CAPITOLO 5-IL NAZIONALISMO BASCO
5.11 L’ETA oggi
L’ETA trova la propria giustificazione nel fascismo di Franco che ha punito pesantemente l’appoggio basco alla Repubblica ed ha tolto ai baschi la loro cultura e la loro lingua.
Per quanto lo Stato spagnolo non sia stato esente da colpe e da errori, la transizione alla democrazia della seconda metà degli anni Settanta ha restituito agli abitanti dei Paesi Baschi tutti i diritti e le libertà fondamentali ed ha, di fatto, costituito un notevole passo avanti per tutte le istanze del nazionalismo basco rispetto a qualsiasi situazione storica reale precedente la dittatura.
Oggi, dopo più di trent’anni dalla fine della dittatura, le circostanze sono dunque cambiate e ci sarebbe la possibilità di risolvere il problema dell’autonomia basca con un dibattito democratico tra i rappresentanti dell’eletto Governo regionale basco e quelli del Governo centrale di Madrid.
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Purtroppo, la normalizzazione dei Paesi Baschi sembra ancora lontana e i suoi cittadini continuano a pagare duramente il clima di intimidazione instaurato dall’ETA e dal suo intorno politico fatto di connivenze se non di vera e propria complicità.
L’ETA ha tra i suoi obiettivi quello di colpire in maniera indiscriminata sia i simboli del potere statale sia quei cittadini che si oppongono alle pretese dei nazionalisti; sono quasi cento i giornalisti baschi non nazionalisti costretti a vivere sotto la protezione della polizia e molti sono quei consejales del PP o del PSOE vittime di costanti minacce e intimidazioni provenienti dai settori più estremisti del nazionalismo locale. Del resto, è già in atto un esodo silenzioso di tanti professori, intellettuali, artisti ma anche di semplici cittadini che sono emigrati per sottrarsi al clima di paura nel quale erano costretti a vivere4.
Per finanziare la propria attività sovversiva l’ETA pratica quella che chiama “tassa rivoluzionaria”, richiesta a molti imprenditori e professionisti baschi sotto minaccia di morte. Anche in questo caso il risultato è una lenta emorragia, oltre che di persone, di forze produttive e di investimenti.
L’oggettiva convergenza di fini tra nazionalismo basco ed ETA, considerato che l’alleanza dei partiti nazionalisti rappresenta politicamente la maggioranza dei baschi, ha spesso generato una certa confusione nella percezione del
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Valga per tutti l’intervista al prof. Javier Corcuera, cattedratico di Diritto costituzionale presso la Universidad del País Vasco do Sarriko, 18/09/2003.
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problema basco anche al di fuori della Spagna; in più di un caso, infatti, in Europa, il nazionalismo e il terrorismo basco sono stati sostenuti e perfino legittimati perché percepiti come espressioni di un movimento di liberazione nazionale proprio dei vecchi contesti colonialisti.
Il nazionalismo basco, sia quello moderato che quello radicale, ha sempre seguito con interesse l’andamento della situazione dell’Irlanda del Nord e ne ha imitato le azioni. L’ETA, infatti, ha creato il partito Herri Batasuna sulla scia del Sinn Fein per l’IRA ed ha portato avanti una campagna d’attentati contro interessi economici a Madrid ed in altre grandi città spagnole nello stesso identico modo in cui ha operato l’IRA nella city londinese con i suoi tristemente conosciuti “week-end”.
Per giustificare la loro azione, i nazionalisti radicali di Euskadi ricorrono inoltre a dei continui parallelismi fra la storia basca e quella irlandese anche se le analogie fra i due casi sono solo apparenti. Far riferimento all’Ulster, infatti, implica non solo parlare di occupazione militare, di disgregazione sociale, di differenze religiose e di scontro fra due comunità, ognuna con le sue manifestazioni terroristiche, in una continua spirale di violenza, ma anche di denunciare una situazione economica pressoché disastrosa ed assolutamente dipendente del potere economico di Londra. Parlare dei Paesi Baschi, al contrario, significa occuparsi di una realtà nella quale vigono delle istituzioni
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pienamente democratiche e una autonomia politica e amministrativa che non ha eguali in Europa.
E’ vero che in entrambi i casi c’è un gruppo politico e un gruppo terroristico che insieme combattono lo Stato; la differenza consiste, però, nel rapporto di dipendenza: l’IRA è subordinato allo Sinn Fein, l’ETA, invece, dirige e comanda il suo braccio politico, denominato Batasuna.
Da quanto esposto, pare condivisibile l’opinione secondo la quale l’unico punto in comune tra questi due casi sia il ricorso alla violenza indiscriminata quale strumento per raggiungere un fine.
Il “cessate il fuoco” permanente che l’ETA ha annunciato il 22 marzo del 2006, sembra aprire finalmente il cammino al processo di normalizzazione di Euskadi. L’ETA sa di non poter rimanere a capo di un negoziato e così ha delegato questa funzione a Batasuna. La sinistra Abertzale, dunque, con la proposta Anoeta ha indicato la creazione di due comitati per risolvere il conflitto: uno composto dall’ETA e dal Governo spagnolo, per trattare esclusivamente le questioni legate alle armi, ai prigionieri e alle vittime, e l’altro composto da tutte le organizzazioni politiche del Paese Basco, per permettere l’instaurarsi di un nuovo contesto politico nel quale ottenere il superamento della violenza.
Con il cessate il fuoco, però, l’ETA non rinuncia al suo programma che continua infatti ad articolarsi intorno ai punti fondamentali di sempre: amnistia
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per prigionieri e rifugiati politici, legalizzazione dei partiti indipendentisti, ritiro delle forze di polizia spagnole, un’economia antioligarchica che rispetti gli interessi delle classi lavoratrici, un nuovo Statuto di Autonomia con l’unione della Navarra ai Paesi Baschi, con diritto di autodeterminazione e controllo sulle forze armate.
Per il Governo in carica, dunque, si profila un periodo complicato in cui dovrà far fronte alle opposte richieste della sinistra indipendentista e del PP.