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nell’equazione a più variabili tra sussidiarietà, offensività e proporzionalità

Capitolo 1

La riscoperta dei principi di sussidiarietà ed effettività come fonti di legittimazione dell’intervento sanzionatorio in campo economico Ancora prima di ragionare sull’incidenza degli obblighi internazionali ed europei sulla politica criminale nazionale, è utile soffermarsi ancora sulla questione della penalizzazione degli abusi di mercato, a lungo scandagliata nell’ambito del più ampio rapporto tra diritto penale ed economia.

È convinzione risalente, proprio in questo settore normativo, che «la prospettiva di repressione penale appare l’unica percorribile, di fronte alle carenze ed agli ostacoli che si sono verificati nelle alternative di un ricorso alle vie della tutela civile od amministrativa, o di un ricorso all’autoregolamentazione»452, e l’aggancio all’art. 47 Cost. consente di

individuare quel valore specifico per salvaguardia del quale «non è affatto esclusa, in partenza, l’utilizzabilità della sanzione criminale»453.

direttiva UE del 2014, da MUCCIARELLI, Riforma penalistica del market abuse: l’attesa continua, in Dir. pen. proc., 2018, p. 5 ss.

452 In questi termini FLICK, Insider trading: una tappa significativa – anche se

controversa – della lunga marcia verso la trasparenza, cit., p. 993.

453 Così ROMANO,Introduzione allo studio del diritto penale bancario, in ID.,(a cura

Se è, quindi, pacifica la meritevolezza del bene giuridico da tutelare, il rispetto del principio di sussidiarietà impone sempre di ricorrere alla pena con parsimonia e di verificare se, anche a seguito del sistema sanzionatorio amministrativo introdotto dalla legge n. 62/2005454,

possa ancora condividersi quel giudizio di inadeguatezza delle misure extrapenali formulato agli inizi degli anni ’90 e da ultimo ribadito con nettezza dalla Direttiva 2014/57/UE, che, nell’imporre obblighi di criminalizzazione agli Stati membri, come si vedrà, appare maggiormente interessata alla portata stigmatizzante piuttosto che all’efficienza della sanzione.

Si tratta di una scelta che meriterebbe forse una più ampia considerazione, a fronte dell’affermarsi della locuzione diritto sanzionatorio 455 e della già illustrata “forza espansiva” della

giurisprudenza di Strasburgo in materia di bis in idem.

A questo punto, urge immediatamente invalidare l’assunto per cui ad un maggior grado di stigmatizzazione corrisponda sempre e comunque una maggiore afflittività456: nel contesto della criminalità economica,

ad esempio, una sanzione amministrativa interdittiva può risultare

454 Si ricorda, en passant, che il ricorso non meditato alla sanzione penale rappresenta

«una scelta legislativa pigra e ritualistica: un comodo tappabuchi, una sorta di strumento buono per tutti gli usi che esonera un legislatore frettoloso, o poco fantasioso, o poco coraggioso, dal ricercare strumenti di tutela tecnicamente più sofisticati o più onerosi sul piano socio-economico»: così FIANDACA,Il diritto penale tra legge e giudice, Padova, 2002, p. 93.

455 Si segnala PALIERO, Riforma penale in Italia e dinamica delle fonti: una

paradigmatica, in Riv. it. dir. proc. pen., 2004, 4, p. 1011, per cui il diritto sanzionatorio lato sensu, che trova i suoi «precedenti terminologici più specifici nei sintagmi “diritto penale-amministrativo” e “diritto sanzionatorio amministrativo”, si erge a categoria nuova, che travalica gli stessi limiti del diritto sanzionatorio amministrativo per assumere contorni più ampi, con la tendenza, almeno sul piano concettuale, a salire di livello per inglobare anche la legislazione speciale di marca criminale»; si veda anche MUCCIARELLI, Primato della giurisdizione e diritto economico sanzionatorio: a proposito di market abuse, cit., p. 140.

