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Piramyd Crisis Migration

1.4 Intervista al Capitano della Vlora

2.4.1 Piramyd Crisis Migration

La terza ondata migratoria fu ulteriormente dammatica ed avvenne all'inizio del 1997 come conseguenza del crollo del sistema finanziario piramidale che era emerso come alternativa al sistema bancario, ancora scarsamente sviluppato e regolamentato nel Paese. In un clima di fallita pacificazione nazionale, con una economia fortemente dipendente dagli aiuti esterni e dagli equilibrismi della politica estera del premier democratico, il Paese non resistette allo shock dovuta alla crisi delle piramidi. La maggior parte dei migranti della diaspora albanese spediva normalmente denaro in patria che veniva utilizzato prevalentemente per le esigenze familiari, ma furono tantissimi coloro che decisero di destinarne una parte, nei "saving scheme"312 offerti dalle società piramidali, che promettervano interessi sui depositi fino al 50% al mese.

Le piramidi finanziarie crebbero rapidamente arrivando ad offrire interessi dal 15 al 100% su depositi da tre mesi313. Una consistente fetta della popolazione investì i proprio risparmi, riversando in questo sistema tutto ciò che aveva, allettata dalla prospettiva di soldi facili e in tempi brevi. Al suo collasso, il sistema piramidale, trascinò nella bancarotta più della metà della popolazione314 Politicamente, Berisha, abbandonato dagli USA, accusò da subito il PSA di fomentare le rivolte (Nano e Alia erano stati liberati dalle carceri) principalmente concentate nel Sud tosco, a Valona in particolare. Il capo di Stato Medianj decise così di nominare capo del "governo di salvezza nazionale" un socialista del Sud Baskim Fino315, nella speranza che questi potesse rappresentare un interlocutore valido per i dimostranti.316 Quando la sua nomina, lungi dal calmierare il Sud, scatenò

312Uno schema piramidale o piramide, altro non è che un piano di investimento che promette profitti in base al reclutamento di altri addetti alle vendite. Non si ha dunque alcuna vendita genuina di prodotti o servizi. Si tratta dell’esasperazione del Multi-level Marketing(MLM) , definibile come un programma di marketing in cui ogni partecipante acquisisce il diritto a reclutare ulteriori partecipanti per vendere prodotti o servizi e a ricevere una percentuale perle vendite finali. Nel caso di una Piramide il processo di reclutamento va avanti tendendo all’infinito, fino a quando inevitabilmente collassa. Nel migliore dei casi si hanno poche persone che ne escono arricchite. Il nome “piramide” si riferisce alla forma triangolare del diagramma di questo schema: al vertice una persona può reclutare n persone che costituiscono il secondo livello e a loro volta assumono m persone che costituiscono il terzo, e così via. Per ulteriori informazioni si può consultare il sitointernet del Multi Level Marketing Watch Group http://www.mlmwatch.org

313Ibidem

314King, R. & N. Mai, Of miths and mirrors: Interpretations o f Albanian migration to Italy". Studi Emigrazione 39, n. 145, 2002, p. 167

315Preferito a Fatos Nano che messo sotto inchiesta per corruzione dalla WB.

316Berisha accolse la decisione positivamente. C'era il rischio di un colpo di Stato comunista, e le rivolte erano maggiormente localizzate nelle zone dove il PPSH era maggioritario. Un ulteriore propagarsi delle violenze avrebbe

le rivolte al Nord, andò in onda la confusione pura317.

La situazione di emergenza riportò in alto la spinta migratoria. Le violenze tra fazioni spaccarono il Paese, in poco più di una settimana, dal 13 al 23 marzo, approdarono in Puglia più di 13 mila profughi a bordo di centinaia tra pescherecci, mercantili e la flotta della Marina militare quasi al completo. In un triste replay, su scala maggiore, di quanto accaduto sei anni prima, trovarono riparo nei porti di Bari, Barletta, Molfetta, Brindisi, Monopoli, Vilanova, Otranto. Su queste navi era imbarcata un' Albania che pareva essersi dissolta per poi ricomparire a brandelli sulle coste pugliesi. I boat people erano uomini donne e bambini, profughi, clandestini, criminali, ministri e funzionari318, disperati come chi li aveva preceduti su quelle banchine. Costoro portavano con se qualcosa, qualche soldo e qualche valigia, tracce della speranza che l'Albania di fine decennio avesse potuto davvero rialzarsi. Tra coloro che abbandonarono il Paese in quel periodo ci furono anche i figli di Berisha319. I profughi vennero schedati e spalmati su 56 centri di accoglienza nelle province di Bari, Brindisi e Lecce costituiti da conventi, ospedali, caserme, masserie, case di riposo e scuole riconvertiti ad hoc. Fin da subito vi furono dei tentativi di fuga. Tra dicembre 1996 e aprile 1997 qualcosa come 30 mila migranti sbarcarono sulle coste italiane, 40 mila raggiunsero il territorio greco ma la maggioranza, venne rimpatriata.320 La popolazione fu costretta a metabolizzare, di nuovo, l'alternativa 'emigrare'. Quella italiana, dal canto suo, non riusci a riproporre la solidarietà mostrata in occasione del primo sbarco del 1991.

