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L’esperienza di Sandro Bartoccion

Nel documento Per un'umanizzazione della medicina. (pagine 77-81)

compassione che gli è essenziale

2.4 Dalla parte del paziente

2.4.1 L’esperienza di Sandro Bartoccion

Il primo saggio contenuto nel libro ha la firma di Bartoccioni, cardiochirurgo umbro «arrivato alla decisione di scrivere queste pagine quasi in fin di vita, stremato dalle chemioterapie e dal tumore»106. Egli, raccontandosi e condividendo l’esperienza della sua malattia, dedica diverse

pagine al tema della Malasanità o malagestione delle risorse. Partendo dalla analisi del rapporto tra medico e paziente, afferma

[…] Oggi come malato sono nelle mani di una Sanità più ammalata di me! Nella gestione della Sanità il medico non può avere un ruolo di secondo piano o addirittura di sudditanza rispetto agli amministrativi (manager) o ai politici (assessori, ecc.) ma almeno paritario. È giusta una collaborazione tra queste figure, e con pari dignità. Il medico non può avere le «proprie palle» nella mani del manager di turno, c’è il rischio che per non aver noie assecondi le richieste di contenimento delle spese preferendo una terapia più economica a una terapia più efficace; che ignori o non denunci carenze strutturali o di dotazione, apparecchiature e farmaci; il tutto contro la sua preparazione, la sua etica, il suo modo di concepire la medicina, modificando il suo rapporto con la malattia e con il paziente, soprattutto a discapito di quest’ultimo.107

Puntuali e precise sono anche le critiche mosse ai concorsi da primario, i cui esiti risultano frutto di una valutazione e analisi poco trasparente e che non premiano il puro merito108,

all’eccessivo potere dei manager che riduce al silenzio la voce del medico, timorosa di

106 Dall’altra parte, pag. 13. 107 Ivi, pag. 57.

possibili ritorsioni. Molto interessante è la riflessione che il chirurgo propone a riguardo dei

Rapporti con i mass media.

[…] Spesso, troppo spesso, sulla stampa nazionale o addirittura nei telegiornali nazionale vengono date notizie relative a miracolosi interventi chirurgici o trattamenti medici vari, compresi il tumore. Molte volte si tratta, in realtà, di terapie ancora non sperimentate sull'uomo e tutte da verificare. Tutto questo, oltre a non essere verificabile, può confondere il paziente. Gli stessi professionisti si prestano talvolta a promulgare queste notizie, grazie magari a un amico «introdotto», per poi guardarsi bene dal riportare le stesse notizie in luoghi più consoni, quali i congressi scientifici.

Questo, secondo il medico, nasce non di certo da un intento informativo bensì dalla volontà di farsi pubblicità così da poter incrementare l’attività privata «o cercare di risollevare la stima e l’affluenza dei pazienti al centro che dirigono e che magari si trova in difficoltà»109.

Bartoccioni ritiene che per qualsiasi tipo di notizia vi debba essere una preventiva autorizzazione alla diffusione/divulgazione da parte della Società Italiana di quella branca specifica: in tal modo verrebbero meno tutte le speculazioni nonché disinformazioni che vanno a minare l’attenzione del paziente (illudendolo o distraendolo) il quale si trova già di per sé in una situazione di vulnerabilità.

A proposito delle Classifiche di eccellenza dei vari centri (ospedalieri), Bartoccioni ritiene estremamente utile la promozione della creazione di classifiche di eccellenza delle strutture ospedaliere in Italia, al fine di poter premiare l’iniziativa e gli investimenti professionali ed economici al servizio della salute e anche per porre i pazienti-consumatori nella condizione di poter fare un scelta ponderata (permettendo loro, così, di potenziare e valorizzare il proprio empowerment) tra i centri più idonei, relativamente al tipo di cure, dunque a cui rivolgersi in caso di bisogno.

108 A tal proposito Bartoccioni sentenzia: «Le carriere di chi è addetto a curare i malati sono decise a tavolino come l’arredamento di una appartamento, i criteri sono quelli degli interessi politici, delle alleanze omertose e dell’implacabile sete di potere di alcuni che passa, senza alcun rispetto, sopra le competenze dei medici. La scelta di un dirigente non preparato professionalmente assicura un dipendente debole più disponibile, ubbidiente e assecondante qualsiasi richiesta. Chi non è allineato, non è spendibile e va sostituito. Tutta la carriera svolta, i meriti e i titolo acquisiti non hanno nessun valore e il manager di turno può scegliere il candidato con meno titoli, meno esperienza, meno capacità professionale, giustificando il tutto con il fatto che, a suo insindacabile giudizio, quel candidato è quello più adatto alla strategia dell’Azienda! […] Tale stato di cose può tradursi talvolta in vere e proprie tragedie. Il paziente non ha alcuna possibilità di sapere se il medico a cui si sta affidando è stato scelto per competenza o per sopracitate trame politiche e d’interessi». Dall’altra parte, pag. 60.

«Anche il colloquio con il malato o i parenti non può essere improvvisato. Il modo di comunicare ha le sue difficoltà ma anche le sue regole e questo non può essere ignorato»110.

