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L’esenzione della responsabilità dell’ente: il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo

6.1 Premessa

Il D.Lgs. n. 231 del 2001 prevede alcune misure preventive che, se efficacemente attuate dall’ente, escludono la responsabilità di quest’ultimo per la commissione di illeciti da parte delle persone fisiche.

Come precedentemente annunciato, l’ente non risponde per l’omesso

impedimento del reato-presupposto, ma per il deficit di organizzazione104. Invero, le misure preventive previste si concretano con l’adozione di “modelli di organizzazione, gestione e controllo” idonei a prevenire i reati indicati nel D.Lgs. n. 231 del 2001 (art. 6, co. 1, lett. a) e art. 7, co. 2)105. L’adozione del modello non è obbligatoria, ma potrebbe diventare opportuna se l’ente, per attività e struttura finanziaria e organizzativa, presenta rilevanti aree di rischio ai fini della commissione degli illeciti previsti nel Decreto. Se emergono aree di tale tipo, l’organo amministrativo ha, infatti, il dovere di predisporre un modello adeguato di

104 È da considerarsi “colpa di organizzazione” dell’ente ogni mancanza propria dell’organizzazione

produttiva complessa e che proprio questo sarà oggetto di analisi in sede di giudizio dinanzi al giudice penale. Vanno respinti i motivi di ricorso in merito alla non sufficiente precisione legislativa dei modelli organizzativi, in quanto l’obbligo gestionale imposto all’ente è ben delineato dalla normativa. Cass. sez. un., 24 aprile- 18 settembre 2014 n. 38343, ThyssenKrupp, in Il quotidiano Ipsoa, 21 ottobre 2014 e 3 dicembre 2014, con note di S.M. Corso. 105 La mancata adozione di tali modelli, in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi, è sufficiente a costituire la “rimproverabilità” e ad integrare la fattispecie sanzionatoria, che si sostanzia nell’omissione delle previste doverose cautele organizzative e gestionali idonee a prevenire tali reati. Cass. sez. VI, 9 luglio-17 settembre 2009, n. 36083.

prevenzione dei reati che potrebbero essere commessi106. Pertanto, è necessaria la

correlazione con i rischi specifici di commissione degli illeciti, avendo riguardo alla dimensione dell’organizzazione, alla natura dell’attività svolta e alla stessa esperienza operativa dell’ente107. Il modello di organizzazione e di gestione è, pertanto, il mezzo

attraverso cui l’ente ha l’opportunità di dimostrare la propria diligenza organizzativa, premiata, appunto, con l’esimente o con la riduzione dell’afflittività delle sanzioni, con la conseguenza che, nonostante non sia previsto formalmente un obbligo, nella sostanza l’adozione dei modelli è resa necessaria laddove l’ente intenda beneficiare dell’efficacia esimente108. Occorre precisare, che il contenuto del modello di organizzazione non è oggetto di una specifica predeterminazione normativa, ma è richiamato nel D.Lgs. n. 231/2001. Non costituisce altresì una fonte di natura contrattuale in quanto non è idoneo a vincolare ciascuna funzione aziendale. È, tuttavia, necessario rilevare che il modello deve altresì contenere un adeguato sistema disciplinare interno, finalizzato a costituire un deterrente alla commissione di illeciti e a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate dal modello.

Pertanto, il Modello di organizzazione tenderebbe ad evocare un principio di

“autorganizzazione” e di "autodisciplina" delle proprie funzioni e delle proprie attività; di predeterminazione e "formalizzazione" delle procedure e delle prassi aziendali caratterizzanti ciascun Ente. il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo dunque, può essere definito come quell’insieme di regole aziendali interne, norme e prassi comportamentali, il rispetto delle quali è finalizzato all’obiettivo comune di prevenire il realizzarsi dei cd. reati-presupposto indicati dal D.Lgs. n. 231/2001. In definitiva, il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo è norma giuridica nella misura in cui impone una determinata regola di comportamento e/o un Modello di condotta di carattere precettivo e vincolante109. 106 QUATRARO B., La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ex DLGS 231/2001, Pisa, 2019, p. 28. 107 G.U.P Trib. Novara 01 ottobre 2010, in Corr. Merito, n. 4/2001, p. 403. 108 BERTI C., I “modelli di organizzazione e gestione” previsti dal D.Lgs. n. 231/01: natura ed inquadramento giuridico, in Contratto e Impresa, 2012, p. 1239. 109 BERTI C., I “modelli di organizzazione e gestione” previsti dal D.Lgs. n. 231/01: natura ed inquadramento giuridico, in Contratto e Impresa, 2012, p. 1239.