Questa fase della migrazione "shquiptara" può essere divisa in due parti temporalmente distinte: durante la prima metà di marzo, ad emigrare furono soprattutto famiglie della urban middle-calss di Valona (le stesse che scommettevano sull'immigrazione della prole nella fase precedente) e dell'area circostante, che organizzavano i viaggi da sole, su mezzi comprati per l'occasione, con la principale preoccupazione di fuggire dalle violenze. Le componenti del flusso cambiarono a fine mese, arrivarono in Italia giovanissimi soli, una massa atomizzata di individui che provenivano dalle campagne, o erano arrivati da poco tempo nelle città321 seguendo la direttrice di quel flusso migratorio inteno che spostava così tanta gente verso le ricca città costiere. In questo periodo lo

escluso definitivamente il PD dal bacino elettorale del Sud.

317Berisha aveva avallato la candidatura di Fino solo perchè in grado di controllare Lazarat e i contrabbandieri del Sud che se fossro entrati in guerra con differenti padrini politici avrebbero agito a discapito del PD, in minoranza nella zona.

Emmanuela C. Del Re e Franz Gustincich , Il puzzle di Tirana, Limes 3/1998 Il triangolo dei Balcani.

318"Al 21 marzo dei diecimila albanesi arrivati in puglia cirac 4 mila vengono trasferiti in altre regioni, 325 rimpatriati (tra cui 288 pregiudicati); 342 sono i militari fuggiti"

Niccolò Carmineo, ", Svizzera dei balacani o colombia d'europa?", Limes 1/1997 Albania Emergenza Italia, p. 71 319 Marina Mastonica, Esodo di militari dall'Albania. Fuggono in Italia i figli di Berisha, L'Unità, 14 marzo 1997 320Council of European Union, giugno 2000, p. 13

321Flavia Piperno, From Albania to Italy. Formation and basic features of a binational migration system, Cespi, maggio 2002, p. 3

sviluppo delle organizzazioni dedite al trafficking è massimo. Di contro, in quei mesi, furono dispiegati al massimo i sistemi di controllo del fenomeno migratorio come la forza multinazionale sotto comando italiano presente in Albania (Missione Alba322) ed autorizzata al controllo dei confini marittimi che riuscì a contenere nuovi flussi e porre freno agli arrivi entro la fine del mese di marzo. La tensione venne però rinfocolata dalla tragedia della Krater i Rades, la nave albanese speronata da una motovedetta italiana

La contabilità, alla fine del'emergenza segnava l'arrivo di 16.964 cittadini albanesi immigrati nel nostro Paese su un totale di 70 mila cittadini albanesi partiti.323 Di questi 10.425 risultarono poi titolari di un permesso di soggiorno bereve (chiamato per l'occasione di "asilo umanitario", in ottemperanza della legge 128 del maggio 1997), 6517 sono stati rimpatriati, di cui 449 con sussidi dello Stato italiano. Molti hanno abbandonato i centri di accoglienza in cui ne rimasero solo 1840 alla data del 30 novembre 1997, deadline per i rimpatri324. Furono numeri ben più bassi delle precedenti ondate migratorie del 1991, ma di questo la stampa sembrò non accorgersene, continauando a promuovere il messaggio di sei anni prima: i migranti economici e la criminalità organizzata stavano preparando "l'invasione" della nostra penisola.