456 Sull’effetto di prevenzione generale della ‘stigmatizzazione’ conseguente alla

condanna penale, cfr. PAGLIARO,Prevenzione generale e specifica (o speciale), in Enc. dir., Annali, vol. I, Milano, 2007, p. 896 ss., il quale ricorda come l’automatismo gravità della pena/efficacia general-preventiva di matrice utilitaristica tiene conto non della effettiva gravità della comminatoria, ma della sua percezione sociale che è condizionata da fattori di effettività applicativa.

maggiormente afflittiva (e quindi maggiormente deterrente) della stessa pena detentiva.

Di conseguenza, la scelta di intervenire con minore o maggiore enfasi di stigmatizzazione sociale non è una conseguenza “dovuta” in relazione alla rilevanza dello specifico oggetto di tutela, ma resta comunque affidato alla cura del legislatore, il quale dovrà non soltanto valutare l’ineffettività degli altri strumenti sanzionatori predisposti dall’ordinamento457 (extrema ratio), ma verificare l’opportunità, sul

piano costi-benefici, della scelta penalistica (proporzione)458.

Se sotto il profilo del ‘bisogno’ della sanzione nulla dicono le caratteristiche ontologiche delle due tipologie di sanzioni (stante la loro sostanziale convergenza sulla funzione della penalità459),

l’indagine deve essere, piuttosto, condotta sulla base dell’analisi economica del diritto460 e rispetto allo specifico ambito di intervento

repressivo, così da verificare in concreto l’opportunità del ricorso allo strumento penalistico alla condizione di una sua provata effettività rispetto allo scopo461. In prospettiva dichiaratamente funzionalistica,

457 Fermo restando che CONSULICH,La giustizia e il mercato, cit., p. 183-184, imputa

alla sanzione amministrativa in campo finanziario non una carenza di effettività normativa, intesa come capacità delle fattispecie di ottenere l’osservanza dei propri precetti comportamentali da parte dei consociati, quanto piuttosto una strutturale carenza di efficienza degli apparati preposti all’applicazione delle sanzioni amministrative.

458 Cfr. PALIERO,Il principio di effettività nel diritto penale, cit., p. 447.

459 Sulle relative categorie cfr. ROMANO, “Meritevolezza di pena”, “bisogno di

pena” e teoria del reato, cit., p. 51; ad esse – come linee guida di politica criminale in materia di abusi di mercato – fa esplicito ricorso SEMINARA, Insider trading e diritto penale, cit., p. 304 ss.

460 Se la norma giuridica costituisce una regola di comportamento, l’analisi

economica del diritto valuta quale comportamento le norme incentivano ad adottare: applicando la teoria del consumatore, sulla cui base si riesce a prevedere come le persone reagiranno alla variazione dei prezzi, le sanzioni comminate per la violazione delle regole sono analizzate come disincentivi al comportamento. La sanzione è rielaborata alla stregua della teoria dei prezzi, ipotizzando che un individuo razionale ritenga non economico violare una regola per il costo della relativa sanzione. Per la prima applicazione dell’approccio economico nella materia criminale, si veda BECKER, Crime and Punishment: An Economic Approach, in BECKER-LANDES,Essays in the Economics of Crime and Punishment, UMI, 1974;

per analoghe riflessioni, si veda PALIERO, L’economia della pena (un work in

progress), in Riv. it. dir. proc. pen., 4, 2005, p. 1336.

461 PALIERO,Il principio di effettività nel diritto penale, cit., p. 446, in argomento

sono stati individuati alcuni tratti che caratterizzano l’intervento sanzionatorio in campo economico462 e che si attagliano a guidare il

relativo percorso di valutazione delle scelte legislative anche in tema di abusi di mercato.

Si è, in primo luogo, segnalato un significativo deficit di legittimazione dell’intervento sanzionatorio in materia economica generato da un sostanziale deficit di consenso sociale circa la stigmatizzazione di comportamenti economici devianti463, individuando tre precisi fattori

causali: a) la difficoltà di riconoscere, sul piano deontologico, il disvalore di condotte connotate da un elevato grado di tecnicismo; b) la scarsa visibilità sociale della effettiva lesione o messa in pericolo di beni e diritti personali (il governo giuridico dell’economia presidia per lo più funzioni o beni superindividuali e spersonalizzati)464; c) la

conseguente mancanza, rispetto a comportamenti economici devianti, della «identificazione collettiva nel paradigma della vittima»465.

