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L'esodo di marzo, il primo ingente sbarco in Puglia

1.4 Intervista al Capitano della Vlora

2.2.1 L'esodo di marzo, il primo ingente sbarco in Puglia

Per circa due giorni, dal 6 a 7 marzo 1991, tra le acque internazionali e quelle territoriali italiane si svolse la prima operazione di interdizione di migranti da parte della Marina Militare italiana, un'operazione che, "con manovre cinematiche e intimidatorie"156avrebbe dovuto evitare l'arrivo nei porti delle navi.

Non vi fu l'esito sperato e la sera del secondo giorno, l'Italia scoprì di essere la terra promessa per migliaia di albanesi. Quel giorno arrivarono nel porto di Brindisi, a bordo di navi mercantili e di imbarcazioni di ogni tipo157, migliaia di persone. Fuggivano dalla crisi economica e dagli ultimi colpi di coda del comunismo in Albania. Un esodo biblico, il primo verso l'Italia: in un primo momento si contarono 18mila arrivi, ma con il passare delle ore il numero di profughi salì a 25mila. Già nella giornate precedenti, nei porti di Monopoli, Brindisi e Otranto, arrivavano su piccoli battelli centinaia di profughi, ma mai fino a quella mattina si era ancora registrato un flusso così grande. Nel porto di Brindisi erano decine i pescherecci gremiti di migranti. Nel pomeriggio precedente (5 marzo) si erano affacciate sul porto due grosse navi mercantili, cariche di 6.500 persone, che furono bloccate dalla Capitaneria di Porto. A queste due grosse imbarcazioni, la Tirana e la Lyria, durante la notte, se ne aggiunsero altre, tra cui la Legend colma di 5000 persone. E poi la Tirana, un mondo a parte158 i cui ospiti occuparono minacciosamente la banchina antistante. Sulla

155Don Jublani, intervista a Radio Vaticana Marzo 1991

156 http://www.pugliantagonista.it/osservbalcanibr/albanesi_marzo_91.htm. Lo scopo era far invertire la rotta dei boat people.

157"Una preoccupazione che riguarda sia i mercantili protagonisti nell' ultima fase dell' esodo, che battono tutti (o quasi) bandiera albanese, sia quelli delle ondate di marzo e di giugno, quando per scappare da Durazzo venivano usate indistintamente navi cipriote, panamensi, greche, rumene. Carrette del mare che dietro la abilitazione, fornita dai registri navali dei rispettivi paesi, nascondono a volte condizioni di vecchiezza e di estrema usura. L' Albania non aderisce alla conferenza internazionale dei registri navali, non rende conto al resto del mondo dei criteri in base ai quali rilascia i certificati alle proprie navi. Ed è un Paese praticamente senza industria cantieristica propria, le navi che formano la sua flotta mercantile sono acquistate di seconda, terza o quarta mano dopo essere state dismesse dalle flotte di altri paesi più ricchi"

Luca Fazzo, Ecco i nuovi pirati dell'Adriatico, La Repubblica, 09 agosto 1991

158"Per cinque giorni, del resto, la “Tirana” è stata un mondo a parte, isolata dal resto dei profughi, divisa fisicamente da un cordone di poliziotti e dall’ostilità degli albanesi che, invece, volevano rimanere ad ogni costo in Italia. Una ragazza ha subito un tentativo di violenza, è stata salvata solo dall’intervento di una volontaria. Le risse sono scoppiate a ripetizione, mentre gli uomini dell’equipaggio sono stati sequestrati a bordo del cargo. Quando la motonave si è staccata dal molo, i profughi “pentiti” hanno urlato a squarciagola “Albania, Albania”. Un cacciatorpediniere e due elicotteri della Marina militare italiana hanno scortato la nave fino alle acque territoriali albanesi, dov’è stata presa in consegna dalle motovedette di Tirana. Lo sbarco, a Durazzo, è avvenuto senza problemi. Il governo italiano ha avuto assicurazioni che hai profughi non sarebbero state applicate ritorsioni." C. Gerino, Gli albanesi lasciano il fronte del porto, La Repubblica, 12 marzo 1991

quella nave si scontrarono chi voleva tornare a casa e chi, invece, preferiva restare, chi voleva restare si scontrava con le forze di polizia. In totale le navi furono 5 compresa la Butrint, carica di sostanze tossiche. Il governo italiano aveva dato l'ordine di fermarle, in attesa della fine delle trattative tra parlamentari italiani e autorità albanesi in corso a Tirana159 ma alla fine non fu possibile rimandare indietro i migranti. Fu solo verso le 10 del mattino del 7 marzo che venne permesso alle navi di attraccare e ad alcuni imbarcati di scendere a terra. La banchina Sant’Apollinare del porto di Brindisi si riempì di uomini, feriti, donne e bambini (più di mille i minori non accompagnati160) stremati dal viaggio e dalle troppe ore passate in piedi o stipati come sardine nelle navi sequestrate dagli stessi albanesi nei porti di Durazzo e Valona dove l’esercito albanese aveva avuto l’ordine di non intervenire161.

