• Non ci sono risultati.

realtà superiore o inferiore.

L’orizzontale il

mondo concreto

delle cose umane.

Il romitorio sorge lungo il sentiero 00, secondo la denominazione CAI, che percorre i Monti Pisani longitudinalmente lungo l’asse Nord–Sud ed è inserito in un sistema vegetale di alberature di media dimensione e sotto- bosco praticamente impenetrabili al punto da costituire l’elemento forma- le che maggiormente influisce nella definizione spaziale del sito.

La scelta specifica di questo luogo da parte degli eremiti medievali fu sicuramente legata alla presenza di un’ampia grotta naturale in cui, vista la favorevole esposizione a sud–ovest, la luce si addentra in modo delicato e calibrato fino a lasciar spazio al buio più impenetrabile nella parte termi- nale della cavità.

L’esperienza del graduale passaggio dalla condizione di luce naturale diffusa a quello ambiguo di oscurità e protezione è potente e primitiva: tale passaggio avviene tramite una piccola scala in pietra che definisce in modo univoco l’accesso a questo spazio ctonio, collegando il livello interno della grotta con la realtà esteriore.

All’interno della grotta l’alterità della condizione rispetto allo spazio esterno è sottolineata sensorialmente anche dal brusco cambio di tempe- ratura. L’esperire la grotta in sostanza investe la quasi totalità della sfera percettiva e ha dei richiami fortissimi con la sfera ancestrale del richiamo alla terra, al corpo ai limiti di uno spazio circoscritto e ben definito. La bocca dell’anfratto è piuttosto ampia cosicché percettivamente la relazione con la piccola chiesa rurale è diretta anche se tutto sommato poco signi- ficativa. Più interessante è piuttosto la dimensione superficiale alla quota esteriore del terreno che si arricchisce di una piccola vasca intagliata nella roccia e della bocca di una cisterna: dalle fonti sappiamo che la chiesa aveva la funzione di piviere e aveva quindi facoltà di battezzare i fedeli; la

La dimensione verticale e orizzontale dello spazio esistenziale

100

simbologia dell’acqua come elemento primario di vita e di purificazione si somma all’esperienza primordiale dell’anfratto.

A questo sistema simbolico che giunge ai nostri giorni nostri tutto som- mato sembra mancare un’importante dimensione esistenziale per poter costituire un sistema completo e leggibile, la dimensione verticale. Rispet- to alla condizione metafisica del pensiero medievale è difficile stabilire se questa fosse presente, se fosse impersonificata dalla presenza degli eremiti e dal loro operato, o magari risiedesse in una differente composizione flo- ristica e fosse concretata dalla presenza di alberature tutte proiettate verso il cielo.

Per la contemporanea, ma probabilmente per tutti i secoli, interpreta- zione dello spazio architettonico, la dimensione verticale dello spazio è una condizione pressoché imprescindibile per la rappresentazione della trascendenza. Christian Norberg Schulz nel suo saggio «Lo spazio esisten- ziale», definisce la direzione verticale come uno degli elementi costitutivi dello spazio esistenziale attribuendogli esplicitamente la caratteristica di essere t

La dimensione verticale è anche la direzione di un’altra presenza di cui qualsiasi individuo ha esperienza quotidiana, ovvero della forza di gravi- tà. Alberto Campo Baeza dedica in «La idea construida» risalto a questa componente primaria dell’architettura essenziale: “gli elementi materiali pesanti, che concretizzano le forme che definiscono lo spazio, devono ter- minare trasmettendo la Gravità, il peso della loro materialità, alla terra.” 3

In sostanza il recupero della dimensione verticale come esperienza fondativa della dimensione contemplativa–spiri-

tuale, e allo stesso tempo come elemento basilare per la costruzione dell’architettura è la ricerca principale

intorno cui è ruotata la definizione della proposta progettuale. Essenzialmente l’intervento si compone di due contributi: un muro abbastanza alto, di circa quattro metri, che cerca di trascendere qualsiasi rapporto di scala riconducibile a necessità funzionali (se non quella della ricerca del significato), e un sistema superficiale di connessione degli ele- menti della composizione.

La ridefinizione delle superfici orizzontali soddisfa il duplice scopo di

3. CAMPO BAEZA, Alberto. La idea construida, 2006. p. 74. Dall’originale: “Los ELEMENTOS materiales pesantes, que hacen reales las formas que conforman el espacio, tienen que acabar transmitiendo la Gravedad, el peso de su materialidad, a la tierra.” (maiuscolo dell’autore).

rendere leggibile, come facenti parte di un’unica composizione i segni a terra, lo spazio della grotta, della chiesa medievale e dell’addizione dell’e- lemento verticale e di definire il limite in cui la natura possa radicarsi a terra.

La parete verticale si colloca in direzione ortogonale rispetto alle pareti lunghe della chiesa, dal lato della grotta e della vasca intagliata ricercando per prossimità una relazione diretta. Allo stesso tempo si colloca discreta- mente a fianco del sentiero, costituendo la prima avvisaglia dell’intervallo sul percorso. Nella sua parte terminale orientata a nord, la parete verticale si piega tre volte andando a definire uno spazio quadrato e senza coper- tura pensato per rappresentare la tensione verso la dimensione verticale, verso il cielo. L’ingresso in questo spazio per la contemplazione è costituito semplicemente dalla fessura che il muro forma con se stesso una volta che si è ripiegato, con un solo accorgimento: l’inspessimento di questa porzio- ne tale da rallentare ed evidenziare il momento di passaggio tra l’interno e l’esterno dell’opera. È l’uomo che tramite i suoi passi misura l’architettura e il tempo. Il tempo per entrare all’interno della stanza è scandito da circa due passi.

Con le parole di Fernando Távora:

«L’architettura si dice differisca fondamentalmente dalla scultura per la creazione dello spazio interno, spazio che deve essere vissuto e percorso per giungere alla comprensione totale dell’edificio, dove, come nel caso della scultura, l’esistenza del tempo è da intendere come elemento di misu- ra di questa arte.»4

“ho sceso dandoti

il braccio

almeno un

milione di scale

e ora che non ci

sei è il

vuoto ad ogni gra-

dino”

Documenti correlati