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5 ESEMPI SIGNIFICATIVI DI COLD PLATE

5.1 COLD PLATE PER USO TERRESTRE

5.1.1 ESEMPIO No.1

Riferimento: [7], Lytron Inc.

Si prende come esempio una cold plate con una serpentina di rame a sei passaggi nella piastra. Per i calcoli, si utilizza il modello di lunghezza pari a 12” (30.48 cm) ed una portata volumetrica di acqua di 2 LPM (pari a circa 120 kg/h = 0.12 m3/h).

Figura 5.1 Es.1: resistenza termica in funzione della portata (Lytron, [7])

Figura 5.2 Es.1: caduta di pressione in funzione di portata (Lytron, [7])

Il valore della resistenza termica (Figura 5.1) è l’inverso della conduttanza termica globale della cold plate:

resistenza termica = 0.01 K/W ca. Î conduttanza termica globale = 100 W/K

Le perdite di carico sono pari a 0.6 bar (58.6 kPa) (Figura 5.2).

La superficie di scambio è: 12” * 3.75” = 45 in2 = 290.32 cm2 (Figura 5.3).

Figura 5.3 Es.1: schemi tecnici (Lytron, [7])

Visto che i tubi sono molto vicini tra loro, una possibile resistenza termica dovuta alla conduzione verso la dimensione minore della piastra può essere trascurata per un calcolo di prima approssimazione. A maggior ragione, dato che i tubi sono a diretto contatto con il materiale da raffreddare, la resistenza termica di conduzione può essere trascurata: quello che si fa in pratica è considerare la resistenza termica convettiva come unica via di smaltimento del calore.

Si trova allora che il coefficiente globale di scambio termico possa ritenersi pari a:

hc = 100/290.32 W/K cm2 = 0.3444 W/K cm2 = 3444 W/K m2

D = diametro esterno tubo (tubi da ¼”) = 6.35 mm t = spessore del tubo = 0.7 mm

Si nota negli schemi di Figura 5.3 che questa cold plate utilizza tubi a “D”, le cui basi superiori piane fanno parte integrante della superficie di scambio. I valori caratteristici della configurazione sono i seguenti:

Asez = 15.87 mm2 = 1.59 * 10-5 m2 (Area sezione trasversale dei condotti)

DH = 4.3 mm (Diametro idraulico dei condotti)

Si ricavano i seguenti dati:

Nu = hc*DH/k (k = 0.6 W/mK) = 24.7 ca.

Vwater = portata/Asez = 3.3*10-5/0.0000159 m/s = 2.08 m/s

Wpump = ∆P * Vwater * Asez = 1.98 W

Re = Vwater *DH/ν = 2.08 * 0.0043 / 1.13 *10-6 = 7915

5.1.2 ESEMPIO No.2

Riferimento: [11], Wakefield Inc.

In questo caso i passaggi si riducono a 4.

Anche ora si prende a riferimento il modello simile a quello analizzato in precedenza, di pari lunghezza e portata volumetrica (Figura 5.4).

Figura 5.4 Es.2 schemi tecnici (Wakefield Engineering, [11])

Figura 5.5 Es.2: curve caratteristiche (Wakefield Engineering, [11])

La resistenza termica globale risulta pari a 0.022 °C/W (Figura 5.5). In questo caso le approssimazioni fatte precedentemente per la cold plate della Lytron non possono essere applicate, perché i tubi sono molto distanti tra loro e la resistenza termica fornita dallo strato di alluminio tra condotto e condotto non risulta certo trascurabile: la resistenza termica globale che viene fornita terrà conto anche della parte di conduzione dovuta allo strato di materiale tra i tubi e il piano di appoggio. Sono invece valutabili le seguenti grandezze:

conduttanza termica globale = 45.45 W/K

Ascambio = 12” * 7.75” = 93 in2 = 600 cm2 = 0.06 m2 (Superficie di scambio)

Vwater = portata/Asez = 3.3*10-5/7.1·10-5 m/s = 0.465 m/s

Wpump = ∆P * Vwater * Asez = 0.12 W

Re = Vwater *D/ν = 0.465 * 0.0095 / 1.13 *10-6 = 3913

Dalla Figura 5.5, per una portata pari 0.5 GPM (circa 2 LPM, cioè 0.12 m3/h), le perdite di carico sono molto minori rispetto al caso precedente (raggi di curvatura più alti e numero di Reynolds più basso) e si attestano intorno agli 0.5 psi (circa 3.45 kPa).

