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Settecentine: dalle corporazioni religiose soppresse alla Biblioteca Antica del Seminario Vescovile di Padova

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale

(ordinamento ex D.M. 270/2004)

in Storia e Gestione del Patrimonio Archivistico e

Bibliografico

Tesi di Laurea

Settecentine: dalle corporazioni

religiose soppresse alla Biblioteca

Antica del Seminario Vescovile di

Padova

Relatore

Ch. Prof. Dorit Raines

Correlatori

Ch. Prof. Flavia De Rubeis

Ch. Prof. Enrico Valseriati

Laureanda

Jasmine Capovilla

Matricola 838535

Anno Accademico

2016 / 2017

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare la Prof.ssa Dorit Raines per avermi seguita in questo percorso, il direttore della Biblioteca Antica prof. don Riccardo Battocchio per avermi messo gentilmente a disposizione l’intera biblioteca, l’addetta sig.ra Debora Casubolo per il supporto e la compagnia nelle fredde mattinate invernali in biblioteca e Gloria Griso per avermi fornito le basi ed altri consigli per poter realizzare questa tesi.

Un ringraziamento speciale alla responsabile dott.ssa Giovanna Bergantino per i preziosissimi consigli (sulla tesi e non solo), la gentilezza e la competenza dimostrata nel rispondere alle mie continue domande. Anche se il tuo nome non compare tra i correlatori, per me lo sei stata! Ringrazio anche il prof. Enrico Valseriati per essersi prontamente offerto d’aiutarmi nel momento del bisogno e di aver accettato di essere mio correlatore con così poco preavviso. Ancora una volta, grazie! Desidero infine ringraziare di cuore la mia famiglia per essermi sempre stata accanto durante questi anni di studio, la mia migliore amica Elena e le mie compagne d’avventura Lucrezia, Giulia, Chiara e Silvia per avermi supportato e sopportato durante la stesura di questa tesi.

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INDICE

INTRODUZIONE ... 9

1. DALLE SOPPRESSIONI DELLE CORPORAZIONI RELIGIOSE ALLA BIBLIOTECA DEL SEMINARIO DI PADOVA ... 13

1.1 Le soppressioni veneziane ... 13

1.2 Le soppressioni napoleoniche ... 16

1.3 Le soppressioni postunitarie ... 21

1.4 La Biblioteca del Seminario di Padova ... 22

2. LE CORPORAZIONI RELIGIOSE: PROFILO STORICO ... 25

Agostiniani ... 25

Eremitani di Sant'Agostino ... 25

Benedettini... 26

Carmelitani ... 27

Carmelitani Scalzi ... 27

Chierici Regolari Teatini ... 30

Confraternita del SS. Sacramento ... 30

Domenicani ... 31 Filippini ... 34 Francescani ... 35 Minori Cappuccini ... 35 Minori Conventuali ... 42 Minori Osservanti ... 43 Minori Riformati ... 43

3. ELEMENTI DISTINTIVI DELLA PROVENIENZA ... 53

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6

Eremitani di Sant'Agostino ... 53

Benedettini... 54

Carmelitani ... 59

Carmelitani Scalzi ... 59

Chierici Regolari Teatini ... 65

Confraternita del SS. Sacramento ... 66

Domenicani ... 66 Filippini ... 70 Francescani ... 71 Minori Cappuccini ... 71 Minori Conventuali ... 87 Minori Osservanti ... 88 Minori Riformati ... 89 4. CONTRASSEGNI ... 113

4.1 Contrassegni privi di elementi di provenienza claustrale ... 113

4.2 Contrassegni attribuibili a biblioteche cappuccine ... 124

5. CASI DI STUDIO A CONFRONTO ... 127

6. CONCLUSIONE ... 153

APPENDICI ... 157

1. Esempi di circolazione libraria ... 159

2. Modelli di collocazioni storiche ... 165

3. Catalogo ... 169

3.1 Libri con provenienza non identificata o incerta ... 419

4. Elenco delle collocazioni non inserite a sistema ... 427

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FONTI D’ARCHIVIO ... 437 BIBLIOGRAFIA ... 437 SITOGRAFIA ... 444

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INTRODUZIONE

A causa dei decreti emanati dai governi che, dalla seconda metà del Settecento fino alla fine dell’Ottocento, si susseguono nel Veneto e in Italia, una mole non indifferente di conventi e monasteri sono stati soppressi ed il loro patrimonio librario smembrato o disperso. La ridistribuzione che è conseguita alla soppressione di tali istituti e l’alto numero di quelli che hanno accolto questo materiale, spesso senza un documentato passaggio patrimoniale, hanno fatto sì che ancora oggi molte biblioteche non siano in grado di conoscere nella loro interezza la storia del proprio patrimonio.

Questa trattazione si configura come continuazione del lavoro svolto da Gloria Griso sulle cinquecentine e sulle seicentine conservate presso la Biblioteca del Seminario1, e, in quanto tale, avrà

dunque come oggetto di studio le settecentine ad oggi catalogate, appartenute a corporazioni religiose soppresse. Obiettivo del progetto è innanzitutto l’individuazione e l’analisi delle provenienze claustrali, a cui segue la registrazione degli aspetti materiali distintivi delle provenienze stesse. S’intende poi fornire un elenco dei possessori individuati tra le pagine dei volumi, presentare una panoramica generale delle dinamiche che hanno portato i libri presso l’attuale istituto di conservazione e raggruppare quelle che sono ritenute le segnature di collocazione tipiche dei vari cenobi.

Punto di partenza del lavoro sono state le schede catalografiche presenti nell’Opac del Sistema Bibliotecario Padovano2, che riportavano l’indicazione di un possessore negli esemplari posseduti dalla Biblioteca Antica del Seminario. Essendo tuttavia lo spettro della ricerca estremamente ampio, è stato realizzato uno specifico database3, nel quale risultano elencati tutti i nomi dei possessori individuati all’interno della Biblioteca Antica, suddivisi per secolo, ed ognuno affiancato dalla collocazione del relativo volume. Da tale database sono stati estrapolati i record secondo i parametri di ricerca riguardanti questa trattazione, ossia le settecentine4 appartenute alle corporazioni religiose; in seguito sono state ricavate dall’Opac le schede catalografiche corrispondenti sulla base delle collocazioni riportate nel database. Le suddette schede, adeguatamente ordinate e rielaborate, sono state poste in appendice a tale lavoro.

1 G. GRISO, “Le cinquecentine e le seicentine delle corporazioni religiose soppresse conservate presso la Biblioteca del

Seminario Vescovile di Padova - catalogo delle provenienze”, tesi di laurea, Università degli Studi di Venezia Ca’ Foscari, corso di laurea magistrale in Storia e gestione del patrimonio archivistico e bibliografico, a.a. 2015/2016, relatore D. Raines.

2 http://catalogo.unipd.it/F?func=find-b-0

3 Tale database è stato appositamente creato dai tecnici informatici del CAB (Centro di Ateneo per le Biblioteche) di

Padova dietro richiesta della biblioteca, al fine di realizzare la base dati su cui poter sviluppare un lavoro di ricerca come il presente.

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A seguito di questa ricerca è stata effettuata una campagna di rilevamento fotografico dei volumi corrispondenti ai record identificati, al fine di registrarne gli elementi della provenienza. Durante tale operazione, tuttavia, è stato riscontrato che diversi volumi presenti nella Sala Nera della biblioteca, contenente volumi del XVIII secolo, sebbene presentassero elementi riconducibili all’oggetto della ricerca, non erano stati inseriti nel database di cui sopra. Si è quindi optato per un rilevamento a tappeto dei volumi fino ad oggi catalogati, giungendo così all’individuazione di note di provenienza ed altri elementi non inseriti nelle schede a catalogo5. Proprio attraverso questo spoglio manuale è stato possibile individuare due volumi che erano stati erroneamente riposti e che senza tale controllo non sarebbero probabilmente stati ritrovati.

Oltre alla registrazione degli elementi materiali distintivi della provenienza, il rilevamento ha rappresentato l’occasione per documentare fotograficamente tutti i contrassegni presenti sui dorsi dei volumi.

