Tra i libri analizzati ve ne sono diversi che recano note di provenienza di due o tre cenobi. La circolazione dei libri poteva avvenire sulla base di dinamiche differenti. Il rapporto tra editoria ed ordini religiosi si era fatto, tra Sei e Settecento, sempre più stringente, e portò le biblioteche, tanto monastiche quanto conventuali, a divenire, a partire dalla fine del XVII secolo, protagoniste di primo piano del mercato librario371. I carteggi scambiati tra i religiosi dei vari conventi documentano, nel periodo che oscilla tra gli anni trenta e quaranta del Settecento, il progressivo incremento delle raccolte e del materiale librario in circolazione: liste di doppi, elenchi di volumi da cedere, richieste di novità e vecchie edizioni, tanto ad uso personale dei religiosi quanto ad uso delle biblioteche372. Tali libri, una volta acquistati, non venivano necessariamente conservati presso la biblioteca del monastero o del convento né, alternativamente, riposti nella cella del religioso acquirente: non era inusuale, difatti, che essi venissero ulteriormente distribuiti a terzi che, a vario titolo, li avevano commissionati o che venissero messi da parte per essere utilizzati in successive transazioni373.
Una particolare formula, prerogativa soprattutto dell’ordine camaldolese, di cui i vari cenobi potevano avvalersi consisteva nello ‘scambio per messe’374, un sistema che prevedeva la consegna di
una determinata quantità di libri ad un dato cenobio quale compenso per la celebrazione di un certo numero di suffragi commissionati da un altro convento e pari all’ammontare dell’elemosina offerta per ogni messa375.
Spesso i volumi circolavano grazie agli spostamenti dei religiosi stessi, che viaggiando si portavano appresso i volumi.
Grazie alla bolla di papa Benedetto XIII, risalente al 1724, i libri doppi potevano essere scambiati tra un convento e l’altro, purché essi si trovassero all’interno della provincia di appartenenza376.
La circolazione della maggior parte dei libri, tuttavia, si deve a fenomeni di natura storico-politica: le soppressioni che investirono le corporazioni religiose tra Sette e Ottocento furono la causa principale. I libri appartenuti ai conventi soppressi che si salvarono dalla dispersione subirono diversi destini: furono sia convogliati presso altri cenobi, sia venduti/affidati dai singoli ecclesiastici ad amici o parenti al fine di evitarne l’incameramento dal demanio377. Questa fu appunto la sorte a cui fu sottoposto la maggior parte del patrimonio librario superstite alle spoliazioni incorse a cavallo fra i
371 A.BARZAZI, Dallo scambio al commercio del libro. Case religiose e mercato librario a Venezia nel Settecento, “Atti
dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti”, CLVI (1997-1998), pp. 3-5.
372 Ibid., pp. 7-8. 373 Ibid., p. 11. 374 Ibid., p. 25. 375 Ibid., pp. 20-21.
376 Intorno alle libbrerie, “Analecta ordinis minorum capuccinorum”, vol. 8, Roma: Ex Typographia Editrice-Industriale,
1892, p. 139.
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due secoli. Da qui furono spesso rimessi in circolazione e, nelle casistiche più rosee, riacquistati dagli stessi conventi ora ripristinati o dai singoli frati o, in alternativa, distribuiti direttamente alle corporazioni religiose.
Di seguito sono riportate alcune immagini significative dei frontespizi recanti più provenienze, a testimonianza della circolazione e della storia dei libri stessi.
Fig. 1 - Sul frontespizio è presente la nota manoscritta del convento cappuccino di Venezia, depennato, e sostituito con Padova (scheda 160). Si tratta di un esempio di circolazione all’interno dello stesso ordine, probabilmente grazie alla figura del cappuccino Serafino da Venezia.
Fig. 2 - Sul frontespizio sono citati due conventi appartenenti all’ordine dei Francescani Minori Riformati: quello di San Pietro Viminario e quello di San Francesco di Cittadella (scheda 216). Il convento di San Pietro Viminario vide, a seguito della soppressione nel 1769, il proprio patrimonio librario spartito tra il cenobio di San Giacomo Maggiore di Monselice e, in minore quantità, quello di San Francesco.
Fig. 3 - In calce al frontespizio sono presenti tre note di possesso: quella originaria indicante il convento cappuccino di Castelfranco, sostituita poi da quella di Bassano ed infine dal cenobio di Padova (scheda 168). È un esempio di passaggio di un volume tra tre conventi francescani dei Minori Cappuccini.