Purtroppo questa volta il calcolo del numero di Nusselt non può essere affrontato perché il coefficiente di scambio termico convettivo non è noto direttamente: per arrivare ad una stima

di tale valore si dovrebbe impostare una precisa analisi che tenga conto degli scambi termici conduttivi nelle due dimensioni (larghezza piastra e spessore).

5.1.3 ESEMPIO No.3

Riferimento: [13]

La geometria è abbastanza particolare (Figura 5.6) e, come già detto, questo dipende sia dalla forma dei componenti che devono essere raffreddati (i trasformatori possono avere svariate geometrie), sia dai supporti su cui la cold plate deve poggiare.

Figura 5.6 Es.3: forma in pianta della cold plate, [13]

Le zone scure sono quelle su cui sono disposte le sorgenti di calore. In tali aree il flusso di calore può raggiungere fino a 15 W/cm2. Le soluzioni costruttive per questa cold plate

seguono due diversi approcci, riguardo alla sezione dei tubi (Figura 5.7):

Figura 5.7 Es.3: sezioni trasversali della cold plate, [13]

Il liquido di lavoro è acqua, con portate da 0.5 a 1.5 GPM (2 ¼ a 6 LPM) e temperatura di ingresso di 22°C.

Anche il percorso dei condotti è particolare: in pratica la tubazione a “D” passa sotto le zone calde (Figura 5.8). Per il prototipo con tubi circolari interni si ha la stessa configurazione.

Figura 5.8 Es.3: percorso dei tubi all’interno della piastra, [13]

I seguenti grafici mostrano le performance delle due cold plate, ottenuti sperimentalmente (Figura 5.9, Figura 5.10 e Figura 5.11).

Figura 5.9 Es.3: perdite di carico, [13]

Figura 5.10 Es.3: coefficiente di scambio termico (tubi a “D”), [13]

Figura 5.11 Es.3: coefficiente di scambio termico (tubi forati), [13]

5.1.4 ESEMPIO No.4

Riferimento: [14]

Vengono presentati tre modelli di cold plate refrigerati ad acqua utilizzati per il raffreddamento di TCM (Thermal Conduction Module) per sistemi di computer, in particolare per i sistemi IBM 308X, 3090 e 3090-E. Ognuna delle cold plate ha dimensioni diverse, ma tutte hanno lo stesso tipo di montaggio rispetto al TCM tramite viti. I chip a semiconduttore da raffreddare, da 100 a 132, sono piazzati su un sottostrato di ceramica ed il passaggio di calore fino alla cold plate avviene attraverso un’atmosfera di elio nel quale sono inseriti appositi pistoncini tenuti adiacenti ai moduli elettronici grazie a piccole molle, (Figura 5.12).

Figura 5.12 Es.4: schema del TCM (IBM Corp), [14]

La configurazione del flusso è data dalla presenza di “alette” diritte all’interno di una piastra sottile: queste vanno a formare i veri e propri canali del fluido. La conformazione della tubatura non è regolare, ma presenta sia tratti in serie che tratti in parallelo, con ampi serbatoi di raccolta del fluido in ingresso e in uscita, Figura 5.13.

Figura 5.13 Es.4: configurazione interna delle cold plate (IBM Corp.), [14]

Di seguito si riporta una tabella (Tabella 5.1) utile per capire le prestazioni della cold plate.

Modelli 3080 3090 3090-E Superficie mm2 107x104.5 106x106 115x115 Portata LPM 2.3 3.4 3.4 Velocità m/s 0.53 1.14 1.14 Diametro idraulico mm 6.0 5.7 5.7 Re 3653 7505 7505 Nu 51.5 92.5 92.5 Coefficiente di scambio termico convettivo W/m2K 5431 10268 10268

Tabella 5.1 Es.4: caratteristiche delle cold plate (IBM Corp.), [14]

Il materiale di cui è formata la cold plate è BeCu, che ha alte performance termiche, ha lunga vita a fatica ed è facile da lavorare alle macchine.

