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ORGANISMO DI VIGILANZA ORGANISMO DI VIGILANZA

CAPITOLO II: I modelli organizzativi delle piccole e medie imprese

ORGANISMO DI VIGILANZA ORGANISMO DI VIGILANZA

TOT IMPRESE 231 29 100% TOT IMPRESE 231 49 100% TOT IMPRESE 231 76 100% COLLEGIALE 10 34% COLLEGIALE 6 12% COLLEGIALE 11 14%

MONOCRATICO 1 3% MONOCRATICO 2 4% MONOCRATICO 8 11%

INFORMAZIONE NON DISPONIBILE 18 62% INFORMAZIONE NON DISPONIBILE 41 84% INFORMAZIONE NON DISPONIBILE 57 75%

ORGANISMO DI VIGILANZA SETTORE AMBIENTALE SETTORE COSTRUZIONI SETTORE METALMECCANICO

5. Sintesi dei risultati e considerazioni

Alla luce delle criticità approfondite nei capitoli precedenti, il quadro emerso dalla presente indagine può dirsi in linea con le aspettative. Dai risultati ottenuti, appare lampante che la diffusione del Modello non si è ancora consolidata tra le piccole e medie imprese, nonostante sia passato quasi un ventennio dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 231 del 2001. Emerge chiaramente che il fattore dimensionale riveste un ruolo importante per la diffusione dei suddetti Modelli 231: il 13% del totale delle imprese di medie dimensioni ha adottato il Modello e, nel contempo, rappresentano il 69% del totale delle imprese che hanno adottato un modello organizzativo. Pertanto, si può supporre che le maggiori capacità finanziare e la relativa complessità organizzativa inducano le medie imprese a dotarsi di un’organizzazione interna tale da prevenire i reati presupposto previsti dal Decreto in esame. Tuttavia, il dubbio, sovente ribadito, relativo all’adeguamento ai dettami del D.Lgs. n. 231/2001 per un fine meramente formale persiste. Si tratterebbe, in tal caso, di adozione del modello, ma non di efficace attuazione.

Da un punto di vista settoriale, il trend di diffusione, invece, non è soggetto a discriminazioni di carattere dimensionale: sia per le piccole imprese, che per gli enti di medie dimensioni, il modello organizzativo risulta più diffuso fra le imprese appartenenti al settore ambientale, seguite da quelle appartenenti al settore delle costruzioni e metalmeccanico. Questo risultato può trovare giustificazione nell’aumento delle norme a tutela dell’ambiente e la maggiore attenzione ai temi ambientali negli ultimi anni. Invero,

secondo un recente report ISTAT21, il numero dei procedimenti aperti presso le Procure

dei Tribunali nazionali sono passati dai 4.774 del 2007, ai 12.953 del 2014 e successivamente calati ai 10.320 del 2016. Nel Nord i procedimenti sono pari al 30%, in particolare, la maggior parte delle violazioni contestate riguarda la gestione dei rifiuti e delle acque reflue. Nello specifico, sono cresciuti i casi di responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001: il numero di procedimenti con enti ritenuti responsabili amministrativamente di danno ambientale è cresciuto da 47 casi nel 2014 a 104 nel 2015 21 ISTAT, I reati contro ambiente e paesaggio: i dati delle Procure, 2018. https://www.istat.it/it/files/2018/07/Report_AmbienteEpaesaggio-10072018.pdf

per diminuire fino a 95 nel 2016. Inoltre, circa il 54% dei casi di coinvolgimento di enti quali responsabili oggettivi del reato riguarda i reati di gestione non autorizzata di rifiuti. Pertanto, è ragionevole sostenere che l’ampia diffusione dei modelli organizzativi tra le imprese operanti nel settore ambientale – in particolare, fra le medie imprese – è data dalla possibilità di esonero della responsabilità amministrativa dell’ente ex D.Lgs. n. 231/2001 a seguito della commissione, da parte delle persone fisiche, dei reati ambientali di cui all’art. 25-undecies del suddetto Decreto. In riferimento, invece, ai reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui all’art. 25-septies del D.Lgs. n. 231 del 2001, un report ISTAT22, seppur datato, ha messo in evidenza come fra i settori in cui il fenomeno degli infortuni sul lavoro è più diffuso, siano compresi il settore delle costruzioni – 3,4% – e quello dell’industria manifatturiera in senso stretto – 2,9%. Appare quindi ragionevole ipotizzare una reale e concreta spinta verso l’integrazione con i presidi necessari, in linea con il D.lgs. n. 231 del 2001, attraverso l'adozione di un Modello di Organizzazione e Gestione, in conformità anche all’art. 30 di cui al D.lgs. 81/2008. Ciò nonostante, questa necessità non trova corrispondenza nei risultati emersi, giacché, con riferimento alle medie imprese operanti nel settore metalmeccanico, la percentuale di diffusione – pari al 9% – risulta relativamente esigua.

