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l’espansione paramilitare nella Cienaga Grande e nel caribe colombiano

Quando il plotone puntò i fucili, la rabbia si era materializzata in una sostanza viscosa e amara che gli addormentò la lingua e lo costrinse a chiudere gli occhi. Allora scomparve il chiarore di alluminio della prima luce, e tornò a vedere se stesso, bambinetto, coi calzoncini corti e un fiocco al collo, e vide suo padre, in un pomeriggio splendido, che lo conduceva nell'interno del padiglione, e vide il ghiaccio

(Cien años de soledad, Gabriel García Márquez)

Un aedo caribeño: Macondo, la bonanza e la desolazione

Siempre me divierte que se elogie tanto mi obra por ser imaginativa, cuando en verdad es que no hay una sola línea que no tenga una base real. El problema es que la realidad del Caribe parece desenfrenadamente imaginaria

(Gabriel García Márquez)  

In diverse circostanze, il Nobel colombiano per la letteratura, Gabriel García Márquez, ha commentato con ironia il fatto che la sua opera fosse stata accolta dalla critica come immaginativa e fantastica quando, a suo dire, non vi sia una sola riga che non abbia una base reale. Il realismo magico che avvolge Macondo si tinge di memoria e affonda le proprie radici in una miriade di ricordi ed aneddoti che l’autore riscatta dalla propria infanzia, dai racconti di sua nonna e dal microcosmo culturale del caribe colombiano.

Le piogge torrenziali e le invasioni di farfalle gialle che scandiscono il ciclico tempo di Cent’anni di

solitudine sono quindi un riflesso, una reminiscenza della fanciullezza di García Márquez, nato nel

1927 ad Aracataca (Magdalena), un piccolo villaggio sperduto sulle pendici della Sierra Nevada de Santa Marta, ove le coltivazioni di banane lasciano spazio all’oceano Atlantico e alle acque salmastre della Cienaga Grande. Da una di queste haciendas adibite alla coltivazione estensiva, passava il piccolo treno a vapore che il giovane Gabo prendeva in compagnia di suo nonno, il

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colonnello liberale Nicolás Ricardo Márquez Mejía. Pochi chilometri dopo Aracataca la locomotiva fermava in una stazione fantasma, ove spiccava l’insegna di un’azienda bananera chiamata Macondo396.

Lo spazio letterario forgiato da Gabriel García Márquez sembra frantumare le barriere tra il conscio e l’inconscio della Colombia rurale del principio del XX secolo ove, nella percezione individuale e collettiva, il naturale e il soprannaturale si sfumano fino a convergere in un realismo magico che addensa, in un unico istante, spazi e tempi apparentemente inconciliabili ove presagi, fantasmi e miracoli accompagnano con disinvoltura l’esperienza quotidiana. Una lirica densa di iperbole che riecheggia la tradizione musicale caraibica e che ha portato il celebre compositore Rafael Escalona a definire Cent’anni di solitudine come «un vallenato di trecento cinquanta pagine»397.

Il vallenato è un genere musicale tipico della terra natale di García Márquez, la cui origine si perde nel folclore dei canti contadini della zona, che riadattarono temi melodici spagnoli, africani ed indigeni, dando forma ad una tradizione musicale itinerante attraverso la quale questi aedi caribeñi, cantavano di villaggio in villaggio le notizie della regione, che apprendevano e mettevano in strofa durante il proprio girovagare398. Come nel caso del vallenato, Márquez attinge da questa tradizione

orale mescolando elementi tipici della cosmologia caraibica con fatti storici ed artifici letterari, finendo per compiere, come osservato dal Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa, «un decidio segreto, un assassinio simbolico della realtà»399.

Nonostante la vocazione squisitamente letteraria dell’opera di Gabriel García Márquez, Macondo può essere considerato come una rappresentazione immaginifica della Colombia rurale a cavallo tra il XIX ed il XX secolo dalla quale, come si è cercato di evidenziare nei capitoli precedenti, emerge un substrato che, tra mille rotture e discontinuità, ha marcato la continuità di alcuni habitus che hanno caratterizzato la storia colombiana, fino sfociare nel contemporaneo conflitto armato, dal quale il paese sta attualmente cercando di emanciparsi. Sebbene Cent’anni di solitudine non possa essere considerata un’opera storica, sarà interessante rivelare come dal testo emergano alcuni

      

396 García Márquez, G., 2002. Vivir para contarla, Barcelona, Mondadori, p. 15.

397 Umaña Hernández, C., 2014, Narraciones de Cien Años de Soledad Acerca del Conflicto Armado y la Violencia

Política en Colombia, Oñati Socio-legal Series, Vol. 4, No. 6, Justice in Literature: New Perspectives on European

Legal Culture, p. 1259.