Gli elementi contenuti nella Sala Nera si aggirano attorno alle 25.000 unità, tuttavia, di queste, solo 10.000 risultavano catalogate all’inizio del mio rilevamento. La catalogazione dei restanti volumi è iniziata nel marzo 2017, per cui i testi catalogati a partire da questa data non sono inseriti nella presente trattazione. Il rilevamento a tappeto è stato eseguito sui volumi contenuti negli armadi A, B, C, D, E, F, G, H dell’ordine inferiore e negli armadi A, B, C, E, F, G, H, I, K, L, M, N, O, P, Q, R, S, AA, BB, DD, EE dell’ordine superiore. Va però detto che all’interno di questi armadi non tutti i palchetti contenevano volumi catalogati, per cui risulteranno visionati per i seguenti armadi e scaffali: - Armadio D ordine inferiore il 1° e 2° palchetto in maniera completa, il 3° palchetto solo la prima fila (esclusi i volumi da 7.1 a 7.13), il 4° e 5° palchetto sono esclusi dalla seguente trattazione;

- Armadio E ordine inferiore il 1° palchetto vede esenti dalla presente trattazione i volumi da 6.1 a 16.2, oltre che il 5° palchetto;

- Armadio F ordine inferiore il 1° e 2° palchetto sono esclusi, al 3° risulta catalogata solo la prima fila, il 4° (con l’eccezione della seconda fila) ed il 5° palchetto in maniera completa; - Armadio G ordine inferiore il 1° e 4° palchetto sono esclusi, il 2° ed il 5° sono stati oggetto

di rilevamento mentre al 3° risulta catalogata solo la prima fila;

- Armadio H ordine inferiore il 1°, 2° e 5° palchetto contengono volumi non catalogati, mentre il 3° ed il 4° contengono volumi catalogati in maniera completa;

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- Armadio S ordine superiore il 4° palchetto vede la seconda fila contenere volumi non catalogati.

I restanti armadi sopra citati, ma di cui non specifico gli scaffali visionati, risultano completamente catalogati. A tali armadi si aggiungono le colonne dell’ordine superiore da 1 a 396 e le appendici superiori 1, 2, 3, 4, 5, 6 (esclusi i palchetti 7 e 8) e 8 (esclusi i palchetti 5 e 6).

Per ogni corporazione religiosa individuata durante la ricerca è stato delineato un breve profilo storico, indicante le tappe fondamentali di costruzione del cenobio. Per ognuna di esse sono presentati, in un’apposita sezione, gli elementi materiali distintivi di ciascuna provenienza.

A parte sono state raggruppate le immagini dei contrassegni, suddivise in due sezioni: la prima relativa a quei contrassegni presenti su volumi che non recano note7 ricollegabili a conventi, la

seconda invece fa riferimento a quei volumi che, nonostante non riportino note alcune, sono riconducibili a biblioteche cappuccine grazie ai contrassegni stessi.

Segue una sezione di confronto, in cui vengono messi a paragone i dati e le osservazioni ottenuti dalla presente trattazione e quelli risultanti dalla tesi di Gloria Griso. Scopo del confronto è il tentativo d’individuare l’esistenza di elementi materiali di continuità8 nei volumi nel passaggio tra i tre secoli.

Prima di giungere alla sezione delle appendici, un capitolo conclusivo illustra quello che si è cercato di realizzare attraverso questa tesi e cosa invece si potrebbe realizzare sfruttando, come basi di lavoro, studi sulle provenienze monastiche e conventuali.

Anche l’appendice è suddivisa in capitoli. Il primo, riguardante la circolazione libraria, illustra, grazie anche all’ausilio di alcune immagini, come e grazie a quali formule i volumi, nel corso del Settecento, siano passati fra i banchi di varie biblioteche.

Viene in seguito presentata una tabella, in cui si è cercato di raccogliere le segnature di collocazione ritenute tipiche di alcuni conventi. In tale raggruppamento rientreranno infatti solo quei cenobi presenti in entrambi gli elaborati e la cui mole di volumi ha permesso la costituzione di una base dati sufficientemente ampia per permetterne il confronto.

Quarta sezione dell’appendice è rappresentata dal catalogo, in cui sono elencate le schede delle corporazioni religiose individuate: se il volume è appartenuto a più corporazioni religiose, esso comparirà sotto ognuna delle relative voci conventuali. All’interno di tale sezione si anniderà un sotto capitolo, in cui compariranno le schede di quei volumi le cui note di provenienza risultano poco o

6 Sono escluse le colonne 5 (palchetti 1, 2, 3), 8 (palchetti 3, 4), 9, 10, 11, 19, 20, 21, 22 (palchetto 3), 23, 24, 26, 27, 28,

29, 30, 31, 35, 38 (palchetto 3) in quanto risultano vuote o non catalogate.

7 Con note si intendono sia note di possesso/provenienza claustrale, sia note di privati, religiosi e simili.

8 Con elementi di continuità si intende tipologie di legatura, note di provenienza riportate secondo uno specifico stile o

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difficilmente leggibili per via di ammanchi, slavature e depennamenti o riportanti note d’uso di singoli religiosi non collegabili con certezza ad una corporazione religiosa.

Al punto cinque si ha l’elenco dei volumi individuati durante il rilevamento a tappetto, la cui scheda a catalogo risulta in toto mancante di note di provenienza/privati o simili o non aggiornata. Se la scheda non è stata ancora aggiornata a seguito dell’individuazione dell’ammanco, esso sarà specificatamente indicato accanto all’indicazione dell’attuale collocazione.

Il totale dei titoli con provenienza certa si aggira attorno a 926, a cui vanno aggiunte 22 opere la cui provenienza è invece incerta o non identificabile a causa di note poco chiare9. Le settecentine

prese in esame appartengono complessivamente a 50 cenobi individuati con certezza, localizzati prevalentemente in Veneto: dodici a Padova, dieci a Treviso, otto a Vicenza, sette a Venezia, due a Rovigo, uno a Verona e uno a Belluno. Oltre ai cenobi veneti s’annoverano quattro conventi friulani, due lombardi, un emiliano ed uno sloveno. Le provenienze claustrali più ricorrenti riguardano i Benedettini di Santa Giustina, i Cappuccini di Padova ed Este, i Francescani Minori Riformati di San Carlo di Padova, di San Pietro in Viminario (in provincia di Padova), di San Giacomo di Monselice, di San Girolamo di Asolo, di San Francesco di Castelfranco e di San Bonaventura di Bassano10.

9 I numeri indicati a catalogo fanno riferimento alle singole unità bibliografiche; complessivamente le opere prese in

esame sono circa 533.

10 Nella presente trattazione le corporazioni religiose sono organizzate alfabeticamente per: ordine di appartenenza,

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1. DALLE SOPPRESSIONI DELLE CORPORAZIONI RELIGIOSE ALLA BIBLIOTECA DEL SEMINARIO DI PADOVA

Con il termine soppressione s’intende la chiusura di un istituto religioso o ad opera dell’autorità ecclesiastica o per mezzo di singole autorità civili o degli Stati Moderni.

Le soppressioni attuate dalla Santa Sede avevano come fondamento la decadenza o non osservanza della disciplina regolare, da cui poteva conseguire un’unione o fusione con altri istituti simili; quelle civili, invece, si basavano su una molteplicità di ragioni sia di tipo economico che sociale, spesso influenzate da correnti anticlericali.

Da qui si evince di come le corporazioni religiose siano state oggetto, nel corso del tempo, di diverse abrogazioni11. Quelle che interessano la presente trattazione coprono un arco temporale che va dal

XVIII al XIX secolo e che si configurano con le soppressioni attuate dalla Serenissima, da Napoleone I Bonaparte (1769-1821) e dal Regno d’Italia.

1.1 Le soppressioni veneziane

Alcuni decenni prima delle soppressioni napoleoniche, la Repubblica Veneta fu privata dei beni dei conventi soppressi in quanto oggetto d’incameramento da parte del demanio12. Nel corso del XVIII secolo, difatti, il laicismo connesso al pensiero illuministico si tradusse nel tentativo di eliminare, per quanto possibile, il predominio della Chiesa e, soprattutto, degli Ordini religiosi13. La secolarizzazione delle manimorte ecclesiastiche, che proprio nel XVIII secolo ebbe la sua più profonda applicazione, fu una delle strategie adottate per tentare di arginare tale supremazia14. In quest’ottica, il Senato Veneto decretò, il 12 aprile 1766, che tutti gli ecclesiastici ed i vari conventi e monasteri dovessero rendere noti, entro un termine di 6 mesi, il numero di stabili posseduti. Al 12 giugno dell’anno successivo risale la legge con la quale veniva bloccata la concentrazione di beni da parte degli ecclesiastici, in quanto «prova evidente d’un grandissimo capitale che non fa più circolo nella nazione»15. Con la legge del 17 settembre 1768 la Repubblica Veneta diede avvio all’eliminazione delle case religiose con meno di una dozzina di componenti, concentrandole in altre;

11 E.BOAGA, Voce “Soppressioni e la Chiesa in Italia”, Dizionario Storico Tematico La Chiesa in Italia, Vol. I,

http://www.storiadellachiesa.it/glossary/soppressioni-e-la-chiesa-in-italia/

12 P.LA CUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche veneziane dopo la soppressione napoleonica, “Rivista di

Venezia”, VIII (1929), p. 4.

13 G.NETTO, Guida di Treviso. La città, la storia, la cultura e l’arte, 2a Ed., Trieste: Lint, 2000, p. 474.

14 B.CECCHETTI, La Repubblica di Venezia e la Corte di Roma nei rapporti della religione, Volume I, Venezia, 1874,

p. 213.