Questo esodo, definibile in accordo con Pastore come "forced migration" quindi un allontanamento segnato dalla coercizione, fu diretto principalmente in Italia e non si sviluppò in parallelo ad un flusso verso la Grecia325 come accadde nel 1991. La motivazione, suggerisce Pastore, sta nel migliore trattamento offerto ai clandestini dall'Italia rispetto alla Grecia, e una maggiore prossimità geografica dei flussi migratori al nostro Paese, quindi una maggiore facilità di accesso. Si deve infatti tenere conto che nel Sud del Paese si combatteva per il controllo delle arterie di comunicazione e le strade erano campo di battaglia, per questo difficilmente percorribili nel tentativo di guadagnare il confine Sud

Da registrare il cambio di approcio del governo italiano e dell'opinione pubblica tutta rispetto agli

322"Sollecitata dall'OSCE e dall'ONU e approvata il 9 aprile 1997 dal Parlamento malgrado il voto contrario di una parte della maggioranza di Governo (RC), si è svolta dal 13 aprile al 12 agosto, ufficialmente per consentire la distribuzione di aiuti umanitari ma in realtà per impedire la guerra civile e consentire di avviare a soluzione la crisi politica albanese [...] Composta da 7.000 uomini di 11 Paesi, fra i quali circa 3.000 italiani, la Forza Multinazionale di Protezione (FMP) ha effettuato in quattro mesi di attività circa 1.700 azioni operative, in massima parte per la scorta a convogli che hanno consentito alle Organizzazioni umanitarie di distribuire oltre 5.700 t di viveri, medicinali, sementi e vestiario. Per i turni elettorali del 29 giugno e del 6 luglio sono state inoltre effettuate 674 missioni di sicurezza a favore degli osservatori OSCE, con un impiego di 2.500 uomini."

http://www.esercito.difesa.it/Attivita/MissioniOltremare/MissioniconiReparti/MissioniMultinazionali/Pagine/AlbaA lbania.aspx?status=Conclusa

323Alison Jamieson, Alessandro Sily, Migration and Criminality: the Case of Albanians in Italy , Ethnobarometer Programme, Working Paper Number 1, 1998

324 Terzo Rapporto sulle Migrazioni, Franco Angeli, Milano, 1998, p. 19 325Nel 1997 gli albanesi in Grecia si attestano sulle 50 mila unità.

esodi di 5 anni prima, dell'agosto 1991. Per la maggior parte degli albanesi l'accesso all'occidente tramite l'Italia non era più il tentativo di accaparrarsi i sogni offerti dal mondo capitalista propagandato dalla splendente televisione italiana. Attraversare l'Adriatico era l'unica via di sopravvivenza rispetto ad un inimmaginabile e sempre più profonda crisi economica in cui le stesse nazioni occidentali avevano giocato un ruolo cardine sostendo le politiche neoliberiste che avevano portato al progressivo deterioramento della situazione. L’Italia reagì a questa nuova emergenza come una società vittimista, con toni di difesa retoricamente giustificati dall’“invasione albanese” cui la stampa faceva continuo riferimento

Questa ultima rappresenta la trasformazione dell’emigrazione albanese da un’emigrazione di clandestini in un’emigrazione di tipo “forced migration of displaced people”.

2.4.2 La decretazione d'urgenza

Il crollo delle società piramidali determino un nuovo impegno per il governo che si trovò a dover adottare le misure necessarie per far fronte ad una nuova emergenza sbarchi. Era il marzo del 1997 La crisi albanese del 1997 non venne percepita come un problema europeo. Stando ai fatti, le conclusioni del Consiglio dei Ministri dell'unione Europea del 24 marzo si erano limitate a prendere atto dell'esistenza di due inziative internazionali nell'area (italiana e di altri Stati Europei, sotto l'egida dell'Onu e dell'OSCE), ad assumere la decisione di mandare un 'Advisor Mission" in previsione di azioni future, infine ad autorizzare un intervento di ECHO per alleviare le sofferenze del Paese provvedendo alle urgenze.326 La mancanza di un azione comune può essere ritrovata nell'incapacità di trovare una posizione consensuale circa la possibilità di intevenire, del resto molti degli interessi dei maggiori stati, in quel momento, erano lontani dall'area. Era qindi palese l'impossibilità di agire sotto l'artico j3327

Le iniziative internazionali a cui si faceva riferimento erano: la missione diplomatica OSCE intenta a rilanciare l'immagine delle istituzioni albanesi e l'iniziativa armata sotto mandato ONU che coinvolgeva gli stati rivieraschi ed i loro appetiti nazionali.

Rispetto al rischio migratorio affrontato dalla sponda sud dell'Europa non venne presa nessuna

326Security Council resolution, March 28th 1997, n.1101 / Permanent Council decision, March 27th 1997, n.160./ European Parliament, Resolution on the Situation in Albania, April 10th 1997, B4-0300, 0336, 0338, 0339 and 0340/97.