398 Questa figura del “rapsodo vallenato” trova spazio anche nell’opera Cent’anni di solitudine, ove Francisco el

Hombre, figura mitica appartenente al tempo della genesi del vallenato, visita Macondo: “Meses después volvió

Francisco el Hombre, un anciano trotamundos de casi doscientos años que pasaba con frecuencia por Macondo divulgando las canciones compuestas por él mismo. En ellas, Francisco el Hombre relataba con detalles minuciosos las noticias ocurridas en los pueblos de su itinerario, desde Manaure hasta los confines de la ciénaga, de modo que si alguien tenía un recado que mandar o un acontecimiento que divulgar, le pagaba dos centavos para que lo incluyera en su repertorio”. García Márquez, G., 1979, Cien años de soledad, Bogotá, Oveja Negra.

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elementi ricorrenti che storicamente hanno permesso il veicolarsi della violenza nel paese. Per questa ragione Macondo può rappresentare un buon punto di partenza per introdurre la parte etnografica di quest’opera, ove si cercherà di sviscerare e rendere maggiormente intellegibili le lunghe decadi di guerra che hanno caratterizzato la quotidianità nelle spesso remote zone di conflitto del paese. Come osservato dallo scrittore cileno Luis Harss «Macondo, situato tra dune e paludi da un lato e dalla sierra impenetrabile dall’altro, è un villaggio costiero, torrido e decadente, come mille altri nel cuore del continente. […] Chi vi si addentra intraprende un viaggio interiore che fa scalo nel viso occulto di un continente»400.

Fin dalle prime pagine dell’opera lo spettro coloniale emerge dal miraggio di un vecchio galeone spagnolo, arenato tra le felci e le palme a dodici chilometri dal mare. L’immagine ricorrente del galeone sembra rappresentare il totem di un passato remoto difficile da dimenticare, i cui confini immaginari coincidono con la solitudine a cui Macondo e i suoi abitanti sembrano condannati. Questa solitudine nell’opera viene immaginificamente rafforzata «dall’idea di una Macondo peninsulare, ispirata dalla mappa arbitraria che disegnò José Arcadio Buendía»401 e coincide con l’abbandono istituzionale e l’isolamento rispetto al resto del mondo: condizione trasversale che ancora oggi accomuna buona parte della Colombia rurale e che storicamente ha rappresentato uno dei leitmotiv che hanno permesso il perpetuarsi del conflitto armato nel paese. Nell’opera, quest’immagine di una Macondo avulsa dallo spazio e dal tempo, è narrativamente raffigurata anche dall’episodio della “scoperta del ghiaccio”, aneddoto di cui il colonnello Aureliano Buendía si ricorderà molti anni dopo di fronte al plotone di esecuzione402.

Quest’oblio che avvolge Macondo sembra interrompersi con l’arrivo del correggitore Don Apolinar

Moscote. Nella logica dell’opera l’epifania istituzionale coincide con un atto arbitrario ed in particolare con l’ordine di ridipingere le case del villaggio di azzurro, colore distintivo del partito conservatore colombiano. Quest’atto di fondazione dell’autorità statale genera a Macondo un diffuso malcontento e apre le porte alla divisione partitica e allo spettro delle guerre civili. In un passo di Cent’anni di solitudine il correggitore Moscote spiegò ad Aureliano le differenze tra liberali e conservatori:

      

400 Harss, L., 1966, Los nuestros, Buenos Aires, Editorial Sudamericana, p. 383-384. 401 Cfr. García Márquez, G., 1979, Cien años de soledad, Bogotá, Oveja Negra.