15 “Scrittura 12 giugno 1767, della Deputazione straordinaria aggiunta al Collegio dei Dieci savii sopra le decime in Rialto,

nella quale, ricordate le varie leggi, che arrestavano il concentrarsi delle sostanze negli ecclesiastici, suggerisce nuovi provvedimenti”, cfr. B.CECCHETTI, La Repubblica di Venezia e la Corte di Roma nei rapporti della religione. Volume II - Documenti, Venezia, 1874, p. 139.

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al contempo vietò al clero regolare di esercitare le funzioni parrocchiali16. Seguì l’eliminazione dei conventi in sovrannumero, obbligando al contempo gli acquirenti ad assicurare il culto nelle relative chiese17.

Tale riforma portò alla soppressione, dopo il 1769, di oltre 300 conventi e all’espulsione dei religiosi esteri o stranieri18: i Carmelitani videro nei loro conventi una riduzione di 27 membri mentre i Conventuali persero 16 conventi. La Provincia del Santo viene in quell’anno a perdere, tra gli altri, Gemona, Monselice, Montagnana, Pordenone, Portogruaro e Serravalle19. Nel 1770 vengono soppressi anche quattro monasteri benedettini cassinesi ed i Certosini sono riuniti nelle due certose di Venezia e di San Gerolamo del Montello. Segue, nel 1772, la graduale soppressione degli Agostiniani, dei Gerolamiti, dei Servi di Maria e dei Minimi. L’ammontare dei conventi soppressi s’attesta a 179 su 441 esistenti. L’anno successivo altri 127 conventi vengono chiusi: i Cappuccini si vedono soppressi 21 conventi su 41, i Riformati 4 su 28 e gli Osservanti 22 su 3120.

Le soppressioni e gli incameramenti incorsi tra il 1769 ed il 178221 portarono la Serenissima ad interrogarsi ed informarsi sull’esatto valore del patrimonio storico ed artistico rinchiuso tra le mura degli istituti soppressi, oltre che sulla destinazione, prevista dal demanio, di ciò che era conservato nei relativi archivi e biblioteche. Già a partire dal 1773, a seguito di ammanchi riscontrati in alcuni cenobi, fu ingiunto ai religiosi della Repubblica di redigere un inventario dettagliato dei beni artistici in essi conservati, ampliato anche a quelli librari sedici anni più tardi, per impedirne la più o meno volontaria dispersione. L’elenco dei cimeli delle biblioteche veneziane fu redatto da Jacopo Morelli22, abate bibliotecario della Biblioteca Marciana, il quale contrassegnò i volumi inventariati con un bollo recante l’immagine di San Marco. A tale inventariazione conseguì, per quanto riguardò i conventi dei SS. Giovanni e Paolo, San Pietro Martire di Murano e Sant’Andrea della Certosa, la confisca del suddetto patrimonio da parte del demanio23. In merito agli altri conventi, invece, fu sufficiente che

16 Come si evince dagli artt. 9-10 del decreto del 20 settembre 1768; cfr. CECCHETTI, La Repubblica di Venezia… op.cit.,

Volume I, pp. 220-221.

17 NETTO, Guida di Treviso… op.cit., p. 474; CECCHETTI, La Repubblica di Venezia… op.cit., Volume I, p. 221. 18 Con l’accezione ‘esteri’ s’intende non facenti parte dei domini della Serenissima; BOAGA, Voce “Soppressioni e la

Chiesa in Italia”… op.cit.

19 A.SARTORI, La provincia del Santo dei Frati Minori Conventuali: Notizie storiche, Padova: Edizioni Messaggero,

1958, p. 53.

20 P.P.GACH, Voce “Soppressioni. Elenco cronologico delle s. pontificie e statali”, Dizionario degli istituti di perfezione,

Volume VIII, Roma: Edizioni Paoline, 1988, pp. 1828-1830.

21 L’ordine dei Canonici Regolari fu soppresso nel 1782 e i diversi cenobi dell’ordine videro il loro patrimonio librario,

considerato pubblico patrimonio, destinato alla Biblioteca di San Marco, almeno per quanto riguarda la compagine più preziosa; cfr. LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., p. 4.

22 Jacopo Morelli (1745-1819) fu nominato custode della Biblioteca Marciana nel 1778 e ne divenne direttore nel 1799,

incarico che ricoprì fino alla morte.

23 G.B.TROLESE, “La dispersione delle biblioteche monastiche”, in S. Giustina di Padova nel quadro del monachesimo

italiano: studi di storia e cultura monastica, a cura di G. Carraro et alii, Roma: Istituto storico italiano per il Medio Evo, 2014, pp. 295-296.

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gli abati, a seguito dell’apposizione di firma sugli elenchi, si assicurassero che tali beni non uscissero dallo spazio bibliotecario.

All’interno del contesto rivoluzionario francese, il 12 maggio 1797, con l’ultima riunione del Maggior Consiglio, cade di fatto la Repubblica di Venezia, fine formalmente sancita con la sottoscrizione del Trattato di Campoformio24. A seguito della caduta viene ufficializzata la formazione della Municipalità Provvisoria. Il 16 maggio, Bonaparte ed il generale Lallement per la Francia, Francesco Donà, Leonardo Giustiniani e Alvise Mocenigo in rappresentanza di Venezia, firmano un trattato di pace a Milano che idealmente doveva sancire la fraterna amicizia tra la Repubblica francese e la nuova Repubblica democratica di Venezia25. L’art. 5 del suddetto trattato sanciva che26:

La République de Venise remettra enfin aux commissaires à ce destinés vingt tableaux et cinq cents manuscrits aux choix du général en chef.

Pietro Edwards27 fu colui che venne individuato dalla nuova Municipalità per aiutare nelle ricerche i commissari francesi destinati alla scelta, ovvero Barthelemy, Finet e Berthollet28. Un primo invio fu di 470 codici, di cui 202 estratti dalla Marciana, i rimanenti da biblioteche di Venezia, Padova e Treviso. Gaspard Monge29, in una sua lettera inviata al ministro degli Esteri francese riporta quanto segue:

«Mi affretto a trasmettervi l’elenco dei 500 volumi prelevati dalla Biblioteca Marciana, conformemente al trattato sottoscritto a Milano dal generale in capo.

Nelle diverse biblioteche dell’ex Repubblica di Venezia abbiamo trovato solo 241 manoscritti, greci e latini, degni di arricchire la dotazione della Bibliothèque Nationale; ma questi manoscritti sono straordinariamente preziosi per la loro antichità, bellezza e buono stato di conservazione.

24 Il Trattato di Campoformio, stipulato il 17 ottobre 1797, vide la consegna dei territori della Repubblica di Venezia

all’Arciducato d’Austria, che mantenne il controllo sui territori fino al 18 marzo 1805, quando, con il Trattato di Presburgo, li cedette alla Francia.

25 G.SCARABELLO, “La Municipalità democratica” in Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima,

vol. VIII, L’ultima fase della Serenissima, a cura di P. del Negro e P. Preto, Roma: Istituto della Enciclopedia italiana, 1998, p. 274; A.ALBERTI, Pietro Edwards e le opere d'arte tolte da Napoleone a Venezia, “Nuova Antologia”, 328 (1 dicembre 1926), Roma: Casa Editrice d’Arte Bestetti e Tuminelli, p. 3.

26 ALBERTI, Pietro Edwards… op.cit., p. 5.

27 Pietro Edwards (1744-1821) è stato un restauratore italiano che, a seguito della caduta della Serenissima, venne

nominato dalla Municipalità quale direttore dello studio della galleria Farsetti.

28 ALBERTI, Pietro Edwards… op.cit., p. 6.

29 Gaspard Monge (1746-1818) è stato un matematico francese che nel 1796 fu mandato in Italia dal direttorio

dell’Accademia delle Scienze per la requisizione delle opere d'arte che le città italiane erano state costrette a cedere alla Francia.

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Non riuscendo a raggiungere il numero previsto dall’accordo, abbiamo prelevato 120 volumi del XV secolo; di questi, almeno 53 sono prime edizioni.

Abbiamo anche requisito 59 volumi stampati del celebre tipografo Aldo, 6 dei quali sono prime edizioni. […]

All’Institut de Musique abbiamo destinato 50 pubblicazioni di partiture musicali, stampate nel XV e XVI secolo; anche alcune di queste sono prime edizioni.

Infine, quando al termine del lavoro di selezione ci siamo accorti che mancavano ancora 30 volumi per arrivare ai 500 dovutici dal governo veneto, abbiamo prelevato, a mo’ di conguaglio, il famoso ed antico cammeo greco in cui era stata intagliata la figura di Giove egioco»30.