327 Art. J3: introduzione delle “azioni comuni” accanto alle tradizionali dichiarazioni comuni. Le azioni comuni si adottano normalmente con il voto a maggioranza qualificata. Sembra una rivoluzione copernicana, ma in realtà all’eventuale voto a maggioranza qualificata si giunge dopo il passaggio attraverso tre votazioni all’unanimità : nel Consiglio europeo si fissano le linee generali (unanimità); nel successivo Consiglio dei ministri si definisce sia il principio su cui si basa l’azione comune, sia la volontà di adottare per essa il voto a maggioranza qualificata (doppia unanimità)

iniziativa in sede europea,e nello specifico la gestione dei flussi migratori non venne inserito nel mandato della Forza Multilaterale autorizzata dal Concilio di Sicurezza dell'Onu328 che quindi configurò il proprio intervento come un azione indiretta, imponendosi come fattore di prevenzione circa una migrazione di larga scala e facilitando l'assistenza umanitaria e la distribuzione dei viveri. Il governo italiano adotto una linea che si può definire come una ammissione selettiva e temporanea, che non permise il trattamento dei profughi provenienti da oltre Adriatico come rifugiati329 ma venne loro garantita esclusivamente la protezione temporanea. In particolare la decretazione d'urgenza del governo n°60 del marzo 1997 (successivamente convertita nella legge n°128/1997 nel maggio del medesimo anno) autorizzava i questori a concedere permessi di soggiorno (della durata dai 6 a i 19 giorni) a “stranieri di cittadinanza albanese bisognosi di assistenza umanitaria e di protezione, se esposti in patria a grave pericolo per l’incolumità personale” (articolo 2, par.1).

Il Decreto prevedeva un soggiorno temporaneo, che fu prorogato due volte e che fino a scadere il 30 novembre 1997 ed anticipava alcune misure previste nel Progetto di Legge sulla Immigrazione, in particolare i Centri di accoglienza.

Il campo veniva poi ristretto con una ulteriore precisazione.

“cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea segnalati per attività connesse all’organizzazione o all’agevolazione dell’immigrazione clandestina, della prostituzione, del traffico di armi e di sostanze stupefacenti o psicotrope, ovvero per attività comunque pericolose per la sicurezza pubblica o per gravi reati contro la vita e l’incolumità delle persone” (articolo 2, par.2). I criteri e le condizioni per il rimpatrio erano complesse. Nei fatti venne dichiarato uno stato di emergenza che autorizzava le autorità a deportare i cittadini albanesi che erano sprovvisti di permesso di soggiorno derogando alla normale legislazione sule espulsioni. Il programma stesso di

328E' necessario tenere conto che le scelte potevano complicare ulteriormente la situazione dal momento in cui solo alcuni stati erano stati espliciti nell'intendo di risolvere il problema migratorio e perchè c'era il rischio della violazione dell'articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che inicava come diritto di ogniuno la possibilità di lasciare ogni Paese compreso il proprio

329 Almeno fino alle soglie del 1989, l'Italia si è prevalentemente considerata come "paese di transito" per i rifugiati e non come "paese di asilo permanente".Con il passare degli anni l'Italia è diventata un "paese di immigrazione" ed il compito di riconoscere i c.d. "rifugiati genuini" (bona fide refugees) diventerà sempre più difficile e delicato. Questo compito venne affidato alla Commissione Centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, prevista dalla nuova procedura di asilo in base alla Legge 39/90 e al Decreto del Presidente della Repubblica 136/15 maggio 1990, e divenuta operativa nel marzo 1991 in occasione della c.d. "emergenza albanese", con conseguente cessazione delle funzioni svolte fino allora dalla Commissione Paritetica di Eleggibilità.La richiesta di attivazione dell'istituto dell'asilo viene richiesto da 1685 cittadini albanesi durante la crisi del 1997 Precedentemente la richiesta di asilo da parte dgli albanesi aveva seguito questa progressione: 1991 23.317 richieste di cui 17.758 albanesi, furono 160 sui 2493 del 1992 (numero basso spiegabile con la possibilitò di accedere allo status umanitario attivato a causa delle situazione in kossovo) poi 59 nel 1993 e 39 nel 1994

Dr. Giovanni Ferrari, funzionario UNHCR Italia, Rifugiati in Italia, Excursus storico-statistico dal 1945 al 1995, 1996

rimpatrio fu graduale e molto selettivo330. Nella prima fase (fino al 31 agosto) alcune categorie vennero escluse

- “persone per le quali persistano esigenze eccezionali ed attuali di protezione temporanea” (art 5, direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 giugno);

- “persone assistite da familiari entro il quarto grado, regolarmente soggiornanti, ovvero che partecipano alle attività di formazione professionale di cui all’articolo 1, comma 3, del citato decreto-legge n.60 del 1997” (art.6, direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 giugno) Successivamente, con l'avvio della seconda fase le sole categorie escluse furono: quelli malati, i titolari di un permesso di soggiorno famiglare, chi avesse bisogno di ulteriore protezione per ragioni umanitarie, nonchè coloro che erano stati assunti, i richiedenti asilo e coloro che erano in attesa di risposta331

A coloro che decisero di rientrare vennero proposti incentivi. Tra giugno e luglio vennero approvati incentivi finanziari ma non riscontrarono successo, come sappiamo, seguì l'introduzione delle quote332.

