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L’EROE E LA RELAZIONE CON L’ALTRO SUL PIANO DELLA NARRAZIONE: I

CAPITOLO 2 – Relazioni

2.1 L’EROE E LA RELAZIONE CON L’ALTRO SUL PIANO DELLA NARRAZIONE: I

Precedentemente, abbiamo identificato il sistema dei personaggi di un opera come il complesso delle relazioni che intercorrono tra protagonisti, personaggi secondari e comparse. Tracciando la resa grafica di tale sistema, i risultati sarebbero diversissimi per ogni opera che sottoporremo ad analisi, come vedremo anche con i testi scelti per la parte applicativa di questo lavoro. L’individuazione del sistema che regola le relazioni dei personaggi è un momento d’analisi molto importante, perché esso informa buona parte dell’opera, in esso ritroviamo i legami tra i motivi, di cui i singoli personaggi sono costituiti. Inoltre le relazioni, che gli eroi sviluppano o meno, sono strumenti di caratterizzazione e quindi fondamentali da indagare nel lavoro qui proposto.

È proprio Tomaševskij a evidenziare la centralità della relazione tra i personaggi nella costituzione stessa della fabula. Egli, infatti, sostiene che essa si sviluppa grazie all’introduzione, nella narrazione, di una serie di personaggi collegati tra loro da relazioni di vario tipo e sono proprio queste, in ogni momento, a determinare una situazione. La più tipica vede personaggi diversi desiderare la trasformazione della situazione in modo diverso. Quindi si può dire che la fabula è formata dai passaggi da una situazione all’altra e che essi vengono realizzati o attraverso l’introduzione di un personaggio o con la sua uscita di scena o con il mutamento dei rapporti tra i personaggi. Tomaševskij in merito specifica che

ogni situazione è caratterizzata da un contrasto d’interessi, da una collisione e lotta tra i personaggi. Lo sviluppo dialettico della fabula è analogo a quello dei processi storico-sociali, nei quali ogni nuova fase storica si determina come il risultato della lotta di

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gruppi sociali in quella precedente e al tempo stesso come il campo in cui si scontrano gli interessi dei nuovi gruppi, dai quali è formata la “struttura” sociale esistente.

Al contrasto degli interessi e alla lotta tra i personaggi corrisponde la ripartizione di questi ultimi in gruppi, ognuno dei quali porta avanti contro gli altri una propria tattica particolare. Lo scontro condotto è detto intrigo, ed è tipico del genere drammatico.31 Lo sviluppo dell’intrigo, quindi, porta all’eliminazione di una contraddizione e allo svilupparsi di nuove. Se una situazione contenente contraddizioni mette in moto la fabula, perché è impensabile la prolungata coesistenza delle due parti in lotta, una situazione di conciliazione non provoca movimento e quindi rappresenterà la fine della narrazione, cioè quello che viene chiamato scioglimento. È chiaro che, nei romanzi psicologici, in cui abbiamo al centro della narrazione i moti interiori di un unico personaggio, saranno i suoi sentimenti, i suoi istinti e riflessioni ad occupare il ruolo attribuito ai personaggi, nello sviluppo delle contraddizioni, appena descritto.

Chiarita la centralità del sistema che regola le relazioni tra i personaggi nelle opere, sembra utile trattarne due tipi, introdotti da Enrico Testa nel suo Eroi e figuranti. Il personaggio nel romanzo, che si costituiscono proprio in base alla loro capacità o meno di sviluppare relazioni. La proposta di Testa sembra particolarmente convincente perché complessiva. Infatti, il personaggio assoluto e il personaggio relativo determinano le modalità e lo sviluppo dell’intera narrazione che li ospita, diventando delle chiavi per comprenderne il principio organizzatore del materiale, oltre ad offrire un’interpretazione degli sviluppi del romanzo novecentesco, investigato proprio attraverso la lente del personaggio. Quindi, entrando nel merito della riflessione di Testa, su questa scena, in chiara antitesi con gli eroi del secolo precedente, si affrontano due tipi opposti che rappresentano più due poli d’attrazione che due realtà stabili. Andando a identificare i tratti del personaggio assoluto, Testa afferma che esso è caratterizzato

per una sostanziale assenza di evoluzione o, comunque di mutamento; per una passionale aspirazione al vero a scapito di qualsiasi altro valore; e per un’esasperazione della soggettività, la quale ha sul piano compositivo, per suo obiettivo estremo la forma del monologo. Alla base di tutti questi aspetti si può collocare il suo tragico e ostentato dissidio con la realtà.32

31 B. Tomaševskij, La costruzione dell’intreccio, in I formalisti russi. Teoria della letteratura e metodo critico, a.c. di T. Todorov, Torino, Einaudi, 1968, pp. 312-313

33 Tale dissidio tra soggetto e mondo ha due possibili risultati, a volte coincidenti: la dissoluzione di sé stessi e la cancellazione del mondo.