402“Quando il plotone puntò i fucili, la rabbia si era materializzata in una sostanza viscosa e amara che gli addormentò

la lingua e lo costrinse a chiudere gli occhi. Allora scomparve il chiarore di alluminio della prima luce, e tornò a vedere se stesso, bambinetto, coi calzoncini corti e un fiocco al collo, e vide suo padre, in un pomeriggio splendido, che lo conduceva nell'interno del padiglione, e vide il ghiaccio”. García Márquez, G., 1979, Cien años de soledad, Bogotá,

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I liberali, gli diceva, erano massoni; gente di cattiva indole, favorevole all'impiccagione dei preti, alla instaurazione del matrimonio civile e del divorzio, al riconoscimento di uguali diritti sia ai figli legittimi che a quelli naturali, e allo spezzettamento del paese in un sistema federale che avrebbe spogliato del potere l'autorità suprema. I conservatori, invece, che avevano ricevuto il potere direttamente da Dio, si battevano per la stabilità dell'ordine pubblico e della morale della famiglia; erano i difensori della fede di Cristo, del principio dell'autorità, e non erano disposti a permettere che il paese venisse squartato in entità autonome. Lo spirito umanitario di Aureliano simpatizzava per l'atteggiamento liberale riguardo ai diritti dei figli naturali, ma in ogni modo egli non capiva come si potesse arrivare all'estremo di fare una guerra per cose che non si potevano toccare con mano403.

Come in molte zone del paese, anche a Macondo il fervore partitico si diffuse nella popolazione come riflesso delle logiche partitiche, in questo caso veicolate dalla presenza istituzionale. Le frodi elettorali e i ricorrenti abusi contro la popolazione civile condussero Aureliano Buendía a intraprendere la via delle armi fino a convertirsi in colonnello dell’esercito ribelle liberale. Da quel momento «aveva dovuto promuovere trentadue guerre, e aveva dovuto violare tutti i suoi patti con la morte e rivoltolarsi come un maiale nel letamaio della gloria, per scoprire con quasi quarant'anni di ritardo i privilegi della semplicità». Nel frattempo «Le case pitturate di azzurro, ripitturate di rosso e poi tornate a pitturare di azzurro, avevano finito per assumere una tinta indefinibile»404. Anni dopo, una volta firmato l’armistizio con i conservatori, il partito liberale inviò una commissione a discutere con il colonnello Aureliano Buendía il futuro della guerra.

(Gli emissari) chiedevano per prima cosa, di rinunciare alla revisione dei titoli di proprietà della terra per ricuperare l'appoggio dei latifondisti liberali. Chiedevano, poi, di rinunciare alla lotta anticlericale per ottenere l'appoggio del popolo cattolico. Chiedevano, per ultimo, di rinunciare alle aspirazioni all'uguaglianza di diritti tra figli naturali e legittimi per preservare l'integrità delle famiglie. "Vuoi dire," sorrise il colonnello Aureliano Buendía, "che stiamo lottando soltanto per il potere”. […] Senza smettere di sorridere, prese i documenti che gli consegnarono i delegati e si preparò a firmare405.

Dal testo traspare nitidamente la depoliticizzazione e i marcati interessi personali che nella prassi contraddistinsero il modus operandi dell’élite economica e partitica dell’epoca che, come precedentemente analizzato, in molti casi fomentò queste cruente guerre civili con il mero obiettivo di rinsaldare i propri privilegi e ottenere il potere. Dall’opera emerge anche lo sfondo disumanizzante del conflitto e quell’idea di guerra come bonanza, come economia di predazione che ciclicamente ha scandito la storia del paese fin dagli albori dell’epoca coloniale, per poi sfociare nel contemporaneo conflitto armato. In un paese come la Colombia la ricchezza è sempre dipesa dal

      

403 García Márquez, G., 1979, Cien años de soledad, Bogotá, Oveja Negra, p. 86. 404 Cfr. Ibid., p. 108.

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controllo delle materie prime e conseguentemente dalla gestione della terra, che nel libro viene puntualmente reclamata dagli emissari dei latifondisti liberali. La stessa terra che in Cent’anni di solitudine Rebecca mangiava avidamente e che successivamente le compagnie transnazionali divorarono, monopolizzando il territorio adiacente a Macondo.

Nel litorale caraibico colombiano, a cavallo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, la United Fruit Company possedeva il 90% dei terreni produttivi e ottenne il controllo della ferrovia di Santa Marta406, convertendosi in una sorta di Stato parallelo in grado di influenzare profondamente il contesto politico, economico e sociale della regione. In questa zona della Colombia la desolazione delle guerre civili lasciò spazio alla “bonanza bananera”, la cui domanda di mano d’opera comportò un marcato incremento demografico. Come accennato nei capitoli precedenti, questa situazione di monopolio, in concomitanza alla scarsa tutela dei diritti minimi dei lavoratori, condusse ad uno sciopero generale che, tra il 5 e il 6 di dicembre del 1928, venne duramente represso dal governo conservatore di Miguel Abadía Méndez, il quale autorizzò il generale Cortés Vargas ad aprire il fuoco sugli scioperanti riuniti nella cittadina di Cienaga, a pochi chilometri da Aracataca.