Vista l’impossibilità di trattenerli su barconi stracarichi e a rischio di affondamento, la polizia italiana ruppe i cordoni e permise loro di scendere sulle banchine. La città di Brindisi ha tutt'oggi, un porto che penetra a fondo nel centro della città e che visto dall’alto sembra quasi un fiordo; il lungomare dove avevano attraccato gran parte delle navi immetteva direttamente sul corso principale. La città era stata in breve invasa e le autorità locali non sapevano bene che fare mentre il grande numero di persone riversato in città suscitava scalpore tra i cittadini baresi. Dalla Roma politica arrivava ancora l’invito, ormai assurdo, a rispedire indietro le navi.

Tra le tenebre di una burocrazia farraginosa spiccarono la compassione e la generosità dei cittadini brindisini, la gente comune garantì ciò che lo Stato aveva rifiutato.

“Brindisi è una città povera. Ma qui invece che una guerra tra poveri è sbocciata la solidarietà”162

"I profughi ricevettero soldi, dalle mille alle diecimila lire, sacchi di vestiti usati, pane, scatolette di carne e di tonno, e molti altri generi di prima necessità e non. Molte casalinghe lasciarono le occupazione quotidiane per portare ai profughi che vagavano per la città buste piene di viveri. Qualche negoziante fu più solidale di altri, e alcune tabaccherie distribuirono persino sigarette gratis. Ci furono anche forme di solidarietà organizzata . Si mobilitarono le

159"Dai giornali di martedì 12 marzo 1991 appresi che la missione di Martelli a Tirana era stata un successo. Il Presidente albanese Alia aveva preso solenne impegno a non consentire nuovi esodi di massa, si era impegnato a liberare tutti i prigionieri politici, aveva promesso che non avrebbe punito gli esuli che decidevano di fare ritorno in Albania. Le tre condizioni imposte da Martelli a Ramiz Alia per sbloccare immediatamente dieci miliardi di lire di aiuti alimentari erano importanti soprattutto dal punto di vista psicologico."

Giuseppe Marchionna, Diario dall'inferno di Brindisi, 2011, p. 94

160Claudio Gerino, La protesta nelle tendopoli lager, l'Italia deve riconoscerci", La Repubblica, 23 marzo 1991 p. 14 sez. Politica Estera

161Fatos Nano ammetterà poi di aver dato istruzioni circa l'eventualità di sparare sulla folla, nel caso la scelta di non intervenire non avesse pagato.

confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil che in collaborazione con le aziende, furono in grado di assicurare un gran numero di pasti caldi."163

Parallelamente si erano attivate anche la Croce Rossa italiana, la Caritas e il mondo cattolico. Ovunque si crearono centri di raccolta viveri e indumenti da donare ai profughi. "Radio Dara" e "Radio Ciccio Riccio", permisero di diffondere appelli in lingua albanese per rintracciare i famigliari dispersi.164 Un primo nucleo venne rimpatriato la domenica con la nave Tirana, consapevoli della gravità della scelta compiuta tornarono verso l'Albania:

"Uno porta alla tempia indice e medio unito e pollice divaricato, e mima il suicidio dei compagni che hanno scelto di ripercorrere a ritroso il Canale d’Otranto."165

La stampa italiana lamentava la mancanza di sensibilità che stava dietro alle scelte del governo. La stessa stampa aveva abbracciato quel popolo ed era consapevole della sofferenza a cui andava in contro tornando in patria, questo atteggiamento mutò sensibilmente in occasione dell'esodo di agosto, a distanza di soli pochi mesi.

