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2. Materiali e metod

4.2 Etiologia e storia naturale

Studi osservazionali sul feto o sul neonato hanno confermato l’ipotesi che l’evoluzione del quadro clinico nell’idrope fetale sia legata all’etiologia (Abrams e coll., 2007). Sono sicuramente letali alcune anomalie cromosomiche (come la trisomia 13 e la trisomia 18) che possono associarsi a idrope e a malformazioni strutturali multiple (Lakovschek e coll., 2011); nella presente casistica, è stato ipotizzato un solo caso si trisomia 13, in cui tuttavia non è riuscita la determinazione del cariotipo. Più comune è l’associazione tra versamenti e trisomia 21. La trisomia 21, pur consentendo in molti casi una vita di lunghezza comparabile a quella della popolazione generale, è gravata

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nel corso della gravidanza da una mortalità superiore a quella dei feti euploidi, tanto che la prevalenza alla nascita della sindrome di Down è molto inferiore rispetto alla prevalenza nel primo trimestre (Nicolaides, 2003). Ancora più eclatante è la diversità di presentazione della monosomia X (sindrome di Turner): la maggior parte dei casi che giungono all’attenzione del medico in età adolescenziale mostrano un quadro fenotipico che influenza minimamente la qualità della vita, se non fosse per la funzione riproduttiva. Tuttavia, quando diagnosticata in utero, la sindrome di Turner è gravata da una mortalità intrauterina molto elevata, spesso mediata da anomalie del sistema linfatico e dall’idrope ingravescente fino all’exitus (Iyer e coll., 2012). Sotto questo aspetto, la sindrome di Noonan è molto simile alla sindrome di Turner, poiché nell’adulto ha un quadro fenotipico così sfumato che spesso non viene diagnosticato, mentre può essere causa di morte in feti con igroma e quindi idrope (Van der Burgt, 2007).

Come nei casi di trisomia 13 o 18, la prognosi fetale è ovviamente infausta anche in tutti quei feti in cui i versamenti nelle cavità sierose sono associati a malformazioni strutturali letali. Nella presente casistica si trattava essenzialmente di patologie dell’apparato urinario: nei casi di agenesia o displasia renale bilaterale, così come nell’atresia dell’uretra con megavescica, la morte avviene in genere nelle prime ore dopo la nascita per la grave displasia polmonare causata dall’oligoidramnios (Scott, 2002). La maggior parte dei feti con queste patologie non mostrano versamenti nelle cavità sierose all’esame ecografico; tuttavia è stato descritto ascite fetale verosimilmente secondario alla rottura della megavescica nei casi di atresia dell’uretra (Lacher e coll., 2007), ed è stato ipotizzato che il sovraccarico di circolo legato all’anuria dei feti con displasia renale possa costituire una causa dell’idrope (Bellini e coll., 2009).

Più frequente è il riscontro, in associazione all’idrope fetale, di anomalie gravi ma non uniformemente letali. Il meccanismo che porta a morte può essere diverso nella vita pre- e postnatale: ad esempio, nell’ernia diaframmatica la morte neonatale è perlopiù legata all’ipoplasia polmonare (Datin-Dorriere e coll., 2008) oppure a complicanze dell’intervento chirurgico, mentre la morte in utero è in genere legata all’ostacolo al ritorno venoso causato dalla dislocazione dei visceri.

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Lo scompenso cardiaco da circolo iperdinamico può essere legato a anomalie congenite diverse, alcune primitivamente vascolari (nella presente casistica la malformazione arterovenosa cerebrale) e altre tumorali. E’ da notare che la prognosi di molti tumori fetali, fra i quali i più comuni sono i teratomi sacro-coccigei, è legata più alla modificazioni emodinamiche che il tumore può comportare che non al grado di malignità (Rios e coll., 2012).