Nel realismo magico di Cent’anni di solitudine la celebre Mattanza de las bananeras trascende i confini tra veridicità storica e percezione simbolica e finisce per tingersi dei colori del mito. Nell’opera José Arcadio Segundo, miracolosamente sopravvissuto alla strage, sostiene che gli scioperanti caduti in questa circostanza fossero circa tremila, ma la sua versione si scontra con l’oblio che, ancora una volta, avvolge Macondo:

La donna lo guardò con un'occhiata di compassione. “Qui non ci sono stati morti," disse. "Dai tempi di tuo zio, il colonnello, non è successo nulla a Macondo"407.

La versione ufficiale aveva silenziato la coscienza degli abitanti, cancellando dalla memoria collettiva quella strage di Stato, il cui impatto simbolico ebbe un ruolo determinante nella formazione dei primi movimenti di resistenza colombiani.

La notte precedente avevano letto un proclama nazionale straordinario, che informava che gli operai avevano ubbidito all'ordine di evacuare la stazione, e si dirigevano verso le loro case in carovane pacifiche.

[…] Si comunicò più tardi che quando le autorità avevano avuto il benestare dei lavoratori, si erano

affrettate a comunicarlo al signor Brown, e che questi non solo aveva accettato le nuove condizioni, ma aveva inoltre offerto di pagare tre giorni di festeggiamenti pubblici per celebrare la fine del conflitto. Solo

      

406 Brungardt, M., 1987. La United Fruit Company en Colombia, in Dethloff, H., Pusateri, J., American Business

History: Case Studies, Arlington Heights, Harlan Davidson, p. 235-256.

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che quando i militari gli chiesero per che data si poteva annunciare la firma dell'accordo, il nordamericano guardò attraverso la finestra il cielo solcato di fulmini, e fece un profondo gesto di incertezza."Sarà per quando spiova," disse. […] Non pioveva da circa tre mesi ed era tempo di secca. Ma quando il signor Brown annunciò la sua decisione scrosciò in tutta la zona bananiera l'acquazzone torrenziale che aveva colto José Arcadio Secondo sulla strada per Macondo408.

A Macondo il diluvio durò quattro anni, undici mesi e due giorni e rappresenta simbolicamente la desolazione che torna ad avvolgere il villaggio dopo la fine della bonanza bananera. Come si è cercato di evidenziare nei capitoli precedenti, in Colombia queste effimere economie di predazione, indissolubilmente legate ad un marcato immaginario disumanizzante e a episodi di violenza massiva, rappresentano un fenomeno ricorrente che in una prospettiva di lunga durata ciclicamente riappare lungo la variegata geografia del paese. Una volta conclusa la bonanza la desolazione torna ad avvolgere Macondo, segnando la continuità di un ciclo dell’eterno ritorno che verrà interrotto soltanto dal complimento della profezia di Melquíades:

Era previsto che la città degli specchi sarebbe stata spianata dal vento e bandita dalla memoria degli uomini

[…] perché le stirpi condannate a cent'anni di solitudine non avevano una seconda opportunità sulla

terra409.

Senza voler in questo spazio “macondizzare” la Colombia rurale della prima metà del XX secolo, si è voluto evidenziare, attraverso questo parallelismo con l’opera maestra di Gabriel García Márquez, la continuità di alcuni elementi che sembrano attraversare trasversalmente la storia di questo paese e che, come si avrà modo di esaminare dettagliatamente nelle prossime pagine, hanno avuto un ruolo determinante durante i lunghi decenni di conflitto armato. Dall’opera traspare nitidamente la solitudine, la desolazione, l’abbandono che in molti casi ha caratterizzato le remote zone di conflitto del paese. Quest’oblio rappresenta una delle cause che storicamente hanno permesso il proliferare della violenza in Colombia. Una violenza spesso veicolata da ciniche economie di predazione, accompagnate da un profondo immaginario disumanizzante che puntualmente sfocia in episodi di violenza massima. Tutti questi elementi, in concomitanza alla prolungata ingerenza esterna di attori internazionali, affiorano dalla ricostruzione storiografica e riemergono, in una disarmante soluzione di continuità, dall’analisi etnografica del conflitto che verrà proposta nelle prossime pagine, con l’intento di restituire una percezione della banalità della violenza che quotidianamente ha scandito la vita di molti colombiani, abitanti le zone di guerra del paese.