1.2 Le soppressioni napoleoniche

Con il decreto 10 giugno 1806 il viceré Eugenio di Beauharnais applicò all’ex stato Veneto la legge di riduzione delle corporazioni religiose ed il passaggio al demanio delle relative biblioteche, provvedimento che era stato da tempo applicato alle province già parte del Regno. L’obiettivo era di creare una biblioteca imperiale presso la Libreria di Brera a Milano.

La procedura per la costituzione di tale Libreria prevedeva il richiamo dei cataloghi e degli indici degli archivi e delle biblioteche da parte del Direttore Generale del demanio, il quale avrebbe dovuto rimetterli al Direttore Generale della Pubblica Istruzione. Quest’ultimo avrebbe dovuto effettuare una cernita dei titoli ed impartire gli ordini per l’invio di volumi selezionati a Milano31, oltre che ad individuare quei libri ritenuti opportuni a formare una biblioteca destinata a licei e scuole secondarie del Regno. I libri esclusi dalla scelta avrebbero dovuto essere dichiarati di scarto e venduti dal demanio32.

Per quel che riguarda il contesto veneto, questo avrebbe inizialmente comportato la requisizione di una gran quantità di volumi, provenienti da oltre quaranta conventi delle province di Venezia, Padova, Belluno, Udine, Treviso e Vicenza33. Tale invio, tuttavia, oltre a comportare spese non indifferenti per il demanio, avrebbe richiesto una mole enorme di lavoro per via delle operazioni di scarto dei volumi doppi o inutili per la Biblioteca di Milano: ne conseguì un decreto a modifica del precedente con il quale si decise di concentrare a Padova i libri che avrebbero dovuto passare al demanio, in

30 Dalla lettera di Monge al ministro degli Esteri francese, inviata da Passariano il 23 vendemmiaio dell’anno 6 [14 ottobre

1797]; cfr. G.MONGE, Dall'Italia (1796-1798), a cura di S. Cardinali, L. Pepe, Palermo: Sellerio, 1993, pp. 257-258.

31 LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., p. 11. 32 Ibid., p. 7.

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attesa della ripartizione34. Nell’ ex monastero di Sant’Anna i suddetti volumi avrebbero dovuto essere catalogati, selezionati, redistribuiti o venduti35.

A Venezia, prima del trasferimento nei locali di Sant’Anna, i volumi confiscati nel 1806 alle corporazioni dei SS. Giovanni e Paolo, Santo Stefano, San Salvatore e San Francesco della Vigna36 erano stati ammucchiati alla rinfusa in otto stanze nell’ex Monastero dell’Umiltà, vicino alla Salute, malamente riparati dalle intemperie o da possibili trafugamenti. Per evitare che i frati, su esempio dei Domenicani dei SS. Pietro e Paolo, reclamassero il diritto di poter accedere alle biblioteche in quanto non soggette al decreto vicereale, il demanio si affrettò a far trasportare a Padova 555 libri relativamente preziosi conservati a San Francesco della Vigna, lasciando null’altro che opere di scarto «vendibili soltanto a vile prezzo, a peso di carta inferiore, troppo lieve compenso dei libri buoni di cui era composta la libreria di detta comunità»37.

Il 19 novembre 1806 si hanno notizie di un primo invio da Venezia di 4.768 volumi (3.675 da San Giobbe e 1.093 da San Giorgio in Alga), a cui seguì poco dopo un invio di 3.313 libri (di cui 2.194 da San Domenico di Castello)38.

Sappiamo che il 7 marzo 1807 il demanio di Venezia comunicò alla Direzione di Milano la conclusione dell’opera di compilazione del catalogo e l’invio delle rimanenti 57 casse di libri a Padova39; complessivamente Venezia fu privata di 17.363 volumi40.

Giovanni Rossi, delegato alla scelta, nel suo rapporto a conclusione dei lavori indirizzato alla Direzione del demanio dice:

«Credo conveniente premettere che tutte le biblioteche da me visitate in questo Dipartimento soffrirono antecedentemente notabilissimi spogli e che perciò i migliori libri mancano […] in guisa che quanto da me fu rinvenuto, deve considerarsi piuttosto come l’avanzo di dette librerie anziché il primo fiore delle medesime»41.

34 LA CUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., p. 12. 35 PROSDOCIMI, Sulle tracce di antichi inventari… op.cit., p. 54.

36 I locali erano stati requisiti con il decreto vicereale dell’8 novembre 1806. I frati furono costretti a lasciare velocemente

i loro conventi ed a trasferirsi presso altre corporazioni o in piccole parti di conventi non ancora occupate dal Genio Militare; cfr. LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., p. 17.

37 Ibid., pp. 17-18. 38 Ibid., p. 14.

39 Si trattava di 8.782 volumi appartenenti ai conventi di San Giorgio Maggiore, di Sant’ Elena, di San Secondo, dei

Carmini, di San Giacomo della Giudecca e di San Pietro Martire di Murano; cfr. LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., p. 14.

40 Loc. Cit.

41 Memori delle spoliazioni del 1797, i frati, alla notizia del ritorno dei francesi, provvidero a nascondere e/o vendere

quanto di meglio rimaneva nelle biblioteche, collocando negli spazi rimasti vuoti libri di scarto; cfr. LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., pp. 12-14 e TROLESE, La dispersione delle biblioteche monastiche… op. cit., p. 301.

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Il 25 aprile 1810 Napoleone emanò un ulteriore decreto con il quale si dava il colpo di grazia a quasi tutte le corporazioni religiose superstiti e s’imponeva il passaggio dei loro beni alla Cassa di ammortizzazione del Monte Napoleone42.

Con la soppressione dei Domenicani dei SS. Giovanni e Paolo, fu necessario il trasferimento dei libri contenuti all’ex Convento dell’Umiltà per proteggerli dall’umidità e dalle intemperie a cui erano soggetti: vennero quindi trasportati al Monastero della Fava, dove vennero collocati in due stanze a parte.

Il Morelli, contingentemente, propose di separare, in ogni libreria veneziana, i libri da conservare per gli stabilimenti pubblici, ponendoli in stanze a parte del convento o, in alternativa, in qualche armadio chiuso a chiave, e lasciare il resto a disposizione del demanio. L’elenco dei libri scelti e separati sarebbe stato poi celermente comunicato alla Direzione Generale, per provvedere alla loro successiva distribuzione. Il progetto proposto dal direttore marciano venne approvato ed il Morelli, oltre a scegliere i libri da depositare in Marciana, dovette anche provvedere alla messa in disparte dei volumi per la Direzione Generale della Pubblica Istruzione da distribuire a vari istituti43.

Dopo le varie distribuzioni, i volumi rimasti a disposizione della Cassa di ammortizzazione erano circa 73 mila e consistevano principalmente in libri di poca importanza e alcuni volumi di pregio ma doppi. Prima dell’incameramento da parte del demanio, furono da questi sottratti 316 volumi, distribuiti ai seminari di Comacchio, Concordia, Ceneda, Chioggia e Rovigo.

Tutto ciò che passò al demanio fu soggetto ad operazioni di stima e vendita, che durarono fino all’aprile del 181444.

Relativamente a Padova, si sa che nel 1807 giunsero 18 mila volumi, depositati tutti all’ex monastero di Sant’Anna: qui si formò una massa di 96 mila volumi provenienti da 47 monasteri, da cui il Viceré avrebbe dovuto sottrarre i più preziosi per arricchire la Biblioteca di Brera. Tuttavia, il bibliotecario incaricato dal demanio alla sua supervisione, l’abate Daniele Francesconi45, a seguito di esamina li

giudicò «utili ma non rari né preziosi»: ne conseguì che nessuno s’interessò più di tal deposito, tanto meno il demanio, che lo lasciò a disposizione del Direttore Generale della Pubblica Istruzione46. A custodia del deposito furono nominati il Francesconi e, nelle vesti di assistente, prima Mario De’

42 Entrarono nelle mani del demanio ben 14 biblioteche, tra cui quelle dei Filippini alla Fava e dei Francescani Riformati

di San Bonaventura; cfr. LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., p. 21.

43 Ibid., pp. 26-27. 44 Ibid., pp. 28-29.

45 Daniele Francesconi (1761-1835) entrò nel Seminario di Padova nel 1773. Fu ordinato sacerdote nel 1785, dopo una

laurea in utroque jure nel 1782 conseguita presso l’Università di Padova. Nel 1805 venne nominato bibliotecario della Regia Università di Padova. A seguito del periodo milanese (1813-1817) tornò a Padova, dove riottenne il posto di bibliotecario. Ricoprì anche la carica di rettore dell’Università nel 1808, oltre che quella di professore di storia e diplomatica dal 1807.

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Pieri47 e poi Giuseppe Dainese48, il quale rimase unico custode quando, nel 1813, il Francesconi lasciò Padova49.

