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EREMO DI RUPECAVA O Lupocavo

grotte naturali fondato prima del

XIII. EREMO DI RUPECAVA O Lupocavo

Storiografia

La vicenda della sua fondazione è essenzialmente ricostruita da Ducci23

che fa una sintesi critica degli apporti di Repetti, di Bertini e di Roth. La prima datazione diffusamente condivisa è quella della consacrazione della chiesa del 5 Maggio 1214, per mano dell’arcivescovo di Lucca, costru- ita sui terreni dei da Ripafratta che sempre ne conservarono il giuspatro- nato; invece a restare incerta e sovrapposta alla leggenda è la vicenda della fondazione dell’insediamento ecclesiastico: secondo la tradizione sarebbe un Guglielmo, inizialmente fatto coincidere con il duca d’Aquitania, poi con Guglielmo di Malavalle, e infine con un Guglielmo generico gentiluo- mo francese del secolo XII24, ad aver scelto la prossimità di queste concavi-

tà naturali come luogo adatto per la vita eremitica.

Quello che comunque emerge con sicurezza è che l’atto del 1214 si confi- gurò come la ratifica istituzionale di una frequentazione antica già conso- lidata, che nella tradizione agiografica vide tra i suoi vari visitatori anche il celebre S. Agostino d’Ippona; addirittura da un estimo del 1260 si evince che la chiesa, nella sua fase primitiva, è ricordata già dall’84525.

23. Ducci, 1999. p. 275-277

24. Ducci, 1999. p. 275. Si noti che Zazzeri nel 2008 ancora propende per accredi- tare la fondazione dell’eremo a Guglielmo di Malavalle; dal momento in cui anche l’autore stesso mette in evidenza qualche contraddizione, siamo propensi ad acco- gliere l’opinione di Ducci.

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Negli anni successivi, nel 1221 e 124426, la curia romana emise ulteriori

donazioni e privilegi, favorì così la progressiva affermazione della dimen- sione cenobitica del complesso che nel giro di pochi anni, intorno al 1230, si associò nella Congregatio tredecim cellarum della diocesi di Lucca. In tali documenti compare come dipendente dalla pieve battesimale di S. Martino di Flesso o Flexo, oggi denominata Montuolo.

La vita associativa di Rupecava progredì confluendo nella Congregazione Toscana dal 1243 e nella Grande Unione del 1256.

Nel 1750, tramite breve, Benedetto XIV chiuse il convento e lo collegò a quello di San Nicola in Pisa dei padri Agostiniani.

Nel 1801 il Convento con tutti i suoi beni fu rivenduto ai Conti Roncioni discendenti dei Da Ripafratta, primi proprietari.

Le vicende storiografiche dell’insediamento nel XIII secolo sono ulte- riormente ampliate dalle raccolte di fonti curate da Concioni27 e Zazzeri28.

Nella prima si attesta nel 1223, nel 1251 e nel 1255, il diritto di possesso di alcuni “pezzi di terra” degli eremiti, tra cui anche “un orto con alcuni alberi presso le nuove mura della città di Lucca che confina con una via pubblica da un lato”; tale donazione, del 1223, era a favore non solo di Rupecava ma anche degli eremi di Valbuona di Garfagnana, della Cella di Prete Rustico, di San Giorgio della Spelonca, e di San Salvatore di Cavina, che avrebbero dovuto gestire il bene in comunione: è un documento in cui emerge, embrionale, la tensione verso una configurazione associata e che ci dà preziose informazioni riguardo al grado di isolamento degli insedia- menti eremitici, sempre più vicini alla configurazione cenobitica attiva nel tessuto sociale, sempre meno vicina alla tradizione patriarcale anaco- retica. Addirittura tale appezzamento di terra doveva ospitare una sorta

26. Carte dell’Archivio Arcivescovile di Pisa, Fondo luoghi vari, a c. di G. Garzella e L. Carratori (Pisa 1988), 39, nr. 22 e 96, nr. 61. Anche B. Rano, “Documentazione lucchese dei secoli XII e XIII attinente all’Ordine Agostiniano: Alle origini dell’Ordi- ne”, Annalecta Augustiniana 46 (1983), 115-256, 235ss., nr. 177-79; i privilegi saranno ripetutamente confermati nel decennio successivo, come risulta dai documenti nr. 180-82. Citato in: Ducci, 1999.

27. Concioni, 2008. p. 445-446 28. Zazzeri, 2008.

di ospizio, una piccola proprietà condivisa, strategica per i contatti con la realtà urbanizzata. Il dato è riportato anche da Zazzeri29.

