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ENUNCIATO DI CARNOT

Nel documento TERMODINAMICA APPLICATA (pagine 50-53)

Il Secondo Principio della Termodinamica ha contribuito ad uno sviluppo epistemologico

4.2.3 ENUNCIATO DI CARNOT

Il terzo enunciato, quello di Carnot, é più complesso rispetto ai precedenti ma si può dimostrare che é strettamente legato ad essi. I riflessi tecnici del postulato di Carnot sono enormi se si considera che esso ha consentito di creare un riferimento per tutte le macchine reali.

Inoltre dal postulato di Carnot deriva anche la definizione della scala della temperatura termodinamica e poi della temperatura assoluta (scala Kelvin) oggi assunta quale scala fondamentale per la misura della temperatura.

T1 T2 Q1 Q2 L Sistema Termodinamico Serbatoio Caldo Serbatoio Freddo CALORE FORNITO CALORE CEDUTO LAVORO UTILE

La macchina di Carnot é costituita (vedi Figura 12) in modo da lavorare con un fluido ideale (e questa é una idealizzazione importante perché il fluido ideale non esiste in natura ma ci si può avvicinare molto con gas rarefatti a bassa pressione) fra due serbatoi46 a temperatura diverse T1 e

T2.

Le trasformazioni termodinamiche che compongono questo ciclo sono: due isotermiche e due adiabatiche reversibili (vedi Figura 13 più avanti). Con un semplice bilancio al sistema termodinamico indicato in figura si ottiene il lavoro che la macchina fornisce e che risulta :

L=Q1 - Q2

Pertanto non tutto il calore fornito dalla sorgente calda, Q1, viene trasformato in lavoro ma solo una parte e il rimanente viene riversato sul serbatoio freddo a temperatura T2. Il rendimento di trasformazione del ciclo vale, in generale:

1 2 2 1 1 1 1 L Q Q Q Q Q Q     [35]

e si dimostra che solo per la macchina di Carnot47 si ha anche:

2 2

1 1

1 Q 1 T

Q T

    [36]

L'enunciato di Carnot afferma che é sempre :

2 2

1 1

1 Q 1 T

Q T

    [37]

La condizione di eguaglianza si ha solo quando le trasformazioni sono reversibili e il ciclo é quello di Carnot formato da due isotermiche e due adiabatiche ideali48 quindi da trasformazioni

sempre reversibili.

Si vuole qui osservare che la scelta delle due tipologie di trasformazioni ideali (isotermiche e

adiabatiche reversibili) non è casuale. Carnot non si è svegliato una mattina avendo sognato la

combinazione vincente ma ha derivato il suo ciclo ideale da semplici e potenti ragionamenti. Fra l’altro va osservato che parte dei ragionamenti che seguono non potevano essere fatti in quel periodo storico perché le conoscenze dell’epoca erano ancora troppo limitate. Noi possiamo fare a posteriori considerazioni teoriche che sintetizzano oltre un secolo di sviluppi teorici nel campo della Termodinamica. Proprio per questo l’intuizione di Carnot deve essere considerata di maggior valore.

Irreversibilità negli scambi termici

Vediamo di rendercene conto anche Noi. La macchina di Carnot deve operare con

trasformazioni reversibili (è questa l’ipotesi fondamentale da tenere presente!) e pertanto ogni

sua trasformazione deve esserlo. Se la macchina scambiasse calore con i due serbatoi di energia a temperatura T1 e T2 in modo non isotermico avremmo allora una differenza di temperatura che, per l’enunciato di Clausius, renderebbe le stesse trasformazioni irreversibili. Quindi il calore deve

46 Per quel che ci interessa nel prosieguo del corso, definiremmo serbatoio termodinamico un sistema capace di scambiare energia termica senza variare la propria temperatura. In natura questa idealizzazione viene ben rappresentata, ad esempio, da sistemi aventi grandi masse di accumulo come lo è l’atmosfera, il mare, un grande lago o un grande fiume.

47 La dimostrazione di questa relazione è di norma oggetto di approfondimento nel corso di Fisica Generale I e pertanto non si ritiene utile dilungarci su quest’argomento.

passare dal serbatoio caldo alla macchina di Carnot e da questa al serbatoio freddo facendo in modo di non creare irreversibilità e quindi mediante due isoterme.