Al contrario le malformazioni cardiache sono in linea di massima sopportate più facilmente dal feto in utero, che è parzialmente protetto dal fatto che la circolazione polmonare e quella sistemica sono in parallelo e non in serie, che dal neonato. La maggior parte delle cardiopatie congenite non porta a scompenso cardiaco in utero (Russo e coll., 2008), ad eccezione della chiusura del dotto di Botallo, che è rapidamente letale in utero proprio perché costituisce un impedimento alla normale circolazione fetale (Babaoglu e coll., 2013). Tuttavia, in tutte le casistiche di idrope sono compresi feti che presentavano come unica possibile causa una anomalia cardiaca (nel presente studio canale atrio-ventricolare e coartazione aortica), che in genere può consentire di arrivare al parto senza causare alterazioni della crescita o dell’emodinamica del feto. Non è quindi noto se in certi casi sia corretto considerare la cardiopatia come causa dell’idrope (ed infatti sono state incluse tra le cause “plausibili”, e non fra quelle certe), oppure se l’idrope non sia in realtà causato da altre componenti di forme sindromiche non identificate, di cui la cardiopatia è l’unica componete che è stata diagnosticata.

Il rapporto di causalità tra le gravi alterazioni della frequenza cardiaca e l’idrope può invece esser considerato certo, e nel feto (così come nel bambino e nell’adulto), la remissione dell’aritmia (spontanea o dopo trattamento), può essere seguita dalla scomparsa dell’idrope. Una parziale eccezione è costituita dai casi di blocco atrio- ventricolare da passaggio di anticorpi anti-SSA/SSB materni nel feto. Queste forme richiederebbero in genere una cardioversione non farmacologica, ma elettrica, attualmente non utilizzabile nel feto in utero; inoltre, è probabile che gli anticorpi causino anche una miocardite di tipo immunitario che esita in fibrosi, irreversibile anche dopo correzione dell’aritmia (Moak e coll., 2001).

Un’altra causa funzionale di idrope fetale è l’anemia; a seconda dei meccanismi patogenetici alla base dell’anemia, la prognosi può essere diversa.

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In caso di α-talassemia (che è la causa di idrope più frequente nella popolazioni del Sud Est Asiatico, ma praticamente inesistente in quelle caucasiche e, come atteso, assente nella nostra casistica), la ragione genetica dell’anemizzazione implica la sua irreversibilità, e in questi casi l’anemia provoca la morte del feto in utero o la morte in epoca neonatale. La β-talassemia, più comune nel bacino mediterraneo, causa un’anemia meno grave, per cui l’idrope fetale da β-talassemia (assente nella nostra casistica) è assolutamente eccezionale (Steiner e Gallagher, 2007).

Nel caso di alloimmunizzazione Rh materno-fetale, la causa dell’anemia viene a mancare dopo la separazione che avviene col parto tra il bambino e la madre, consentendo una totale ripresa funzionale se il danno d’organo e/o la prematurità non sono particolarmente gravi. Nel nostro studio è presente un unico caso (sono già stati discussi nell’introduzione i motivi per cui la prevalenza della forma immune di idrope fetale si è enormemente ridotta), che è giunto all’osservazione in una fase avanzata della malattia (titolo anticorpale materno molto elevato e idrope fetale già conclamato) ad un’età gestazionale precoce (23 settimane): la combinazione di questi due fattori ne giustifica l’esito infausto.

Altre forme di anemizzazione possono guarire già durante la vita intrauterina, come l’anemia conseguente ad un evento acuto (ad esempio da emorragia feto-materna) oppure più frequentemente l’anemia indotta da Parvovirus B19. Nei casi giunti alla nostra osservazione per versamenti nelle cavità sierose, era stata ricercata e sierologicamente dimostrata una recente infezione materna da Parvovirus B19; in 2 pazienti, che si erano sottoposte a indagini invasive sulla causa dell’idrope, era stata anche riscontrata la presenza del genoma virale nel liquido amniotico. La tecnica di misurazione della velocità del flusso al picco sistolico dell’arteria cerebrale media è stata utilizzata solo nei casi più recenti, ed ha consentito di escludere la persistenza di una grave anemizzazione fetale al momento della nostra osservazione. La successiva risoluzione dell’idrope costituisce una conferma di questa ipotesi diagnostica.