Le relazioni che vengono proposte sono le seguenti:

Nu = 0.0316 Re0.8 Pr0.4

∆P [Pa] = 870 * (portata [l/min])2

Entrambe le correlazioni si intendono valide nel campo di flusso di questo caso: 3600 < Re < 7500 e lunghezza/diametro < 17. C’è da notare che il calcolo delle perdite di carico tiene conto delle perdite concentrate dovute alle curve del circuito e ai collettori di ingresso e di uscita, anzi è specificato che queste rappresentano la maggior parte delle perdite di carico. Con l’utilizzo di queste cold plate si riesce a mantenere la temperatura massima dei chip al di sotto di 82 °C.

5.1.5 ESEMPIO No.5

Riferimento: [15]

Si riporta di seguito la geometria di un apparato per il raffredamento di circuiti integrati di chip (Figura 5.14).

Figura 5.14 Es.5: geometria di un apparato per raffreddamento a liquido, [15]

La cold plate si compone di due parti di alluminio connesse e sigillate tra loro, con una tubazione interna a serpentina in cui scorre il liquido. Le due aperture presenti sulla piastra sono state realizzate per meglio accomodare i componenti elettronici entro un paio di sottostrati montati sulle superfici della cold plate, come si vede in Figura 5.15.

Figura 5.15 Es.5: montaggio dei componenti sulla cold plate, [15]

Una possibile limitazione di un sistema di tipo cold plate viene dal fatto che i componenti dei circuiti hanno varie forme e dimensioni: a tale scopo è stata creata, in questo caso, un’apposita interfaccia sulla superficie della piastra per far fronte a tali variazioni. Questa si compone di tre strati, numerati rispettivamente con 26, 28 e 30 in Figura 5.15: il primo strato (26) è formato da adesivo termicamente conduttivo, di spessore 0.04”; il secondo (28) è una sottile pellicola metallica di alluminio o di rame di spessore 0.001”; infine, lo strato più esterno si compone di una plastica commerciale (Tedlar o Kapton) ed è spesso 0.001”. La particolarità dello strato metallico è che viene lavorato in modo da ottenere una forma particolare, visibile nella seguente Figura 5.16.

Figura 5.16 Es.5: forma dello strato metallico, [15]

Il principale motivo di questa geometria è quello di limitare la rigidezza dell’intera pellicola, senza contare che i collegamenti tra le piastrine metalliche agiscono da distributori di calore e, in questo modo, c’è anche la possibilità di svolgere ispezioni per evitare il formarsi di bolle d’aria nella colla. Inoltre, grazie ai blocchi di metallo formati, si riesce ad avere un contatto più diretto tra la cold plate e le piastre di materiale isolante (allumina, solitamente) sempre presenti nei pacchetti di circuiti, Figura 5.17.

Figura 5.17 Es.5: accoppiamento tra piastrine di metallo e pacchetti elettronici, [15]

La pellicola presente sulla piastra della cold plate risulta quindi conduttiva termicamente ed isolante elettricamente. Nonostante ciò, la resistenza termica che essa oppone non consente al calore di distribuirsi in modo uniforme, neppure tramite i bracci tra le piastrine metalliche, prima descritti. Inoltre un possibile cedimento chimico dello strato adesivo significa un aumento della temperatura dei componenti elettronici fino a livelli non consentiti.

5.1.6 ESEMPIO No.6

Riferimento: [16]

Si presenta di seguito un apparato per il raffredamento di circuiti elettronici che si basa su una cold plate di forma piana (Figura 5.185.18). In particolare, questo sistema è indicato per raffredare un tipo di tester utilizzato da produttori di strumenti, quali pacchetti elettronici di memoria o di logica.

Figura 5.18 Es.6: schema generale della cold plate, [16]

Un tester di questo tipo occupa un volume pari a circa 15” x 30” x 30” e genera una quantità di calore di circa 8000 Watt. Ad ogni modo, l’uso di transistor di tipo CMOS ha permesso una minore dissipazione di potenza rispetto a quelli bipolari.

La cold plate è stata prodotta in modo da avere la configurazione di Figura 5.19 e di Figura 5.20, in cui è riportata rispettivamente la vista dal basso del dissipatore e la sezione trasversale (indicata da 4A nella prima vista): si nota innanzitutto l’apertura al centro della cold plate (3), utile per il montaggio delle card elettroniche; inoltre risultano ben visibili i canali paralleli (6) in cui scorre il refrigerante, nel senso delle frecce della precedente Figura 5.18.

