4. Gli strumenti informali di riammissione
4.1 Esempi pratici di accordi informali conclus
Un’applicazione pratica di questa informalità, che ha creato non pochi problemi di interpretazione è il Joint way forward on
migration issues with Afghanistan232. Tale documento non viene
considerato un vero e proprio accordo formale di riammissione, pertanto, come puntualmente specificato nelle premesse del testo, “il JWF non intende creare diritti o obblighi giuridici in
base al diritto internazionale. Esso apre la strada a un dialogo e a una cooperazione strutturati sui temi della migrazione, basati sull'impegno di individuare modi efficaci per rispondere alle esigenze di entrambe le parti. Esso sostiene le relazioni bilaterali degli Stati membri dell'UE con l'Afghanistan e non può essere interpretato come un superamento dell'attuale o un ostacolo alla conclusione di futuri accordi bilaterali tra gli Stati membri dell'UE e l'Afghanistan”. Nel merito ha commentato anche la
Commissione Giustizia e Affari interni, la quale ha specificato che, in questo accordo “non si applicano le procedure per la
conclusione di accordi internazionali di cui all'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea che prevedono un coinvolgimento formale del Parlamento. Tuttavia, il
232 Joint Way Forward on migration issues between Afghanistan and
Parlamento ha il diritto di avvalersi dei suoi poteri di bilancio e di controllo in caso di disaccordo con l'approccio.”233
Nonostante la retorica di solidarietà della Joint Way Forward, il documento intende esercitare pressioni sull'Afghanistan affinché accetti un gran numero di rimpatriati. A confermarlo è un documento del Consiglio dell’Unione Europea dove si riconosce che “l'Afghanistan sta peggiorando la situazione di
sicurezza e le minacce a cui sono esposte le persone nonché la probabilità che i livelli record di attacchi terroristici e vittime civili” 234.
Sul punto non ha mancato di commentare anche Amnesty International, la quale in un Report235 ha specificato che secondo
dati ufficiali dell’Unione Europea, tra il 2015 e il 2016 il numero degli afgani rimpatriati dagli Stati membri è quasi triplicato: da 3.290 a 9.460. Questo aumento corrisponde a un marcato calo delle domande d’asilo accolte: dal 68% del settembre 2015 al 33% del dicembre 2016. Soprattutto il report ha voluto mettere in risalto come l’Afghanistan sia un paese non sicuro e che l’accordo siglato non tenesse abbastanza conto degli standard bassissimi di garanzia dei diritti umani in Afghanistan.
233 LIBE, Newsletter n. 27 del 8.06.2017 Comprehensive assessment
of EU security policy.
234 ST 13098 2017 Afghanistan - Conclusioni del Consiglio del 16
ottobre 2017 e Risoluzione del Parlamento europeo del 14 dicembre 2017 sulla situazione in Afghanistan (2017/2932 - RSP).
235 Amnesty International, Forced Back to danger: Asylum Seekers
Per quanto riguarda l’Italia, invece, verrà esaminata una recente intesa informale, quella che riguarda l’Italia e il Sudan236.
È importante soffermarsi sulla presenta diverse violazioni per quanto riguarda la protezione dei diritti umani.
Sul tema è chiarificatore uno studio svolto dagli Studenti della Human Rights and Migration Law Clinic, organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Universitá di Torino in collaborazione con l’Università del Piemonte Orientale e con International University College237.
Ad esempio, nelle premesse a questo accordo vi è un grande assente, il richiamo al principio di non-refluement.
Il Memorandum contiene varie disposizioni che sottolineano l’importanza del rispetto dei diritti umani e del rispetto del diritto internazionale applicabile, compreso il rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951, tuttavia, in nessun articolo del Memorandum vi è un riferimento diretto ed espresso al rispetto del principio di non-refoulement.
In più, lo studio si è soffermato su un gruppo di sudanesi rimpatriati dalla polizia italiana sulla base dell’articolo 9 del Memorandum, i quali possono essere considerati vittime di espulsione collettiva. Questa pratica è esplicitamente vietata dall’articolo 4, Protocollo 4 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, in particolare, i trattati internazionale inerenti
236 Memorandum di intesa tra Italia e Sudan, siglato a Roma il 3 agosto
2016.
237 Human rights and migration law clinic of Turin Memorandum of
ai diritti dell’uomo, la CEDU e i suoi protocolli impongono talune limitazioni alla libertà sovrana di un paese di rimuovere un cittadino straniero dal suo territorio.