Nella realtà se vogliamo che il calore passi dal serbatoio caldo alla macchina occorre avere una differenza di temperatura altrimenti, per l’enunciato di Clausius, non si ha trasmissione di energia.

Questa differenza di temperatura è una causa di irreversibilità evidente poiché non si potrà mai realizzare la trasformazione inversa in modo naturale e quindi senza l’intervento di un sistema esterno che spenda energia per farla avvenire.

Pertanto nella realtà siamo obbligati ad avere scambi termici irreversibili: per annullare la differenza di temperatura fra serbatoio e macchina dovremmo ricorrere a superfici di scambio infinite. Infatti l’equazione fondamentale per la trasmissione del calore è:

Q   K S T

ove Q è il flusso termico scambiato (in Watt), K è un parametro di scambio detto

Trasmittanza termica (in W/m²K) che dipende dai materiali utilizzati e dalle condizioni operative di

scambio (come si vedrà in Trasmissione del Calore), S è la superficie di scambio termico (in m²) e T è la differenza di temperatura fra serbatoio caldo e la macchina di Carnot (in K). Come si può osservare se vogliamo annullare T occorre avere S   (la trasmittanza K non si può variare a

piacimento ma è dettata dalle condizioni di scambio termico).

In pratica dovendo utilizzare superfici di scambio finite (questa operazione di riscaldamento del fluido di lavoro avviene, di solito, mediante dispositivi detti caldaie) deve essere T diverso da zero e quindi si ha l’introduzione di una irreversibilità.

Un analogo discorso può essere fatto per lo scambio termico fra la macchina di Carnot e il serbatoio freddo: ci sarà sempre un T e quindi una irreversibilità termodinamica. Quantificheremo nel prosieguo gli effetti di queste irreversibilità sulle perdite di rendimento del ciclo di Carnot e quindi sulla perdita di lavoro utile ottenibile.

Irreversibilità negli scambi di lavoro

Vediamo ora perché le altre due trasformazioni del ciclo di Carnot debbono essere

adiabatiche reversibili. L’esame della [26] ci dice che se vogliamo avere il massimo lavoro da un

sistema termodinamico (in questo caso il fluido di lavoro della macchina) occorre annullare  in Q modo che tutta l’energia interna (accresciuta per effetto del riscaldamento dal serbatoio caldo) si trasformi in lavoro e quindi sia:

L du

  

La trasformazione in discussione è certamente l’adiabatica: il sistema non scambia energia termica con l’esterno ma solo energia meccanica. Se però la trasformazione deve essere ideale (reversibile) occorre che detta adiabatica sia anche reversibile49, come sopra ipotizzato. Nella realtà le trasformazioni adiabatiche possono essere ben approssimate riducendo di molto il calore scambiato fra macchina ed esterno ma non si possono annullare del tutto le perdite per irreversibilità (attriti).

Se tocchiamo la testata di un motore in funzione non possiamo certo dire che non sia calda; certamente del calore passa dai cilindri interni verso l’ambiente esterno ma la quantità di energia per ciclo così perduta è certamente piccola e, in pratica nei calcoli termodinamici, trascurabile rispetto alla potenza generata. Inoltre per quanto ben lubrificato non si può mai dire che un

pistone non generi attrito con le pareti del cilindro e quindi che le perdite di irreversibilità siano nulle.

Le trasformazioni adiabatiche reversibili, come si ricorderà dalla Fisica Generale, obbediscono all’equazione:

k pvC

con C costante, k =cp/cv. Le trasformazioni adiabatiche hanno calore specifico nullo, essendo

Q=0). In genere le trasformazioni reali si approssimano bene con le politropiche che hanno equazioni del tipo:

n pvC

con n variabile teoricamente da - a +. Queste trasformazioni non hanno calore specifico nullo, tranne nel caso in cui sia n=k.

Pertanto le politropiche non forniscono il massimo lavoro utile e quindi il rendimento di una macchina che opera secondo queste trasformazioni ha certamente rendimento termodinamico inferiore a quella di Carnot.

Nel documento TERMODINAMICA APPLICATA (pagine 50-53)