Figura 5.19 Es.6: vista dal basso della cold plate, [16]

Figura 5.20 Es.6: sezione trasversale della cold plate, [16]

Per quanto riguarda la sezione indicata da 4B in Figura 5.19, oltre alla soluzione dei canali rettangolari in parallelo (Figura 5.20) è possibile trovare anche la configurazione di Figura 5.21.

Figura 5.21 Es.6: altra possibile configurazione del canale del refrigerante, [16]

La presente cold plate è capace di alloggiare fino a 19 paia di piastre conduttive di rame che rappresentano le interfacce tra le card elettroniche e il dissipatore, come in Figura 5.22.

Figura 5.22 Es.6: interfaccia cold plate/card elettronica, [16]

5.1.7 ESEMPIO No.7

Riferimento: [17]

La cold plate riportata di seguito è stata progettata per il raffredamento di differenti componenti elettronici ed ognuno di questi presenta una diversa produzione di calore in eccesso. La superficie di appoggio viene divisa in ipotetiche zone di raffreddamento (Figura 5.23), per ciascuna delle quali si ha una precisa richiesta di potenza da smaltire, fino ad avere possibilità di assorbire flussi di calore di circa 100 W/cm2.

Figura 5.23 Es.7: vista dall’alto della cold plate, [17]

Nell’immagine a sinistra di Figura 5.23 si nota il circuito fluidodinamico in serie, equipaggiato con i collettori di ingresso e di uscita. In totale, le zone di raffreddamento risultano 36: quelle contrassegnate con il numero 15 sono quelle che richiedono una maggiore capacità di refrigerazione, quelle con il numero 16, invece, sono le aree con minore calore da smaltire. Per entrambi i casi, si hanno, nella stessa cold plate, diverse configurazioni dello strato interno dell’apparato, cioè quello occupato dallo scambiatore vero e proprio: in Figura 5.24, Figura 5.25 e Figura 5.26 vengono mostrate rispettivamente le sezioni trasversali indicate con 3-3, 4-4 e 5-5 nella precedente Figura 5.23. La geometria a strati è ben visibile: i livelli più esterni sono occupati dalle piastre 5 e 6; muovendosi verso l’interno si trovano i distanziali 7 e 10; lo strato centrale 11, come già detto, è occupato dallo scambiatore di calore, anch’esso con un layout a più livelli.

113

Figura 5.25 Es.7: sezione 4-4 di Figura 5.23, [17]

Figura 5.26 Es.7: sezione 5-5 di Figura 5.23, [17]

Gli schemi precedenti chiariscono anche come il fluido venga fatto circolare nello scambiatore: la differenza tra la zona 15 e la zona 16 sta nel fatto che nella prima si sfrutta l’incremento dello scambio termico dovuto alla presenza di getti fluidodinamici, ottenuti tramite orifizi nelle piastre dello scambiatore. Quest’ultime sono separate da appositi distanziali, in modo che i getti abbiano modo di formarsi tra una piastra forata e l’altra.

Il sistema è insensibile sia alla forza di gravità, sia alla quota di utilizzo in applicazioni aerospaziali.

Per ogni circuito elettrico si riesce a smaltire una quantità di calore che va da 500 a 2000 Watt. L’elettronica viene montata sulla cold plate come schematizzato in Figura 5.27.

Figura 5.27 Es.7: montaggio dei componenti elettronici sulla cold plate, [17]

Nell’immagine la cold plate è numerata con il numero 1, i circuiti assemblati con 2 e 3, mentre 4 è un particolare elemento elettronico. Il dissipatore è attivo su entrambe le facce.

5.1.8 ESEMPIO No.8

Riferimento: [18]

La cold plate in questione si presenta come in Figura 5.28.

Figura 5.28 Es.8: schema generale della cold plate, [18]

Essa si compone di piastre forate come in Figura 5.29.

