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E COME AZIONE

IV. 2 L' ETI CA D EL DISS EN SO

A distanza di trent'anni dall'opera di Elsa Morante, Luther Blissett sembra recuperare questo senso etico della narrazione, tuttavia ne cambia i presupposti. Ciò che per la scrittrice era un percorso intimistico, un'ascesa personale verso la leggerezza dell'esistenza, per Luther Blissett diventa una necessità collettiva. Elsa Morante riconosceva nella Storia un'affermazione dell'ineluttabile supremazia del potere e sembrava dichiarare la caduta di ogni possibilità di rinnovamento sociale e ogni speranza nell'azione collettiva. Secondo Elsa Morante la salvezza si può trovare solo nel concetto di grazia, condizione dell'animo che si può raggiungere tramite due diverse strade: la prima via è quella percorsa da Davide Segre che, come si è detto, raggiunge una leggerezza pensosa di ispirazione weiliana, lungo un cammino di sofferenza e di annientamento dell'io. Quindi, se da un lato, esiste questa forma di conoscenza e coscienza personale, dall'altro, invece si devono ricordare Useppe e il suo sguardo incantato: il bambino rappresenta la bellezza, la gioia di vivere25

, quell'ultima speranza, ossia il «fiore» che non è «un'erbaccia»26.

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ELSA MORANTE, La Storia, cit., pp. 609. Elsa Morante aggiunge che la peggiore violenza rivolta all'uomo è «la degradazione dell'intelletto». Ivi, p. 610.

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A tal proposito si possono ricordare le parole di Simone Weil: «La gioia accresce il sentimento di realtà, il dolore lo diminuisce. Si tratta solo di riconoscere la stessa pienezza di realtà nei dolori e nelle gioie». SIMONE WEIL, Quaderni II, Adelphi, Milano 1985, p. 53.

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«Tutti i semi sono falliti eccettuato uno, che non so cosa sia, ma che probabilmente è un fiore e non un’erbaccia». ELSA MORANTE, La Storia, cit., p. 657.

Del tutto differenti sono lo scopo e il desiderio celati dietro l'opera dei Luther Blissett: il collettivo si era fondato, prima, come movimento di azione sociale e, solo più tardi, si era trasformato in attivismo letterario e narrativa impegnata. L'obiettivo dei Luther Blissett è quello di risvegliare la volontà d'azione collettiva nella massa, toppo placida e inconsapevole, inebriata dal gioco postmoderno e adagiata nella morbidezza della società contemporanea. Se, come si è detto, il ritorno all'azione della narrativa di Luther Blissett coincide con un momento di tensione sociale, ossia quando la società avverte il bisogno di recuperare la responsabilità della lotta, allo stesso modo anche La Storia si fa interprete del suo tempo. Il romanzo di Elsa Morante riflette, infatti, l'imminente crisi di valori e di certezze che il postmoderno farà propri negli anni successivi.

Il punto intermedio tra l'esperienza di La Storia e Q è il postmoderno Il nome della rosa. Il romanzo storico di Eco si differenzia dalle due esperienze sopra descritte poiché si situa in una posizione ancora diversa: l'autore rinuncia all'impegno etico già di partenza, accentuando quella crisi di fiducia nelle ideologia che si percepiva anche in La Storia. Il romanzo di Eco sembrava mettere fine all'idea di intellettuale legislatore o guida morale e, addirittura, nel suo gioco intertestuale ed erudito, dimostra un'avversione al passato, alla conoscenza unitaria e al potere totalitario. A proposito del romanzo storico postmoderno, nel suo saggio Il romanzo post-storico, Serena Tusini afferma che «il sapere postmoderno è l'antitesi vivente del terrore politico praticato dai detentori del presunto sapere unitario, stabile e assolutamente garantito» 27

e aggiunge «il postmoderno rivendica dunque per se stesso una funzione liberatoria dalle ideologie e

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dai saperi totalitari»28. La studiosa vede, nel rifiuto del passato e nella visione del futuro, il punto d'avvio di quei «meccanismi di accumulazione»29

in grado di instaurare un processo di disgregazione del potere30

.

Di fronte al rifiuto del potere messo in atto dalla letteratura postmoderna, si può percepire che, nonostante La Storia, Il nome della rosa e Q, siano romanzi molto differenti, per epoca, stile e intenti, essi possiedono alcune caratteristiche in grado di legarli e correlarli strettamente. In primo luogo si tratta di riconoscere in ognuno dei romanzi una logica del dissenso31

, la medesima di cui si è parlato poche righe sopra in merito all'ironia del postmoderno. Ida, Useppe e Davide Segre, Guglielmo da Baskerville e Gert dimostrano che ormai è assurdo pensare di combattere il potere in campo aperto. Infatti, esso si rinnova nel tempo e, indossando vesti ideologiche differenti, agisce sempre contro l'uomo comune, contro la libertà. Il potere è invincibile cosicché ogni battaglia instaurata per rovesciarlo, conduce inevitabilmente al fallimento. Elsa Morante, Umberto Eco e Luther Blissett insegnano, seppure in modi differenti, che l'unica difesa possibile è quella dell'azione compiuta tramite vie traverse, sul campo

28

Ibid.

29

Ibid

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Il potere del passato per definizione tradizionale, sembra corrispondere con quello patriarcale. In tal senso ricordo le parole di David Foster Wallace riportate da Wu Ming 1 in New Italian Epic: «sento che sono le tre del mattino e il sofà è bruciacchiato e qualcuno ha vomitato nel portaombrelli e noi vorremmo che la baldoria finisse. L’opera di parricidio compiuta dai fondatori del postmoderno è stata importante, ma il parricidio genera orfani, e nessuna baldoria può compensare il fatto che gli scrittori della mia età sono stati orfani letterari negli anni della loro formazione». L. MCCAFFERY, An Interview with David Foster

Wallace, in «Review of Contemporary Fiction», XIII, n.2, 1993. Il testo è riportato da WU MING, New

Italian Epic, cit., p. 120-121.

31

In merito alla logica del dissenso, è molto interessante il saggio di Serena Tusini, nel quale, sulla scorta di Lyotard, l'autrice parla di «portata etico-esistenziale del dissenso». SERENA TUSINI, Il romanzo post-

della contestazione, prima individuale, poi ironica e sprezzante e, solo alla fine, collettiva.