Da una tale elaborazione non sembra possano trarsi indici di legittimazione del ricorso alla sanzione penale: per contrastare comportamenti non stigmatizzati sotto il profilo etico-sociale risulta maggiormente funzionale ricorrere ad una tipologia sanzionatoria di carattere amministrativo, che manifesta per di più una spiccata ‘omogeneità al fine illecito’, essendo in grado di attingere direttamente o indirettamente alla sfera dell’utile economico perseguito o realizzato economica, extrema ratio ed opzioni sanzionatorie, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1995, p. 743 ss.

462PALIERO, La sanzione amministrativa come moderno strumento di lotta alla

criminalità economica, cit., p. 1021 ss.

463 Ibidem; sul legame tra legittimazione della norma incriminatrice – sua

conseguente effettività – e consenso sociale, v.PALIERO,Consenso sociale e diritto penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, p. 850 ss.

464 Sul punto si rinvia a PEDRAZZI,Interessi economici e tutela penale, cit., p. 187 ss. 465 PALIERO, La sanzione amministrativa come moderno strumento di lotta alla

criminalità economica, cit., p. 1024: «in quanto ‘modello consensuale’, la criminalizzazione dei comportamenti economici non attira consenso sociale, perché la loro ‘etica’ è largamente estranea al clima dei valori tradizionali, comuni all’intera società; in quanto ‘modello conflittuale’, non viene riconosciuta come tale, giacché i beneficiari della disciplina sanzionatoria non si identificano nel ruolo di vittima e sono pertanto disinteressati ai risultati dell’opzione sanzionatoria».

dall’agente, e una maggiore elasticità nell’ottimizzare l’efficienza degli apparati deputati al controllo, in grado di assicurare un più elevato grado di ‘probabilità della pena’466.

Sulla scorta di tali premesse, un criterio di sussidiarietà perfettamente tarato sul fenomeno empirico di riferimento (id est, il mercato e le condotte abusive) avrebbe dovuto orientare il legislatore verso un modello ‘integrato’ di tutela467, imperniato sul controllo diretto

dell’attività finanziaria da parte di un’authority in grado di dettare in relazione agli specifici ambiti tecnici regole di comportamento, ma nondimeno equipaggiata ad irrogare sanzioni amministrative in grado di sterilizzare l’utile realizzato dalla violazione, di prevenirne la reiterazione e di imporre la rimozione delle conseguenze dannose. In tale sistema «la sanzione penale è lo strumento di chiusura del sistema di controllo, volto a garantire il potere d’azione dell’organo, piuttosto che, direttamente, i beni giuridici in gioco, la cui tutela è invece complessivamente garantita dall’integrazione armonica di questi diversi schemi di condizionamento (ex ante ed ex post)»468.

Un tale modello idealtipico enfatizza il ruolo del diritto penale nella tutela dei c.d. beni funzionali469 e implica la convergenza dei due

diversi apparati sanzionatori sul medesimo ambito di tutela (e non sul medesimo oggetto), in una azione sinergica in cui a ciascuna sanzione è affidato un compito differente, selezionato non in base alla rilevanza dell’oggetto di tutela, ma in ragione della funzionalità che è in grado di dispiegare.

Ciononostante, è del tutto comprensibile che la rinuncia al diretto presidio penalistico rispetto alla tutela del bene giuridico primario

466 Ivi, p. 1026 ss. 467 Ivi, p. 1033 ss. 468 Ibidem.

469 Si ricorda, ex multis, DE FRANCESCO, Interessi collettivi e tutela penale.

«Funzioni» e programmi di disciplina dell’attuale complessità sociale, in DOLCINI- PALIERO (a cura di), Scritti in onore di Giorgio Marinucci, Giuffré, Milano, 2007, p. 929 ss.

potesse apparire al legislatore del 2005 un passo eccessivo, capace di generare disorientamento nelle scelte politico-criminali.