Quest’ultimo, nel mentre, era stato accusato di aver effettuato distribuzioni arbitrarie di libri a favore dei principali protagonisti del cessato governo napoleonico: ne conseguì una revisione dei libri conservati nel deposito ad opera di una commissione formata dal pro-bibliotecario Federici50, dal sotto-bibliotecario Meneghelli51, dal vice-bibliotecario Litino52 e dal coadiutore Dondi Orologio Amai53. La commissione così costituita riscontrò che 4 mila dei 96 mila volumi totali erano stati a più riprese trasportati alla Biblioteca Universitaria e alla Biblioteca di San Francesco Grande54. Dei restanti 92 mila volumi, 72 mila non erano stati catalogati55 e 1.850 dei rimanenti 20 mila risultavano

mancanti.

Franceschinis56, l’allora rettore dell’Università, riteneva che tale mancanza avrebbe potuto attribuirsi

alle erogazioni elargite ai vari seminari; tuttavia, se anche così non fosse stato, affermava che le chiavi del deposito, a seguito della compilazione dei cataloghi, erano passate per altre mani, per cui il Francesconi non poteva essere ritenuto colpevole. Quest’ultimo, dichiarato innocente, tornò a ricoprire la carica di bibliotecario. Il caso, tuttavia, attirò l’attenzione dell’Imperatore Francesco I d’Austria57, che dal 1814 era tornato ad esercitare il proprio dominio sul territorio veneto. Egli, nel

47 Mario Pieri (1776-1852), spesso definito corcirese in omaggio alla sua natia Corfù, insegnò belle lettere e storia nel

reale liceo di Treviso, motivo per cui abbandonò il ruolo di assistente del Francesconi nel 1808. Fu anche socio dell’Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova ed insegnò storia all’Università patavina.

48 Giuseppe Dainese redasse nel 1815 il Catalogo generale, ossia riunione di tutti gli elenchi di libri scelti dalle

biblioteche delle Corporazioni Regolari concentrate nel già convento di S. Anna di Padova, oggi conservato presso la Biblioteca Universitaria (ms. 2250).

49 LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., p. 30.

50 Fortunato Federici (1778-1842), al secolo Paolo Evangelista, entrò nel convento di Santa Giustina nel 1796; nel 1801

ottenne il primo incarico come aiutante dell’allora abate bibliotecario Liruti. Nel 1803 ottenne la carica di vicebibliotecario, nel 1805 venne nominato coadiutore della Biblioteca dell’Università di Padova, dove nel 1836 succedette all’abate Francesconi nella direzione, impegnandosi nell’opera di riordinamento della stessa.

51 Pierantonio Meneghelli (1749-1819), abate, insegnò belle lettere e storia nel regio liceo di Vicenza dopo aver

abbracciato la carriera ecclesiastica ed essersi dato a studi umanistici che l’hanno portato a compiere viaggi d’istruzione a Firenze, Napoli e Roma. A seguito dell’incarico di lettore a Vicenza tornò nella sua natia Padova, dove già aveva insegnato retorica e logica nel Seminario Vescovile, per assumere il ruolo di vice-bibliotecario e custode del Museo di antichità e numismatica dell’Università. Qui, poco prima di morire, ottenne anche la cattedra di archeologia.

52 Spiridione Litino (anche nelle forme Littino o Littimo), originario di Venezia, svolse le funzioni di vicebibliotecario

interinale presso la biblioteca dell’Università di Padova. In La Cute viene citato come Latino, ma diversi scritti in merito lo individuano con le forme precedentemente indicate.

53 Adriano Dondi Orologio Amai (1752-1834), canonico, studiò con l’abate Giovanni Alberto Colombo, professore in

quegli anni di filosofia ordinaria e fisica sperimentale all’Università di Padova. Per ventinove anni Amai ricoprì la cattedra di logica e nel 1807 entrò nella biblioteca dell’Università, dove svolse le funzioni di coadiutore fino al 1824-25 e di aggiunto fino al 1833-34. Fu inoltre socio dell’Accademia patavina dal 1778.

54 Di questi 4 mila volumi, 790 furono destinati alla Biblioteca Universitaria, i restanti a quella di San Francesco Grande;

cfr. LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., p. 30.

55 I volumi furono considerati di scarto e destinati alla vendita a peso di carta; cfr. TROLESE, La dispersione delle

biblioteche monastiche… op. cit., p. 54.

56 Francesco Maria Franceschinis (1756-1840) fu rettore dell’Università di Padova negli anni 1808-1809 e nel 1814-1816. 57 Francesco Giuseppe Carlo Giovanni d'Asburgo-Lorena (1768-1835) fu imperatore d’Austria e del Regno

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1818, chiese quindi all’Aulica Commissione degli Studi d’indagare sulla faccenda. Il Francesconi, per scagionarsi dalle accuse, inviò al Governo Generale un lungo rapporto in cui indicò le disposizioni di libri catalogati fatte dal precedente regime dal 1809 al 1813, così riassunte58:

- tutte le storie di province, città o altri luoghi di tutta Italia, alla Libreria della Direzione Generale della Pubblica Istruzione di Milano;

- tutti i libri relativi alla musica al Regio Conservatorio di tal nome in Milano;

- tutti i libri di storia naturale (non mancanti alla Libreria della Università di Padova) alla Libreria del Consiglio delle Miniere in Milano;

- le rare e preziose edizioni del Quattrocento vedute dal Regio Bibliotecario di Milano ad essa Regia Biblioteca in Brera;

- tutti i libri di belle arti all'Accademia di tal nome in Venezia;

- dono al Vescovo di Chioggia per la libreria del suo Seminario: libri vari in più casse.

I 72 mila volumi ritenuti di scarto risultavano macchiati, tarlati, guasti o imperfetti, per cui tra questi ne vennero estratti solo 20 mila ad opera dell’allora conservatore Giuseppe Gnocchi59, destinati a

seminari e stabilimenti di pubblica istruzione. I restanti volumi rimasero a Sant’Anna, per la maggior parte ritenuti guasti60.

Dovendo il deposito essere adibito a Casa di Ricovero, fu necessario dare definitiva destinazione ai libri rimasti, sgomberando così i locali di Sant’Anna61. Si stabilì quindi di vendere quanto prima i libri ritenuti di scarto e trasportare i restanti in maniera provvisoria nel Convento di San Francesco Grande, assieme ai libri della Biblioteca Carmeli62. Tra quelli qui trasportati, solo 20 mila corrispondevano a quelli scelti dall’abate Gnocchi63; 8 mila furono inviati al Seminario Patriarcale di Venezia ed i restanti alla Pubblica Biblioteca di Padova.

Nel 1841 venne decretato lo sgombero dei locali di San Francesco Grande: la Biblioteca Carmeli venne trasportata all’Universitaria mentre i restanti volumi vennero distribuiti fra i seminari di Chioggia, Feltre, Concordia, Ceneda, Belluno, Treviso e Venezia. Teoricamente, i volumi da distribuire ai seminari dovevano essere 20 mila, ma, all’atto pratico, risultarono essere 12 mila: di

fu nominato Francesco I d’Austria; tuttavia, per distinguerlo dal nonno Francesco I di Lorena, spesso viene chiamato Francesco II.

58 LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., pp. 30-31.

59 Giuseppe Antonio Gnocchi (1774-1841), abate di origini cremonesi, soggiornò a Venezia, Monselice e Rovigo. Ex

padre somasco, nel 1831 assunse il ruolo di bibliotecario presso la biblioteca dell’Accademia dei Concordi, che diresse dal 1836 al 1841 e alla quale lasciò, in cambio di un vitalizio, la sua rinomata collezione di oltre seimila volumi, che costituiscono ora un fondo che porta il suo nome.

È possibile trovare riferimenti al Gnocchi anche sotto la forma Gnocco, come risulta sul certificato di nascita, o Gnochi, come si firmava solitamente.

60 LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., pp. 30-31. 61 Ibid., p. 33.

62 Così chiamata dal fondo principale della Biblioteca, lasciato dal padre Carmeli; cfr. Loc. cit. 63 Ibid., p. 34.

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tale mancanza venne accusato l’allora bibliotecario dell’Universitaria, Petrettini64. I restanti 8 mila volumi rimasero abbandonati a San Francesco Grande fino al 1861, quando vennero messi a disposizione del Vescovo di Padova per distribuirli fra conventi ed istituti religiosi. I volumi a disposizione divennero quindi 9 mila. Di questi, il Ginnasio65 ne scelse 792; gli altri, nel 1862, furono trasportati presso il Seminario di Padova affinché fossero distribuiti. L’ultima distribuzione risale al 1865.

Alla fine risulta che andarono dispersi 96 mila volumi provenienti da 47 biblioteche monastiche del Veneto66.

1.3 Le soppressioni postunitarie

Con l’Unità d’Italia un’ulteriore ondata soppressiva colpì i monasteri non intaccati precedentemente o che erano stati nel mentre ripristinati.