Anche l’articolo 14 del Protocollo d’Intesa238, e le procedure
che essa stabilisce, rappresentano una prova indiscutibile di
238 Art 14: Procedure di rimpatrio nei casi di necessità e urgenza :1.
Qualora le Parti riconoscano, di comune accordo, l'esistenza di casi di necessità e d'urgenza, le procedure per stabilire l'identità delle persone da rimpatriare possono essere eseguite in territorio sudanese, in conformità dei rispettivi ordinamenti e legislazioni nazionali e degli obblighi internazionali assunti da entrambi gli Stati, nonché, per l'Italia, di quelli derivanti dall'appartenenza all'Unione Africana 2. In tali casi, le Parti concordano tempi e modalità di trasporto, nonché le garanzie per il ritorno nel territorio italiano di coloro i quali non risultino essere cittadini sudanesi, nel rispetto delle seguenti condizioni: a) Le suddette procedure sono seguite esclusivamente nei casi di necessità ed urgenza, che sono valutati, previo comune accordo, dalla Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del Dipartimento della Pubblica Sicurezza e dalle competenti autorità sudanesi. b) Il vettore aereo che trasporta le persone da rimpatriare non lascerà il territorio sudanese fino a quando non siano Stati eseguiti i dovuti controlli da parte delle competenti autorità sudanesi, in modo che coloro i quali non risultano essere cittadini sudanesi possano essere ricondotti in Italia dallo stesso. vettore aereo. Se, per motivi contingenti, non è possibile seguire tale procedura, la Parte italiana garantisce il ritorno sul proprio territorio, senza alcun indugio, a bordo del primo volo disponibile, delle persone che non risultano essere cittadini sudanesi. c) La presenza di personale di sicurezza a bordo del vettore aereo che trasporta le persone da
un’altra grave infrazione, in quanto prevede l’esternalizzazione dell’identificazione dei migranti, che è contro i diritti umani e non dovrebbe essere inclusa negli accordi bilaterali firmati dagli Stati membri dell’UE con i Paesi terzi.
“In primo luogo, tali procedure costituiscono una violazione delle garanzie previste dall'articolo 33 della Convenzione di Ginevra e dall'articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (CEDU). Entrambi i meccanismi mancano di un efficace meccanismo di identificazione in grado di valutare adeguatamente il rischio di respingimento nel rimpatrio dei migranti sudanesi. Le suddette procedure di identificazione e rimpatrio non sono conformi agli obblighi internazionali e al diritto dei diritti umani” ed inoltre “In secondo luogo, le procedure di cui agli articoli 9 e 14 non rispettano le garanzie e le garanzie previste dal diritto europeo (disposizioni e obblighi vincolanti per l'Italia). In particolare, le procedure di MoU violano le norme specifiche stabilite nella direttiva di
rimpatriare sarà assicurata o dalla Parte italiana o dalla Parte sudanese, secondo modalità da stabilire caso per caso.
procedura239 , nella direttiva sulle qualifiche240 e nella direttiva sui rimpatri241.”242
Ma soprattutto, un aspetto controverso e difficile da determinare di questo Memorandum ad intesa, è la sua natura.
La natura di questa intesa sembra nascosta dietro la designazione formale: il memorandum d'intesa ha la forma di un atto di cooperazione di polizia vincolante, meramente amministrativo, che gli Stati possono utilizzare come strumento semplificato per cooperare su più questioni. Tuttavia, lo studio appena introdotto ha evidenziato come la scelta della denominazione mirerebbe a eludere i canali ufficiali di negoziazione degli accordi internazionali, le regole di ratifica
239 Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
26 giugno 2013, relativa alle procedure comuni per la concessione e il ritiro della protezione internazionale 29 giugno 2013, OJ L.180/60 - 180/95.
240 Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
13 dicembre 2011, relativa alle norme per la qualifica di cittadini di Paesi terzi o apolidi beneficiari di protezione internazionale, per uno status uniforme dei rifugiati o delle persone ammissibili alla protezione sussidiaria e per il contenuto della protezione concessa, 20 dicembre 2011, OJ L. 337/9-337/26.
241 Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
relativa a norme e procedure comuni negli Stati membri per il rimpatrio di cittadini di Paesi terzi soggiornanti illegalmente, 16 dicembre 2008, OJ L. 348/98-348/107.
242 Human rights and migration law clinic of Turin Memorandum of
contenute nelle Costituzioni e, infine, il rispetto dei diritti umani a cui gli Stati europei sono sottoposti.