L’organo dirigente ha la competenza per l’adozione e l’attuazione del modello di organizzazione in questione, tuttavia, i soci potrebbero prevedere l’obbligatoria adozione ed elaborazione in sede di assemblea se volessero premunire l’ente rispetto a condotte negligenti o imprudenti dell’organo amministrativo. L’efficacia esimente del modello può essere riconosciuta solo al modello organizzativo adottato ex ante rispetto alla

commissione del reato, in quanto il modello realizzato ex post ha effetti più limitati.110

Infine, con l’introduzione del D.Lgs. 14 del 2019 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – e del nuovo co. 2 dell’art. 2086 del Codice Civile, si impone il dovere, per l’imprenditore che operi in forma societaria o collettiva, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile, adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa e che sia funzionale alla rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale. In rapporto al sistema delineato dal D.Lgs. n. 231 del 2001, appare evidente come la nuova normativa presenti importanti similitudini, giacché la spinta data dal legislatore verso l’auto-organizzazione interna rappresenta un elemento comune fra le due normative. In definitiva, nonostante le differenti finalità, si potrebbe considerare il nuovo Codice della crisi come un ulteriore incentivo all’adozione del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001.

6.2 Finalità

La finalità dei modelli organizzativi è, innanzitutto, preventiva: si muove dal presupposto che il modo migliore per evitare la commissione di quel tipo di reati che più facilmente trovano nel mondo delle imprese il loro ideale terreno di coltura, consiste nel far sì che il modo in cui l’impresa è organizzata, le regole di organizzazione e le finalità che persegue, si mal prestino a generare e ad occultare comportamenti illeciti, permettendo di emarginare i fenomeni di criminalità imprenditoriale e per garantire

l’eccezionalità e la non ripetibilità dei reati eventualmente commessi111.

110 Corte app. Milano, sez. II, 21 marzo-8 gigno 2012 n. 1824, Impregilo, in penalecontemporaneo.it, 31 luglio

2012, con nota di L. Santangelo.

111 Rodorf. R., La responsabilità civile degli amministratori di s.p.a. sotto la lente della giurisprudenza, in Società, 2008, 10, p. 1193.

Come già affermato, l’adozione del “Modello” è facoltativa e permette non solo di essere strumento di esenzione della responsabilità in capo all’ente, ma anche di

migliorare l’immagine pubblica e accrescere la competitività sui mercati della società112.

Come premesso nel paragrafo che precede, è ragionevole ipotizzare che una finalità sia anche quella di tutelare l’ente da eventuali azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori che non abbiano adottato il “modello”, esponendo cosi la società alle sanzioni previste, che vanno a pregiudicare direttamente gli interessi economici dei soci113.

In concreto, gli artt. 6 e 7 del D.Lgs. n. 231 del 2001 stabiliscono che l’adozione preventiva del modello è uno dei requisiti per escludere la responsabilità dell’ente. Invero, è anche necessaria l’istituzione di una funzione di vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli attribuita ad un organo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo (all’art. 6, lett. c). Inoltre, l’art. 17, lett. b) prevede che l’adozione del modello, prima del dibattimento di primo grado, ha un’efficacia di riparazione delle conseguenze del reato; in particolare, l’ente potrebbe non essere soggetto alle sanzioni interdittive e alla conseguente pubblicazione della sentenza di condanna. Infine, l’adozione del modello, entro il medesimo termine, permette una modesta riduzione delle sanzioni pecuniarie (art. 12, c. 2, lett. b) e la semplice richiesta di poter realizzare gli adempimenti richiesti può giustificare la sospensione delle misure cautelari interdittive (art. 49, co. 1 del D.Lgs. n. 231/2001).