Nel 1866, per sopperire al grave deficit economico in cui il neo-costituito Regno d’Italia si trovava a causa della terza guerra d’indipendenza intrapresa contro l’Austria, venne proclamata la legge di soppressione degli ordini e delle corporazioni religiose67. A questa ne seguirono altre: le cosiddette

‘leggi eversive’ tolsero il riconoscimento di ente morale a tutti gli ordini, corporazioni e alle congregazioni di carattere ecclesiastico, sicché tutti i fabbricati conventuali furono incamerati e privatizzati dal demanio mentre il patrimonio archivistico e librario fu destinato a musei e biblioteche pubbliche68.

La legislazione eversiva risorgimentale privilegiò la ridistribuzione dei volumi confiscati dai conventi verso enti dediti all’istruzione pubblica, mentre le biblioteche comunali destinate alla pubblica lettura furono oggetto della distribuzione solo in un secondo momento69.

L’art. 24 del regio decreto 3036/1866 affermava difatti che:

64 Giovanni Petrettini (1793-1845) venne nominato direttore della Biblioteca Universitaria nel 1842 e nel 1845 fu accusato

e riconosciuto colpevole d’abuso della potestà d’ufficio e condannato al carcere per via d’appropriamenti indebiti di libri ed arredi della biblioteca.

65 Si tratta del Regio Ginnasio di Santo Stefano di Padova, l’attuale Liceo Tito Livio (per la bibliografia si veda p. 57

della presente tesi, note 252 e 253).

66 LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., pp. 33-34.

67 P.PICARDI, Voce “Soppressioni – Beni culturali e la Chiesa in Italia”, Dizionario Storico Tematico La Chiesa in

Italia, vol. II, http://www.storiadellachiesa.it/glossary/soppressioni-beni-culturali-e-la-chiesa-in-italia/; vedasi il D. Lgs. 7 luglio 1866, n. 3036, sulla soppressione delle corporazioni religiose in tutto il regno; cfr. V.DELGIUDICE, Codice delle leggi ecclesiastiche, Milano: Giuffrè Editore, 1952, pp. 16-25.

68 BOAGA, Voce “Soppressioni e la Chiesa in Italia”… op.cit., Vol. II,

http://www.storiadellachiesa.it/glossary/soppressioni-e-la-chiesa-in-italia-2/; G. MARTINA, “Gli istituti religiosi in Italia intorno al 1870”, in Chiesa e religiosità in Italia dopo l’Unità (1861-1878). Relazioni, I, Atti del quarto Convegno della Chiesa, La Mendola 31 agosto - 5 settembre 1971, Milano: Vita e pensiero, 1973, pp. 223-224.

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“I libri e manoscritti, i documenti scientifici, gli archivi […] che si troveranno negli edifici appartenenti alle case religiose e agli altri enti morali colpiti da questa o da precedenti leggi di soppressione, si devolveranno a pubbliche biblioteche od a musei nelle rispettive province […]70”.

A Padova la vicenda coinvolse l’Abbazia di Praglia71 e si tradusse in una disputa su chi, tra la

Biblioteca Universitaria e la Biblioteca Civica, fosse la destinataria dei fondi librari del monastero, contesa che si risolse con un’equa spartizione dei volumi72.

Dalla definitiva spoliazione delle biblioteche monastiche si salvarono solo alcuni istituti specificatamente indicati all’art. 33 della precedente legge in quanto ‘[…] distinti per la monumentale importanza […]’73. Il regio decreto 917/1882 ampliò quelli che erano gli edifici ritenuti d’importanza

monumentale, andando a comprendere quindi anche l’ex convento dei Benedettini di Praglia74. Solo

nel 1947 fu aggiunta anche Santa Giustina di Padova75.

1.4 La Biblioteca del Seminario di Padova

Con le soppressioni religiose del 1806 e del 1810, moltissimi volumi appartenuti alle corporazioni religiose furono messi all’asta dal demanio. Giuseppe Valentinelli76, direttore della Biblioteca del

Seminario dal 1837 al 1841, ci informa in un suo scritto di come don Andrea Coi77, alla vendita delle opere conseguente la dissoluzione delle biblioteche degli ordini regolari, abbia approfittato dell’occasione per acquistare molti dei volumi messi all’asta78. Lo stesso Coi, in un suo taccuino di

spesa del 1812, riporta la seguente voce: ‘Per l’acquisto di sacchi trentasei di libri […] s’è consegnato

70 Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, XV, Dalla Stamperia reale, 1866, pp. 1026-1027; DEL

GIUDICE, Codice delle leggi…op.cit., p. 21.

71 TROLESE, La dispersione delle biblioteche monastiche… op. cit., pp. 305-306. 72 Ibid., p. 307.

73 Furono le Badie di Montecassino, la Cava dei Tirreni, San Martino della Scala, di Monreale e della Certosa di Pavia;

cfr. Raccolta ufficiale delle leggi… op.cit., pp. 1031-1032; DELGIUDICE, Codice delle leggi… op.cit., p. 24.

74 Si tratta del ‘Regio Decreto 5 luglio 1882, n. 917. Modificazione di alcune norme per l’applicazione della L. 7 luglio

1866, n. 3036, e della L. 19 giugno 1873, n. 1402’; cfr. DELGIUDICE, Codice delle leggi… op.cit., p. 177.

75 TROLESE, La dispersione delle biblioteche monastiche… op. cit., p. 311.

76 Giuseppe Valentinelli (1805-1874) fu successore del Coi per volere del vescovo Modesto Farina, divenendo poi

vicebibliotecario (1842) e prefetto della Biblioteca Marciana (1845).

77 Andrea Coi (1766-1836) è stato bibliotecario e direttore della Biblioteca Vescovile del Seminario dal 1810 fino alla

morte.

78 G.VALENTINELLI, Della Biblioteca del Seminario di Padova, Venezia: Tipografia di Teresa Gattei, 1849, pp.

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al Sig.r Antonio Zannata di Pad.a la somma di lire 780’79. Sempre allo stesso anno viene riportata la

nota: ‘Per il trasporto di molti dei d.ti libri da Venezia ec. L. 64’80.

Nel 1862 abbiamo notizia di un altro consistente arrivo proveniente dalle corporazioni soppresse: si tratta di circa 8 mila libri, provenienti dall’ex convento di San Francesco Grande. Di questi 8 mila volumi il Seminario, in quanto biblioteca aperta al pubblico ed annessa ad un istituto d’istruzione, ebbe circa 2 mila volumi. I rimanenti 6 mila furono distribuiti tra alcune corporazioni religiose, ovvero i Camaldolesi di Monte Rua, i Benedettini di Praglia, i Cappuccini di Padova, i Minori Osservanti di Monselice e Barbarano, i Carmelitani Scalzi di Verona e le Case dei Gesuiti di Padova, Venezia, Vicenza e Chioggia81.

Don Vincenzo Argenti82, in una lettera al vescovo di Padova Manfredini83, dà notizia di quest’ultime distribuzioni84.

Oltre alle due precedenti modalità, i libri sono giunti nella Biblioteca del Seminario patavino attraverso alcune donazioni avvenute tra Ottocento e Novecento.

79 Nel Registro di spesa il Coi afferma di aver comprato con questi 36 sacchi “tutte le opere di Sant’Agostino, la prima

edizione dell’Epistole di S. Girolamo, la Storia ecclesiastica del Racine, le opere del Calmet, il Bollario in 11 volumi in foglio ec. ec.”: opere citate dallo stesso Valentinelli nel riferirsi all’accaduto; cfr. Archivio del Seminario Vescovile di Padova, Biblioteca del Seminario Vescovile, Registri di Amministrazione, Registro delle spese incontrate dalla biblioteca del Seminario di Padova fin dall’anno MDCCCV, scatola 202, reg. 3, p. 7; VALENTINELLI, Della Biblioteca… op.cit., pp. 12-13.

80 Archivio del Seminario Vescovile di Padova, Biblioteca del Seminario Vescovile, Registri di Amministrazione… op.cit.,

scatola 202, reg. 2, p. 5.

81 Si tratta, nello specifico, di 5.463 volumi, il cui elenco è conservato presso l’Archivio del Seminario, così come per

ogni corporazione religiosa destinataria è riportato un elenco con i volumi ricevuti. In quasi ogni elenco è indicato il numero complessivo di volumi ricevuti, il nome del frate del cenobio che ha certificato la ricezione dei libri, la carica da questi ricoperta, il luogo e la data di ricezione, oltre a chi ha elargito i suddetti volumi, ovvero il bibliotecario Vincenzo Argenti a nome del Vescovo Manfredini; cfr. Archivio del Seminario Vescovile, Sala consultazione archivio, Biblioteca del Seminario, Elenchi di libri (ca. 1850-1920), faldone 2 e 3.

82 Vincenzo Argenti (1811-1876) fu bibliotecario della Biblioteca Vescovile dal 1862 sino alla morte. 83 Federico Manfredini (1792-1882) fu nominato vescovo di Padova nel 1857.