Figura 5.29 Es.8: piastre che compongono la cold plate, [18]

Nell’immagine precedente, la prima piastra (a sinistra nello schema) è quella da cui provengono le piastrine forate. L’assemblaggio completo, che porta all’apparato di Figura 5.28, avviene sovrapponendo le piastre forate, in modo da alternare ad una porzione di foro una conseguente parte piena di piastra: in Figura 5.30 si può notare l’esploso della disposizione delle piastrine.

Figura 5.30 Es.8: disposizione geometrica delle piastre forate, [18]

La particolare struttura è stata progettata con lo scopo ben preciso di mantenere il flusso in regime laminare, al fine di evitare notevoli perdite di carico dovute alla turbolenza, e, nonostante ciò, avere uno scambio termico elevato: infatti l’aumento delle capacità di scambio termico viene favorito dal fatto che il regime laminare non riesce mai a svilupparsi completamente. In effetti, una volta che la cold plate è assemblata, le aperture nelle piastrine non vengono coperte del tutto, in larghezza, dalla parte non tagliata; di conseguenza il liquido passa attraverso le fessure, che sono state create talmente vicine tra loro che il flusso si trova ogni volta in condizioni di imbocco (Figura 5.31 e Figura 5.32).

Figura 5.31 Es.8: andamento del flusso nella cold plate, [18]

Figura 5.32 Es.8: condizione di regime non sviluppato, [18]

Questa condizione di flusso non sviluppato comporta un aumento del numero di Nusselt fino a cinque volte, come riportato in Figura 5.33.

Figura 5.33 Es.8: andamento del numero di Nusselt con la distanza dall’imbocco, [18]

5.1.9 ESEMPIO No.9

Riferimento: [19]

Il presente dissipatore è particolarmente adatto ad essere usato per pile di circuiti piani, Figura 5.34.

Figura 5.34 Es.9: vista dall’alto della cold plate, [19]

La cold plate si compone di due classici collettori di ingresso e di uscita e di un circuito in serie dove scorre il liquido: per migliorare lo scambio termico, l’area di scambio convettivo è stata aumentata tramite l’uso di alette proprio all’interno del percorso fluido, Figura 5.35.

Figura 5.35 Es.9: percorso del liquido con le alette, [19]

Una particolarità della cold plate è rappresentata dalla presenza di aperture (numerate con 22 in Figura 5.35) in modo che i circuiti appoggiati su entrambe le facce del dissipatore risultino interconnessi grazie ad un connettore comune, che risulta collegato ai circuiti stessi lungo l’asse perpendicolare alla superficie della cold plate. Questi si fissano al dissipatore tramite bulloni nei fori 24 (Figura 5.36).

Figura 5.36 Es.9: dettaglio delle aperture per l’assemblato connettore, [19]

I fori numerati con 20 sono destinati al fissaggio dei circuiti. Inoltre le superfici piane della cold plate sono provviste di una schiera di placche termicamente conduttive che sono a contatto stretto con quelle relative ai circuiti, Figura 5.37.

Figura 5.37 Es.9: placche per la conduzione termica, [19]

Il materiale di cui è costituita la cold plate deve avere buona conducibilità termica, come l’alluminio: si usano lavorazioni di brasatura nel vuoto per collegare le due piastre superficiali e i collettori e di molatura per le alette e per gli argini del percorso del liquido.

5.1.10 ESEMPIO No.10

Riferimento: [20]

Lo scopo principale del seguente prototipo di cold plate risulta l’abbassamento della resistenza termica associata. Lo schema generale è rappresentato in Figura 5.38

Figura 5.38 Es.10: sezione trasversale della cold plate, [20]