"Obbliga ad abbassare gli occhi l’immagine della nave che è ripartita da Brindisi, riportando in patria millequattrocento albanesi. E’ l’immagine del rifiuto, dell’indifferenza elevata a sistema, del cinismo di fronte all’uomo in situazione di bisogno. [...] Quella nave che riparte è il simbolo del no all’uomo. Eppure soltanto meno di due mesi fa anche in nome della solidarietà si decise in poche ore di offrire un variegato contributo per ridare la libertà a un popolo aggredito. Ora in vari giorni non si è riusciti a pensare nulla nei riguardi di un pezzo di popolo che chiedeva e chiede libertà e pane."166

Prima dell'organizzazione di un piano profughi da parte delle autorità passarono quattro giorni. Lionello Boscardi, componente della delegazione dell’Alto Commissario dell’Onu per i rifugiati, a Brindisi fin da subito, dichiarò di aver visto “cose terribili che non mi sarei mai aspettato in nessun Paese del mondo”. Frattanto in una Conferenza tra Stato e Regioni fu raggiunta l'intesa per la ripartizione167 degli stessi profughi in diverse Regioni al fine di alleggerire la pressione in Puglia e favorire un più facile inserimento nel tessuto socio-economico del territorio di accoglienza scelto per i profughi168. Furono così trasferiti con i treni in Piemonte, Friuli, Lombardia, Veneto, Emilia

163http://www.brindisireport.it/cronaca/2011/03/04/i-giorni-dellepopea-quando-brindisi-apri-le-braccia-al-popolo- albanese/

164Annalisa Albanese, I giorni dell’epopea, quando Brindisi aprì le braccia al popolo albanese, Brindisi Report, 4 marzo 2011

165M. Orlandini, Altri disperati in cerca del rimpatrio, Quotidiano di Brindisi, 12 marzo 1991 166M. Manno, Protezione civile? Solo di nome, Corriere della Sera, 12 marzo 1991

167Circolare del Ministero dell'Interno n. 559/443/186203 indirizzata ai questori e per conoscenza ai Prefetti

168"Un piano concordato nella cosidetta Conferenza Stato regioni e con le Prefetture e i Commisari di governo, di concerto con i Presidenti delle Regioni Italiane, e resosi sempre più urgente per alleggerire la pressione della presenza massiccia di migliaia di profughi soprattutto in alcune zone come la puglia e la basilicata, inidrizza gli

Romagna, Sicilia, Puglia e Basilicata. Inizialmente qualcuno fu alloggiato presso delle strutture ricettive della zona, qualcun' altro fu stipato nei vagoni ferroviari ma la gran parte dei profughi fu costretto a trascorrere le prime notti all’aperto, sulle banchine del porto, ammucchiati per terra ed al freddo coperti solo da teli di plastica distribuiti dalla Croce Rossa Italiana. Nel piano-profughi erano previste la sospensione delle lezioni e la requisizione di trentasei scuole che vennero sgomberate dell’arredo scolastico per fare posto alle migliaia di persone169. I punti di accoglienza pugliesi si rivelarono quelli con un maggiore tasso di tensione: le tendopoli erano troppo affollate, tanto da diventare veri e propri "lager". I campi, normalmente, erano isolati dalla città (come a Cagnano Varano), i servizi ridotti all' essenziale. La malavita locale, frattanto, tentava di infiltrarsi tra i profughi, per reclutare manovali per rapine furti e contrabbando, ma soprattutto donne da avviare alla prostituzione. Ciò che angosciava maggiormente i superstiti era il riconoscimento giuridico dei rifugiati politici. Le pratiche di regolarizzazione delle singole posizioni ritardavano e senza documenti in regola non era permesso uscire dalle tendopoli né accettare le offerte di lavoro. Ben presto mancò anche il sussidio di 25 mila lire al giorno che spettava ad ogni rifugiato politico peggiorando, se possibile, la condizione di indigenza dei profughi. Nessuno, poi, li informava su quanto stava avvenendo nel loro Paese e in Italia.

"La situazione sanitaria dice il direttore dell' ospedale Di Summa, Giovanni Corso è meno drammatica dei giorni scorsi, ma pur sempre grave. Quello che più ci preoccupa è la condizione di promiscuità nelle scuole. I militari bruciano i vestiti dismessi. I ricoverati sono, al momento, 187: in venti hanno malattie infettive, uno ha una sospetta epatite ed è in isolamento. I bambini, nel reparto pediatria, sono 42. Ci sono due casi di scabbia e uno di epatite virale."170

Le condizioni igienico – sanitarie erano pessime, il che determinò il pericolo di epidemie e la nascita di una task force sanitaria del governo171. La risposta del governo italiano ai costanti richiami dell’amministrazione locale (nella figura del sindaco Pino Marchionna) e di alcuni rappresentati nazionali, fu completamente inadeguata se non inesistente. Il ministro della Protezione civile, Vito Lattanzio, al quale il Consiglio dei Ministri conferì poteri straordinari172

albanesi in centri di raccolta [...]"

Pittau F. Reggio M., Il caso Albania: immigrazione a due tempi, Studi Emigrazione, XXIX, n° 106, 1992 p. 229 169"Nelle scuole spiega Giuseppe Marchionna sono alloggiati 12.100 profughi."

