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106 Esterni, Segnale stradale: procedere a passo di danza , Settecortili, Favara, 2014

Pur vivendo in orizzonti geografici ristretti, Farm fa proprio un carattere internazionale in termini di ricerca, di sperimentazione, di novità e spesso di eccellenze che portano Favara nel mondo artistico di ogni dove. Opere di Gabriele Basilico o mostre di Terry Richardson si alternano alla valorizzazione delle opere di giovani esordienti del territorio, di talenti emergenti, di giovani artisti in residenza a Favara provenienti ormai da ogni parte del mondo.

Massimo Sirelli, #RobotLove, cassette di frutta e 2.000 fascette, Settecortili, Favara 2013, non più esistente. Foto di Machi Ochoa.

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Il carattere, nella libera quanto attenta direzione artistica di Andrea Bartoli, è fortemente inclusivo, come risulta da questo episodio che Rosario, collaboratore di Farm, così racconta:

Un giorno si sono presentati alcuni ragazzi che hanno chiesto di realizzare un murale. Hanno lavorato qualche giorno e ci hanno lasciato un’opera bellissima, ma noi non sappiamo neppure chi fossero. Quale sia la reale attribuzione dell’opera non possiamo dirlo con sicurezza. C’è chi ha parlato del Collettivo FX, chi dei Mangiatori di patate, chi ancora trova forti le influenze di NemO’s13.

In breve il fenomeno Farm entra in una esposizione mediatica globale che scardina, nella sua dimensione di rete, la logica centro-periferia, piccolo-grande, locale-globale. La dimensione di prossimità è tuttavia attentamente difesa a Favara proprio nel perseguimento dei principi che il progetto coltiva, cioè quelli di co-progettare e condividere con slancio e immaginazione visioni orientate al futuro e dare coraggiosamente respiro a scenari di sviluppo inediti.

Se guardiamo l’arte che si esercita a Favara dal punto di vista delle pratiche, ci rendiamo conto che mirano alla convergenza di persone in grado di attivare attraverso l’arte un esercizio continuo di costruzione civica, un laboratorio di urbanità che dai bambini al mondo adulto si muove condividendo fondamentali presupposti del fare comunità.

La collaborazione, la condivisione, il reciproco aiuto, i gesti di prossimità su cui fondano intenzioni e passioni sono presupposti alimentati dalla cultura del progetto artistico comune, che Farm conduce e che può poi essere esportata a contesti civici che, oltre i muri in cui tutto questo avviene, oltre le opere prodotte, vanno a definire i principi di coesione sociale su cui fondano i nuovi presupposti del vivere la cittadina siciliana.

Per questo Farm ama il prodotto artistico inteso come risultante di un processo creativo, coltiva il laboratorio, la sperimentazione e la didattica prima dell’oggetto d’arte. Lo stesso Farm Cultural Park è concepito come laboratorio perenne, che si estende alla grande macchina della rigenerazione fisica e sociale in una programmazione culturale sempre aperta, che non si esaurisce mai perché è nel suo farsi che risiede il valore primo e la sua ragione di esistenza.

Nulla a Farm Cultural Park può avere carattere permanente e ogni artista sa che quanto realizzato potrà essere solo temporaneo. Molte sono le opere che si avvicendano sui muri, nei cortili, negli spazi interni di Farm seguendo dinamiche, idee e progetti in continua evoluzione. Molte quindi le opere ri-assorbite dal carattere rigenerativo che la direzione artistica di Andrea Bartoli ha impresso alla pianificazione culturale di Farm. Di esse rimane documentazione di progetto e/o fotografica, ma rimane soprattutto l’impulso impresso nella costruzione di un piccolo pezzo di mondo migliore e la qualità della relazione stabilita con il luogo.

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Raft nella versione dell’artista Vlady. Vlady, Fifteen words, 2014.

Farm è sensibile al contesto, ma al contesto non si ferma: ha bisogno di visibilità e appoggio internazionale perché ogni cosa deve godere oltre che della luce del sole, di fari potenti puntati ad impedire il formarsi di ogni possibile ombra. Ogni azione deve essere volano di qualcos’altro all’insegna dell’arte contemporanea, assunta come una luce che illumina un percorso che già in Sicilia ha precedenti sperimentali di forte impatto e notorietà internazionale14. Ma Favara conosce attraverso l’arte una valorizzazione estetica che mostra in modo nuovo l’abbandono, come rovina e parte di un paesaggio fisico e sociale in attesa di riscatto.

Cracking Art - collettivo di arte rigenerante - Revolution, Settecortili, Favara, 2014. Chiocciola, 2010, installazione in materiale plastico,

Settecortili, Favara, 2010.

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Make, Bienvenue dans le coer du monde, scritta in materiale plastico su muro, Settecortili, Favara, 2015.

Tutto nell’evidenza è partito da edifici che crollano, ma la sostanza del progetto è insita nelle persone che vogliono il cambiamento. Per questo Farm può anche essere considerato un progetto di comunità come progetto urbano. A Favara la consapevolezza di questo è matura e il progetto dei sette cortili è diffusamente considerato come dimostrazione che tutto si può, anche cambiare situazioni fortemente inerziali e che tutto già sta cambiando attraverso le persone. Per questo il progetto Farm Cultural Park ha coniato Il museo delle persone.

A questo proposito così si può ascoltare nell’omonimo video presentato nel 2015 e presentato l’anno successivo alla 15. Mostra internazionale di Architettura della Biennale di Venezia:

Alle volte si pensa che le grandi città del mondo siano nate tali così come tutti le percepiamo: belle, piene di opportunità, ricche di cultura e luoghi meravigliosi. Si fatica a pensare che nel corso del tempo persone normali le hanno fatte diventare quello che noi oggi percepiamo. Persone esattamente come ognuno di noi, con due gambe, due braccia e una bella testa. Credo veramente che le città cambino perché le persone le fanno cambiare. Favara è diventata un modello per città piccole e grandi.

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