      

408 García Márquez, G., 1979, Cien años de soledad, Bogotá, Oveja Negra, p. 258. 409 Cfr. Ibid.

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La bonanza marimbera e alcuni cenni di storia regionale

Il villaggio di Macondo e il contesto antropologico che traspare dal realismo magico di Gabriel García Márquez ci aiuta a ricostruire un affresco della costa caraibica della prima metà del XX secolo. Un ecosistema ancora avulso da quelle particolari dinamiche economiche e sociali che così nitidamente hanno caratterizzato l’ultimo cinquantennio della storia colombiana e che, proprio per questa ragione, rappresenta un buon punto di partenza per introdurre, in una prospettiva di lunga durata, la genesi del conflitto armato nella regione atlantica. Nella zona in questione, come d’altronde in molte altre del paese, ai Cent’anni di solitudine, a cui fin dal titolo allude García Márquez, hanno fatto eco più di cinquant’anni di conflitto armato. Un conflitto dietro al quale spesso emerge una cruenta lotta per la terra e le sue risorse, puntualmente accompagnata da un cinico immaginario disumanizzante.

A partire dagli anni Settanta la costa caraibica colombiana fu scenario di un particolare fenomeno criminale, usualmente denominato bonanza marimbera. Con questo termine viene definito il mercato della marijuana che per circa un decennio investì il litorale atlantico del paese. In queste zone si fece le ossa il celebre narcotrafficante Gonzalo Rodríguez Gacha, il quale, dopo aver mosso i primi passi alla corte dello “zar degli smeraldi” Gilberto Molina, si trasferì ai caraibi ove apprese il mestiere del narcos e gettò le basi della successiva “bonanza della cocaina”. Dai ricordi di un abitante di Nueva Venecia – un villaggio flottante, sperduto tra le acque salmastre della Cienaga Grande di Santa Marta – affiora l’importanza che ebbe la bonanza marimbera nel plasmare un ecosistema sociale incline alla violenza e all’illegalità, che negli anni successivi avrà un ruolo fondamentale nello sviluppo del conflitto armato nella regione:

La “bonanza marimbera” non è nient’altro che l’auge che ebbe il mercato della droga, più che altro della marijuana, nella Sierra Nevada. Praticamente qua si coltivava la miglior marijuana del mondo e questa marijuana iniziò ad essere esportata. Ciò ha prodotto danni sociali nelle comunità, criminalità, narcotraffico…fu il padre, l’inizio di tutto questo orrore. La bonanza fu catastrofica410.

Con il tramonto della bonanza marimbera l’eccentrico proletariato costeño dell’industria della marijuana iniziò a collaborare con i narcos della sierra nell’emergente business della cocaina. In questo contesto i delicati equilibri su cui si basavano gli interessi dei narcotrafficanti e dei proprietari di quei vasti latifondi, che monopolizzavano buona parte del territorio, iniziarono ad essere intaccati dall’azione sovversiva dei gruppi guerriglieri. L’ingresso dei primi movimenti insorgenti nella regione risale agli anni Ottanta e generò un diffuso malcontento tra i narcos e i

      

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latifondisti che ben presto condusse, in un iter essenzialmente simile a quello sperimentato in altre zone del paese, alla formazione dei primi gruppi di autodefensa. In questo periodo sorsero le

Autodefensas Campesinas del Magdalena y la Guajira (ACMG), le Autodefensas de Chepe Barrera

(ACB) e le Autodefensas de Palmor (AP). Come nel caso precedentemente esaminato di Puerto Boyacá, inizialmente queste bande armate offrirono servizi di sicurezza privata ai grandi possidenti, collaborarono con i narcos e cercarono di contrastare le incursioni della guerriglia. Questi gruppi paramilitari godettero di ampia autonomia finché, al principio del nuovo millennio, non vennero assorbiti nella struttura militare del Bloque Norte delle AUC.

Le Autodefensas Campesinas del Magdalena y la Guajira nacquero fondamentalmente come struttura al servizio del narcotraffico operante nella Sierra Nevada di Santa Marta e ben presto si

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