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110 L’immagine riunisce le persone che hanno riattivato edifici abbandonati a Favara contribuendo alla rigenerazione della

cittadina. Ciascuno è rappresentato nello spazio ora sede della propria attività. Foto di Domenico Cipollina.

Considerazioni finali. Nell’Italia dei borghi abbandonati Favara ha saputo avviare un percorso in controtendenza e rappresenta un caso di sicuro successo. Possiamo affermare che ha saputo condurre un processo di rigenerazione fisica muovendo dalla valorizzazione delle capacità umane e professionali di quanti, in modo crescente, si sono accostati al progetto. L’arte ha costituito il legante attorno cui si sono coagulate le energie del cambiamento che con sguardo contrario all’inerzia strutturale e al tempo fermo della cittadina, hanno impresso l’impulso indirizzato alla rigenerazione fisica e sociale. Alla base non possiamo parlare di cittadinanza attiva che con pratiche dal basso attiva processi legati alla sussidiarietà. Favara conosce modi che incontrano solo in un secondo tempo il consenso e l’attivazione della cittadinanza e in questo è la particolarità del caso studio rispetto ai presupposti della ricerca. A individuare bisogni e cercare risposte strategiche in termini di cambiamento è infatti la figura esterna della coppia Bartoli Saieva che, come deus ex machina, cala dall’alto portando come soluzione ai problemi una progettualità distante e imprevedibile per la cittadina, supportata da possibilità di erogazione di capitale privato.

Sussidiarietà e governance conoscono declinazioni assai particolari vista la difficoltà di contrattare nuove forme di governo urbano con la sfera amministrativa del tutto impreparata alla situazione, e per altro indagata in una sua parte per i crolli del centro storico. Il contributo dell’amministrazione comunale è insito in una sorta di silenzio assenso conseguente al favore con cui guarda il cambiamento che la cittadina sta attraversando grazie a Farm Cultral Park. La sfera istituzionale è invece vicina al progetto attraverso l’università, le fondazioni che sostengono culturalmente, operativamente ed economicamente le iniziative legate alla formazione e alle professionalità emergenti nel mondo dell’impresa culturale creativa cui Favara si rivolge con grande attenzione. Anche la politica guarda da più parti con favore a questa iniziativa privata e si accosta nel devolvere al progetto Farm il denaro risultante dalla rinuncia ai rimborsi da parte dei parlamentari siciliani del Movimento 5 stelle.

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Il carattere inclusivo del progetto Farm porta la cittadina nel cuore dei movimenti urbani e territoriali che a livello internazionale lavorano nel riuso creativo degli spazi e dei luoghi abbandonati.

Il riuso temporaneo si esprime a Favara insieme ad altre forme di riuso non temporaneo e mirato al risanamento fisico definitivo del centro storico.

Farm Cultural Park rappresenta un caso di successo, anche se di difficile esportazione per le peculiarità del contesto da cui muove e la particolarità degli attori. Fondamentale è l’esemplarità dell’azione in termini di “possibile” e il suo carattere dimostrativo si può riassumere in quanto scritto all’interno del catalogo della 15. Biennale internazionale di Architettura di Venezia:

Questo progetto dimostra che l’arte è un volano di sviluppo economico credibile e il progetto FARM rende manifesto che è possibile investire in un luogo disastrato, rigenerando in modo sostenibile, puntando sull’immediatezza di interventi a basso costo, innovativi e visionari15. È dato di verificare questo successo sotto tanti punti di vista e il più tangibile, quanto immediato, è quello mediatico. Se digitiamo su Google Farm Cultural Park si ottengono quasi 3,5 milioni di link in meno di un secondo: sono immagini, video, articoli su Wired, Vanity Fair, Lonely Planet, The Guardian, e molto altro. Se consideriamo i 19.000 follower di Facebook al 2013, all’inizio della mia ricerca, e i 50.000 di oggi, ci rendiamo conto del consenso del progetto e della sua capacità di coinvolgimento. Nell’estate del 2014 Farm ha registrato 24.000 visitatori e già l’anno successivo il loro numero superava quello degli abitanti di Favara; oggi le presenze registrate sono 78.000.

Francesco Lipari, Che bello, installazione in materiale plastico, Settecortili, Favara, 2013.

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I dati emessi da Farm Cultural Park nell’ottobre del 2016 dichiarano 1.750 metri quadri recuperati e dedicati alla cultura del contemporaneo e 2.550 metri quadri per cui si prevede la ristrutturazione in tempi prossimi. Nei sette anni di attività si sono avvicendati 162 appuntamenti culturali che hanno visto la presentazione dei lavori di 100 artisti, mentre 90 è il numero degli artisti ospitati in residenza. Sono state coinvolte 5 università e numerose istituzioni culturali pubbliche e private a livello internazionale. Anche se non vengono comunicate cifre economiche ufficiali, il discorso di una nuova economia è nelle parole di Andrea Bartoli che, sempre nel 2016, dichiara:

non c’è un edificio del centro storico che non sia stato oggetto di compravendita, e oggi non sia in fase di trasformazione per finalità turistico e culturali. Favara aveva un solo

albergo con quindici camere, adesso è un continuo proliferare di case vacanze, relais di campagna, b&b. A due passi dai Sette Cortili si stanno completando i lavori di un resort urbano su progetto di Architrend. Non parliamo di ristoranti, pizzerie, putie (botteghe),...16

Resta il grande interrogativo intorno al futuro di Favara. Ma a questo possiamo rispondere come Raft ci invita a fare nel racconto della giovane artista Alice Piciocchi. Alice immagina che i muri bianchi dei Sette cortili scrivano lettere in tempi diversi della loro vita: nel passato remoto, nel presente e nel futuro. Raccontano di sé e di Favara e, per quanto riguarda l’atto III, che riguarda il futuro, così, nel 2030, dopo 20 anni di Farm, il muro scrive:

Sono passati 20 anni dalla prima volta che mi sono messo in contatto con te. 20 anni non sono un’eternità è vero, eppure moltissima acqua è passata sotto i ponti, se così si può dire. Forse ne saprai tu più di me, basta leggere i giornali: siamo sulla bocca di tutti, siamo diventati delle celebrità. Sono settimane che vedo strane facce qui, e questo un po’ mi preoccupa. Sembrano esperti, non so di cosa, ma sicuramente sono esperti. Hanno dei gran fogli digitali in mano. Ci puntano laser rossi addosso e prendono le misure. Continuano a farci fotografie e questo sta iniziando a darmi fastidio.

Siamo diventati un caso di stato, anzi, alcuni di noi giurano di aver sentito dire che diventeremo un micro-stato vero e proprio. Una sorta di modello da esportare. Dovrei esserne fiero e contento, lo so. D’altra parte la mia vita si è trasformata completamente grazie a questo esperimento così ben riuscito. Eppure ho timore. E se tutta questa fama ci desse alla testa? E se tutti questi artisti che ogni anno ci riempiono le estati andassero altrove? Hai ragione. L’ansia d’abbandono va sconfitta, bisogna pensare positivo.

Il futuro è ancora tutto da costruire. Favara, atto III, 25 giugno 2030 (Firmato: il muro)

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