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L’esperienza del processo per le parti

Nel percorso esistenziale di ciascuno di noi è prevedibile il verificarsi di eventi pregiudi-zievoli, in grado di generare sofferenza: basta pensare ai lutti, o anche alla semplice osserva-zione di situazioni dolorose di cui veniamo a conoscenza.

Quando però l’evento che ci pone una condi-zione di afflicondi-zione viene causato dalla specifica

condotta tenuta nei nostri confronti da un’al-tra persona, o da più persone, il danno che riceviamo assume caratteristiche particolari, perché entra necessariamente in gioco il rap-porto con colui che quel danno ci ha provoca-to. Subire un lutto o essere danneggiati da una calamità naturale, non provoca lo stesso tipo di sofferenza di essere vittima di un’altra per-sona che, volontariamente o meno, ci provoca un pregiudizio.

Infatti, in questo caso, l’evento che ha genera-to il danno in colui che lo ha subigenera-to, può as-sumere caratteristiche tali da farlo uscire dalla stretta relazione tra i due attori della vicenda, per entrare in una dimensione più ampia. Se la condotta che ci ha danneggiato viene realizza-ta in violazione di una regola di comporrealizza-tamen-

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Vittime e autori di reato: un incontro possibile?

to stabilita nella comunità e posta a presidio della sicurezza, del benessere, dell’integrità psico-fisica delle persone, allora quell’evento non diventa più soltanto una faccenda priva-ta tra chi lo ha determinato e chi ne subisce le conseguenze. Esso assume importanza agli occhi di tutta la comunità, perché la violazione della norma che ha determinato l’evento pre-giudizievole per la vittima può provocare una reazione che interessa non soltanto la vittima stessa, ma l’intera collettività degli associati.

Come sappiamo, la storia della reazione della collettività alle condotte realizzate violando le norme di convivenza, è la storia del diritto penale e del processo.

Attorno al diritto penale e al processo si sono infatti svolte tutte le riflessioni teoriche e le prassi concrete sulle domande relative al se, perché, quando, come punire chi violando una norma provoca un danno alla vittima, che può essere una singola persona o anche una pluralità di individui.

Il processo penale diventa allora, tra le altre cose, il luogo dove verificare se e come un

sog-getto ha posto in essere una determinata con-dotta pregiudizievole per un altro soggetto, che proprio in ragione di tale comportamento possiamo definire vittima. Di conseguenza, in quello stesso luogo occorrerà determinare il tipo di reazione da approntare nei confronti di chi si sia reso responsabile di quel comporta-mento, vale a dire stabilire se condannarlo ad una sanzione, che può consistere nella priva-zione della libertà personale.

In questi termini volutamente semplificati ap-pare allora evidente come questo processo di accertamento di un fatto e di eventuale appli-cazione di una sanzione sia osservabile da una pluralità di punti di vista.

Ma proprio osservando questa molteplicità di prospettive emerge come esse non sempre si-ano coerenti e conciliabili tra loro, e come ciò determini necessariamente tensioni e conflit-ti. Questi talvolta emergono con chiarezza, e si possono manifestare secondo varie modalità, ad esempio prevedendo od utilizzando le re-gole del processo nella maniera più proficua per raggiungere un risultato piuttosto che un altro.

Altre volte invece la circostanza che nel pro-cesso si intreccino differenti finalità anche confliggenti tra loro rimane sullo sfondo, con la conseguenza che l’apparente perdita di rile-vanza di una delle prospettive può creare diso-rientamento in chi è necessariamente portato ad assumere proprio quel punto di vista che appare sacrificato nel processo.

Tra questi differenti punti di vista, quelli che vengono posti alla nostra attenzione dall’incontro promosso dall’Ufficio del Garante dei detenuti in Emilia-Romagna sono principalmente quelli dell’autore del reato e della vittima.

Ed allora il contributo che può offrire in que-sta sede chi, come il sottoscritto, è chiama-to ad assistere e ad arbitrare i conflitti che si manifestano nel processo penale non è tanto quello di una ricognizione delle elaborazioni teoriche sul processo o sul ruolo della vittima, o anche della precisa disciplina che regola la presenza di quest’ultima nel processo, anali-si che meglio può anali-sicuramente svolgere chi anali-si occupa professionalmente dello studio di tali temi, quanto piuttosto quello di suggerire ed evidenziare quali siano le limitazioni, ma

an-che le contaminazioni, an-che necessariamente si verificano nel processo in relazione alle diver-se funzioni che esso assume, in special modo nella prospettiva della vittima del reato.

In questa prospettiva il seguito di questo inter-vento si propone di porre in luce come il pro-cesso appare come un palcoscenico sul quale l’interprete principale è l’imputato, e dove può comparire come attore non protagonista anche la vittima. Ma, pur senza essere sotto le luci dei riflettori, su quel palcoscenico si muo-vono altre presenze forse non immediatamen-te percepibili, ma non per questo irrilevanti: al contrario, esse possono svolgere un effetto po-tente sui protagonisti e quindi sull’esito della rappresentazione.

Ecco allora perché è necessario parlare di quello che la società si attende dal processo, di cosa significhi essere imputato o vittima in un processo, di quali forme posso assumere la relazione tra questi due soggetti proprio per la presenza di un processo.

Letizio Magliaro

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L’interesse pubblico