84 Nella nota a piè di pagina La Cute riporta: “Lettera del bibliotecario del seminario di Padova, Vincenzo Argenti, al suo

vescovo in cui si dà notizia delle ultime distribuzione. Agosto 1865, Pd, Archivio del Seminario”. Nonostante vari tentativi non è stato possibile rintracciare il carteggio in questione nell’Archivio del Seminario; cfr. LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op.cit., p. 34.

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2. LE CORPORAZIONI RELIGIOSE: PROFILO STORICO

Nel seguente capitolo verranno riportate le principali notizie storiche per ognuna delle cinquanta provenienze claustrali esaminate, al fine di delinearne un quadro storico generale85.

Le corporazioni religiose sono organizzate alfabeticamente per ordine di appartenenza, provincia, comune di ubicazione e denominazione del cenobio.

Per ognuno di quest’ultimi si fa riferimento all’ordine religioso indicato nella nota di provenienza.

AGOSTINIANI

EREMITANI DI SANT'AGOSTINO Padova, Eremitani

Secondo il frate agostiniano Angelo Portenari, una chiesetta degli Eremitani, dedicata ai Santi Filippo e Giacomo, esisteva già nel 1237 ma è solo a partire dalla seconda metà del XIII secolo che si hanno notizie di tali frati Agostiniani nel territorio patavino86. Vent’anni dopo tale data, donna

Maria Dalesmanini, vedova di Giovanni dell’Arena, avrebbe donato ai frati un appezzamento di terreno, su cui poi avrebbero edificato convento e chiesa, completata dopo il 1306 da fra’ Giovanni degli Eremitani.

Nel 1363 lo studio teologico del convento venne integrato nell’Università patavina e la documentazione fornita da alcuni codici trascritti nel convento provano l’esistenza di uno scriptorium al suo interno. È presumibile che all’interno del cenobio si effettuassero anche attività di legatoria e restauro.

Il complesso ospitava una biblioteca, descritta da Michele Savonarola nel suo Libellus de magnificis

ornamentis regie civitatis Padue come un locum gloriosum amplissimo, con finestre e lucidi

ornamenti, contenente libri di retorica, grammatica, logica, filosofia, meccanica, teologia, storia sacra; tra questi vi erano ben quattrocento preziosi manoscritti. Lo stesso Portinari riporta che nel corso del Cinquecento la biblioteca fu oggetto di importanti rifacimenti e nel 1623 furono aggiunte nuove finestre e arredi87.

Il convento venne soppresso nel 1806.

85 Complessivamente sono riportate le informazioni essenziali fino alla soppressione e all’eventuale riapertura, oltre che

le notizie ritenute utili ai fini della presente trattazione.

86 S.BETTINI,L.PUPPI, La chiesa degli Eremitani di Padova, Vicenza: Neri Pozza Editore, 1970, p. 56. 87 PROSDOCIMI, Sulle tracce di antichi inventari… op.cit., pp. 53-70.

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BENEDETTINI

Padova, Abbazia di Santa Giustina

La testimonianza più antica dell’esistenza di un gruppo di Benedettini in territorio patavino risale al 971 d.C., insediati dal vescovo Gauslino allo scopo di ripristinare il culto e l’assistenza ai poveri e ai pellegrini. Nel XIV secolo, a causa di un periodo di decadenza, il monastero venne affidato in commenda88: la situazione si risolse con la nomina ad abate, nel 1408, del veneziano Ludovico Barbo, che diede avvio ad un grande periodo di rinascita e rinnovamento. Nel 1606, a seguito di lavori di restauro avviati il secolo precedente, fu inaugurata l’attuale basilica89.

L’esistenza della biblioteca è quasi certamente coeva a quella del monastero; nel XV secolo si arricchì di centinaia di libri corali e se nel 1463 si contavano più di 1.337 volumi, agli inizi del ‘600 si raggiunsero gli 80.000, grazie anche agli stretti legami con lo Studio Patavino90.

Il convento fu soppresso nel 1810, dopo aver ospitato nel 1806 i confratelli veneziani di San Giorgio Maggiore ed i vicentini di SS. Felice e Fortunato91, ed adibito poi ad ospedale militare e caserma.

Nel 1919 un gruppo di monaci di Praglia vi fece ritorno e poco dopo venne nominato come amministratore provvisorio della riaperta abbazia l’abate di Praglia. Dal 1942 Santa Giustina è comunità monastica autonoma nell’ambito della Congregazione Sublacense ed attualmente è monumento nazionale92.

Padova, Teolo, Abbazia di Praglia

L’abbazia sorse tra la fine del secolo XI e l’inizio del XII, sulle pendici settentrionali dei Colli Euganei, e fu patrocinata dalla potente famiglia vicentina dei conti Maltraversi di Montebello. L’attestazione più antica al cenobio di Praglia risale ad un atto di vendita del 1117, in cui l’abbas de

Pradalla è nominata tra i confinanti di un pezzo di terra93. Nel 1122, a seguito di una bolla papale di Callisto II, è posta sotto la diretta autorità pontificia e due anni dopo la comunità pragliese fu affidata al monastero di San Benedetto di Polirone, importante centro di osservanza cluniacense vicino a Mantova. Tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento anche il monastero benedettino fu soggetto alla pratica della commenda e solo verso la metà del XV secolo Praglia risollevò le proprie

88 Beneficio ecclesiastico vacante "affidato" in custodia al titolare di un beneficio contiguo o a un laico; cfr. P.

FRACCARO, A. C. JEMOLO, G. ERMINI, Voce “Commenda”, Enciclopedia Treccani (1931), http://www.treccani.it/enciclopedia/commenda_%28Enciclopedia-Italiana%29/

89 Monasticon Italiae, IV, Tre Venezie, fascicolo I, Diocesi di Padova, a cura di Giannino Carraro, Cesena: Badia di Santa

Maria del Monte, 2001, p. 69.

90 http://www.bibliotecasantagiustina.it/storia.html

91 Come si apprende dalla tabella di riunione dei conventi; cfr. Bollettino delle leggi del Regno d’Italia - Parte II: Dal 1

maggio al 31 agosto 1806, coll’aggiunta dei decreti pubblicati negli Stati Veneti avanti la loro unione al Regno. N. 11 al N. 28, Milano: Dalla Reale Stamperia, 1806, p. 814.

92 Monasticon Italiae, IV, tre Venezie… op.cit., p. 69. 93 Ibid., p. 81.

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sorti aderendo alla Congregazione dell’Osservanza di Santa Giustina di Padova. Nel 1460 prese avvio un progetto di ristrutturazione e ampliamento, che portò alla demolizione del complesso medievale. La nuova chiesa venne completata nel 1548.

Nel 1797 accolse alcuni confratelli espulsi dai monasteri requisiti dalle truppe francesi e, grazie alla loro collaborazione, avviarono un collegio pre-universitario per giovani nobili veneti ed una scuola gratuita per i contadini.

Nel 1806, a seguito della campagna di soppressione degli Istituti religiosi, Praglia si ritrovò privata del patrimonio fondiario, librario e archivistico; tuttavia i monaci resistettero e rimasero nel cenobio benedettino94, ospitando, inoltre, i confratelli di Santa Maria di Treviso e di Sant’Ermagora di

Bassano95. Nel 1810 non sfuggirono invece alla soppressione generale degli ordini e tre anni dopo l’ultimo monaco lasciò il complesso. Nel 1834 i monaci poterono tornare a Praglia favoriti dal governo austriaco e fu l’unico monastero cassinese sopravvissuto nel Lombardo Veneto.

Nel 1867 fu nuovamente chiuso dalla legislazione sabauda e la maggior parte della comunità si trasferì presso il monastero istriano di Daila. Dopo varie vicissitudini, i monaci riuscirono ad acquistare all’asta parte del complesso e nel 1904 i Benedettini rientrarono nel loro cenobio. Nel 1919 e nel 1957 si mossero da qui due gruppi di monaci che andarono a ripristinare Santa Giustina di Padova e San Giorgio di Venezia96.

È monumento nazionale ed attualmente conta una quarantina di monaci97.

CARMELITANI CARMELITANI SCALZI

Brescia, Convento di San Pietro in Oliveto

Nel 1661, ai primitivi Carmelitani Calzati del convento del Carmine si aggiunsero i Carmelitani Scalzi della riforma teresiana, che ebbero dimora per otto anni, dal 1661 al 1669, nel piccolo convento di San Antonino, fondato in periferia dai Terziari Francescani Regolari sotto il titolo di Sant’Antonio di Padova98. Rimasto tuttavia vacante il convento di San Pietro in Oliveto, guidato

prima dai Canonici Regolari di Sant’Agostino e poi dai Canonici Regolari di San Giorgio in Alga di

94 F.P.VETTORE,M.MACCARINELLI, Abbazia di Praglia. Itinerario attraverso i chiostri, Teolo: Edizioni Scritti

Monastici, Abbazia di Praglia, 2014, pp. 11-13.

