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L’esecuzione della sentenza inibitoria collettiva prima della riforma

IV LE MISURE COERCITIVE INDIRETTE

IV.2 L’esecuzione della sentenza inibitoria collettiva prima della riforma

Come anticipato, già prima dell’introduzione del comma 5 bis dell’art. 3 della legge 281 del 1998, si ritiene che il provvedimento inibitorio collettivo non fosse del tutto sprovvisto di strumenti di coercizione indiretta che ne garantissero l’esecuzione. Sebbene, infatti, l’adempimento del comando inibitorio, nelle ipotesi tipicamente previste dal codice civile, sia

165 Cfr., C

APPONI B.,Astreintes nel processo civile italiano ?, in Giust. civ., 1999, p. 157 ss.

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Si noti tuttavia che per PIETROBON V. l’astreinte quale sanzione disposta dal giudice nell’ipotesi di inadempimento dell’ordine giudiziale costituisce un corollario naturale della sentenza inibitoria. In altri termini, “quando si tratta dell’adempimento di un ordine giudiziale, quando sia dato al giudice il potere di pronunziare questa disposizione sembra conseguenza naturale consentirgli di prevedere anche la sanzione per l’inadempimento, come parte dell’ordine stesso” e ancora “in questo caso l’intervento del giudice non è rivolto a rendere effettiva una norma, ma a fare eseguire un proprio ordine emesso in seguito a domanda di parte, secondo una previsione di legge…di talché parrebbe legittimo pensare all’affermarsi del principio per cui il giudice quando ha il potere di dare un ordine di cessazione ha anche quello di stabilire la sanzione per la sua violazione”, così in Illecito e fatto illecito, inibitoria e risarcimento, Milano, 1998, p. 154.

sostanzialmente rimesso alla esclusiva volontaria esecuzione da parte dell’obbligato167, si ritiene tuttavia che, nel diritto dei consumi, date le caratteristiche proprie del comando principale medesimo, l’adempimento di questo sia già garantito in sé per sé dalla peculiare fisionomia dell’inibitoria collettiva. In altri termini, l’eventualità che, nel diritto dei consumi, il comando inibitorio sia formulato in termini positivi risolve già a priori la questione della possibilità della sua esecuzione ad opera di un terzo in veste surrogatoria. Occorre allora richiamare alcune considerazioni svolte in precedenza in relazione, in particolare, alle misure idonee e alla pubblicazione del provvedimento.

Quanto alle prime, si è detto che la loro principale funzione è quella di integrare il contenuto del comando inibitorio al fine di garantire la tutela effettiva del consumatore168. In tal senso dunque, esse costituiscono uno strumento atipico che consente alla parte che ne richiede l’emanazione di indicare al giudice gli strumenti idonei a inibire in concreto la prosecuzione del comportamento antigiuridico da parte del professionista; ne deriva una sufficiente elasticità del contenuto della sentenza inibitoria la quale può essere dunque formulata in qualsiasi modo ne faciliti la concreta attuazione.

Quanto alla pubblicazione, già si è avuto modo di sottolineare come, prima dell’introduzione del comma 5 bis dell’art. 3 della legge 281, questa svolgesse la principale funzione di coartare indirettamente l’imprenditore soccombente all’adempimento della sentenza, facendo leva sulla pubblicità negativa che a questi deriva per il caso di non adempimento spontaneo e sulla eventuale conseguente perdita di mercato. Più in generale, dunque, già si è notato come la

167 Salvo il ruolo e la funzione della pubblicazione della sentenza cui si è detta in precedenza. 168

Cfr., AMADEI D.,Op. cit., p. 8: “pare potersi ritenere che sulla scorta di questa disposizione (la lett. b) comma 1 dell’art. 3 l. 281/98) il giudice, nel “riempire” di contenuto la decisione inibitoria, disponga di un’ampia possibilità di inventare, creare ed imporre meccanismi volti ad indurre il professionista ad ottemperare, in aderenza alle peculiarità del caso concreto.” nonché, AMADEI D., Un’astreinte a tutela dei consumatori (prime note sul comma 5 bis dell’art. 3, legge 30 luglio 1998, n. 281), in Giust. civ., 2002, p. 387: “le <misure idonee> di cui alla lettera b) e la pubblicazione della sentenza di cui alla lettera c), sono essenzialmente un arricchimento del contenuto inibitorio del provvedimento di accoglimento dell’azione collettiva delle associazioni”. Si noti, tuttavia, che la discrezionalità del giudice in ordine alla possibilità di “inventare, creare e imporre meccanismi” incontrerebbe comunque il limite del rispetto del principio della domanda di parte.

pubblicazione della sentenza, in particolare di quella inibitoria, nelle ipotesi tipiche previste nel codice civile, svolga in primo luogo e per sua stessa natura una funzione compulsoria alla quale, nella materia specifica del diritto dei consumi, si deve affiancare e sovrapporre la funzione propriamente informativa.

In altri termini, l’adempimento del comando inibitorio è affidato in primo luogo alla forza persuasiva della pubblicazione della sentenza; solo nella materia del diritto dei consumi, questa svolge ulteriore e diversa funzione proprio in considerazione dell’autonoma previsione delle misure di coercizione indiretta.

La pubblicazione della sentenza inibitoria è dunque, nelle materie nelle quali non sono previste le astreintes, il mezzo di coercizione indiretto tipicamente conosciuto dall’ordinamento italiano.

In conclusione, già prima della autonoma previsione della misura di coercizione rappresentata dal pagamento di una somma di denaro per il caso di non adempimento spontaneo, si ritiene che l’esecuzione della sentenza inibitoria in materia di consumi fosse comunque assicurata dalla concreta fisionomia del comando del giudice. D’altra parte, occorre ancora notare, come la tutela inibitoria prevista dal legislatore comunitario non corrisponde necessariamente alla tutela parimenti inibitoria conosciuta nel diritto interno, in primo luogo perché il primo tipo di inibitoria è per così dire di trasversale applicazione169 in tutti gli stati membri e pertanto presenta delle caratteristiche che non esauriscono quelle tipiche del diritto interno e, in secondo luogo, perché la legislazione comunitaria persegue l’obiettivo pratico prima che giuridico di assicurare una tutela effettiva al consumatore e ciò a prescindere dalle formule linguistiche, necessariamente atipiche, adoperate nelle singole direttive.

IV.3 L’esegesi della norma e i profili applicativi: l’oggetto