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Il lavoro di promozione

L’attività della Fondazione ha conosciuto negli anni un continuo incremento legato non tan-to ad una maggiore presenza di gravi reati in Emilia-Romagna, quanto ad una conoscenza sempre più capillare di questa opportunità da parte dei sindaci e di quei soggetti che posso-no fungere da mediatori tra le persone offese

e l’amministrazione (avvocati, operatori socio-sanitari, forze dell’ordine, associazioni di vo-lontariato…). Si è passati così dalle 5 richieste nel corso del 2005 alle oltre trenta all’anno dal 2011 in avanti, con un picco di 37 istanze nel 2015.

L’andamento è stato favorito da un’attenzione alla comunicazione che attualmente compren-de la gestione di pagine web continuamente aggiornate, l’invio di comunicati ai giornali locali in relazione a reati che già erano stati riportati dai media nel momento in cui erano avvenuti e su cui si è poi riconosciuto un con-tributo, l’organizzazione di eventi in diverse città dell’Emilia Romagna.

Nel 2015, inoltre, le Chiese Valdesi hanno approvato un progetto che la Fondazione ha presentato insieme al Teatro dell’Argine sul bando dei fondi raccolti con i versamenti del-l’8x1000. Il progetto “Noi, parti offese. Solida-rietà in scena”, attivo nelle città di Piacenza, Parma, Modena, Bologna e Ferrara, ha lo sco-po sia di far conoscere la Fondazione, affinché possa essere individuata come risorsa a dispo-sizione di tutti i cittadini dell’Emilia Romagna, sia di far capire, anche attraverso il teatro, che cosa significa subire violenza e quale sostegno è necessario trovare nel contesto sociale. In ogni città sono stati proposti un’attività per le

scuole, un incontro per gli operatori e una let-tura teatrale.

Il gioco di ruolo è pensato per studenti delle scuole secondarie di secondo grado e si basa su istanze effettivamente accolte, e che hanno visto il coinvolgimento di persone minorenni.

Si tratta di una rapina aggravata in concorso, una violenza sessuale su un’adolescente da parte di un adulto che l’ha adescata in rete, e un caso di gravi maltrattamenti in famiglia. Gli allievi diventano protagonisti di un’istruttoria per comprendere le necessità della vittima e formulare in suo favore una richiesta alla Fon-dazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati.

L’incontro è mirato per operatori sociosanitari, della giustizia e del terzo settore, ed ha lo scopo di presentare la Fondazione, anche attraverso l’esperienza di sindaci, operatori o persone offese che hanno già beneficiato degli aiuti, e di confrontarla con le necessità del territorio.

Il tema di fondo è il sostegno alle vittime ma può essere declinato in forme più specifiche – la violenza di genere, o verso i minori – a seconda delle sensibilità della città ospitante.

L’evento più aperto, rivolto a tutti i cittadini interessati, è “I bambini non hanno sentito niente”, una lettura scenica sulla violenza di genere. Il testo, nato dall’esperienza di chi scrive

Elena Buccoliero

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Vittime e autori di reato: un incontro possibile?

presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna, presenta due storie familiari rivolgendo uno sguardo particolare al vissuto dei minori.

La prima storia, immaginata, assomiglia a moltissime delle istanze accolte dai Garanti per dare sostegno ad una donna che cerca, insieme ai suoi bambini, di affrancarsi dalla violenza dopo la separazione dal maltrattante.

La seconda, realmente avvenuta e ricostruita attraverso materiali processuali, è il “dopo” di un femminicidio accaduto alcuni anni or sono in provincia di Bologna, su cui la Fondazione è intervenuta a sostegno dei bambini.

Non è un caso che per l’incontro di presenta-zione della Fondapresenta-zione ad un pubblico ampio si sia scelto di parlare di violenza di genere. I reati che più spesso ci vengono presentati sono proprio quelli che colpiscono donne e minori - violenze sessuali, maltrattamenti in famiglia – anche se nella nostra esperienza non mancano altre gravi fattispecie criminose. Il motivo per tale prevalenza va ricercato nella progressiva emersione di questi fenomeni che trovano am-pio spazio anche sul piano mediatico, ma an-che alla diffusione di operatori an-che nei servizi sociali e nei centri antiviolenza hanno diretto contatto con le vittime e possono diventare soggetti segnalanti ai sindaci e, loro tramite, alla Fondazione.

Siamo persuasi che, se davvero fosse presente sul territorio una rete di centri per il supporto alle vittime di tutti i reati, anche le richieste di aiuto in seguito a gravi reati potrebbero essere più frequenti e qualificate, più facile il contatto iniziale con le persone offese e più fluide le istruttorie. Questo ci dice anche di come l’agire della Fondazione sia un elemento importante ma non rappresenti, da solo, tutto ciò di cui ci sarebbe bisogno. Una integrazione virtuosa tra servizi a bassa soglia dedicati all’accoglienza delle vittime e possibilità di sostegno tramite contributi economici mirati rappresenta un orizzonte cui tendere per riconoscere dignità alle persone offese.

Riteniamo che il sostegno alle vittime dovreb-be essere preliminare alla mediazione con l’autore del reato che, se non ben preparata o mossa soltanto dalle giuste finalità di rielabo-razione della violenza da parte di chi l’ha eser-citata, senza tuttavia tenere conto di che cosa può rappresentare nel percorso di vita della persona offesa, può diventare una strumenta-lizzazione. Una ulteriore forma di vittimizza-zione di cui davvero chi ha già molto sofferto non sente alcun bisogno.