Per quanto riguarda i personaggi relativi, invece, potremmo riassumerne le caratteristiche con tre sostantivi che li allontanano in modo abissale dal precedente: temporalità, mutabilità e relazione. Usando le parole di Testa potremmo dire di loro che

Partecipano del tempo che hanno avuto in sorte; nel corso del racconto modificano per crisi o sviluppo (la metabolé aristotelica) psicologia e comportamenti; e, non monadicamente isolati, si lasciano coinvolgere in più rapporti: dal quotidiano faccia-a-faccia al paradossale (ora distruttivo ora benefico) contatto con le umbrae sino a conquistarsi la facoltà kantiana di “pensare mettendosi al posto di ciascuno33

La veste narrativa di questi personaggi non potrà quindi più essere monologica, come nel caso precedente, ma plurivocale. Inoltre, altro aspetto che risulta interessante, ai fini del presente lavoro, è la costatazione che la loro presenza fa sviluppare tipi diversi di narrazione: narrazione duale, narrazione dell’ombra, narrazione policentrica.

Sotto il termine di narrazione duale, facciamo rientrare i romanzi che vedono al centro lo svilupparsi della relazione tra due personaggi in antitesi, ma legati tra loro indissolubilmente. Proprio all’interno di questo rapporto dialettico si va costituendo, come sintesi, il messaggio e la visione del mondo dell’autore.

La narrazione dell’ombra, invece, si caratterizza con un rapporto in absentia, cercato dal personaggio vivente con uno scomparso. Tema certamente non inventato nel Novecento, ma che, al contrario, ha alle sue spalle una lunghissima tradizione che risale fino ad Omero. Certo è, però, che lo scorso secolo ha scoperto una nuova fioritura di questo tipo di narrazione, probabilmente dovuta anche alla catastrofe delle due guerre mondiali che, a forza, hanno introdotto il rapporto con i morti e la memoria anche nelle pagine dei romanzi e in esse forse molti autori e lettori hanno trovato una cura per non farsi sopraffare dal silenzio a fronte delle barbarie vissute.

L’ultimo tipo di narrazione, su cui si sofferma Testa e a cui abbiamo già accennato precedentemente, è quella policentrica, dove, in luogo di “un eroe dal ruolo incontrastato, più personaggi, posti sullo stesso piano, si confrontano vicendevolmente”34. Anche questa forma narrativa era già presente nella tradizione inglese ottocentesca, ma assume grande rilievo nel

33 Idem, p.97

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Novecento con il restringersi del ruolo del narratore onnisciente in favore di altri tipi di narratore o dello svilupparsi dello spazio dialogico dei personaggi. Testa precisa:

la narrazione policentrica può dunque essere interpretata qui come una forma superiore di mimesi dell’esistenza, che alla riproposizione dei fatti nel racconto accompagna sia il loro inquadramento conoscitivo che la loro valutazione etica35.

In particolare essa può assumere varie forme: può essere diretta da un abile narratore onnisciente, che, come un burattinaio, muove i fili dell’intreccio, costituiti dalle vicende dei vari personaggi e dal loro incontrarsi e scontarsi. Un'altra versione di questo tipo di romanzo è rappresentata dai testi che offrono un protagonista debole, attorno al quale si muove la folla degli altri personaggi, le cui vicende apparentemente secondarie sono, infine, incastrate perfettamente sempre dal narratore. Ma se queste sono le forme più tradizionali, come si diceva, le nuove riflessioni introdotte nel Novecento sul romanzo, lacerato tra mimesi e diegesi, spingono la narrazione policentrica verso

sia un incremento del tasso drammatico o “teatrale” della scrittura sia, quando lo stesso fatto è presentato da diversi punti di vista, una conversione della struttura policentrica – ancora rigida nei casi ottocenteschi- in trama plurivocale: i tanti “fuochi” del discorso narrativo non solo s’oppongono l’un l’altro, ma paiono –all’incrocio delle prospettive diverse di cui sono portatori- fecondarsi (o negarsi) reciprocamente. 36

Esempio senz’altro di narrazione policentrica, ma nella versione tradizionale con forte narratore onnisciente, è la struttura di Cronache di poveri amanti di Vasco Pratolini. Infatti, come vedremo nel capitolo successivo, essa è costituita proprio dall’intrecciarsi delle vicende che animano le vite degli abitanti di via del Corno, su cui un narratore molto presente accende e spegne i riflettori con maestria.