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A causa dell’estrema genericità del principio dell’abuso del diritto e per evitarne un uso indiscriminato in sede di accertamento, la Suprema Corte ha in seguito precisato i suo

confini e la ripartizione degli oneri probatori tra Fisco e contribuente, affermando che

incombe sull’Amministrazione finanziaria la prova del disegno elusivo e delle modalità di

manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come

irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato

fiscale; sul contribuente grava invece l’onere di allegare l’esistenza di ragioni economiche

alternative o concorrenti di reale spessore che giustifichino operazioni in quel modo

strutturate

69

. Sono stati così introdotti limiti “significativi all’operato dell’Amministrazione

finanziaria, che non può genericamente contestare l’abuso di diritto, bensì è tenuta ad una

prova assai rigorosa”

70

. L’introduzione del nuovo principio - che non presentava alcuna

differenza ontologica con il concetto di elusione

71

- è stata tuttavia fonte di notevoli

disorientamenti in una giurisprudenza propensa ad includere nell’“onnivoro” concetto di

abuso del diritto le ipotesi più disparate (evasione, simulazione, interposizione) così

perdendo di vista il concetto di elusione ed introducendo nell’ordinamento nazionale

elementi di incertezza

72

.

68 Così la Relazione governativa, cit., pag. 4, nel richiamarsi a Cass. civ., Sez. trib., 21.01.2011, n. 1372:

“non diversamente può interpretarsi, infatti, quel passo della richiamata pronuncia dove, nel fare riferimento alla capacità contributiva come fonte del principio generale antiabuso, si sottolinea che tale principio può essere invocato solo se si è in presenza di “indebiti vantaggi fiscali” derivanti “dall’utilizzo distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustificano l’operazione, diverse dall’aspettativa del vantaggio fiscale”. Il che significa che la libertà di svolgimento dell’autonomia privata e la libertà della forma possono trovare un limite nel principio di capacità contributiva solo se la lesione delle regole di riparto, fissate dal legislatore, ex art. 53 Cost., è conseguenza di un comportamento negoziale “consentito” in astratto dalla legge, ma non improntato alla regola della lealtà reciproca tra contribuente e fisco, anomalo e “distorto” agli effetti fiscali, privo di sostanza economica e in contrasto con i principi dell’ordinamento tributario”, in Riv. giur. trib., 4/2011, pag. 286, con nota di BASILAVECCHIA M.., L’autonomia contrattuale recupera sull’abuso del diritto. Sulle ragioni economiche rilevanti si veda MICCINESI M., Riflessioni sull’abuso del diritto, in AA.VV., Studi in onore di Enrico De Mita, Napoli, II, 2012, pag. 602, per il quale “la ragione economica della scelta di autonomia negoziale in campo tributario non può risiedere soltanto nel perseguimento di un maggior utile, ma risponde altresì alla presenza delle funzioni aziendali e societarie proprie delle operazioni compiute”.

69 Così Cass. civ., Sez. V, 22.09.2010, n. 20030, in Corr. trib., 41/2010, pag. 3376, con nota di

MARCHESELLI A., La Cassazione limita la nozione di elusione all’aggiramento dello scopo della legge. In senso conforme, 21.01.2009, n. 1465, in Dir. prat. trib., 2/2009, pag. 223, con nota di CORASANITI G., Sul generale divieto di abuso del diritto nell’ordinamento tributario.

70 Si veda MELIS G., Lezioni, cit., pag. 108.

71 Sul punto si rinvia a BASILAVECCHIA M., Elusione e abuso del diritto: una integrazione possibile, in

Riv. giur. trib., 9/2008, pag. 742.

72 Si veda ancora MELIS G., Lezioni, cit., pag. 108, nonché FALSITTA G., Spunti critici e ricostruttivi

sull’errata commistione di simulazione ed elusione, cit., pag. 380, in particolare il suo richiamo al dovere di ogni giurista a “non accondiscendere a questa pratica lessicale e bandire una terminologia che mentre mescola fenomeni aventi natura distinta e diversa provoca l’applicazione di un errato regolamento giuridico”. Si veda anche la Relazione governativa, cit., pag. 5.