Per comprendere in quali casi l’ente possa beneficiare dell’esenzione dalla responsabilità amministrativa, è fondamentale effettuare una distinzione di stampo soggettivo:

• per i reati commessi dai soggetti sottoposti all’altrui direzione e coordinamento, di cui all’art. 5, lett b), l’art. 7, co. 2 è prevista, in ogni caso, l’esclusione dell’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l’ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

112 È importante sottolineare che l’adozione del “Modello” è specificatamente richiesta per il riconoscimento

del c.d. rating di legalità ex L. n. 62 del 2012 o ai fini dell’ottenimento della qualifica STAR secondo il regolamento CONSOB.

• per i reati commessi dai vertici apicali di cui all’art. 5, lett. a), l’ente deve provare che tali vertici hanno eluso fraudolentemente i modelli di organizzazione e gestione adottati per prevenire reati-presupposto (art. 6, co. 1, lett. c)114.

La peculiarità dell’art. 7 consiste nel nesso causale tra l’inosservanza degli obblighi di direzione e di vigilanza e la commissione del reato, ed esclude a priori l’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l’ente ha adottato un modello di organizzazione e gestione. Pertanto, diversamente dall’ipotesi di condotta illecita da parte dei soggetti apicali, la mancanza del modello di organizzazione e gestione potrebbe rivelarsi non

collegata eziologicamente e non comportare la sanzione amministrativa115.

In definitiva, «la tempestiva adozione ed efficace attuazione di un idoneo modello

comportamentale è elemento di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità dell’ente solo nell’ipotesi di reato commesso da dipendente; non è idonea ad escluderne la responsabilità nell’ipotesi di reato commesso da soggetto in posizione apicale, perché in tal caso l’ente deve dimostrare anche che sia stata realizzata da parte dell’autore dell’illecito una condotta fraudolenta elusiva delle prescrizioni»116.

6.3 Contenuto e valutazione del modello

La costruzione del modello si sostanzia in un processo a formazione continua, che vede dapprima l’individuazione dei potenziali fattori criminogeni e soltanto alla fine la predisposizione del modello stesso, con le relative sanzioni disciplinari e l’istituzione dell’organismo di vigilanza. Gli enti devono, innanzitutto, effettuare un processo di valutazione e mappatura delle aree di rischio, ossia delle aree operative dell’ente che sono soggette a rischio di commissione dei reati. 114 La natura fraudolenta deve consistere in una condotta ingannevole, falsificatrice, obliqua, subdola, ossia un vero e proprio disegno criminoso volto ad aggirare i controlli disposti per impedire la commissione del reato-presupposto. Cass. pen. Sez. V, 30 gennaio 2014, n. 4677. 115 AMBROSETTI E.M., MEZZETTI E., RONCO M., Diritto penale dell’impresa, Torino, 2016, p. 61-62. 116 G.I.P. Trib. Napoli (ord.), 26 giugno 2007, Impregilo, in Resp. amm. Soc., n. 4/2007, p. 163, con nota di M. Cardia.

All’art. 6, co. 2, lett. b) è richiesto che il modello debba prevedere specifici protocolli al fine di programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire. Inoltre, al co. 3 del suddetto articolo, i modelli possono essere adottati sulla base di codici di comportamento e linee guida redatte dalle associazioni rappresentative degli enti117.

L’art. 30, co. 1, del D.Lgs. n. 81 del 2008 fornisce precise indicazioni sui requisiti e sul contenuto che deve possedere il modello per essere idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa della società per i reati di cui all’art. 25-septies118.

117 Linee guida sono state elaborate da Confindustria, ABI, ANIA, Associazione Nazionale Costruttori Edili,

Associazione Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro, Assobiomedica e da altre associazioni di categoria. Inoltre, non opera alcuna delega disciplinare a tali associazioni e alcun rinvio a tali codici, che possono essere assunti come paradigma e come base di elaborazione del modello, che deve essere poi adattato alla realtà aziendale specifica.

Cass. sez V, 18 dicembre 2013-20 gennaio 2014 n. 4677, Impregilo, in Resp. amm. Soc., n. 3/2014, p. 81, con nota di T. Guerini.

118 Al co. 1 è previsto che «Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:

a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici; b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti; c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; d) alle attività di sorveglianza sanitaria; e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori; f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori; g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge; h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate». Il co. 3 impone la creazione di «un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio», nonché «un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello». Il co. 4 stabilisce la previsione di «un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate». Nonché «Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico».