Da ultimo, casi molto particolari ma relativamente frequenti di modificazione del circolo capaci di causare scompenso cardiaco nel feto, sono costituiti dalle gravidanze gemellari monocoriali complicate dalla formazione di connessioni vascolari anomale nella placenta; le anastomosi placentari possono causare anemizzazione di un gemello e sovraccarico di circolo dell’altro. Nella presente casistica è compreso un caso di un

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gemello acardico, in cui il sovraccarico di circolo del gemello privo di malformazioni avviene con un meccanismo simile a quello dei voluminosi teratomi sacro-coccigei (Lewi e coll., 2013). A dimostrazione del progredire delle conoscenze sulle gravidanze plurime, e in particolare sulle monocoriali, sta l’osservazione che la diagnosi di TRAP, oggi ovvia alla revisione del caso, non fosse stata posta né in utero né dopo il parto. Più comuni sono i casi di trasfusione tra gemelli (3 nella presente casistica), in cui l’idrope può svilupparsi a carico del gemello ricevente (per sovraccarico di circolo) o di quello donatore (per anemia), ed andare incontro a variazioni spontanee o successive a trattamento, con improvviso aggravamento a carico di uno o dell’altro feto (Lewi e coll., 2013). E’ noto che in questi casi all’elevato rischio di morte si associa un alto rischio di danno neurologico del co-gemello, legato verosimilmente agli sbalzi pressori che avvengono al momento delle morte nel feto sopravvissuto ed alla possibile liberazione di sostanza vasoattive (Maschke e coll., 2011).

I casi ipoteticamente riconducibili a idrochilotorace idiopatico sono stati considerati tra le cause “plausibili”, anche se potrebbero essere assimilati ai casi da causa ignota. Nella presente casistica, versamenti pleurici isolati mono- o bilaterali si sono spesso risolti spontaneamente, in accordo con quanto già descritto in letteratura (Santo e coll., 2011); tuttavia, alcuni casi apparentemente identici alla prima osservazione ecografica, sono evoluti in idrope irreversibile con perdita del feto.

La percentuale dei casi in cui non è stata individuata una causa è del 34,6%, maggiore rispetto a quella di altre casistiche recenti (Santo e coll., 2011: 18%) e alla revisione della letteratura (Bellini e coll., 2009: 17,8%). In realtà non è corretto considerare idiopatici tutti i casi in cui sembra non esserci una causa; sarebbe opportuno definire come “idiopatici” soltanto i casi in cui, nonostante siano state effettuate tutte le indagini e gli accertamenti possibili, non sia emersa nessuna associazione causale. Secondo questa definizione, soltanto il 9% delle gravidanze osservate nel nostro Centro erano caratterizzate da idrope fetale idiopatico, mentre nel 25,6% non si era giunti a una diagnosi specifica per incompletezza dell’iter diagnostico.

In molti casi la definizione dalla causa è irrilevante per il management della gravidanza complicata da idrope: se avviene una morte in utero o neonatale, o quando una IVG viene decisa per la gravità dello stato anasarcatico, può succedere che la donna si opponga a ulteriori accertamenti, e soprattutto all’autopsia. In altri casi, per motivi

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logistici o psicologici, la gravidanza può concludersi in Centri periferici in cui non viene completato l’iter diagnostico suggerito. Ogni tentativo deve esser posto in atto per evitare che questo avvenga, soprattutto se si tiene conto dell’alto rischio di ricorrenza di molte forme, perlopiù sindromiche, e per contro della possibilità di rassicurare la coppia in presenza di cause che non tendono a ricorrere (ad esempio le infezioni)

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