Sfuggendo, quindi, nel caso di specie dell'Italia, alla procedura di cui agli articoli 80 e 87 della Costituzione per quanto riguarda la ratifica dei trattati internazionali, ma più in generale raggirando le più generali competenze dell’Unione sul tema dell’immigrazione irregolare.
Un altro caso analogo che ha creato problematiche di interpretazione è l’accordo con il Niger243, tale accordo è stato
presentato dal Governo come base giuridica per la Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (operazione MISIN), autorizzata sulla base dell’Autorizzazione e proroga di missioni internazionali per l'anno 2018244
Il problema venuto creandosi circa questo accordo deriva dal fatto che fin dall’inizio non fu reso pubblico, venne pubblicato solo dopo l’intervento del TAR Lazio245. La pubblicazione è
avvenuta con il Comunicato stampa n. 29 della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Governo avrebbe approvato, il 28
243 Accordo di cooperazione in materia di difesa tra il Governo della
Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Niger, fatto a Roma il 26 settembre 2017.
244 Autorizzazione e proroga di missioni internazionali per l’anno 2018
– Commissione Difesa e Forze Armate DOC CCL n.3 e DOC CCL – BIS 1, Scheda di lettura, p.17.
245 Tar Lazio, Sez. III Ter, sentenza n. 11125 del 2018 il cui oggetto
era l’impugnazione ad un diniego di accesso civico avanzato per le copie delle lettere del 1° novembre 2017 e del 15 gennaio 2018 del governo nigerino a quello italiano;
novembre 2018, sette disegni di legge di ratifica ed esecuzione di atti di diritto internazionale, tra i quali figura proprio l’Accordo di cooperazione in materia di difesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Niger, fatto a Roma il 26 settembre 2017.
Questo argomento è di fondamentale importanza perché il Governo, anche nel caso di accordi firmati in forma semplificata, deve sempre rendere pubblico il contenuto degli stessi.
L’operazione MISIN ha il chiaro obiettivo di limitare l’afflusso di migranti sulle coste italiane. Pertanto, il Governo italiano, previa autorizzazione del Parlamento, aveva già inviato, prima della sentenza sopracitata del Tar, un contingente di militari in Niger.
Da questo punto di vista, l’Operazione MISIN sembra potersi accomunare alla Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (MIASIT), istituita a seguito della firma del Memorandum d’intesa tra Libia e Italia che si presenta come un’intesa quadro finalizzata a sostenere le “istituzioni di sicurezza e militari al fine
di arginare i flussi di migranti illegali e affrontare le conseguenze da essi derivanti, in sintonia con quanto previsto dal Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione sottoscritto tra i due Paesi”246
È lecito dubitare che il Governo potesse adottare l’accordo seguendo una forma semplificata, trattandosi, secondo alcuni
autori247, di un trattato avente natura politica, e comunque un trattato che tratta di una materia – la condizione giuridica dello straniero – coperta da riserva di legge ai sensi dell’art. 10 della Costituzione. Secondo altri autori248, si sarebbe ormai formata
una consuetudine modificativa dell’art. 80 della Costituzione nel senso di ampliare le possibilità per l’esecutivo di ricorrere alla procedura in forma semplificata anche con riferimento a trattati che rientrano nell’ambito di applicazione di tale disposizione.
Alla luce di quanto sovraesposto, esiste un tema di carattere generale, un denominatore comune alle vicende relative all’accordo col Niger e al Memorandum con la Libia: l’approccio disinvolto alle prerogative parlamentari nella conclusione di accordi internazionali finalizzati alla gestione dei flussi migratori. L’accordo col Niger, infatti, è stato tenuto segreto dal Governo italiano, pur costituendo base giuridica di un’operazione militare. 249
247 A. ALGOSTINO L’Esternalizzazione soft delle frontiere e il
naufragio della Costituzione in Costituzionalismo.it, fasc. 1/2017 Le riforme in una democrazia costituzionale, p.162, 2017.
248 F.M. PALOMBINO, Sui pretesi limiti costituzionali al potere del
Governo di stipulare accordi in forma semplificata in Rivista di diritto internazionale 2018, p. 870 e ss.
249 A. SPAGNOLI, Di intese segrete e alibi parlamentari: tra la
decisione del TAR sull’accordo col Niger e il Global Compact sulle migrazioni in SidiBlog – il Blog della Società italiana di diritto internazionale, 12.05.2018.