Il liquido viene immesso da una porta di ingresso, posta sull’asse di simmetria assiale del dissipatore: in questo modo il flusso pompato va a battere contro la parete calda, creando una zona, sulla superficie, in cui viene favorito lo scambio termico convettivo per il fenomeno del jet impingement. La particolarità della cold plate sta nel fatto che il liquido, una volta uscito dalla zona centrale, viene messo in moto da un distributore, formato da piccoli canali, che ruota attorno all’asse di simmetria. In questo modo, il refrigerante assorbe calore muovendosi verso le zone esterne, fino ad uscire da appositi collettori di scarico posti nella periferia della cold plate; il distributore, posto il più vicino possibile alla superficie calda, ha praticamente la funzione di una pompa centrifuga che accelera il fluido. Ciò risulta utile per diminuire la richiesta di lavoro di pompaggio che solitamente deve essere fatto durante lo scorrere del liquido nel circuito generale (vedi Figura 1.16). Inoltre, la rotazione del distributore coinvolge anche il moto del getto al momento dell’ingresso nella cold plate, provocando una certa vorticità nel flusso, che si traduce in un ulteriore aumento dello scambio termico. Per contro, lo spostamento del fluido ruotando il distributore si traduce in un alto dispendio di potenza. L’apparato è stato fabbricato per essere sottoposto a prove sperimentali in cui le misure sono state fatte variando la potenza da smaltire (non più di 17 W/cm2, anche se la cold plate è stata progettata per input di calore di circa 25 W/cm2) e la velocità angolare del distributore. In particolare, è stato rilevato l’aumento di temperatura del sottostrato ceramico di un riscaldatore con le stesse dimensioni di un modulo IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor). I risultati sono riportati nella seguente Figura 5.39.

Figura 5.39 Es.10: risultati delle prove sperimentali, [20]

5.1.11 ESEMPIO No.11

Riferimento: [21]

Il presente apparato viene indicato per il raffredamento di moduli elettronici di clock, cioè assemblati piani di circuiti elettrici. La richiesta essenziale è quella di avere una singola cold plate che rimpiazzi sia il raffreddamento ad aria sia quello a liquido e che quindi funzioni in entrambe le modalità. Il modello generale è riportato in Fig.5.40.

Figura 5.40 Es.11: schema generale della cold plate, [21]

Come visibile dall’immagine precedente, il dissipatore si compone di una piastra di montaggio (38) fornita di fori (42), distanziali (44) e piedistalli (46) per gli assemblati elettrici, di una piastra inferiore di copertura (14) e, inserito tra le precedenti due, si trova lo strato dove effettivamente avviene lo scambio del calore (16). Quest’ultimo si divide in due sezioni: quella superiore (20), in cui si ha raffreddamento a liquido, e quella inferiore (22) in cui c’è flusso d’aria. Tra di loro è presente una piastra divisoria (18). La seguente Fig.5.41 è la vista da sotto della cold plate.

Figura 5.41 Es.11: vista dal basso dell’apparato, [21]

Il liquido, nella parte superiore, entra ed esce da appositi collettori (rispettivamente 72 e 74) e viene distribuito, grazie a serbatoi di raccolta (80 e 82), in canali in parallelo (25) che coprono tutta la superficie della piastra di montaggio degli elementi elettrici. La Fig.5.42 ci mostra una sezione dell’apparato, in cui si nota la forma dei canali per il passaggio del refrigerante (112).

Figura 5.42 Es.11: sezione trasversale della cold plate (sez.5-5, Fig.5.41), [21]

Per quanto riguarda la sezione relativa al raffreddamento ad aria, la direzione ed il verso del flusso sono indicati dalle frecce in Fig.5.41. Lo scambio termico avviene per convezione sulla parete inferiore della piastra divisoria (18) e sulla faccia interna (120) della copertura (14). Inoltre, per facilitare la trasmissione del calore, la parte ad aria è stata attrezzata lungo i due lati esterni con speciali alettature (28) che formano dei particolari canali (130): l’area di scambio termico è evidentemente maggiorata.

Questa cold plate ha la particolarità che ognuno dei due dispositivi, anche se accoppiato all’altro in un unico apparato, può svolgere adeguate funzioni di dissipazione. La logica di funzionamento risulta la seguente: per una richiesta sempre maggiore di calore da smaltire, si attivano sempre più raffreddatori, a partire dalla sezione ad aria fino ad arrivare all’utilizzo di entrambe le parti contemporaneamente.

Il materiale per la cold plate è l’alluminio, ottimo conduttore di calore e ben lavorabile per le geometrie in gioco.

5.1.12 ESEMPIO No.12

Riferimento: [22]

La cold plate riportata di seguito viene utilizzata nel caso di richieste di smaltimento di alti flussi di calore, cercando di minimizzare la resistenza termica globale tra la superficie di appoggio dell’apparato e la parete dell’elemento da refrigerare. I due sistemi più importanti per svolgere queste funzioni sono i tubi di calore e i circuiti forzati mono e bifase. Il primo

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