In riferimento alle informazioni disponibili, la pubblicità del Modello di

Organizzazione e Gestione ex D.Lgs. n. 231/2001 risulta tendenzialmente limitata, giacché solo 49 imprese hanno pubblicizzato il suddetto modello, dando, per converso, particolare rilevanza al codice etico. Conseguentemente, le informazioni relative alla composizione dell’Organismo di Vigilanza sono risultate minime; ciononostante, la composizione prevalente appare essere quella di tipo collegiale, che si manifesta nel 55% delle imprese che hanno pubblicato la parte generale del modello organizzativo.

Infine, e non per ordine di importanza, l’analisi delle informazioni disponibili in ordine alla struttura organizzativa ha permesso di ipotizzarne la complessità: tendenzialmente, il 34% delle piccole e medie imprese che adottano il modello organizzativo ex D.Lgs. n. 231 del 2001 è caratterizzato da una struttura relativamente complessa; questo, tuttavia, non implica che il rimanente 66% sia dotato di un’organizzazione snella. Invero, da un punto di vista soggettivo, nel 60% delle suddette

22 ISTAT, salute e sicurezza sul lavoro, 2013.

imprese sono presenti procure, responsabili di funzione e direttori generali, mentre il Consiglio di Amministrazione ed il Collegio Sindacale sono presenti, rispettivamente, nel 73% e nel 76% delle imprese che sono dotate del modello organizzativo. Limitatamente a questi dati, si può supporre che il rischio relativo alla commissione di illeciti, presi a riferimento in questo lavoro, da parte di soggetti apicali di cui all’art. 5, co. 1, lett. a) del D.Lgs. n. 231/2001 e dai soggetti sottoposti di cui all’art. 5, co.1, lett. b) del Decreto sussista nella maggior parte delle imprese in esame.

In conclusione, l’analisi empirica svolta ha purtroppo manifestato una limitata

adozione dei suddetti modelli di prevenzione. Il confronto con il Rating di legalità23 e con

l’indagine dell’Osservatorio 23124 fa emergere una contrapposizione, giacché la

percentuale di imprese dotate del suddetto rating e la diminuzione dei procedimenti aperti in materia D.Lgs. 231/2001 non trovano riscontro nella diffusione dei Modelli di Organizzazione e Gestione ex D.Lgs. n. 231/2001. Parrebbe possibile ipotizzare che nelle piccole e medie imprese della Regione Veneto un ruolo fondamentale, a fini della prevenzione dei reati, sia dato da altri fattori, tra i quali le capacità dell’amministratore/imprenditore nel predisporre un’adeguata organizzazione. Inoltre, si può ritenere che con l’introduzione dei reati tributari nel comparto della disciplina del D.Lgs. n. 231 del 2001 si avranno significative implicazioni rispetto all’aggiornamento dei Modelli 231 e all’adozione di questi qualora non fossero già presenti. Invero, le rischiosità complessive in merito ai reati fiscali appaiono più ampie in presenza di strutture organizzative meno articolate e con minore presenza degli organi di controllo rispetto alle imprese di grandi dimensioni. Pertanto, nel caso in cui una impresa di piccole e medie dimensioni non sia dotata del Modello di Organizzativo, Gestione e Controllo ex D.Lgs. n. 231 del 2001 dovrà valutarne l’introduzione, al fine di evitare l’esposizione alle rilevanti sanzioni pecuniarie ed interdittive nel caso di commissione di un reato fiscale richiamato dall’art. 25–quinquiesdecies del D.Lgs. n. 231/2001.

23 V.d. Cap. III, par. 4.1. 24 V.d. Cap. III, par. 3.

Figura 17 – Elenco delle PMI che adottano il Modello 231 – settore ambientale. RAGIONE SOCIALE