A fronte di ciò, si sarebbe potuto optare per un modello ‘complementare’470 di intervento punitivo, nel quale affidare alla

sanzione penale il compito di intervenire sulle condotte connotate da un pericolo maggiormente concreto di lesione dell’oggetto di tutela (ad esempio, quelle di trading), e alla sanzione amministrativa la prevenzione di condotte eventualmente solo prodromiche alla diffusione di condizioni di privilegio informativo concretamente sfruttabili (sanzione del tipping e del tuyautage)471.

Entrambi gli schemi di intervento proposti sono, tuttavia, assai lontani dal concreto apparato punitivo licenziato dal legislatore del 2005, il quale ha agito in modo compulsivo e irragionevole, tanto sotto il profilo della esasperazione sanzionatoria di una comminatoria elevata al parossismo472, quanto sotto quello della sovrapposizione tra i due

ambiti sanzionatori in assenza di qualsivoglia elemento di differenziazione funzionale, che determina una irragionevole duplicazione di disciplina, al di fuori di ogni modello di integrazione o complementarietà sanzionatoria. Sicché, su ogni istanza favorevole ad

470 Si riprende, nuovamente, la terminologia di PALIERO,La sanzione amministrativa

come moderno strumento di lotta alla criminalità economica, cit., p. 1031 ss., il quale propone due modelli di complementarietà penale-amministrativa: a) un primo in cui alla sanzione penale vengono riservate le violazioni più gravi «espressive delle modalità di aggressione tipicamente più lesive di beni giuridici, contornate da una ‘rete’, distesa intorno ai medesimi beni giuridici, di precetti ‘ordinatori’ o ‘preventivi’», tutti presidiati dalla sanzione amministrativa; b) ovvero un altro in cui «uno stesso interesse, o sistema di interessi, riceve tutela, per così dire ‘stratificata’»: fattispecie penali e fattispecie sanzionatorie amministrative si avvicendano nella tutela senza soluzione di continuità, secondo una progressione regolata da parametri quantitativi.

471 In questo senso, seppur con toni ultimativi, cfr. ALESSANDRI,Attività d’impresa e

responsabilità penali, cit., p. 555: «La sanzione amministrativa o diventa padrona del campo, in base ad una ponderata scelta che pone a raffronto condotte assunte come disfunzionali con la probabilità di accertamento e di efficace, puntuale, tempestiva applicazione della sanzione, o resta in una posizione gradualisticamente subordinata a quella penale, nel senso di essere chiamata ad intervenire non a tutela degli stessi beni, ma, semmai, nel caso di identità del bene finale, di stadi diversi dell’offesa».

472 Di «mostruosità giuridica dovuta alla grave disattenzione del legislatore» parla

ALESSANDRI,Introduzione, in AA. VV., Impresa e giustizia penale: tra passato e futuro, Milano, 2008.

una legislazione punitiva, conforme ai principi generali di ‘bisogno’ e ‘meritevolezza’ di pena e protesa ad una logica dell’effettività è prevalsa la logica emergenziale, «che giustifica e ispira le venature simbolico-espressive della novità»473 e che asseconda un sentimento

viscerale di esigenza di punizione474.

Volendo riassumere, il ricorso alla sanzione amministrativa costituisce un rimedio all’ipertrofia del diritto penale e garantisce un equilibrio nel rapporto475 tra diritto penale classico, conformato ai principi di

determinatezza e sussidiarietà, nonché al reato d’evento di danno, e diritto penale moderno, segnato invece dall’anticipazione dell’intervento penale (spesso in chiave sanzionatoria), dal modello del pericolo astratto e dalla proliferazione di beni giuridici, in particolare sovraindividuali, che rendono difficoltoso il rispetto dei principi di offensività e sufficiente determinatezza. Una volta prescelta la tutela penale, infatti, «il legislatore è vincolato ad un certo tipo di tecnica di struttura della fattispecie, mentre forme di tutela [alternative] consentono una maggiore elasticità di previsione e possono essere, di conseguenza, più idonee a fronteggiare certi fenomeni di comportamento socialmente dannosi meno suscettibili di essere scolpiti in termini precisi»476.

