappresentato da Denis Diderot e, in un senso più ampio, dal circolo enciclopedista.

Partiamo proprio dall’Encyclopédie, in particolare dalla voce Enthousiasme redatta dal drammaturgo Louis de Cahusac nel 1751. In una lettera a d’Alembert datata 13 novembre 1756, Voltaire espone le sue perplessità riguardo l’articolo, a detta sua troppo incompleto nel suo significato storico:

On n’a que faire d’un si long discours pour savoir que l’enthousiasme doit être gouverné par la raison. Le lecteur veut savoir d’où vient ce mot, pourquoi les anciens le consacrèrent à la divination, à la poésie, à l’éloquence, au zèle de la superstition; le lecteur veut des exemples de ce transport secret de l’âme appelé enthousiasme; ensuite il est permis de dire que la raison, qui préside à tout, doit aussi conduire ce transport140.

Ora, se Voltaire ha sicuramente ragione nel criticare il contributo come lacunoso dal punto di vista storico-filologico – dall’altra parte Cahusac, uomo di teatro, era probabilmente poco avvezzo alla storia della filosofia – in realtà esso ci offre degli interessanti spunti su cui riflettere. Sempre rimanendo del consueto ambito artistico, Cahusac elabora una contorta teoria dell’entusiasmo che lascia tuttavia trasparire un elemento più che mai interessante: il rapporto tra entusiasmo e immaginazione creativa. L’enciclopedista, infatti, associa l’uomo preso da

entusiasmo a un génie che, come un pittore, è dotato della facoltà di ricreare ciò che la sua immaginazione gli aveva prefigurato nel momento dell’ispirazione:

J’entends par le mot génie, l’aptitude naturelle à recevoir, à sentir, à rendre les impressions du tableau supposé. Je le regarde comme le pinceau du peintre, qui trace les figures sur la toile, qui les crée en effet, mais qui est toûjours guidé par des inspirations précédentes. Dans les livres, comme dans la conversation, on commence à partir du pinceau, comme s’il étoit le premier moteur. Le style figuré chez des peuples instruits, tels que le nôtre, devient insensiblement le style ordinaire; & c’est par cette raison que le mot génie, qui ne designe que l’instrument indispensable pour produire, a été successivement employé pour exprimer la cause qui produit141.

L’immaginazione è quindi lo strumento per la creazione artistica, ma non più la fonte dell’ispirazione entusiastica: il movimento è qui invertito.

Observez encore que je n’ai point employé le mot imagination, qu’on croit communément la source unique de l’enthousiasme; parce que je ne la vois dans mon hypothèse que comme une des causes secondes, & telle (pour m’aider encore d’une comparaison prise de la Peinture), telle, dis-je, qu’est la toile sous la main du peintre. L’imagination reçoit le dessein rapide du tableau qui est présenté à l’ame, & c’est sur cette premiere esquisse que le génie distribue les couleurs142.

L’entusiasmo è il motore di tutto. È esso che innesca il movimento immaginifico che proietta le immagini create dalla mente sulla tela, punto zero della creazione: «il s’agit donc – continua Cahusac – d’un tableau qui n’a point encore été vû, d’un tableau que la raison vient de créer, d’une image toute de feu qu’elle présente tout-à-coup à une âme vive, exercée, & délicate; l’émotion qui la saisit est en proportion de sa vivacité, de ses connoissances, de sa delicatesse143».

Parimenti a Voltaire, vediamo che anche qui, questo «enthousiasme qui produit144» viene riferito a

una dimensione estetica e pittorica; siamo ancora ben lontani dall’enthousiasme philosophique professato da Shaftesbury. Eppure, anche se in questi termini, l’autore dell’articolo ha il merito di aver rivalutato il ruolo dell’immaginazione nel processo di creazione (seppur artistica) secondo modalità assolutamente innovatrici, modalità che Diderot saprà rielaborare in maniera più approfondita, al di là, cioè, di ogni pastura estetica. Si tratta di un processo graduale che attraversa tutto il pensiero filosofico di Diderot e che si evolve passo passo fino ad approdare a una rivalutazione radicale del binomio entusiasmo-fanatismo. Ma andiamo per gradi, rimanendo per ora nell’ambito ancora ‘moderato’ dell’Encyclopédie.

141 L. Cahusac, Enthousiasme, in Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, par une Société de Gens

de lettres, V, p. 720.

142 Ibid. 143 Ibid. 144 Ibid.

L’opera, come abbiamo visto, non offre grandi spunti che permettano di proiettare l’entusiasmo nei territori propriamente politici e sociali che ci interessano: in essa l’idea di entusiasmo fa infatti quasi sempre da pendant a un altro tema centrale nella teoresi estetica del secolo: il genio. Per quanto assolutamente rilevante nel suo campo d’indagine, tale combinazione tematica e le sfumature retoriche che essa veicola rischiano però di sviare la nostra indagine. Come fa notare Roland Mortier nella voce Enthousiasme del Dictionnaire européen des

Lumières, l’unico articolo enciclopedico che testimonia una – benché minima – evoluzione in

questo senso si ritrova sotto la dicitura Éclectisme firmata dallo stesso Diderot145. In breve, il

filosofo dedica questa lunga digressione ai pensatori che hanno rappresentato per lui la maggior fonte di ispirazione. Nel descrivere il temperamento malinconico di Porfirio, allievo di Plotino, Diderot si discosta per un attimo dall’argomento e apre un’illuminante parentesi sull’entusiasmo. Vale la pena riportarla per intero:

L’enthousiasme est un mouvement violent de l’âme par lequel nous sommes

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