Claudio Gerino, Brindisi, indagine sui ritardi di stato, La Repubblica, 13 marzo 1991 p. 7 170Ivi.

171"I vigili sanitari del Comune di Brindisi calcolarono che almeno il 15% dei profughi era affetto da scabbia" L’esercito è mobilitato. Task Force della Sanità, Corriere della Sera, 12 marzo 1991

172"Fino a mercoledì il flusso dei profughi era contenuto. Lattanzio ha avuto la nomina di commissario straordinario quando su Brindisi si sono improvvisamente rovesciate venti navi stracolme di esuli”.

venne incaricato di coordinare tutte le iniziative decise dal governo. L’allora vice presidente del Consiglio, Claudio Martelli, si preoccupò di avviare attraverso i mass media una campagna di informazione "obiettiva e onesta" che “produca una’azione di dissuasione nei confronti delle migliaia di albanesi pronti a partire alla volta dell’Italia” temendo che l’immagine di accoglienza e "paradiso terrestre" offerta da alcuni programmi televisivi rispetto all'Italia e comunque visibili anche oltre il Canale d’Otranto, potessero incrementare le partenze dall'Albania. Nella lista delle priorità, una scelta discutibile, visto che la presenza dello Stato non era percepita da chi lottava contro l'emergenza nel porto:

"Noi? No, no, non vedevamo nessuno. Vedevamo solo facce smunte e disperate che, davanti ai nostri occhi, improvvisamente sbarravano gli occhi. E corpi che si afflosciavano nel fango, svenuti. L’esercito, la protezione civile? No, signore, nessuno. Ci hanno lasciati soli. Ora posso dire, soli dal primo all’ultimo minuto. Da quando ho visto la cima della Tirana attraccarsi all’ormeggio, a quando si è intravista da lontano la sagoma che scompariva.”173 L’America eravamo noi. Il governo evitò di dichiarare lo stato d’emergenza e far convergere su Brindisi uomini e mezzi specializzati, che, con tendopoli, cucine e ospedali da campo, avrebbero alleggerito gradualmente il peso sostenuto dai cittadini. Gli Alpini promessi non arrivarono mai a Brindisi174. Tutto questo scatenò un turbinio di accuse nell'arena politica, che non riguardarono soltanto il collasso della legge Martelli, non soltanto il fallimento della gestione dell'emergenza, ma anche il presunto sabotaggio della macchina dei soccorsi, in modo tale da scongiurare nuovi arrivi. Accuse eticamente molto pesanti, ma arrivate a pioggia da varie parti del mondo politico.

Come riportato dalla stampa, si ricordava che l’errore era stato quello di non prevedere. Le parole pronunciate da Gennaro Acquaviva, capo della segreteria politica di Craxi, nel difendere l'operato del governo durante l'emergenza, erano chiare

"L’Albania non sta dall’altra parte della Terra. Avere la consapevolezza di quello che stava

F.Mil., "Martelli chiede scusa ai profughi", La Stampa, 12 marzo 1991

“La macchina della Protezione civile è stata dotata dei poteri necessari nella giornata di venerdì. E da allora, con ritardo e a fatica, ha cominciato a muoversi. È vero che siamo stati tutti colti impreparati. Ma l’improvviso arrivo di 15-20 mila profughi in unacittà di 80 mila abitanti non poteva che travolgere i modesti presidi sanitari esistenti. Era necessario uno sforzo organizzativo eccezionale, per il quale mancava tutto, persino una legge che lo consentisse. Peraltro non dobbiamo dimenticare che in altripaesi non hanno affrontato le cose con migliore preparazione della nostra (Martelli si riferisce ai boat-people rifiutati dagli inglesi a Hong Kong come ai profughi cubani negli Stati Uniti").

C.Chianura, Tirana libera subito i prigionieri politici, La Repubblica, 12 marzo 1991 173C.Ch., Vi racconto l’inferno di Brindisi, La Repubblica, 12 marzo 1991.