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L’applicazione del principio da parte dell’Amministrazione finanziaria provocava infatti

disparità di trattamento perché la procedura “garantista” di cui all’art. 37-bis, quarto comma,

era osservata soltanto per l’accertamento antielusivo ai fini delle imposte sui redditi e non,

più in generale, per quello a seguito dell’applicazione dell’abuso del diritto. Sul punto la

Suprema corte ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37-bis, quarto

comma, del D.P.R. 600/1973 evidenziandone la specialità rispetto alla fattispecie generale

dell’abuso del diritto: “in entrambi casi il fondamento della ripresa [a tassazione] è costituito

da un vantaggio fiscale che, per mancanza di causa economica, diventa indebito. Tuttavia,

irrazionalmente, soltanto per la ripresa antielusiva ai sensi dell’art. 37-bis è previsto che le

forme del preventivo contraddittorio debbano esser seguite sub poena nullitatis con la

conseguenza che la nullità per irregolarità delle forme risulta irragionevolmente stabilita solo

nella residuale ipotesi antielusiva di cui all’art. 37-bis, laddove sanziona con la nullità

l’avviso di accertamento “antielusivo” che non sia stato preceduto dalla richiesta di

chiarimenti nelle forme e nei tempi ivi prescritti”

73

. Con la sentenza 07.07.2015, n. 132, la

Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione: “diversamente da quanto

argomentato dal rimettente sulla base di un presunto diritto vivente, il principio antielusivo

non impedisce, con riguardo alle fattispecie non riconducibili all’art. 37-bis, che debba

essere instaurato il previo contraddittorio né esclude che il vizio del contraddittorio

richiamato produca la nullità dell’atto impositivo [Inoltre] la mancata espressa previsione

del contradditorio anticipato non ostacola l’applicazione del principio generale di

partecipazione del contribuente al procedimento; non sussiste, dunque, alcuna disparità di

trattamento”

74

.

Nonostante il rapporto di specialità tra l’elusione “codificata” dell’art. 37-bis ed il

principio dell’abuso del diritto, nella prassi quest’ultimo ha presto surclassato il ricorso

all’elusione: contrariamente a quanto avviene in un rapporto di genere e specie, per la

maggiore facilità di accertamento il divieto generale era spesso applicato in luogo delle

73 Si veda Cass. civ., Sez. trib., ord. 05.11.2013, n. 24739, in Riv. dir. trib., 1/2014, pag. 45 ss., con nota

di FRANSONI G., La diversa disciplina procedimentale dell’elusione e dell’abuso del diritto: la Cassazione vede il problema ma non trova la soluzione.

74 La Corte costituzionale aggiunge che non “vi è lesione del principio che impone a tutti l’adempimento

delle obbligazioni tributarie, giacché la nullità dell’avviso di accertamento per inosservanza del termine dilatorio in esame, diversamente da quanto argomentato nell’ordinanza di rimessione, non è posta a presidio di un mero requisito formale del procedimento, ma svolge una funzione di tutela effettiva del contraddittorio, il cui rispetto è particolarmente necessario in sede di accertamento delle fattispecie elusive, per il ruolo che gli elementi forniti dal contribuente possono svolgere”, in www.cortecostituzionale.it, nonché in Riv. giur. trib., 10/2015, pag. 741, con nota di BASILAVECCHIA M., Riconosciuto dalla Consulta valore sostanziale al contraddittorio procedimentale. Sul tema si veda anche CANESCHI G., I confini di applicazione del principio del contraddittorio in sede extrapenale. Atti del VI seminario di formazione interdottorale di diritto e procedura penale “Giuliano Vassalli” (Noto 18-20 settembre 2015), in Dir. pen. cont.– Riv. trim., 2/2016, pag. 114.

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disposizioni speciali di elusione

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; anzi elusione ed abuso sono stati finanche utilizzati come