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a
b
Fig. 4 - Sul frontespizio è indicata: sul recto l’appartenenza ai Cappuccini di Vicenza (a), sul verso invece l’assegnazione ai Cappuccini di Pordenone (b) (scheda 157).
Fig. 5 - Sulla carta di guardia anteriore è indicata una nota d’uso attribuita a Giannangelo da San Cassiano, seguito dalla nota ‘Applicato a Padova’ (scheda 87).
Tale ‘ad uso’ ed ‘applicato’ stanno ad indicare il fatto che il libro in questione sia stato prestato dalla biblioteca del convento patavino a frate Giannangelo, il quale, per probabili motivi di predicazione, si è spostato molto tra i vari conventi. I frati cappuccini, difatti, dovevano, ogni tre anni, cambiare convento378. Il termine ‘applicato’ sta ad indicare che una volta deceduto il possessore o per motivi di sopravvenuto disinteresse, il libro debba tornare alla biblioteca d’origine379.
Tali formule furono adottate verso la fine del XVI secolo, quando l’ordine cappuccino superò l’iniziale avversione per una cultura legata ai libri, in quanto insidiata dai concetti di proprietà e vanità, ed il raccoglierli, conservarli e organizzare il loro deposito divenne un elemento centrale nello spazio conventuale380. Una volta ‘applicati’ ad una libreria, i volumi non potevano più essere ripresi dai predicatori per essere portati altrove381. I frati, sostanzialmente, si procuravano, sotto la vigilanza dei
378 G.POZZI,L.PEDROIA, Ad uso di… applicato alla libraria de’ Cappuccini di Lugano, Roma: Istituto Storico dei
Cappuccini, 1996, p. 9.
379 STANISLAO DACAMPAGNOLA, “Biblioteche cappuccine e formazione dei predicatori nel Seicento”, in La
predicazione cappuccina nel Seicento: Atti del Convegno Internazionale di Studi dei Bibliotecari Cappuccini Italiani Assisi, 26-28 settembre 1996, a cura di G. Ingegneri, Roma, 1997, p. 102.
380 POZZI,PEDROIA, Ad uso… op.cit., p. 7. 381 Intorno alle libbrerie… op.cit., p. 139.
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superiori – tant’è che spesso si legge superiorum permissu –, i libri per le loro necessità, i quali venivano applicati alla biblioteca del soggiorno temporaneo. Ciò comportava che il volume non potesse nemmeno uscire temporaneamente dal deposito, se non con permesso scritto del bibliotecario382.
A fianco al nome del frate che aveva ad uso il libro erano indicate anche le qualifiche che lo distinguevano nell’ordine al momento della sottoscrizione383: nel caso di Giannangelo da S. Cassiano
la qualifica è predicatore cappuccino.
In caso di firma del frate senza applicazione - recante quindi la sola nota d’uso - si può ipotizzare un trasloco da un convento all’altro, anche se normalmente era proibito384. Tali ‘ad uso’ di lettori e
predicatori ha permesso, soprattutto a partire dal Cinque-Seicento, di incrementare le raccolte librarie delle biblioteche cappuccine385.
Di seguito sono riportati alcuni esempi che illustrano l’utilizzo di tali formule.
Fig. 6 – Scheda 164
Fig. 7 – Scheda 65
Fig. 8 – Scheda 540
382 POZZI,PEDROIA, Ad uso… op.cit., pp. 8-9. 383 Ibid., p. 9.
384 Ibid., p. 12.
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Fig. 9 - La voce ‘spectat’, similmente ad ‘applicato’ ed a ‘lasciato’, stava ad indicare quei libri che un frate francescano aveva portato con sé nel suo peregrinare da un convento all’altro e che dovevano, alla morte del religioso, tornare al convento d’origine386.
In fig. 6 abbiamo il caso specifico del convento trevigiano di San Girolamo di Asolo, di proprietà dei Minori Riformati (scheda 42). Altre casistiche concernono i Francescani Minori Osservanti del convento bresciano di Isola di Garda, i Francescani Minori Riformati di Santo Spirito di Feltre, di San Francesco di Cittadella, tutti i volumi di San Pietro in Viminario, di San Giacomo di Monselice, di San Carlo di Padova, di Santa Maria degli Angeli di Adria, di San Francesco di Castelfranco Veneto, di San Francesco di Ceneda e di San Bonaventura di Bassano.
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