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CAPITOLO 3: LE EQUAZIONI DEL MOTO E MODALITÀ DI RISOLUZIONE

1. Le equazioni puntuali del bilancio di massa e della quantità di moto

Nel caso di un fluido viscoso newtoniano, il punto di partenza è costituito dalle ben note equazioni di Navier-Stokes ottenibili attraverso l’applicazione della seconda legge della dinamica e specificando il legame costitutivo nell’ipotesi che il fluido possa essere riguardato come un continuo di Cauchy (quindi ad esempio perdono la loro validità nel caso dei gas rarefatti).

Per un fluido la cui densità non dipende apprezzabilmente né dal valore locale assunto dalla pressione, né dalla temperatura (oppure la temperatura è mantenuta costante), queste equazioni in un sistema di coordinate cartesiano si scrivono nel seguente modo:

(3-1) a cui va aggiunta l’equazione di continuità (o di bilancio della massa):

0 (3-2) dove indica la pressione (isotropica) del fluido, mentre rappresenta la risultante delle forze di massa agenti sul fluido nella direzione considerata; nel caso agisca solo la forza di gravità, essa vale: (3-3) con indicante la funzione delta di Kronecker.

La pressione è in generale legata alla densità e alla temperatura locale da una equazione di stato che può essere scritta nella seguente forma (Batchelor, 1969):

( ) 0 (3-4) Soprattutto quando il fluido in questione è un liquido, conviene in molte situazioni tralasciare questo legame, sicché la densità può essere considerata una costante.

La viscosità dinamica che compare nell’equazione scritta poc'anzi è da intendersi costante solamente se il fluido risulta effettivamente newtoniano; in caso contrario dovrebbe essere sostituita dalla viscosità dinamica apparente , la quale dipende in generale dal campo delle velocità e dalla cosiddetta storia tensionale.

La (3-1) e la (3-2) costituiscono un sistema di quattro equazioni in quattro incognite, che pertanto con le corrette condizioni iniziali e al contorno è in linea di principio risolvibile.

Il problema principale che si deve tuttavia affrontare è che tutti i fluidi conosciuti possono in certe circostanze essere soggetti a un moto turbolento18.

Secondo la definizione data da Hinze in un suo celebre lavoro (Hinze, 1959):

“Turbulent fluid motion is an irregular condition of the flow in which the various quantities show a random variation with time and space coordinates, so that statistically ditinct average values can be

discerned.”

Occorre precisare che gli ultimi progressi sul campo della meccanica dei fluidi suggeriscono che la turbolenza sia al contrario un fenomeno caotico, dunque solo in apparenza random.

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Si ritiene inoltre che le equazioni di Navier-Stokes siano effettivamente in grado di descrivere fedelmente questo fenomeno, sebbene non esista ancora una dimostrazione rigorosa al riguardo. Le equazioni di Navier-Stokes sono studiate da ormai 200 anni, ma ancora molte sono le questioni rimaste aperte19, tanto che il premio nobel Richard Feynman una volta affermò che il più grande problema irrisolto della fisica classica è proprio quello della turbolenza.

Ancora oggi la potenza di calcolo degli elaboratori elettronici non permette di risolvere direttamente le equazioni di Navier-Stokes, se non per domini semplici e bassi numeri di Reynolds. In regime di moto turbolento la pressione e la velocità variano rapidamente e in maniera imprevedibile ad ogni istante, per cui Osborne Reynolds propose verso la fine del XIX secolo un approccio che si potrebbe definire di tipo probabilistico (in contrasto quindi con la natura deterministica delle equazioni di Navier-Stokes).

La novità introdotta da Reynolds consiste infatti nello scomporre le variabili in una componente costante e in una fluttuante (indicata con l’apostrofo) considerata come una variabile aleatoria con media nulla:

; (3-5) dove la media temporale è definita come segue20:

( )

(3-6) Risulta abbastanza evidente che questa operazione rende il parametro ottenuto costante nel tempo e quindi nulla la sua derivata temporale.

Nel caso in cui l’interesse ricada su processi (globalmente) non stazionari, si possono mediare i termini presenti nelle equazioni di Navier-Stokes in un intervallo di tempo sufficientemente piccolo per poter descrivere i fenomeni che si vogliono analizzare, ma sufficientemente grande rispetto ai tempi caratteristici con cui si manifestano i disturbi legati alla turbolenza (vedi Figura 3-1)21.

19 Tra i matematici sono celebri i cosiddetti “problemi del millennio”: chiunque fornisca una soluzione a uno di questi enigmi (in totale sono sette) riceverà un premio di un milione di dollari. Il sesto in particolare riguarda le equazioni di Navier-Stokes, e consiste nello stabilire se esse ammettono sempre una soluzione e se questa è liscia, cioè derivabile infinite volte rispetto ad ogni sua variabile in ogni punto del suo dominio. 20 Se la densità fosse influenzata apprezzabilmente dalle fluttuazioni, allora sarebbe necessario effettuare la media di Favre. In questo lavoro si considera l’acqua e i miscugli che essa forma incomprimibili.

21 Questa definizione di media presenta ovviamente qualche ambiguità. Nella pratica inoltre causa alcune problematiche, visto che ad esempio le strutture turbolente possono presentare un elevato tempo di adattamento alle condizioni esterne (i.e. è come se possedessero una memoria), cosa che non succede nei moti laminari.

35 Figura 3-1: esempio di suddivisione della velocità istantanea nella direzione i-esima in un termine

“di base” e in un termine considerato aleatorio con media nulla. In questa maniera si ottengono le cosiddette equazioni di Reynolds (1894):

(3-7) Il principio di conservazione della massa fornisce due equazioni:

0; 0 (3-8) Risulta interessante notare la persistenza nella (3-7) delle velocità fluttuanti; la media del loro prodotto è generalmente diversa da zero (i.e. esiste una reciproca correlazione, vedi Ghetti (1980) pag. 243), e possono essere assimilate a degli sforzi dovuti esclusivamente alla turbolenza (si vede chiaramente infatti che diventano nulli quando non ci sono velocità fluttuanti), chiamati sforzi addizionali o di Reynolds.

Questi nuovi termini, originati dalla media delle equazioni di Navier-Stokes, possono essere visti come uno scambio di quantità di moto fra elementi di fluido attigui causato dalle fluttuazioni turbolente delle velocità sovrapposte al moto medio.

Vengono qui sotto riportate le equazioni di Reynolds in una forma più compatta della precedente: (3-9) dove è la tensione totale mediata, che comprende il contributo dato dalla pressione, dalle tensioni viscose (pari a ) e dagli sforzi addizionali:

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Come puntualmente specificato nei libri di meccanica dei fluidi, le equazioni di Reynolds (3-7), unite a quelle di continuità (3-8), non sono da sole in grado di fornire una soluzione, visto che alle sette variabili incognite corrispondono solo cinque equazioni.

Un tentativo di chiusura del problema fu proposto da Joseph Valentin Boussinesq (Boussinesq, 1877), che introdusse la cosiddetta viscosità cinematica turbolenta (chiamata anche eddy viscosity) per mettere in relazione lo sforzo di Reynolds con il gradiente delle velocità medie del campo di moto, estromettendo così dal sistema le velocità pulsanti.