Un altro documento utile a ricostruire la vicenda esistenziale degli ere- miti è costituita dal documento Libellus extimi Lucane Dyocesis del 1260, in cui in occasione della raccolta di una decima papale si censiscono le proprietà della diocesi; rispetto all’eremo di Rupecava si legge “Heremito- rium de Lupicavo libras XX”30, ovvero il patrimonio tassabile dell’eremo

era di venti libbre, una condizione non particolarmente florida soprattutto se confrontato con altri insediamenti confrontabili.

È interessante notare che il santuario, nonostante versi in stato ormai di rovina, continui a godere di particolare favore da parte dei fedeli, che continuano a salire alla “Grotta della goccia” , adornano la piccola edicola e a provvedono materialmente, per quanto possibile, alla conservazione dei ruderi.

Qui si celebrano messe ogni anno in estate e autunno, in occasione di particolari festività legate al culto mariano.

Posizione e riferimenti territoriali

L’eremo è situato a mezza costa del Monte Maggiore, ad un’altitudine di 294 metri s.l.m. in posizione dominante su di una vallata castagne, legna- me, bacche, polle d’acqua.

Strategicamente si pone sulla via di comunicazione tra il Castello di Molina di Quosa e Castello di Ripafratta o Cerasomma, come a dominare il passaggio naturale tra Pisa e Lucca che ospita il fiume Serchio; nella rico- struzione del contesto medievale un’altra condizione strategica favorevole all’insediamento era costituita dalla fitta coltivazione di castagno nell’area, che sicuramente era indice di una densa presenza umana, tra boscaioli e contadini.

Specialmente dalla più alta delle tre grotte, quella cui si accede tramite la scala, e probabilmente dai locali del complesso monastico originaria-

29. Zazzeri, 2008. p. 101 30. Zazzeri, 2008. p. 102

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mente costruiti ad un piano sopraelevato rispetto al piano della strada, si traguarda con lo sguardo la valle del Serchio, e il versante meridionale delle prime pendici delle Alpi Apuane.

Strutture e caratteristiche dell’insediamento

L’edificio cenobitico si sviluppa su un piano addossato al muro di cinta che formalizza una soglia tra il bosco e l’ambiente monastico. Tale muro, con il suo sviluppo rettilineo, fa da contrappunto al profilo scavato della parete rocciosa del monte, in cui si aprono tre ampie grotte. Questa strut- tura, risalente al XVI-XVII, secolo ospitava le celle dei monaci, il refettorio, e forse anche dei magazzini.

Sono rintracciabili porzioni di muratura medievale anche nel muro perimetrale.

La piccola chiesa dedicata a S. Maria è costruita nell’intercapedine inter- na tra il muro e le grotte, e non è visibile dalla strada.

La chiesa odierna è a navata unica con abside e orientamento est-ovest, di circa 6.2 m x 9.5 m, le cui proporzioni sono esito di un allungamento dell’edificio nel secolo XVIII. Inoltre sul fianco destro della costruzione sono visibili strutture con monofora e portale e parte absidale di periodo alto medievale. Ci troviamo quindi di fronte a contributi di tre periodi differenti, i primi antichi nel fianco destro, la struttura principale del XIII secolo e l’allungamento più recente.

Rano31 a questo proposito fa notare che il 19 ottobre 1259 papa Alessan-

dro IV emise una bolla in cui esortava il popolo di Pisa, Lucca e Luni, a provvedere al restauro della chiesa che versa in uno stato di rovina.

La bolla, conservata presso l’Archivio Storico di Lucca, recita: “Cum igitur dilecti filii prior et fratres heremitarum heremi de Lupo Cavo Ordinis sancti Augustini, Lucane diocesis, sicut sua nobis petitione mostrarunt, ecclesiam ipsius heremi nimia vetustate consumptam de novo reparare ceperint opere sumptuoso, ad quod fidelium subsidium esse

dignoscitur opportunum, universitatem vestram rogamus et hortamur in Domino … ut per subventionem vestram opus inceptum valeat consumari. … “32

Ducci33 quindi concludere che si devono a questo restauro i resti antichi

sul fianco destro, esito dell’inversione nel XIII secolo dell’assetto della pic- cola “ecclesiam” preesistente e “nimia vestutate consumptam”.

32. Citato da Ducci, 1999, pagina 305. 33. Ducci, 1999. p. 304

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La chiesa tra le strutture conventuali e la parete rocciosa

l’insediamento fu

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