L’art. 6, co.2, lett. c) prevede che il modello debba altresì individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati.

Infine, uno degli elementi essenziali per la costruzione, attuazione e mantenimento di un efficace Modello di Organizzazione e Gestione e Controllo, ex art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001, è l'esistenza di un adeguato sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello stesso, tanto nei confronti dei soggetti in posizione apicale – art. 6, comma 2, lett. e) – quanto verso i soggetti sottoposti all’altrui direzione – art. 7, comma 4, lett. b). Pertanto, alla luce della funzione essenzialmente preventiva del sistema disciplinare, un modello potrà dirsi attuato in modo efficace solo quando azionerà l’apparato disciplinare per fungere da deterrente alla commissione di illeciti.

Inoltre, con la L. n. 179 del 2017 in materia di whistleblowing, dopo il co. 2 dell’art. 6 del D.lgs n. 231 del 2001, sono stati inseriti i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, ai sensi dei quali i Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo dovranno altresì prevedere un impianto idoneo a disciplinare internamente un sistema di segnalazione delle violazioni e individuare strumenti di tutela nei confronti dei lavoratori che denuncino reati o irregolarità̀ di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito delle proprie attività̀

lavorative119. Pertanto, la norma introduce un ulteriore requisito da rispettare ai fini di un giudizio positivo sull’idoneità dei modelli organizzativi. È importante sottolineare che al co. 5 è prevista una presunzione di conformità con le linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007. 119 In particolare, il co. 2-bis dispone che i modelli di cui alla lettera a) del comma 1 prevedono: «a) uno o più canali che consentano ai soggetti indicati nell'articolo 5, comma 1, lettere a) e b), di presentare, a tutela dell'integrità dell'ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell'identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione; b) almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell'identità del segnalante; c) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione; d) nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate».

Sarà comunque il giudice tenuto a valutare l’adeguatezza, la congruità e l’idoneità dei modelli organizzativi adottati dall’ente stesso120, in quanto il D.Lgs. n. 231/2001,

all’art. 36, ha previsto l’attribuzione della competenza a conoscere gli illeciti al giudice penale competente per i reati dai quali gli stessi dipendono. L’attribuzione del compito di valutare l’idoneità del modello organizzativo al giudice penale è stata oggetto di molte critiche, giacché comporta il riconoscimento di uno spazio di discrezionalità.

Infatti, «i requisiti di un’organizzazione virtuosa non rispondono, allo stato, a parametri di

diligenza, prudenza o perizia sufficientemente determinati e riconoscibili ed il giudice, chiamato ad effettuare l’accertamento, non è, per giunta, attrezzato per formazione professionale a confrontarsi con le organizzazioni complesse. Le valutazioni giudiziali in tale materia sono, pertanto, endemicamente corrose da una cospicua componente di soggettività, fonte di incertezze e di disomogeneità applicative. Per tale motivo, il meccanismo di controllo dei modelli di organizzazione e gestione riceve una sostanziale

disapprovazione dal mondo imprenditoriale121».

Per di più, dopo quasi un ventennio, i criteri di progettazione del modello organizzativo continuano a risentire dello scarso contributo della legge e il Decreto in esame si limita a delineare lo scheletro del modello. Da un lato, il processo di formazione di un modello organizzativo idoneo comporta costi elevati sia in termini economici che burocratici, dall’altro, vista la discrezionalità del giudice penale, si hanno insufficienti garanzie sull’esenzione dalla responsabilità. Risultano, pertanto, chiare le difficoltà applicative per l’ente, in particolare se di minore dimensioni, che intenda conformarsi al D.Lgs. n. 231/2001. 120 L’oggetto della valutazione è duplice, essendo necessaria una valutazione sull’idoneità del modello, ossia

sulla completezza, esaustività e specificità, nonché sull’efficacia della sua attuazione e sulla concreta misurazione dei presidi predisposti.

G.I.P. Trib. Napoli (ord.), 26 giugno 2007, in Resp. amm. Soc., n. 4/2007, p. 163, con nota di M. Cardia.

121 PERINI S., La valutazione giudiziale del modello organizzativo ex D.Lgs. n. 231/2001, in Il Lavoro nella