Come Bartoccioni rivela, anche il semplice consenso informato spesso può essere promotore di incoraggiamento o, al contrario, di scoraggiamento per il paziente, può cioè favore o svilire il rapporto di collaborazione; «il come verrà detto può incidere sulle decisioni del paziente ad accettare o a rinunciare a usufruire di tecniche diagnostiche o di cura di cui non solo potrebbe giovarsi ma da cui potrebbe addirittura dipendere la sua salvezza»111. Così, le informazione

fornite dal medico dovrebbero darsi con tatto, attraverso il rispetto della sensibilità e della psicologia del soggetto con cui si ha a che fare, tentando di calarsi nei panni di chi sta vivendo un momento in cui la sua vulnerabilità è continuamente vacillante

[...] I pazienti non portano solo il loro corpo, sono esseri umani immersi nella complessità di sé, della vita e della vita di relazione, per cui occuparsi di loro non può limitarsi al prendersi semplicemente cura del loro corpo. […] Non è sufficiente un’adeguata educazione familiare né un animo disponibile e sensibile; anche se importanti, sono necessarie anche tecniche e strategie che possono essere insegnate e apprese […]. Importantissima è la formazione in senso psicologico del personale medico e paramedico, che consenta loro di attingere a tutte le loro risorse umane, che incrementi la cultura della persona e non solo quella del malato e della malattia, che insegni loro che una comunicazione migliore, che non umilia e non ferisce, dà lo stesso risultato, ma soprattutto migliora il rapporto umano in un clima di reciproco rispetto e di collaborazione.112

Nelle pagine conclusive che riguardano le riflessione del chirurgo umbro, circa l’attenzione e il momento di cura che il medico dovrebbe fornire al paziente, Bartoccioni confida al lettore interessanti esperienze vissute da lui stesso, in prima persona:

[…] Prima di ammalarmi così seriamente ero il prototipo dell’individuo attivo e produttivo […]. Come tale ero anche forte, intendo dire che l’energia e l’entusiasmo che il mio progetto di vita mi davano mi rendevano resistente alle avversità, alle inevitabili intemperie della vita relazionale con i colleghi e con il mondo esterno in generale […]. Poi è arrivato il tumore, sono passato attraverso esperienze che mi hanno lacerato e logorato per anni. […] io oggi sono estremamente vulnerabile a qualsiasi stimolo esterno, come un piccolo volatile cui basta essere spostato dal sole all’ombra per sentire subito un brivido freddo, ed è sufficiente una parola detta male per 110 Ivi, pag. 65.

111 Ibidem. 112 Ivi, pag. 66.

ferirmi. Questo è vero in particolare in ambito ospedaliero, quando vado a fare la PET o una TAC, o quando parlo con nuovi medici per capire come curarmi o dove. So ora, da ammalato grave, quanto sia fondamentale che un medico sappia soppesare le parole e le azioni, perché noi pazienti che lottiamo per la vita abbiamo una pelle di carta velina, ridotta così dal dolore. Rispettateci.113

A proposito, invece, della preparazione degli studenti e degli specializzandi in ambito medico, Bartoccioni confida che purtroppo troppo spesso si tace o comunque non vengono analizzate e contestualizzate a sufficienza le circolari che chiedono a professori universitari di abbassare il livello di richiesta nella preparazione, infatti se più tempo gli studenti impiegano per terminare il ciclo di studi più verranno ridotti i finanziamenti. Egli inoltra sottolinea che «[…] Il tempo di accesso al mondo del lavoro dei laureati e specializzati è sempre più lungo e oneroso in ogni senso, senza garantire che sia stato effettivamente un tempo proficuo e non un ulteriore parcheggio»114. A ciò si aggiunge il fatto che manca un adeguato controllo a che i cori di

formazione e specializzazione riescano a mantenere le proprie promesse «consentendo a chi esce di essere effettivamente formato e autonomo. […] Non sempre quello che è scritto sulla carta viene messo in pratica115».

Analizzando, poi, quella che dovrebbe essere una adeguata e corretta valutazione dei primari, Bartoccioni ricorda, senza filtri, che

[…] Un primario viene valutato in base a parametri limitati, che vedono al primo posto il risparmio e il contenimento dei tempi di ricovero, cosicché per i primari la dimissione del pazienti in tempo brevi diventa prioritaria a un adeguato trattamento del paziente. […] È stato dimostrato che la smania di dimettere troppo precocemente i pazienti per rientrare nei parametri ottimali espone a gravi rischi il paziente e non dà i risparmi previsti, si associa infatti a un elevato numero di rientri precoci in ospedale, a una maggiore percentuale di complicanze, a un allungamento dei tempi di malattia con conseguente aumento delle spese. […] Non si capisce perché un paziente non ancora ristabilito venga mandato a casa, mettendo a rischio la sua stessa sopravvivenza o perché non venga seguito l’iter che è stato scelto per lui. Non possono essere gestiti i reparti come un’officina che ripara o cambia i pezzi malfunzionanti o come una fabbrica con varie catene di montaggio.116

113 Ivi, pag. 67. 114 Ivi, pag. 68. 115 Ibidem. 116 Ivi, pag. 69

Egli, così, osserva che se la professione medica continuerà ad essere in mano anche di individui che non ne rispettano il codice etico, ma che anzi lo sviliscono e lo umiliano non riconoscendone il valore, e ricorda altresì che finché la classe medica permarrà in uno stato di sudditanza e assoluta subordinazione al «potere arrogante e ignorante di personaggi scelti, per dirigere, dal gruppo politico dominante che non potrà che selezionarli secondo criteri di appartenenza o di comodo»117 allora la vita del soggetto malato, del paziente-consumatore,

sarà costantemente a rischio, e così sarà ancora lui a dover pagare il conto, e con lui tutti gli elementi del vasto corpo medico che decide di non tacere e che quindi si ribella a quella oscura e tossica sudditanza.

Nel documento Per un'umanizzazione della medicina. (pagine 77-81)