174 "Io sono ancora molto preoccupato - commenta il sindaco Marchionna. Finalmente abbiamo avviato un censimento nominativo, ma non vedo quella efficienza che mi aspettavo. E le promesse, spesso, rimangono lettera morta. Ad esempio, avevano giurato che avrei avuto 200 alpini. Una controcircolare ha abolito il provvedimento. Quindicimila persone sono ingovernabili, senza organizzazione”.

accadendo più che una possibilità era un dovere, poiché era facilissimo comprendere che sarebbe stata proprio l’Italia il primo Paese sul quale si sarebbe rovesciato il dramma"175 Il Governo venne preso alla sprovvista176 e questo si deduce da due fattori: il comportamento contraddittorio mantenuto durante tutta la vicenda, e la legge stessa sull'immigrazione, la 39/90 concepita e varata mentre la situazione albanese era già in ebollizione, e questo dimostra la scarsa lungimiranza della classe politica al comando. La legge 39/90 venne a regolarizzare anche il cittadino straniero, ma a condizione che alla data del 30/12/1989 fosse già in Italia e purchè denunciasse la sua presenza entro il 28 /06 /1990. Era chiaro che il massiccio afflusso che caratterizzo il periodo immediatamente successivo non fosse contemplato, tant'è che il Governo nel cercare una soluzione al problema dovette derogare alla legge177. L'Italia, rispolverando vecchie norme sull'ordine pubblico fece quindi ricorso ad una normativa ad hoc (precisamente un decreto prefettizio) ed accordò ai fuggiaschi un permesso di soggiorno straordinario per la durata di un anno autorizzando l'iscrizione degli stessi nelle liste di collocamento178. In questo lasso di tempo gli albanesi avrebbero dovuto frequentare dei corsi di formazione, trovare un lavoro e una casa, dimostrando così di non rappresentare un peso per lo Stato Italiano.

Così, Antonio Gambino su l'Espresso:

"Nelle vicende sicuramente provocate dall'improvviso arrivo in Italia dei profughi albanesi, è possibile individuare tre aspetti, che è opportuno tenere distinti. In primo luogo vi è un aspetto personale; vale a dire la leggerezza, e spesso il cinismo, con cui lo Stato italiano ha affrontato questa emergenza. Totale mancanza di idee, dichiarazioni inopportune, incapacità di agire - quando non addirittura, volontà di non decidere, per scoraggiare in tal modo un ulteriore esodo - hanno caratterizzato per la prima settimana, i comportamenti ufficiali. Il secondo aspetto è che se anche le reazioni dei singoli fossero state molto più tempestive ed efficaci, i risultati non sarebbero stati tuttavia migliori [...] Al tempo stesso davanti alle proteste suscitate dalle immagini proposte dalla televisione, è bene tenere presente che è questo, e non un altro lo Stato che abbiamo deciso di avere. Vi è in fine un terzo aspetto che riguarda non

175M.M., In Puglia arriva l’esercito per alleviare i disagi, Corriere della Sera, 10 marzo 1991

176“Ad ogni calamità naturale o civile riscopriamo di avere uno Stato vecchio, lento o asmatico. Le strutture hanno scricchiolato, perché quelle pubbliche sono sempre state deboli in Italia.Non abbiamo una guardia costiera, il livello di professionalità nell’esercito di leva è assai basso e il ministero della Protezione civile, di civile ha soltanto il nome”.

B.Tucci., Occhetto spara a zero “Non funziona niente", Corriere della Sera, 12 marzo 1991

177 Barjaba K., Dervishi Z., Perrone L., L'Emigrazione albanese: spazi, tempi e cause, Studi Emigrazione, XXIX, n°107, 1992, p. 532.

178Determinando un trattamento differente, preferenziale, rispetto ad immigrati di altre nazionalità le quali stigmatizzarono aspramente il fatto.

Circolare del Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale n . 5018 del 3 aprile 1991 indirizzata ai Direttori degli Uffici generali del Lavoro, ai capi degli Ispettorati regionali del lavoro

solo l'Italia. Il repentino arrivo dei quindicimila albanesi rappresenta, infatti, solo un episodio di un fenomeno molto più complesso, quello di una spinta verso l'immigrazione di massa". Tanto più, conclude l'autore, "che il sistema moderno di comunicazione annulla le distanze e gli albanesi, che regolarmente ricevono Rai Uno ed alcune televisioni private pugliesi, hanno un reddito venti volte inferiore"179

Il finale dell'articolo, seppur scritto agli albori delle partenze dall'Albania già evidenziava due dei fattori propulsivi che caratterizzarono le successive migrazioni che vennero accolte dall'Italia, le 7 mila persone di quei giorni ad esempio, un piccola parte sul totale di 50 mila arrivi nell'anno 1991180. 100 mila vennero successivamente rimpatriate dalla Grecia, soltanto per il periodo di dicembre. Da marzo 1991, 300 mila persone, abbandonarono il proprio Paese181. Numeri che rendono l'idea di come fosse catastrofica la situzione di la d'Adriatico. Alla scadenza del 31 luglio, l'ultima data utile per esibire le credenziali per restare in Italia, secondo fonti del Ministero

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