Adottare come principio-guida della risposta punitiva in materia di

market abuse proprio l’extrema ratio della pena477, corredata da

modelli di orientamento ispirati all’analisi economica del diritto, può sembrare oggi anacronistico, superato dall’incessante produzione

473 Ibidem. (…)

474 Di richieste «emotive, regressive, catartiche» parla GARLAND, La cultura del

controllo. Crimine e ordine sociale nel mondo contemporaneo, Milano, 2004, p. 28.

475 Sul punto, si rinvia a PALIERO, Diritto penale classico versus diritto penale

moderno: cambi di paradigma nel sistema penale attuale?, in R. Fac. Direito, Curitiba, n. 27, 1992/1993, p. 22 ss.

476 In questi termini, BRICOLA,Rapporti tra dommatica e politica criminale, in Riv.

it. dir. pen. proc., 1988, p. 18.

477 Sia consentito rinviare a SORBELLO, Economia e sanzione: il (possibile)

normativa (specialmente comunitaria) o derubricato al rango di ozioso esercizio intellettuale.

Un tale indirizzo ermeneutico, in realtà, mantiene ugualmente la sua vitalità concettuale, fungendo da criterio utile a garantire una maggiore selettività delle condotte rilevanti, e orientando il legislatore nella delimitazione dell’area fisiologica da riservare alla sanzione (penale o amministrativa), in funzione della maggiore o minore effettività rispetto allo scopo da perseguire.

Capitolo 2

La nuova strategia eurounitaria di contrasto al market abuse: la Direttiva e il Regolamento del 2014 tra obblighi di criminalizzazione,

doppio binario alternativo e rispetto del ne bis in idem

Tale linea teorica, tuttavia, entra facilmente in rotta di collisione con il “vincolo di realtà” rappresentato dal nuovo assetto regolativo introdotto in sede europea. Sulla scorta delle suggestioni premonitrici di uno degli esponenti di spicco della scuola di Francoforte, Klaus Lüderssen, il quale si chiedeva se la crisi finanziaria globale non potesse dischiudere «nuove prospettive di criminalizzazione»478, il

legislatore eurounitario ha deciso di dare ascolto alla domanda di maggiore espansione dell’intervento penale in campo economico479.

478 LÜDERSSEN,Funzionalità dei mercati finanziari e diritto penale dell’economia –

La “crisi finanziaria” apre nuove prospettive di criminalizzazione?, in DONINI-

PAVARINI (a cura di), Sicurezza e diritto penale, Atti del convegno di Modena del 20-

21 marzo 2009, Bologna, BUP, 2010, p. 289 ss.

479 Parrebbe così confermata l’affermazione di ZANNOTTI, Il nuovo diritto penale

dell’economia, cit., p. 5, per cui «la facile popolarità del diritto penale deve ricollegarsi alla generale funzione di palingenesi sociale che l’opinione pubblica attribuisce sempre più spesso, negli ultimi anni, alla sanzione criminale: in particolare si mira ad ottenere – per mezzo della pena – il risanamento etico della vita economica», e tale tendenza si è fatta ancora più marcata con la crisi globale che affligge l’economia, la quale ha favorito la crescita inesorabile della domanda sociale d’intervento penale (cfr. anche, sul punto, FOFFANI, Una “nouvelle vague” del diritto penale dell’economia in Italia?, in FOFFANI-CASTRONUOVO, Casi di diritto penale dell’economia, I. Impresa e mercato, Bologna, 2015, p. 15).

L’esperienza applicativa maturata nel corso del decennio di operatività della direttiva 2003/6/CE aveva effettivamente certificato l’incapacità dello strumento comunitario nel garantire un adeguato livello di armonizzazione/omogeneizzazione delle normative nazionali480.