In ordine alla prevenzione di ulteriori flussi l'azione dello Stato si dispanò su due livelli: da un lato vennero attuate misure bilaterali e multilaterali per aiutare le autorità albanesi a riconquistre il completo controllo sulle aree costiere da cui partivano i gommoni. D'altro canto vennero adottate misure decise sulla base di accordi bilterali da attuare come deterrente al trasporto illegale di migranti attraverso l'adriatico. Il protocollo firmato dai due Stati nell'aprile 1997 autorizzò la Marina Italiana e le Capitanerie di Porto a pattugliare con propri mezzi le acque internazionali e quelle nazionali dell'Albania con obbiettivo

“... il fermo in acque internazionali ed il dirottamento in porti albanesi da parte di unità delle Forze Navali italiane di naviglio battente bandiera albanese o comunque riconducibile allo Stato albanese, nonché il fermo in acque territoriali albanesi di naviglio di qualsiasi bandiera che effettui trasporto di cittadini albanesi che si fossero sottratti ai controlli esercitati sul territorio albanese dalle Autorità a ciò preposte”

Il tipo di risposta, basato sulla deterrenza venne duramente criticato dall' UNHCR e portò alla tragedia della Kater i Rades

330UNHCR aveva iniziato, esaudendo le richieste del governo albanese, un programma di assistenza tecnica per creare un sistema di asilo all'interno dell'Albania . Come messo in luce da Dr. Vranitzky "Working Group on the International Effort to Support Albania” del 14 Octobre 1997, la richiesta venne dal governo albanese “has to be seen in the context of a considerable transit migration of asylum seekers through Albania (about 10,000 persons per year) and forthcoming readmission agreements which will affirm Albania’s responsibility to readmit third country nationals/stateless persons who illegally crossed from Albania into Western countries”.

331Direttiva del Presidente del Cosiglio dei Ministri del 29 Novembre 1997, art 3 e 4.

332Durante il 1998, seguendo il decreto del Ministro degli affari Esteri che conteneva i criteri per la “Programmazione dei flussi migratori"” (24 Dicembre 1997, in Gazzetta Ufficiale, Serie generale, 2 gennaio 1998, n°1,p.13), più di 20,000 cittadini europei vennero ammessi a lavorare in Italia (includendo i lavoratori stagionali).

“UNHCR’s position on interdiction has traditionally been and remains that it is not an appropriate way to respond to a mass outflow especially when, among those leaving, there may be people who have genuine concerns about their physical security and safety. Ther must be a possibility for these people to reach safety and have their protection needs assessed and appropriately met. Interdiction and compelled return preclude this”333

2.4.3 La tragedia della Kater i Rades334

“Il mare è sempre il mare, no? Cioè è una cosa viva per me. Se vuole ti risparmia, se non vuole ti mangia, no? E ci ha risparmiati, a noi 34 ci ha risparmiati. Eravamo un sacrificio, non so. Ha preso quelli che voleva e ci ha risparmiati. Sono uscito così, perché sapevo nuotare sono uscito. Ho visto anche il fondo della fregata sopra di me. La gente ha provato ad entrare, quelli che ci hanno provato, e non sono usciti più, sono andati giù con la nave”.335

Il 28 marzo 1997 si consumò la tragedia del naufragio nelle acque del Canale di Otranto.

Alle 15 del 28 marzo 1997 la Kater I Rades, con il suo carico – gli uomini sul ponte, le donne e i bambini nella stiva (verosimilmente 120 persone su una barca che ne poteva ospitare al massimo 9) lasciò il porto di Valona. A condurla Namik Xhaferi, un pilota di pescherecci. È ingaggiato dagli organizzatori del viaggio, gli uomini del boss Zani, per portare la Kater in Italia.

Il governo italiano era in fibrillazione, non sembrava fosse possibile se non fisicamente impedire lo sbarco di nuovi profughi. La decisone del governo di allora per il "pattugliamento navale" e la finalità per la quale era stato organizzato furono la logica continuazione della linea di Giorgio Napolitano agli Interni che, con il decreto d'emergenza e le espulsioni, aveva messo in moto il meccanismo del blocco navale (Operazione Bandiere Bianche).

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