95 Come si apprende dalla tabella di riunione dei conventi; cfr. Bollettino delle leggi del Regno d’Italia, … op. cit., p. 814. 96 VETTORE,MACCARINELLI, Abbazia di Praglia… op.cit., pp. 11-13.

97 Monasticon Italiae, IV, tre Venezie… op.cit., p. 82.

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Venezia, soppressi nel 166899, fu acquistato dai Carmelitani Scalzi all’asta dalla Repubblica di Venezia ed in seguito occupato. Nel 1797 tutte le case religiose bresciane, nel contesto della relativa rivoluzione100, vennero soppresse ed i beni incamerati. Nel 1868 i frati riacquistarono il loro convento di San Pietro, che per cinquant’anni era stato sede del Seminario diocesano, e lo occuparono nel 1872 con una piccola comunità, accogliendovi anche l’Ospizio dei Cappuccini, che ancora non avevano una casa in città101.

Ferrara, Convento di San Girolamo

La chiesa ed il convento di San Girolamo furono eretti nel 1703 per volere dei Padri Carmelitani Scalzi, che ancora oggi officiano la chiesa. Nel luogo in cui ora sorge il convento venne costruito nel 1378 un oratorio per volere dell’Ordine dei Gesuati, trasformato in chiesa e convento dal gesuato Giovanni Tavelli da Tossignano, poi vescovo di Ferrara. Nel 1671 tale ordine venne soppresso e papa Clemente IX donò il complesso ai Padri Carmelitani Scalzi di Santa Teresa. La chiesa dei Gesuati, eretta nel 1428, fu distrutta a seguito della soppressione dell’ordine; il progetto della nuova chiesa venne affidato a Giulio Panizza, che collocò l’edificio tra via Savonarola e Pergolato. La chiesa venne completata nel 1712 e, dopo la sua consacrazione, divenne sede delle spoglie del Tavelli.

Il convento fu investito sia dalle soppressioni napoleoniche che da quelle del Regno d’Italia102.

Padova, Convento di San Girolamo

Il convento venne fondato nel 1669, a seguito dell’acquisto, da parte dei frati, del monastero soppresso degli Eremiti di San Girolamo da Fiesole, in contrada dell’Arzere. Il complesso fu oggetto di diversi restauri e ampliamenti, volti a definire, tra le altre cose, uno spazio dedicato alla biblioteca. I suddetti lavori furono affidati all’architetto Giuseppe Pozzo.

Il catalogo manoscritto della biblioteca contava, all’epoca della redazione (1742), 3.852 volumi e 13 manoscritti; attualmente è conservato presso la Biblioteca del Seminario di Padova.

Fu soppresso nel 1806103 ed i frati furono riuniti, assieme ai confratelli trevigiani, nel complesso vicentino di San Girolamo104.

99 https://www.carmeloveneto.it/joomla/brescia

100 Si tratta della rivoluzione sviluppatasi in contesto bresciano nel 1797, ad eco della più nota francese. Portò, a seguito

all’occupazione militare francese della città veneziana, alla formazione della Repubblica bresciana, che il 21 novembre dello stesso anno confluì nella Repubblica Cisalpina.

101 GUERRINI, Memorie storiche… op.cit., pp. 77-79.

102 http://www.carmelovocazioni.altervista.org/dovesiamo.html

103 http://marciana.venezia.sbn.it/immagini-possessori/1094-biblioteca-dei-carmelitani-scalzi

104 Come si apprende dalla tabella di riunione dei conventi; cfr. Bollettino delle leggi del Regno d’Italia, … op. cit., p.

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Treviso, Convento di Santa Maria Mater Domini de Fossis e San Girolamo

I Carmelitani Scalzi si stabilirono nel convento inizialmente occupato dai Chierici Apostolici di San Girolamo nel 1681. Il cenobio, situato lungo il lato nord di borgo Cavour, si vide svuotato negli anni 1810-1834 per via delle vicende napoleoniche. In questo periodo l’edificio fu utilizzato come caserma dei coscritti del Regno d’Italia e come ospedale militare105.

I frati furono nuovamente allontanati coercitivamente dal convento nel 1868 da parte della polizia italiana106.

Nel 1874 divenne sede dell’attuale Biblioteca Comunale107.

Venezia, Convento di San Giorgio in Alga

Un monastero è presente sull’isola già attorno all’anno Mille, per opera di un gruppo di Benedettini, che nel 1350 furono sostituiti dai monaci Agostiniani, alla guida del convento fino alla fine del XIV secolo. Nel 1404 giunse una congregazione di Canonici Regolari, che vi rimase fino al 1668, anno della soppressione; ad essi subentrarono prima i Minimi di San Francesco di Paola ed in seguito i Carmelitani Scalzi, che vi apportarono sostanziali restauri.

Nel 1717 il complesso venne quasi totalmente distrutto da un grande incendio, perdendo la ricchissima biblioteca e alcuni importanti quadri. I frati si trasferirono quindi a Santa Maria di Nazareth, portando con sé i pochi beni sopravvissuti all’incendio. Nel 1799 il convento venne utilizzato come carcere politico e, con la soppressione del 1806, come deposito per le polveri108. Si ha notizia di come, nel contesto della formazione della libreria milanese di Brera, 1.093 volumi della biblioteca del complesso furono trasferiti a Padova e da lì ridistribuiti fra varie biblioteche109.

Vicenza, Convento di San Girolamo

I Padri Carmelitani Scalzi entrarono in possesso del convento di San Girolamo nel 1669, dopo averlo comprato all’asta in seguito alla soppressione dell’ordine dei precedenti occupanti, i Gesuati. Ben presto avviarono i lavori di costruzione della nuova chiesa, terminati nel 1727, e consacrata ai Santi Girolamo e Teresa110.

105 NETTO, Guida di Treviso… op.cit., pp. 498-499. 106 Ibid., pp. 126-499.

107 Ibid., p. 129.

108 http://www2.comune.venezia.it/isole/mostra/alga.asp?ipo=&C=&Nuovo=1 109 LACUTE, Le vicende delle biblioteche monastiche… op. cit., p. 14.

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Con la prima ondata di soppressioni, ospitò i confratelli patavini e trevigiani di San Girolamo111, fino a che il convento stesso non fu soppresso nel 1810 ed adibito a fabbrica di tabacchi112.

CHIERICI REGOLARI TEATINI

Padova, Convento dei Santi Simone e Giuda113

In via Altinate sorge la chiesa dedicata ai Santi Simone (Cananeo) e Giuda (Taddeo), oggi conosciuta anche come San Gaetano, in onore del fondatore dell’ordine dei Teatini, S. Gaetano Thiene.

In età medievale era conosciuta con il nome di San Francesco Piccolo ed inizialmente retta dai padri Umiliati, ma nel 1573, a seguito della soppressione dell’ordine due anni prima, subentrarono i Teatini, che ristrutturarono pesantemente convento e chiesa sulla base dei progetti di Vincenzo Scamozzi negli anni 1582-1693. La chiesa venne completata già nel 1585 e consacrata nel 1588 dal vescovo di Urbino Antonio Giannotti.

Al primo piano del complesso era presente una libreria, la cui costruzione venne finanziata dal marchese Lodovico de’ Dottori.

Il convento venne soppresso nel 1810 e nel 1874 divenne di proprietà del Comune di Padova, che utilizzò il complesso come Palazzo di Giustizia. Attualmente il convento è sede del Centro Culturale San Gaetano.

CONFRATERNITA DEL SS. SACRAMENTO

Vicenza, Grumolo Pedemonte, Chiesa di Santa Maria Maddalena

La chiesa parrocchiale di Grumolo Pedemonte è stata, fino al 1629, quella di San Biagio. In seguito, a causa della capienza insufficiente e del luogo poco accessibile su cui l’edificio era stato eretto, i cittadini richiesero lo spostamento della parrocchia nella chiesa di Santa Maria Maddalena, al tempo oratorio privato della nobile famiglia vicentina dei Mainenti. La chiesa di Santa Maria Maddalena fu costruita nel 1442 da Niccolò Mainenti, a proprie spese, su di un terreno di sua proprietà.114 Al tempo, tuttavia, non conservava ancora il battistero per la celebrazione dei sacramenti,

111 Come si apprende dalla tabella di riunione dei conventi; cfr. Bollettino delle leggi del Regno d’Italia, … op. cit., p.

820.

112 http://www.sanmarcovicenza.it/index.php/Storia_della_chiesa_di_San_Girolamo_degli_Scalzi 113 R.CONTE, La chiesa e il convento di San Gaetano a Padova, Padova: Poligrafo, 2009.

114 N.LEONARDI,G.THIELLA, Grumolo Pedemonte. Storia di una comunità civile e religiosa, Conselve: Sunam, 1984,

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