Questo insoddisfacente panorama regolativo ha sollecitato una rivisitazione complessiva della strategia comunitaria in materia di abusi di mercato e, su proposta della Commissione, il legislatore ha predisposto due nuovi strumenti normativi, consistenti nel Regolamento (Ue) 596/2014 (MAR)481 e nella Direttiva 2014/57/Ue

(MAD II)482.

Tale binomio normativo – entrato pienamente in vigore il 4 luglio 2016483 – ha sostanzialmente ribaltato la strategia eurounitaria di

contrasto ai fenomeni di market abuse, non più impostata sull’obbligatorietà della sanzione amministrativa e sulla mera facoltatività di quella penale, bensì informata alla logica opposta dell’obbligatorietà della sanzione penale a fronte della discrezionalità nella comminatoria congiunta di sanzioni amministrative484. L’opzione

netta a favore della sanzione criminale è ritenuta indispensabile a fronte della dimostrata inadeguatezza delle sanzioni amministrative, tanto sul versante preventivo quanto su quello repressivo485, rispetto

all’esigenza di presidiare l’integrità del mercato, la sua efficienza e il

480 In questo senso cfr. AMATI, Abusi di mercato e sistema penale, cit., p. 49;

FOFFANI, Il “Manifesto sulla politica criminale europea”, cit., p. 662; si veda in

particolare CESR, Report on Administrative and Sanctions as well as the Criminal Sanctions available in Member States under the Market Abuse Directive (MAD), Ref. Cesr/07-693.

481 Regolamento (UE) 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile

2014 relativo agli abusi di mercato e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72 della Commissione.

482 Direttiva 2014/57/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014

relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato), il termine di recepimento della quale è fissato al 3 luglio 2016.

483 Cfr. artt. 13 e 14 della Direttiva e art. 39 del Regolamento.

484 Cfr. MAZZACUVA-AMATI, Diritto penale dell’economia, cit., p. 368.

485 Cfr. Considerando (5) Dir. 57/2014, per il quale: «l’adozione di sanzioni

amministrative da parte degli Stati membri si è finora rivelata insufficiente a garantire il rispetto delle norme intese a prevenire gli abusi di mercato».

suo carattere integrato, al fine di rafforzare la fiducia degli investitori, tutti fattori essenziali di crescita e benessere economico486. Al cospetto

di gravi e diffusi comportamenti riconducibili alla generale categoria degli abusi di mercato e dei danni che ne possono derivare487, «la

irrogazione di sanzioni penali» viene individuata come soluzione obbligata in quanto dotata di «un effetto dissuasivo maggiore»488.

In particolare, il legislatore eurounitario riconosce al diritto penale un ruolo di più efficace stigmatizzazione dei comportamenti illeciti, in quanto veicolerebbe «una forma più forte di disapprovazione sociale rispetto alle sanzioni amministrative»489: attraverso la previsione di

sanzioni penali, infatti, «si trasmette al pubblico e ai potenziali contravventori il messaggio che tali comportamenti sono considerati molto seriamente dalle autorità competenti»490. Il secondo profilo da

tenere in considerazione risponde all’esigenza primaria di dare uniformità all’ammagliatura del sistema, riducendo le discrasie legislative nazionali tanto nella fase di identificazione e tipizzazione delle condotte illecite, quanto nell’attivazione della risposta punitiva, dal momento che la disarmonizzazione della sanzione penale tra i diversi ordinamenti giuridici può astrattamente determinare effetti criminogeni491.

486 Cfr. Considerando (1) Dir. 57/2014.

487 Cfr. Considerando (7) Dir. 57/2014, il quale con toni apocalittici enuncia che:

«alla luce della crisi finanziaria (…) la manipolazione del mercato può comportare danni significativi per la vita di milioni di persone (…). Lo scandalo del Libor, relativo a un grave caso di manipolazione di un indice di riferimento (benchmark), ha dimostrato che problemi e carenze importanti si ripercuotono seriamente sulla fiducia nei mercati e possono determinare perdite consistenti per gli investitori, nonché

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